NASpI ottenuta con assunzioni fittizie: è truffa aggravata, non indebita percezione (Cass. Pen. n. 30485/25)
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NASpI ottenuta con assunzioni fittizie: è truffa aggravata, non indebita percezione (Cass. Pen. n. 30485/25)

NASpI ottenuta con assunzioni fittizie: è truffa aggravata, non indebita percezione (Cass. Pen. n. 30485/25)

Indice:



1. Premessa

Quando la NASpI viene erogata a seguito di rapporti di lavoro fittizi, creati ad arte per popolare le banche dati INPS con comunicazioni false, non si applica l’art. 316-ter c.p., ma la truffa aggravata ex art. 640, comma 2, n. 1, c.p.

Il meccanismo decettivo non si esaurisce in una mera autodichiarazione, ma si articola in artifici e raggiri idonei a trarre in errore l’ente previdenziale.

La recente sentenza della Corte di cassazione n. 30485/2025 ribadisce questo discrimine, collocando l’art. 316-ter nella sua fisiologica dimensione residuale.


2. Il fatto

Il gestore di fatto di due società aveva posto in essere un sistema fraudolento basato su assunzioni e licenziamenti inesistenti, comunicati all’INPS attraverso le ordinarie procedure telematiche.

In tal modo, i lavoratori fittizi maturavano i requisiti per accedere alla NASpI, che veniva regolarmente erogata dall’ente.

Parallelamente, lo stesso soggetto predisponeva modelli F24 per compensare crediti fiscali inesistenti, consentendo alle società da lui gestite e ad altre imprese collegate di eludere il versamento delle imposte e dei contributi.


3. La decisione della Corte

La Cassazione ha confermato la responsabilità per truffa aggravata, chiarendo che il meccanismo escogitato non rientra nell’ambito dell’art. 316-ter c.p., poiché l’INPS non si è limitato a prendere atto di una dichiarazione, ma è stato effettivamente tratto in inganno da una rappresentazione falsificata della realtà, alimentata da dati già presenti nelle proprie banche informative.

La Corte ha inoltre ribadito due ulteriori principi:

  1. il concorso nel reato di indebita compensazione (art. 10-quater d.lgs. 74/2000) è configurabile in capo al gestore di fatto che materialmente rediga i modelli F24 contenenti i crediti inesistenti;

  2. l’indebita compensazione integra un reato unitario per ciascun periodo d’imposta e per lo stesso contribuente: ciò comporta l’assorbimento delle contestazioni sovrapposte relative al medesimo anno.


4. Il principio di diritto

a) NASpI e discrimine tra truffa e indebita percezione

Il tratto distintivo tra art. 640 c.p. e art. 316-ter c.p. sta nella presenza o meno dell’induzione in errore dell’ente erogatore.

Laddove l’amministrazione si limiti a prendere atto di un’autodichiarazione mendace, senza svolgere alcuna verifica, la condotta ricade nell’ambito dell’indebita percezione.

Quando invece – come nel caso della NASpI – l’erogazione presuppone l’incrocio di dati già acquisiti dall’ente, se tali dati sono stati previamente falsificati, si configura un vero e proprio raggiro idoneo a trarre in inganno l’ente, con conseguente applicazione della fattispecie di truffa aggravata.


b) Il concorso dell’extraneus nell’indebita compensazione

La Cassazione precisa che chi predispone i modelli F24 contenenti crediti inesistenti fornisce un contributo causale essenziale alla realizzazione del reato e risponde a titolo di concorso, anche se non è il legale rappresentante della società contribuente. Il “consulente infedele” o il gestore di fatto che intervenga nella fase consumativa del reato assume così la piena qualifica di concorrente.


c) L’unitarietà del reato di indebita compensazione

Il reato di cui all’art. 10-quater d.lgs. 74/2000 va considerato unitario con riferimento all’anno di imposta e al singolo contribuente: non conta il numero di compensazioni effettuate né la pluralità delle poste interessate, ma il dato complessivo.

Ne deriva che eventuali contestazioni multiple relative allo stesso periodo si assorbono in un unico illecito.



