Mandato di arresto europeo: la consegna si ferma se mancano garanzie sulla salute (Cass. Pen. n. 29600/25)
- Avvocato Del Giudice
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Premessa
La Corte di Cassazione, Sezione feriale, con sentenza 19 agosto 2025, n. 29600, affronta nuovamente la tensione tra esigenze di cooperazione giudiziaria europea e tutela dei diritti fondamentali.
Il tema, già al centro di numerose pronunce della CGUE e della Corte EDU, riguarda la possibilità di eseguire un mandato di arresto europeo (MAE) nei confronti di una persona affetta da gravi patologie, quando le informazioni fornite dallo Stato emittente circa le condizioni di detenzione e le cure mediche appaiono generiche e non individualizzate.
Il fatto
La Corte d’appello di Torino aveva disposto la consegna alla Polonia di un cittadino condannato in via definitiva per reati contro il patrimonio (truffa, falso, appropriazione indebita, furto), commessi tra il 2013 e il 2017.
Il difensore aveva denunciato il rischio di trattamenti inumani e degradanti in ragione del grave quadro clinico del consegnando (obesità patologica con BMI superiore a 50, apnee notturne, ipertensione, postumi di intervento ortopedico, flebiti).
La Corte territoriale, pur avendo richiesto informazioni integrative allo Stato richiedente, aveva ritenuto sufficienti le rassicurazioni generiche delle autorità polacche (“accesso ai servizi sanitari”), senza un riscontro concreto sulla possibilità di gestire le specifiche patologie dell’interessato.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata. Dopo aver ribadito i limiti dell’impugnazione in materia di MAE (solo violazioni di legge, art. 606 lett. a), b), c) c.p.p., non illogicità manifesta), la Cassazione ha chiarito che:
rientra nella violazione di legge anche la motivazione meramente apparente, cioè quella che non consente di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dal giudice;
nel caso concreto, la Corte di appello ha omesso di valutare in modo effettivo le condizioni di salute del consegnando e le modalità con cui sarebbero state gestite in Polonia;
le rassicurazioni generiche non soddisfano l’obbligo di tutela: servono informazioni individualizzate, coerenti con il quadro clinico del soggetto.
I riferimenti normativi ed europei
La Cassazione richiama:
la sentenza della Corte costituzionale n. 177/2023, che, in linea con la CGUE (sent. 18 aprile 2023, causa C-699/21, E.D.L.), ha affermato che la Corte di appello deve sospendere la decisione e chiedere informazioni integrative allo Stato emittente quando vi è rischio per la salute;
la giurisprudenza di legittimità (Sez. VI, 44015/2022; 26383/2018; 23277/2016), che impone un’interlocuzione effettiva e mirata, non limitata a formule di stile;
il principio secondo cui la tutela della salute deve essere assicurata anche attraverso modalità alternative alla detenzione in carcere, se necessarie.
Il principio di diritto
Il mandato di arresto europeo non può essere eseguito quando sussiste un rischio concreto che la persona richiesta in consegna non riceva cure adeguate alle proprie condizioni patologiche. Le autorità dello Stato emittente devono fornire garanzie individualizzate sul trattamento sanitario e sulle condizioni di detenzione, non essendo sufficienti generiche affermazioni di accesso ai servizi sanitari.
Considerazioni conclusive
La pronuncia conferma il ruolo della Cassazione quale custode dei diritti fondamentali anche nei procedimenti di cooperazione giudiziaria. In linea con l’evoluzione del diritto europeo, il principio di fiducia reciproca tra Stati membri non è cieco, ma condizionato al rispetto effettivo della dignità e del diritto alla salute.
Il messaggio è chiaro: la cooperazione penale non può prevalere sul diritto inviolabile alla salute del singolo, che deve essere valutato in modo concreto e individuale, senza accontentarsi di rassicurazioni astratte.
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. fer., 19/08/2025, (ud. 19/08/2025, dep. 20/08/2025), n.29600
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 9 luglio 2025 la Corte di appello di Torino ha disposto la consegna all'autorità giudiziaria della Polonia di Pl.Ta., in esecuzione di 3 mandati di arresto europei, di cui due emessi dalla Corte distrettuale di W, ed uno dalla Corte distrettuale di L, a seguito delle condanne riportate per i reati di truffa, falso, appropriazione indebita e furto; fatti commessi nel 2013, nel 2014 e nel 2017.
