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Lesioni personali e tentato omicidio: diverso l'atteggiamento psicologico e la potenzialità azione


Corte di Cassazione

La massima

In tema di delitti contro la persona, per distinguere il reato di lesione personale da quello di tentato omicidio occorre avere riguardo sia al diverso atteggiamento psicologico dell'agente sia alla differente potenzialità dell'azione lesiva, desumibili dalla sede corporea attinta, dall'idoneità dell'arma impiegata, nonché dalle modalità dell'atto lesivo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente il delitto di tentato omicidio per avere l'agente colpito la vittima alla zona orbitale con un cacciavite, penetrato nell'encefalo in modo obliquo solo per il movimento difensivo di questa - Cassazione penale sez. I, 05/04/2022, n.24173).

Fonte: Ced Cassazione Penale


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La sentenza

Cassazione penale sez. I, 05/04/2022, n.24173

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15 ottobre 2012, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Ivrea dichiarava R.I.N. responsabile del delitto di tentato omicidio di T.C., così riqualificato il fatto contestato al capo 4 della rubrica, nonché del reato di lesioni personali ai danni del medesimo T. (fatto ugualmente ascritto al capo 4) e, conseguentemente, operata la riduzione per la scelta de rito, lo condannava alla pena complessiva di anni cinque, mesi quattro di reclusione, al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede, e di una provvisionale determinata nella misura di cinquemila Euro


2. Con pronuncia resa il 26 novembre 2020, la Corte di appello di Torino dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato in ordine al reato di lesioni personali perché estinto per prescrizione ed eliminava la pena di mesi quattro di reclusione inflitta in relazione a esso; previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, rideterminava nei confronti del R. in anni quattro di reclusione la pena per il delitto di tentato omicidio, confermando nel resto la decisione appellata.


Secondo le due concordi decisioni di merito, i fatti oggetto del presente giudizio andavano ricostruiti nei termini che seguono: la sera del 27.6.2010, T.C., O.G. e m.A., unitamente ad A.J., P.P.A. e altre due ragazze di nome R. e N., a bordo della BMW del T. e della Fiat Stilo dell' O., si erano recati alla discoteca (OMISSIS) di (OMISSIS); nella stessa discoteca erano giunti poco dopo il R., i fratelli Pr. ( L. e M.) e R.I., a bordo dell'Opel Astra del Pr.; durante la serata, il R., avendo notato la sua ex ragazza A. in compagnia del gruppo del T., si era avvicinato a costoro e da quel momento erano iniziati i primi screzi; verso le 3,30, il T. e i suoi amici erano usciti dalla discoteca e, una volta fuori dal locale, il T. si era posto alla guida della sua BMW, sulla quale erano salite anche la P. (sul sedile anteriore lato passeggero) e la A. (sul sedile posteriore sinistro); i tre erano rimasti in attesa dell'uscita dal parcheggio dell'auto dell' O., a bordo della quale vi erano il m., N. e R.; in quel frangente, il R. si era avvicinato all'auto del T. e aveva iniziato a discutere con l' A.; avendo il R. sbattuto la portiera dell'auto del T., era iniziata tra il R. e il T. una colluttazione e, il primo, dopo reciproci spintoni, aveva colpito il secondo con un pugno, causandogli una frattura dell'arcata zimogatica; a interrompere la lite erano stati i buttafuori della discoteca, che avevano invitato i giovani ad allontanarsi; il T., frastornato e dolorante, aveva chiesto alla P. di porsi alla guida della BMW per tornare a Ivrea; intanto, l' O. e il m., insieme a R. e N., a bordo della Fiat Stilo, si erano avviati verso (OMISSIS), luogo di residenza delle ragazze; una volta giunto a (OMISSIS), il R. aveva recuperato la sua Golf, sulla quale aveva preso posto anche il R. e si era messo alla ricerca della BMW del T., insieme al Pr. a bordo dell'Opel; la P., sempre alla giuda della BMW del T., dopo avere accompagnato la A. a S., si era diretta verso la propria abitazione ma, giunta nei pressi della fontana (OMISSIS), era stata intercettata dalla Golf del R., che affiancandosi alla BMW, le aveva impedito di svoltare nella via di casa sua; il T., a quel punto, aveva telefonato all' O., dicendo di raggiungerlo al più presto; sapendo che l' O. e il m. erano andati ad (OMISSIS) ad accompagnare R. e N., il T. aveva detto alla P. di proseguire in quella direzione, venendo inseguiti dalla Golf del R. con a bordo R.I. e dall'Opel con i fratelli Pr.; giunti a metà strada tra (OMISSIS) e (OMISSIS), la P. e il T. avevano scorto l'auto dell' O. e si erano affiancati a questa in modo che il T. potesse spiegare ai suoi amici perché avesse chiesto il loro aiuto; in quel momento, era sopraggiunta la Golf e l'Opel che avevano arrestato la marcia accanto alle auto del gruppo rivale; il R. era sceso dalla Golf con un grosso cacciavite e il T., vedendo il R. armato, aveva preso il manubrio da fitness, che teneva in auto; nello scontro che ne era seguito, il R. conficcava il cacciavite di fianco all'occhio sinistro del T., penetrando nel massiccio facciale trafiggendolo in senso obliquo fino a giungere nel seno mascellare destro; il T., allora, aveva reagito colpendo il R. con l'asta del manubrio, causandogli una ferita lacero contusa alla regione parietale con frattura traumatica della calotta cranica; il R. cadeva a terra e, una volta rialzatosi, era risalito in auto per recarsi al pronto soccorso.


