Indice:
1. Cos'è la testimonianza indiretta?
2. Come è disciplinata la testimonianza indiretta?
3. Cosa fare quando il teste depone sul sentito dire?
4. Quando la testimonianza indiretta è inutilizzabile?
5. Come si effettua la "chiamata a testimoniare"?
6. Che cosa succede se diretto e indiretto si contraddicono?
7. La polizia giudiziaria può deporre sulle dichiarazioni rese dai testimoni?
Nel processo penale, il testimone normalmente riferisce di fatti e circostanze che ha appreso direttamente attraverso uno dei suoi sensi.
“Mi trovavo al bar in via Roma ed ho visto l’imputato entrare a casa della vittima alle ore 20.30”;
“Ero sul divano di casa mia ed improvvisamente ho sentito uno sparo provenire dall’abitazione del mio vicino”;
“Ho aperto la porta della camera di mia sorella ed ho sentito un forte odore di benzina”.
In alcuni casi, però, può capitare che il testimone non abbia partecipato direttamente all’azione o al fatto che si intende provare ma che abbia ricevuto una informazione al riguardo da un’altra persona.
“Antonio mi ha detto che quella sera l’imputato girava per strada, impugnando un coltello”;
“Il giorno dopo la vittima mi riferì di essere stata violentata dall’ex marito”;
“Ho saputo che la sig.ra Anna nutriva una forte gelosia nei confronti della sua amica Rossella”
Questa è la testimonianza indiretta disciplinata dall’articolo 195 cpp, anche se preferisco definirla semplicemente “sentito dire”.
Possiamo distinguere due tipi di testimonianza indiretta: assoluta o relativa.
La testimonianza indiretta è assoluta quando il teste non indica la persona o la fonte da cui ha appreso l’informazione che viene diffusa, quindi è puro sentito dire.
La testimonianza indiretta è relativa quando il teste è in grado di indicare la fonte o la persona da cui ha appreso i fatti oggetto della sua deposizione.
Nel processo penale italiano, la testimonianza indiretta assoluta è vietata dal comma 7 dell’art. 195 cpp.
Il giudice non può utilizzare la dichiarazione del testimone che si rifiuti di indicare con precisione la persona o la fonte da cui ha appreso i fatti su cui sta testimoniando.
In verità, anche nell’articolo 194 comma 3 cpp che vieta la deposizione sulle voci correnti nel pubblico (sentito dire) vi è una previsione speculare.
Per la testimonianza indiretta relativa il concetto si complica e bisogna prestare attenzione.
Mi capita spesso di discutere con amici che hanno le idee un po’ confuse, quindi bene essere precisi.
Nell'istruzione dibattimentale, il testimone può liberamente testimoniare su fatti che non ha appreso direttamente ed il giudice può utilizzare, ai fini della decisione, la sua dichiarazione.
In altri termini, il teste può riferire “Antonio mi ha detto che quella sera l’imputato girava per strada, impugnando un coltello” ed il giudice può ritenere provato il fatto che l’imputato quella sera girasse per strada armato.
Quindi, evitiamo di opporci (a cosa poi) o litigare inutilmente con il teste quando testimonia per sentito dire indicando la fonte da cui ha appreso la notizia.
Quando ci troviamo davanti un testimone indiretto, dobbiamo aumentare al massimo la nostra concentrazione ed ascoltare con estrema attenzione la risposta e questo perché abbiamo pochi secondi per assumere una scelta che può cambiare radicalmente le sorti del processo.
Semplificando, quello che devi fare è porti una domanda “Quello che ha detto questo teste mi è utile?”
Se la risposta è sì, porta a casa il punto e prosegui nell’esame.
Se la risposta è no, quando il teste ha concluso ogni riferimento alla vicenda, interrompi l’esame e chiedi al giudice di chiamare a deporre il testimone diretto, ovvero il testimone che viene “tirato in ballo” dal tuo teste.
L’articolo 195 comma 1 cpp recita: “quando il testimone si riferisce per la conoscenza dei fatti ad altre persone, il giudice a richiesta di parte dispone che queste siano chiamate a deporre”.
Attenti però a non cadere in un errore molto comune.
Come è noto, il terzo comma dell’art. 195 cpp stabilisce che “l’inosservanza della disposizione del comma 1 rende inutilizzabili le dichiarazioni relative a fatti di cui il testimone abbia avuto conoscenza da altre persone”.
Fate attenzione, questo non significa che se il teste del pubblico ministero testimonia per sentito dire e non viene chiamato a deporre il teste diretto, la testimonianza è inutilizzabile.
Anzi, è vero proprio l’esatto contrario.
L’inutilizzabilità si verifica solo se il difensore o il pubblico ministero, all’esito di una testimonianza per sentito dire, abbiano chiesto al giudice l’audizione del teste diretto ed il giudice l’abbia negata.
Attenzione ai tempi.
Lo abbiamo ripetuto più volte, la parola d’ordine per un buon avvocato di prova è la velocità.
La “chiamata a testimoniare” del teste diretto deve essere rapida, va posta subito al giudice con fermezza e convinzione.
Ciò per una serie di ragioni.
In primo luogo, per scongiurare una preclusione processuale.
In secondo luogo, per comunicare con il giudice.
Il nostro obiettivo in cross è quello di inviare continui messaggi, diretti o indiretti, al nostro interlocutore privilegiato.
Se il teste indiretto ci inchioda o mette a serio rischio la nostra strategia difensiva, l’interruzione dell’esame con una “chiamata a testimoniare” produrrà un certo effetto suggestivo sul giudice.
In pratica, è come se gli stessimo dicendo “questo è un teste falso, sta mentendo spudoratamente, non ascoltarlo” ed il tutto con una semplice ed elegante frase: “Presidente, considerato che il teste discute di fatti di cui non ha conoscenza diretta, chiedo che venga chiamato a deporre il teste diretto”.
Partiamo una premessa.
Io non condivido per niente l'orientamento prevalente della Corte di Cassazione.
Per la Suprema Corte, non esiste una gerarchia euristica tra il testimone indiretto e teste diretto, quindi una testimonianza vale quanto l’altra, in virtù del principio del libero convincimento del giudice.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, il giudice può valutare liberamente sia le dichiarazioni del teste indiretto che di quello diretto ed in caso di contrasto addirittura ritenere più attendibile il teste indiretto.
Niente, questo argomento non mi "convince".
A mio avviso, la parola di chi ha appreso direttamente il fatto annulla completamente il sentito dire.
Ed invero, il teste diretto è l’unico che ha partecipato all'azione e che può pertanto fornire un contributo affidabile alla ricostruzione del fatto oggetto di contestazione.
Assolutamente no.
L’art. 195 comma 4 vieta espressamente agli agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria di testimoniare sulle dichiarazioni acquisite dalle persone informate sui fatti nel corso delle indagini preliminari.
In particolare, l’agente di polizia non può testimoniare su tutte le dichiarazioni che, secondo le norme del codice di procedura penale, debbano essere da lui verbalizzate.
Questa è una regola fondamentale, posta a tutela della verginità conoscitiva del giudice.
Ed infatti, far deporre chi ha sentito il testimone nella fase delle indagini preliminari significa introdurre nel processo penale informazioni acquisite senza la presenza di un difensore e senza contraddittorio.
Pertanto, se l’agente di polizia giudiziaria sta testimoniando sulle dichiarazioni rese dai testi nella fase delle indagini preliminari, devi immediatamente interrompere l'esame e chiedere al giudice di ammonire il teste e dichiarare la inutilizzabilità del verbale nella parte in cui l’agente di polizia giudiziaria ha deposto sul sentito dire.