1.1. Per quanto di interesse, l'arresto del Pl.Ta., eseguito in A il 4 giugno 2025, è stato convalidato dalla Corte di appello di Torino, che ha applicato al ricorrente la misura cautelare della custodia in carcere, escludendo che le condizioni di salute del consegnando siano incompatibili con la situazione detentiva dello Stato richiedente.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione Pl.Ta. a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un unico motivo deduce l'inosservanza dell'art. 2 della legge 22 aprile 2005, n. 69 su sollecitazione del difensore, la Corte di appello ha intrapreso una interlocuzione con lo Stato emittente al fine di scongiurare il rischio di trattamento inumani e degradanti nel corso della detenzione, in ragione delle concrete condizioni di salute del consegnando, caratterizzate da un complesso quadro clinico (obesità grave con indice bmi superiore a 50, ipertensione, apnee notturne in numero tale da avere imposto l'uso di un dispositivo CPAP, flebiti in esito ad intervento artroprotesi, lombalgia).
Tuttavia, le autorità polacche, si osserva, non hanno individuato con certezza l'istituto carcerario che dovrebbe ospitare il ricorrente, né hanno garantito che lo stesso possa godere, nel corso della detenzione, di assistenza medica adeguata alle sue condizioni di salute (con particolare riguardo alle apnee notturne, alle esigenze rieducative ed ai connessi rischi di embolie), se non attraverso rassicurazioni del tutto generiche, che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto sufficienti.
3. Il giudizio di cassazione si è svolto con le forme di cui all'art. 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69, e le parti hanno formulato le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. All'esame dei motivi è utile premettere che, a seguito delle modifiche apportate alla legge 22 aprile 2005, n. 69, l'attuale testo dell'art. 22, a seguito della novella introdotta dall'art. 18 D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, consente la proposizione del ricorso per cassazione esclusivamente per far valere i vizi di cui all'art. 606, lett. a), b) e c), cod. proc. pen., con conseguente esclusione del vizio di motivazione.
Espunto dalla norma, inoltre, il riferimento al fatto che il ricorso per cassazione può essere proposto "anche per il merito", si è quindi affermato che, con riguardo ai procedimenti in tema di mandato di arresto europeo, la Corte di cassazione non è più giudice del merito ed il ricorso non può essere proposto per vizi attinenti alla contraddittorietà o illogicità della motivazione (Sez. 6, n. 9946 del 11/03/2025, Boanda, non mass.; Sez. 6, n. 47272 del 19/12/2024, Sepe, non mass.; Sez. 6, n. 8299 del 08/03/2022, Gheorghe, Rv. 282911 - 01; Sez. 6,' n. 41074 del 10/11/2021, Huzu, Rv. 282260 - 01).
2.1. Ciò non esclude qualsivoglia sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione costituisce infatti ius receptum il principio per cui, nei casi in cui il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione vanno ricompresi sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 -01; conf., Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Mannolo, Rv. 285608 - 01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 - 01).
Non vi rientra invece l'illogicità manifesta, la quale può essere denunciata nel giudizio di legittimità soltanto attraverso lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell'art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 2 del 28/01/2004, Ferrazzi).
Dunque, ove il ricorso per cassazione sia limitato alla sola violazione di legge, va esclusa la sindacabilità del vizio di manifesta illogicità mentre è possibile denunciare il vizio di motivazione apparente, ovvero la violazione dell'art. 125, comma, 3 cod. proc. pen., che impone l'obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611).
3. Venendo allo scrutinio del motivo, in linea generale deve ricordarsi che le ragioni che inducono a ritenere che la consegna metterebbe in pericolo la vita o la salute del consegnando attengono alla fase esecutiva ed in tale contesto devono essere fatte valere, mediante istanza alla Corte di appello, ai sensi dell'art. 23, comma 3, legge n. 69 del 2005, trattandosi di una condizione personale soggetta a modificazioni nel corso del tempo e, pertanto, non utilmente rappresentabile nelle fasi procedimentali anteriori all'esecuzione del provvedimento di consegna (Sez. 6, n. 2492 del 19/01/2022, Del Vecchio, Rv. 282678 - 01; Sez. 6, n. 7489 del 15/02/2017, Yassir Farag, Rv. 269110 - 01; Sez. 6, n. 42041 del 4/10/2016, Ben Said, non mass.; Sez. 6, n. 108 del 30/12/2013, dep. 2014, Di Giuseppe, Rv. 258460 - 01).
Nel caso in esame, invece, il ricorrente si duole del fatto che dall'esecuzione del mandato di arresto europeo potrebbe derivare un pregiudizio alla sua salute, in violazione dell'art. 2 legge 22 aprile 2005; pregiudizio che, ci si lamenta in ricorso, la Corte territoriale ha escluso sulla scorta di una motivazione priva di alcun riferimento alle concrete condizioni di salute del Pl.Ta.