5. La sentenza integrale

Cassazione penale sez. fer., 31/07/2025, (ud. 31/07/2025, dep. 10/09/2025), n. 30485

RITENUTO IN FATTO

1. Im.An. ricorre per l'annullamento della sentenza del 1 marzo 2024 della Corte di appello di Firenze che ha confermato la condanna alla pena di tre anni e due mesi di reclusione e seicento Euro di multa inflitta con sentenza del 22 marzo 2022 del Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Livorno, pronunciata a seguito di giudizio abbreviato e da lui impugnata, per i reati di cui agli artt. 81, cpv., 110, 640, primo e secondo comma, cod. pen., 8 e 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000, perché, quale amministratore di fatto delle società Eta Srls e Alva Plast Srl, agendo in concorso con il legale rappresentante delle stesse società e con altre persone, mediante artifici e raggiri consistiti nel denunziare falsamente la costituzione di rapporti di lavoro alle dipendenze di Alva Plast con Ga.La.(capo H), Fa.Di.(capo I), Mo.Za. (capo L), An.Fa.(capo M), Fr.Fa.(capo N), De.Fr.(capo O), Di.Na.(capo P), inducendo in errore l'INPS procuravano a costoro un ingiusto profitto facendo sì che percepissero l'indennità NASPI con corrispondente danno dell'Istituto previdenziale. Inoltre: non aveva versato le somme dovute dalle società da lui legalmente rappresentate e da quelle da lui gestite di fatto utilizzando in compensazione, ai sensi dell'art. 17 D.Lgs. n. 241 del 1997, crediti inesistenti (capi A dei due procedimenti riuniti; B, C, D ed E del procedimento principale); quale amministratore di fatto della società Eta Srls, al fine di consentire alla società Ecologics Srl l'evasione fiscale, aveva emesso in favore di quest'ultima società nove fatture per operazioni in tutto o in parte inesistenti (capo F).


1.1.Con il primo motivo deduce l'inosservanza dell'art. 125, comma 3, cod. proc. pen., sotto il profilo della omessa motivazione sul secondo motivo di appello che devolveva il tema dell'inosservanza dell'art. 110 cod. pen. e il conseguente vizio di motivazione illogica e mancante in ordine alla mancata valutazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di reato.


Lamenta che la propria condanna affermata a titolo concorsuale per i fatti di cui al capo A del procedimento principale (e ai correlati capi da B ad E della rubrica) è frutto di una vera e propria presunzione assoluta perché la Corte di appello, al di là del generico richiamo al ruolo da lui svolto in Esa e Alva Plast, non ha spiegato se egli avesse seguito la contabilità delle società indicate ai capi da B ad E, se ne sia mai stato il consulente e, soprattutto, se e quale concreto contributo causale avesse dato con la propria condotta alle illecite compensazioni contestate e sulla base di quali prove. La Corte di appello non si confronta con le evidenze probatorie dalle quali risulta che i legali rappresentanti delle società che avevano utilizzato i crediti in compensazione avevano ammesso la loro piena responsabilità, che la società intermediaria Trevi Srl aveva avuto rapporti solo ed esclusivamente con il legale rappresentante di Eta Srl, Gi.Si., che i dipendenti di Eta avevano riconosciuto quest'ultimo come titolare dell'azienda e loro unico datore di lavoro. Nemmeno il ruolo di consulente fiscale, aggiunge, è comunque di per sé sufficiente a giustificare il concorso nei reati contestati ai legali rappresentanti delle società di cui ai capi da B ad E.


1.2.Con il secondo motivo deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione degli artt. 640 e 316-fer cod. pen., nonché l'illogicità e la mancanza di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell'art. 316-fer cod. pen.


Sostiene che l'invio della documentazione falsa all'INPS integra la fattispecie sanzionata dall'art. 316-fer cod. pen. non costituendo tale condotta artificio o raggiro ai sensi dell'art. 640 cod. pen. Il ragionamento della Corte di appello -prosegue - è palesemente errato, oltre che illogico e contraddittorio, quando afferma che le condotte di cui all'art. 316-ter cod. pen. si differenziano da quelle di cui all'art. 640 cod. pen. perché non suscettibili di trarre in errore il soggetto leso, laddove, per converso, la falsità dei documenti su cui si basa l'indebita erogazione è esattamente all'origine dell'errore dell'erogante.


1.3.Con il terzo motivo deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione dell'art. 84 cod. pen., il vizio di motivazione contraddittoria e manifestamente illogica e la violazione del divieto del ne bis in idem sostanziale in relazione al mancato riconoscimento del parziale assorbimento delle condotte di cui al capo A del procedimento contraddistinto con il numero 5394/2018 RGNR riunito con quelle di cui al capo A del procedimento principale (contraddistinto con il numero 1801/2018 RGNR).


