La traduzione della sentenza estera non è necessaria: basta il certificato ex D.Lgs. 161/2010 (Cass. Pen. n.35790/25)
top of page

La traduzione della sentenza estera non è necessaria: basta il certificato ex D.Lgs. 161/2010 (Cass. Pen. n.35790/25)

La traduzione della sentenza estera non è necessaria: basta il certificato ex D.Lgs. 161/2010 (Cass. Pen. n.35790/25)

La massima

Ai fini del riconoscimento in Italia di una sentenza penale di condanna emessa da uno Stato UE, non è richiesta la traduzione integrale della decisione straniera: è sufficiente la traduzione del certificato di cui all’art. 2, lett. n), D.Lgs. 7 settembre 2010, n. 161, salvo che tali dati risultino incompleti, difformi o insufficienti a valutare i presupposti del riconoscimento.

La norma speciale di cui all’art. 12 D.Lgs. 161/2010 prevale sugli artt. 730 e 731 c.p.p.


La sentenza integrale

Cassazione penale sez. VI, 30/10/2025, (ud. 30/10/2025, dep. 31/10/2025), n.35790

RITENUTO IN FATTO


1. La Corte di appello di Reggio Calabria, con la sentenza impugnata ha riconosciuto, ai fini di cui al D.Lgs. 7 settembre 2010, n. 161 la sentenza, pronunciata dalla Corte d'Appello di Anversa in data 7 giugno 2024, che ha condannato Gi.Gi. alla pena di 2.190 giorni per i delitti di associazione a delinquere e di traffico di sostanze stupefacenti.


2. L'avvocato Alessandro Bavaro, difensore di Gi.Gi., ha proposto ricorso avverso questa sentenza e ne ha chiesto l'annullamento.


Il difensore, deducendo un motivo di ricorso, ha censurato l'inosservanza degli artt. 730,731,734 e 735 cod. proc. pen., art. 12 D.Lgs. 161 del 2010, in ragione dell'omessa traduzione della sentenza straniera nella lingua italiana.


L'art. 730 cod. proc. pen., infatti, richiede espressamente la traduzione della sentenza penale estera di cui si chiede il riconoscimento da parte dell'autorità giudiziaria italiana.


Nel caso di specie la mancata traduzione avrebbe precluso la comprensione del significato delle espressioni "associazione per delinquere" e "traffico di sostanze stupefacenti" e il loro inquadramento nelle nozioni proprie della disciplina penale italiana.


3. Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 10 ottobre 2025, il Procuratore generale, Simone Perelli, ha chiesto di annullare senza rinvio la sentenza impugnata con restituzione degli atti alla Corte di appello competente.


CONSIDERATO IN DIRITTO


1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto il motivo proposto è manifestamente infondato.


2. Il difensore, deducendo un unico motivo di ricorso, ha censurato l'inosservanza degli artt. 730,731,734 e 735 cod. proc. pen., art. 12 D.Lgs. 161 del 2010, in ragione dell'omessa traduzione della sentenza straniera nella lingua italiana.


3. Il motivo è manifestamente infondato.


La Corte di appello di Reggio Calabria ha fatto corretta applicazione dell'art. 12 del D.Lgs. 161 del 2010, rilevando che "la traduzione della sentenza straniera della quale si chiede il riconoscimento non è requisito per il riconoscimento, posto che l'art. 12, co. 1, D.Lgs. 161/10 prevede la traduzione del certificato di cui all'art. 2, lett. n), D.Lgs. cit., ma non della sentenza. La richiesta di traduzione della sentenza da riconoscere (o di parte di essa) rappresenta una mera facoltà per la Corte di appello ai sensi dell'art. 12, co. 3, D.Lgs. cit.".


I giudici di appello hanno, inoltre, precisato che nella specie non vi era alcuna ragione di disporre la traduzione della predetta sentenza, in quanto i dati presenti nel certificato di cui all'art. 2, lett. n), D.Lgs. 161 del 2010 forniscono tutti gli elementi necessari per valutare i presupposti del riconoscimento.


Il ricorrente, peraltro, non ha indicato, se non in termini puramente generici, per quale ragione i dati risultanti dal certificato siano inidonei a consentire di valutare i presupposti del riconoscimento.


Nel caso di specie, del resto, il riconoscimento della sentenza è stato operato non in base alla disciplina generale dettata dal codice di rito in materia di cooperazione internazionale (art. 730 cod. proc. pen.), ma in base alla disciplina speciale dettata dal diritto dell'Unione, recepita del D.Lgs. 7 settembre 2010, n. 161, e fondata sul principio del mutuo riconoscimento delle decisioni penali nello spazio giuridico europeo.


Questa Corte, con la sentenza n. 33545 del 09/10/2025, Vottari, in tema di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, ha affermato che, ai fini del riconoscimento e dell'esecuzione nello Stato di una sentenza di condanna emessa da altro Stato aderente all'Unione Europea, non è necessaria la sua traduzione, essendo sufficiente, ai sensi dell'art. 12 D.Lgs. 07/09/2010, n. 161, che ha dato esecuzione alla decisione quadro 909/2008/GAI, la mera traduzione del certificato, salvo che nel caso in cui lo stesso sia incompleto, difforme dalla sentenza o il suo contenuto sia insufficiente per decidere sull'esecuzione della pena, posto che tale disposizione ha natura di norma speciale e, pertanto, prevalente su quelle di cui agli artt. 730 e 731 cod. proc. pen.


Le censure proposte in udienza dal difensore, in ordine all'asserita incompletezza del certificato, sono inammissibili, in quanto sono state proposte tardivamente e, comunque, in violazione dell'art. 609, comma 3, cod. proc. pen., eccependo violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello.


4. Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.


Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell'art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.


In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata invia equitativa, di tremila Euro in favore della cassa delle ammende.


La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, della legge n. 69 del 2005.


P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, della legge n. 69 del 2005.


Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2025.


Depositata in Cancelleria il 31 ottobre 2025.

Hai bisogno di assistenza legale?

Prenota ora la tua consulenza personalizzata e mirata.

 

Grazie

oppure

IMG_3365_edited_edited.png
bottom of page