3.1. La questione, come noto, ha costituito l'oggetto di una pronuncia della Corte costituzionale (sentenza del 28 luglio 2023, n. 177) nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 18 e 18-bis della L. n. 69 del 2005, sollevate in riferimento agli artt. 2,3,32 e 111 Cost., il giudice delle leggi ha affermato che alla luce della sentenza della Corte di giustizia del 18 aprile 2023 (causa C-699/21, E. D.L.) è possibile una interpretazione sistematica della legge n. 69 del 2005 per effetto della quale, nel caso di rischio per la salute della persona, la Corte di appello dovrà sospendere la decisione e sollecitare le autorità giudiziarie dello Stato richiedente a trasmettere informazioni sulle condizioni nelle quali la persona verrà perseguita o detenuta, in modo da assicurare adeguata tutela alla sua salute, eventualmente anche collocandola in una struttura non carceraria.
3.2. Così inquadrata la questione, il motivo è fondato.
Dopo aver analizzato la documentazione prodotta dalla difesa e la relazione del medico presso il servizio penitenziario - attestante la gravità delle condizioni di salute e le connesse esigenze terapeutiche - la Corte territoriale ha disposto accertamenti integrativi, volti ad acquisire dettagliate informazioni per verificare le condizioni di detenzione, al fine di stabilire se esista o meno il rischio di sottoposizione del consegnando a trattamenti inumani o degradanti, con specifico riferimento alle cure che saranno garantite, eventualmente attraverso strutture esterne al circuito penitenziario, alla luce del grave quadro poli-patologico (ordinanza del 16 giugno 2025).
Osserva al riguardo il Collegio che l'acquisizione dallo Stato emittente delle informazioni complementari è finalizzata a verificare le condizioni "individualizzate" circa il trattamento penale cui concretamente il consegnando sarà sottoposto, tra cui quelle relative alla assistenza sanitaria (nel senso che le informazioni integrative richieste allo Stato emittente sono tese a conoscere il trattamento penitenziario cui il consegnando sarà in concreto sottoposto, Sez. 6, n. 44015 del 16/11/2022, Prinzhausen, Rv. 284002 - 01; Sez. 6, n. 26383 del 05/06/2018, Chira, Rv. 273803 - 01; Sez. 6, n. 23277 del 1/06/2016, Barbu, Rv. 267296 - 01).
L'interlocuzione tra lo Stato di esecuzione e lo Stato emittente, al fine di evitare che l'esecuzione del mandato di arresto europeo possa pregiudicare il diritto fondamentale alla salute della persona richiesta in consegna, deve, infatti, avere riguardo "al fatto che tale patologia sarà oggetto, in tale Stato membro, di trattamenti o di cure appropriati, e ciò, indifferentemente, in ambiente carcerario o nel contesto di modalità alternative di mantenimento di tale persona a disposizione delle autorità giudiziarie di detto Stato membro", e non già la necessaria previa indicazione della struttura penitenziaria (Corte di Giustizia, sentenza 18 dicembre 2023, causa C-699/21, par. 49; Sez. 6, n. 17535 del 30/04/2024, R. R., non mass.).
Nella specie, invece, la Corte territoriale, dopo aver dato atto della complessità del quadro clinico, ha prima disposto ed acquisito, ex art. 16 legge 22 aprile 2005, n. 69, le informazioni integrative, salvo poi immotivatamente escludere il rischio di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti, fondando la propria decisione su una nota assolutamente generica delle autorità emittenti, e limitandosi a valorizzare il riferimento alla astratta previsione, nella legislazione polacca, del diritto del detenuto all'accesso ai servizi sanitari (cfr., p. 4 provvedimento impugnato e nota del 3 luglio 2025, ove si legge che "il detenuto ha accesso ai servizi sanitari" e che "sono garantiti, tra l'altro, servizi sanitari gratuiti, medicinali, articoli sanitari").
Così facendo, la Corte di appello non ha. effettuato, come invece avrebbe dovuto, alcuna verifica in concreto, ovvero con specifico riferimento tanto alle condizioni di salute del Pl.Ta., quanto alle condizioni in cui queste saranno gestite negli istituti penitenziari dello Stato emittente, o in strutture esterne.
Il ricorrente, quindi, ha fondatamente dedotto censure inerenti (non il merito della valutazione ma) il carattere apparente della motivazione offerta dalla Corte di appello la quale, per il tramite delle informazioni che pur ha ritenuto necessario richiedere, avrebbe dovuto verificare le condizioni "individualizzanti" circa il trattamento cui concretamente il consegnando sarà sottoposto nel corso della detenzione.
4. In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve dunque essere annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte territoriale per nuovo giudizio, al fine di verificare se, in concreto, nel corso della detenzione il consegnando sarà assicurato il rispetto dei diritti e delle garanzie di cui all'art. 2 legge 22 aprile 2005, n. 69.
4.1. Seguono, a cura della cancelleria, gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge 22 aprile 2005, n. 69.
4.2. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Torino.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge 22 aprile 2005, n. 69.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.las. n. 196/03 in quanto disposto d'ufficio o imposto dalla legge.
Così deciso in Roma il 19 agosto 2025.
Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2025.