La Corte di appello non si avvede - afferma - che le condotte sono parzialmente sovrapponibili.


Al riguardo precisa che nel procedimento riunito (5394/2018) erano stati contestati due reati: quello di cui al capo A (art. 640, secondo comma, cod. pen., riqualificato in primo grado ai sensi dell'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000) ipotizzava che, quale amministratore di fatto di Alva Plast Srl e Eta Srl, con artifici consistiti nel rappresentare formalmente di essere dipendente delle due società, presentando i modelli F24 relativi ai contributi dovuti, compensandoli con crediti erariali inesistenti e senza effettuare alcun versamento, aveva indotto in errore l'INPS; quello di cui al capo B (artt. 110,81 cpv., cod. pen., 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000) ipotizzava che, quale amministratore di fatto di Eta Srl, avesse utilizzato in compensazione crediti non spettanti per gli anni 2016 e 2017.


Il capo A del procedimento n. 1801/2018 RGNR gli attribuisce il delitto di cui all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000 per i medesimi anni (2016 e 2017) e per i medesimi importi di crediti non spettanti ed è dunque totalmente sovrapponibile a quello di cui al capo B del procedimento riunito. Il capo A di quest'ultimo procedimento, invece, non faceva altro che sommare le compensazioni poste in essere rappresentando di essere dipendente di Alva Plast e di Eta Srl con quelle già conteggiate nel capo A del procedimento n. 1801/2018 RGNR, capo -quest'ultimo - che riguarda tutte le indebite compensazioni fruite da Eta Srl ma non da Alva Plast Srl. Il capo A del procedimento n. 5394/2018 RGNR include già una parte delle condotte di compensazione conteggiate nel più ampio capo A del procedimento n. 1801/2018 che, diversamente da quanto illogicamente sostenuto dalla Corte di appello, non riguarda la compensazione della sola imposta sul valore aggiunto ma di tutte le voci d'imposta e contributi compensabili ai sensi dell'art. 17 D.Lgs. n. 241 del 1997, compresi dunque i contributi previdenziali del ricorrente, quale dipendente di Eta Srl.


1.4.Con il quarto motivo deduce l'inosservanza dell'art. 125, comma 3, cod. proc. pen., sotto il profilo della omessa motivazione sul quarto motivo di appello e il vizio di motivazione illogica e mancante sotto il profilo del diniego delle circostanze attenuanti generiche e della mancata valutazione della disponibilità al risarcimento e ai lavori socialmente utili, come da richiesta di messa alla prova formalizzata dall'imputato in primo grado ma negata dal primo Giudice, quali fattori in grado di incidere sulla pena e sulla applicazione delle circostanze attenuanti generiche.


La Corte di appello, afferma, ha completamente negletto l'esame del motivo essendosi limitata a validare la correttezza del calcolo della pena senza spiegare le ragioni del suo mancato accoglimento.


1.5.Con il quinto motivo deduce la prescrizione dei reati di cui ai capi B, H, L, M ed O maturata prima della sentenza impugnata (in particolare, il 1 marzo 2024).


2.Il 15 luglio 2025 il difensore di fiducia, Avv. Lorenza Musetti, ha depositato copia del dispositivo della sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Livorno il 19 maggio 2025 nei confronti di Di.Na.per il reato di cui al capo P qualificato ai sensi dell'art. 316-ter cod. pen. e di altra sentenza del 26 gennaio 2023 del medesimo Tribunale che ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per il medesimo reato (rubricato ai sensi dell'art. 640, secondo comma, cod. pen.) ai sensi dell'art. 420-quater cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Il ricorso è fondato limitatamente al terzo e, parzialmente, al quinto motivo, è infondato quanto al primo e al secondo motivo; è inammissibile nel resto.


2.Dalla lettura della sentenza di primo grado risulta che:


2.1.Eta Srl, società legalmente rappresentata da Gi.Si., negli anni 2016-2017 aveva utilizzato in compensazione crediti inesistenti per importi pari, rispettivamente, ad Euro 62.798 per il 2016 e ad Euro 91.927 per il 2017;


2.2.si trattava, in particolare, di rimborsi a dipendenti in realtà mai effettuati, del cd. "bonus Renzi", di agevolazioni non previste per la Regione Toscana o per incremento occupazionale; di crediti, in buona sostanza, legati a rapporti di lavoro in realtà inesistenti;