3. Avverso detta sentenza il difensore di fiducia dell'imputato, avvocato Pio Coda, ha proposto ricorso per cassazione, formulando due distinti motivi di impugnazione.


3.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto, violazione di legge e difetto di motivazione per "mancanza e manifesta illogicità" con riferimento alla ritenuta responsabilità per il delitto di tentato omicidio.


Secondo la difesa, la ricostruzione dei fatti risulterebbe una "trasposizione acritica delle congetture svolte dal consulente del Giudice, Dott. A., che non tiene in alcun conto le risultanze testimoniali", utilizzando solo quelle concordi e ritenendo faziose le altre; i giudici di merito avrebbero eliso ogni aspetto negativo della condotta del T. (era stato questi a (OMISSIS), incrociato l'amico O., a fermare l'auto in attesa del R.; era stato il T. a colpire alla testa il R. con un manubrio; la disponibilità da parte del R. di un coltello non sarebbe stata dimostrata); la sentenza impugnata lascerebbe trasparire un convincimento contraddetto dalle risultanze di indagine e avrebbe, altresì, attribuito "peso superiore" alle parole del T. rispetto a quelle convergenti degli altri testi, ritenuti immotivatamente inattendibili.


3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha censurato l'impugnata sentenza per "erronea applicazione della legge penale in relazione al reato p. e p. dagli artt. 56 e 575 c.p.".


Secondo la difesa, la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere sussistente, in capo al R., l'animus necandi; l'idoneità degli atti richiesta per la punibilità del tentativo di omicidio avrebbe dovuto essere valutata - alla stregua dei consolidati principi di diritto in materia - con giudizio ex ante e in concreto, tenendo conto di tutte le modalità e circostanze effettive della fattispecie, in modo da determinare la reale adeguatezza causale e l'attitudine a creare una situazione di pericolo attuale e concreto in rapporto alla lesione del bene protetto; i giudici di merito avrebbero dovuto considerare il contesto in cui si erano svolti i fatti (la lite tra il T. e il R. era sorta dall'episodio di (OMISSIS) e si era protratta anche oltre; anche l'imputato era stato colpito sia dal T. che dagli altri presenti in maniera violenta e ripetuta; l'idoneità dello strumento utilizzato dal R. sarebbe stata unicamente supposta dal perito; anche i comportamenti dei protagonisti dell'episodio, quali il volgersi o il girarsi della persona offesa, sarebbero stati ricostruiti, senza apporto testimoniale, dal medesimo perito).


4. Si è proceduto alla trattazione del processo con contraddittorio scritto, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, e successive proroghe, in mancanza di richiesta delle parti di discussione orale; il Procuratore generale di questa Corte, Dott. Marco Dall'Olio, ha concluso, per iscritto, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile con le ulteriori conseguenze di legge; il difensore dell'imputato, avv. Pio Coda, ha concluso, per iscritto, chiedendo l'accoglimento del ricorso.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.


Tutte le censure mosse nel primo motivo di impugnazione dalla difesa della R. alla sentenza impugnata - lungi dal denunciare lacune e incongruenze effettivamente esistenti nel percorso argomentativo sviluppato dai giudici di appello - si risolvono in censure in fatto che comportano per il loro accoglimento o una diversa lettura dei dati processuali oppure una diversa interpretazione delle prove, entrambe non consentite al giudice di legittimità.


Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, "in conformità al disposto dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il difetto di motivazione valutabile in cassazione può consistere solo in una mancanza (o in una manifesta illogicità della motivazione stessa), ma esclusivamente se il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato; il che significa che deve mancare del tutto la presa in considerazione del punto sottoposto all'analisi del giudice e che non può costituire vizio che comporti controllo di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. Esula, infatti, dai poteri della corte di legittimità quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, potendo e dovendo, invece, la Corte accertare se quest'ultimo abbia dato adeguatamente conto, attraverso l'iter argomentativo seguito, delle ragioni che l'hanno indotto ad emettere il provvedimento" (Cass. Sez. 2, 11.6.1998, n. 3438, rv. 210938; cfr. anche Cass. Sez. 6, 14.1.2010, n. 7651, rv. 246172).


2. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha proceduto a esaminare e valutare tutte le risultanze istruttorie, mettendo in rilievo due indiscutibili dati di fatto e cioè che fuori dalla discoteca di (OMISSIS), il T. era stato colpito dal R. riportando la frattura plurima e composta dello zigomo sinistro e che a (OMISSIS) il T. era stato trafitto con uno strumento, ritenuto dal perito compatibile con un cacciavite, che aveva perforato la metà del massiccio facciale e che solo per un caso fortuito non aveva leso organi vitali.


Ha specificato che tali circostanze erano dimostrate dai referti medici e dalla perizia del Dott. A.; ha, altresì, affermato che parimenti inconfutabile doveva ritenersi il fatto (emergendo sia dalle deposizioni versate in atti sia dalle stesse ammissioni del R.) che dei componenti del gruppo antagonista a quello del T. solo il R. aveva ingaggiato una colluttazione con il T..


Ha, di seguito, analizzato le argomentazioni della difesa (peraltro, riproposte nel presente giudizio di legittimità, in maniera del tutto generica perché non confrontate criticamente con quelle sviluppate nell'impugnata sentenza) e ha osservato che: lo scontro tra il T. e il R. aveva un movente "sentimentale" perché quest'ultimo era infastidito dal fatto che la A. fosse uscita con il T.; era certo che il R., i suoi amici, la P. e la A. avessero tentato di enfatizzare la gravità della condotta del T. per scagionare il R.; era parimenti certo che il T. avesse chiesto alla P. di guidare la sua auto perché aveva lo zigomo fratturato; il R. a (OMISSIS) era sceso dalla vettura con un cacciavite in mano, ingaggiando con il T. un corpo a corpo, come concordemente riferito sia dal T., che dall' O. e dal m.; anche la P., pur essendo teste ostile, aveva ammesso che T. a (OMISSIS) sanguinasse vistosamente; il perito aveva stabilito la compatibilità tra le lesioni e l'utilizzo di un attrezzo simile a un cacciavite; il colpo con il cacciavite era stato sferrato con molta violenza dal R., il quale aveva colpito per prima il T.; le dichiarazioni della A. e della P. erano inattendibili in ordine alla richiesta di intervento asseritamente formulata dal T. durante il tragitto (OMISSIS) - (OMISSIS), atteso che in aiuto del T. erano poi intervenuti solo l' O. e il m.; che il T. avesse effettivamente bisogno di supporto emergeva dal dato, ammesso anche dai Pr. e dal R., secondo cui a (OMISSIS) il R. si era messo a cercare la BMW del T., le si era affiancato impedendo la svolta verso casa della P. e l'aveva tallonata sino a (OMISSIS); era stato dimostrato l'intento del R. di ingaggiare uno scontro, essendo certo, per averlo ammesso anche gli amici del R., che quest'ultimo, giunto a (OMISSIS), si era posto alla ricerca del T. e una volta intercettato l'aveva seguito; a (OMISSIS) il T. aveva incrociato O. e il m., che giungevano in senso opposto, e si era fermato per spiegare loro il motivo per cui avesse chiesto di essere raggiunto in fretta, non certamente per aspettare l'arrivo degli antagonisti.


La Corte ha, quindi, esaminato la "lettura alternativa degli eventi proposta" dalla difesa, ritenendola in netto contrasto con le risultanze probatorie e, al contrario, ha ritenuto corrette le argomentazioni del primo giudice in merito alla inconsistenza persuasiva della versione fornita dal R., dai suoi amici, dalla P. e dall' A. (cfr. punto 4.5. dell'impugnata sentenza).