2.3.in tal modo non era stata versata l'imposta sul valore aggiunto dovuta per i medesimi anni pari ad Euro 7.436 per il 2016 e ad Euro 4.076 per il 2017;


2.4. anche le imprese di cui ai capi di imputazione B, C, D ed E (richiamati dal capo A del procedimento penale n. 1801/2018 RGNR) si erano avvalse del medesimo meccanismo fraudolento grazie al contributo di Im.An.(definito "consulente infedele" nonché amministratore di fatto di Eta Srl);


2.5. Inoltre, sempre utilizzando il medesimo meccanismo fraudolento, quale amministratore di fatto di Eta Srl e Alva Plast Srl, aveva fatto figurare se stesso quale dipendente (fittizio) delle due società utilizzando crediti inesistenti;


2.6.che Im.An. fosse il reale gestore delle due società si evince (affermava il Tribunale): (i) dal grado di bassa scolarizzazione del legale rappresentante, Gi.Si., il quale non aveva alcuna capacità gestoria e imprenditoriale; (ii) dalle vicende inerenti il fatto descritto al capo F della rubrica (emissione, da parte di Eta Srl, di nove fatture per operazioni inesistenti nei confronti di Ecologics Srl, amministrata dal figlio, En.Im.);


2.7.si tratta di nove fatture per consulenze in materia di sicurezza e di contabilità del complessivo importo di Euro 23.485,00 pagate da Ecologics nella misura di Euro 8.052;


2.8.il legale rappresentante di quest'ultima società aveva dichiarato di aver avuto rapporti solo con il padre, Im.An. ;


2.9.che si trattasse di fatture emesse per operazioni inesistenti si ricava: (i) dalla totale assenza in EtaSrl delle professionalità in grado di effettuare le consulenze; (ii) dalla mancanza di deleghe o procure da parte del Simoncini a favore di Im.An. ; (iii) dai prelievi di denaro contante effettuati per importi corrispondenti ai pagamenti effettuati;


2.10.la società Alva Plast Srl aveva operato fino al 2010 e fino al 2018 non aveva mai versato i contributi, compensandoli con crediti inesistenti, con conseguente induzione in errore dell'INPS che ha erogato le indennità di disoccupazione di cui ai capi da H ad O.


3.Nel confermare la sentenza di primo grado, la Corte di appello ha sostenuto


che:


3.1.il ruolo gestorio disimpegnato di fatto da Im.An.in Eta Srl si ricava dalle dichiarazioni delle dipendenti, Ca.Be., già dipendente di Alva Plast Srl, e Sa.Pe.che avevano concordemente riferito che le direttive di lavoro venivano impartite dall'odierno ricorrente cui dovevano essere attribuite anche le false assunzioni dei lavoratori dipendenti di cui ai capi di imputazione da H a P;


3.2. ulteriore riscontro deriva dal ruolo tenuto da Im.An.nei rapporti con Ecologics e dai rapporti da egli tenuti con il figlio, legale rappresentante di quest'ultima, in assenza di deleghe o procure da parte del Simoncini, tanto più che - aggiunge la Corte di appello - lo stesso Im.An.era indicato come il soggetto idoneo a fornire le prestazioni fatturate (le competenze in materia di sicurezza);


3.3. Im.An., inoltre: (i) aveva personalmente stipulato il contratto di locazione dell'immobile ad uso ufficio utilizzato come sede della società Eta Srl; (ii) aveva pagato le rate condominiali; (iii) ne risultava il conduttore in base al provvedimento di sfratto emesso dal Tribunale di Livorno; (iv) aveva intrattenuto rapporti professionali con lo studio Gr.al quale aveva chiesto un preventivo per l'attività di consulenza del lavoro;


3.4. Gi.Si.aveva la propria residenza presso quella di Im.An. e, a differenza di questi, non aveva mai ricevuto alcuna retribuzione per l'attività svolta;


3.5.Ca.Be. aveva confermato il ruolo gestorio disimpegnato di fatto da Im.An. anche in Alva Plast Srl avendo da questi ricevuto le retribuzioni sia in contanti che, più raramente, mediante bonifici;


3.6. Im.An. risultava anche titolare/rappresentante legale di Alva Plast Srl nella delega alla gestione contributiva rilasciata al professionista Gr.e inviata telematicamente all'INPS;


3.7. infine, nel verbale di assemblea dei soci di Alva Past Srl del 30 aprile 2011 egli era stato indicato come presidente;