Ha, infine, sottolineato come il R., non pago di avere fratturato lo zigomo del T., avesse continuato a essere animato da intenzioni aggressive nei suoi confronti e, per affrontarlo fisicamente, avesse approfittato di un momento in cui il suo avversario era solo con una delle ragazze, mentre lui fosse spalleggiato da ben tre amici; ha aggiunto che la circostanza, secondo cui era stato il T. a scendere per primo dall'auto con una spranga in mano dirigendosi verso il R. disarmato, era affermazione che trovava conforto solo nelle parole dell'imputato e dei suoi amici; la tesi del R. circa gli eventi verificatisi a (OMISSIS), alla stregua della quale costui aveva colpito il T. solo con un pugno e, poi, dopo essere stato attinto con il manubrio da fitness, era caduto a terra venendo preso a calci dal T. e dall' O., non sarebbe credibile perché, se così fosse stato, non si spiegherebbe come mai nello scontro più della metà del massiccio facciale del T. era stata perforata da uno strumento da punta; il perito aveva espressamente attestato che la versione del R. non fosse compatibile con gli accertamenti tecnici e aveva, altresì, smentito detta ricostruzione sotto un secondo aspetto, ossia che sarebbe stato T. a colpire per primo il R. con il manubrio, atteso che quando detto strumento era stato vibrato contro il capo del R. era dotato di una energia cinetica piuttosto bassa, mentre allo strumento da punta era stata impressa un'energia cinetica sufficiente per attraversare in diagonale più della metà del massiccio facciale del T.; il perito aveva, infatti, specificato che se il R. fosse stato colpito per prima non avrebbe avuto la forza per imprimere al cacciavite la forza necessaria a determinare la riscontrata lesione.


3. Ebbene, non sembra che dette argomentazioni possano dirsi manifestamente illogiche; e anzi, il Collegio osserva che la Corte territoriale, nella motivazione della pronuncia impugnata, si è puntualmente attenuta a un coerente, ordinato e conseguente modo di disporre i fatti, le idee e le nozioni necessari a giustificare la sua decisione; questa, perciò, resiste alle censure del ricorrente, già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti logici dai giudici del merito e in questa sede riproposte.


4. Peraltro, la decisione della Corte territoriale è fondata sull'accertamento del fatto perfettamente corrispondente alla norma incriminatrice come correttamente interpretata dalla giurisprudenza di legittimità; con la conseguenza che il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.


Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, "l'idoneità degli atti, richiesta per la configurabilità del reato tentato, deve essere valutata con giudizio ex ante, tenendo conto delle circostanze in cui opera l'agente e delle modalità dell'azione, in modo da determinarne la reale adeguatezza causale e l'attitudine a creare una situazione di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto" (Cass. Sez. 1, 4.3.2010, n. 27918, Rv. 248305).


Inoltre, i giudici di legittimità hanno costantemente affermato che "in tema di delitti contro la persona, per distinguere il reato di lesione personale da quello di tentato omicidio, occorre avere riguardo sia al diverso atteggiamento psicologico dell'agente sia alla differente potenzialità dell'azione lesiva, desumibili dalla sede corporea attinta, dall'idoneità dell'arma impiegata nonché dalle modalità dell'atto lesivo (Cass. Sez. 1, 27.11.2013, n. 51056, Rv. 257881).


5. Nel caso di specie, la Corte territoriale, al fine di ritenere integrati i presupposti del tentato omicidio ha evidenziato che: gli atti posti in essere dall'imputato erano pienamente idonei a cagionare la morte del T., avuto riguardo alla zona corporea attinta, alle caratteristiche dell'arma, alla notevole violenza del colpo; l'evento letale non si era verificato unicamente perché, all'arrivo del fendente, il T. si era girato repentinamente per cui il cacciavite era penetrato nell'encefalo con traiettoria obliqua; quindi, solo grazie al movimento difensivo del T. all'avvicinarsi del colpo nessun organo vitale era stato irreparabilmente leso.


Trattasi di argomentare assolutamente adeguato e congruo che le censure difensive non riescono a disarticolare.


6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - non escludendosi profili di colpa nella proposizione della impugnazione (cfr. Corte Cost. sent. n. 186 del 2000) - al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma che la Corte determina nella misura congrua ed equa di Euro tremila.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.


Così deciso in Roma, il 5 aprile 2022.


Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2022

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