3.8. da qui la conclusione che la predisposizione dei modelli F24 trasmessi da Eta Srl a Si.Ba., dipendente dello studio Trevi Srl, e destinati alle società delle quali Eta era la tenutaria della contabilità, era attribuibile a Im.An.; da ciò il suo concorso nei reati di cui ai capi B, C, D ed E;


3.9. tale conclusione non è avversata, per i Giudici distrettuali, dalle dichiarazioni del legale rappresentante della società Trevi Srl, Al.(che era all'oscuro dell'intera vicenda), e dalla memoria di Si.Ba. (che, pur avendo sostenuto di aver avuto rapporti telefonici ed epistolari via mail con Eta Srl per l'invio telematico degli F24 alle società clienti, aveva riferito di non aver mai conosciuto di persona il legale rappresentante di Eta, né di aver mai avuto rapporti con lui);


3.10.i fatti oggetto del procedimento riunito non sono sovrapponibili a quelli di cui al capo A del proc. n. 1801/2018 RGNR perché questi ultimi non contemplano Im.An. quale dipendente delle due società;


3.11. corretta è la qualificazione dei reati di cui ai capi da H a P della rubrica ai sensi dell'art. 640 cpv. cod. pen. consistendo gli artifici e raggiri nell'aver fatto figurare i lavoratori come dipendenti delle società laddove non lo erano affatto, artifici dei quali l'INPS si era avveduto solo in un secondo momento e solo a seguito delle indagini della Guardia di Finanza.


4.Il primo motivo è infondato.


4.1.II ricorrente non contesta più il suo ruolo gestorio nell'ambito delle società Eta Srl e Alva Plast Srl che, secondo quanto sostiene la Corte di appello, egli amministrava di fatto. Nell'economia della decisione, il ricorrente, nella sua indicata qualità, era il tenutario della contabilità delle società indicate ai capi da B ad E per conto delle quali provvedeva alla materiale redazione dei modelli F24 utilizzati per le indebite compensazioni trasmessi all'inconsapevole Si.Ba. per il successivo inoltro alle società stesse.


4.2. La Corte di appello ha dunque fornito una risposta chiara alla questione della sussistenza del concorso del ricorrente nei reati attribuiti ai legali rappresentanti delle società beneficiarie delle indebite compensazioni indicando gli elementi di prova (dei quali non è stato dedotto il travisamento) sui quali ha basato il proprio ragionamento, tutt'altro che manifestamente illogico.


4.3. Il ricorrente ha concorso nei reati ascritti ai legali rappresentanti delle società beneficiarie delle indebite compensazioni redigendo materialmente gli F24 a tal fine utilizzati. Non è affatto vero che la Corte di appello si sia limitata a riconoscere in capo al ricorrente il ruolo gestorio della società tenutaria della contabilità delle imprese coinvolte; da questo dato di fatto ha tratto l'ulteriore conclusione del concorso nei reati di cui ai capi da B ed E nei termini sopra già descritti, reati realizzati secondo uno schema fraudolento collaudato anche in altre società e utilizzato anche per i debiti fiscali delle due società da lui gestite di fatto.


5.Il secondo motivo è infondato.


5.1. Secondo l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la fattispecie criminosa di cui all'art. 316-ter cod. pen. ha carattere residuale e sussidiario rispetto alla fattispecie di truffa aggravata e non è con essa in rapporto di specialità, sicché ciascuna delle condotte ivi descritte (utilizzo o presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, e omissioni di informazioni dovute) può concorrere ad integrare gli artifici ed i raggiri previsti dalla fattispecie di truffa, ove di questa figura criminosa siano integrati gli altri presupposti (Sez. 2, n. 23623 del 08/06/2006, Corsinovi, Rv. 234996 - 01; Sez. 2, n. 10231 del 10/02/2006, Fasolo, Rv. 233449 - 01).


5.2.Si è chiarito, al riguardo, che il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni si differenzia da quello di truffa aggravata, finalizzata al conseguimento delle stesse, per la mancata inclusione, tra gli elementi costitutivi, della induzione in errore dell'ente erogatore, il quale si limita a prendere atto dell'esistenza dei requisiti autocertificati dal richiedente, senza svolgere una autonoma attività di accertamento, la quale è riservata ad una fase meramente eventuale e successiva (Sez. F, n. 44878 del 06/08/2019, Aldovisi, Rv. 279036 - 03, che ha confermato la qualificazione in termini di truffa dell'artificiosa redazione, ai fini dell'erogazione di rimborsi elettorali in favore di un partito politico, di rendiconti apparentemente regolari, in realtà basati su false annotazioni contabili, prive di documenti giustificativi, ma supportati da una certificazione di regolarità dei revisori dei conti ideologicamente falsa, trattandosi di condotta decettiva che ha indotto in errore l'ente quanto alla sussistenza dei presupposti dell'erogazione; nello stesso senso, Sez. 6, n. 51962 del 02/10/2018, Muggianu, Rv. 274510 - 02; Sez. 2, n. 23163 del 12/04/2016, Oro, Rv. 266979 - 01; Sez. 2, n. 40260 del 14/07/2017, Picariello, Rv. 271036 - 01, che fa riferimento alla attività prodromica alla erogazione del beneficio: meramente ricognitiva in caso di delitto ex art. 316-fer cod. pen.; valutativa in caso di truffa aggravata; ricorre allo stesso concetto Sez. 2, n. 49464 del 01/10/2014, Gattuso, Rv. 261321 - 01, che ritiene integri l'artificio e il raggiro il falso documentale che, per le modalità di presentazione o per altre caratteristiche, sia di per sé idoneo a trarre in errore l'autorità, come la falsa attestazione, sottoscritta con firma apocrifa di cui l'imputato aveva consapevolezza, di essere nelle condizioni per poter beneficiare dell'indennità di disoccupazione; nello stesso senso, Sez. 3, n. 2382 del 01/12/2011, Di Bari, Rv. 251910 - 01, che ha precisato che l'accertamento della sussistenza dell'induzione in errore costituisce una tipica indagine di fatto rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata; per Sez. 2, Corsinovi, cit., che ha ritenuto correttamente qualificata come truffa, ai sensi dell'art. 640 cod. pen., la condotta dell'imputato che, nell'avanzare all'Inps richiesta di indennità di natura assistenziale per propri dipendenti del settore edile rimasti privi di occupazione, non si era limitato ad esporre dati non veritieri, ma aveva corroborato la menzogna attestando l'impossibilità di impiegare diversamente gli operai e tacendo l'esistenza di altri due cantieri).


5.3.Nel 2007 le Sezioni Unite penali (Sez. U, n. 16568 del 17/04/2007, Carchivi) avevano ricondotto alla fattispecie di cui all'art. 316-ter cod. pen. solo o comunque soprattutto quelle condotte cui non consegua un'induzione in errore o un danno per l'ente erogatore, "con la consapevolezza tuttavia che, in conformità del resto ai dichiarati intenti del legislatore, l'ambito di applicabilità dell'art. 316 ter c.p. si riduce così a situazioni del tutto marginali, come quelle del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induca effettivamente in errore l'autore della disposizione patrimoniale. In molti casi, invero, il procedimento di erogazione delle pubbliche sovvenzioni non presuppone l'effettivo accertamento da parte dell'erogatore dei presupposti del singolo contributo. Ma ammette che il riconoscimento e la stessa determinazione del contributo siano fondati, almeno in via provvisoria, sulla mera dichiarazione del soggetto interessato, riservando eventualmente a una fase successiva le opportune verifiche. Sicché in questi casi l'erogazione può non dipendere da una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell'erogatore, che in realtà si rappresenta correttamente solo l'esistenza della formale dichiarazione del richiedente. D'altro canto, l'effettivo realizzarsi di una falsa rappresentazione della realtà da parte dell'erogatore, con la conseguente integrazione degli estremi della truffa, può dipendere, oltre che dalla disciplina normativa del procedimento, anche dalle modalità effettive del suo svolgimento nel singolo caso concreto. E quindi l'accertamento dell'esistenza di un'induzione in errore, quale elemento costitutivo del delitto di truffa, ovvero la sua mancanza, con la conseguente configurazione del delitto previsto dall'art. 316 ter c.p., è questione di fatto, che risulta riservata al giudice del merito".


5.4. Successivamente, Sez. U, n. 7537 del 16/12/2010, dep. 2011, Pizzuto, ha affermato il principio secondo il quale "l'art. 316-ter cod. pen. punisce condotte decettive non incluse nella fattispecie di truffa, caratterizzate (oltre che dal silenzio antidoveroso) da false dichiarazioni o dall'uso di atti o documenti falsi, ma nelle quali l'erogazione non discende da una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell'ente pubblico erogatore, che non viene indotto in errore perché in realtà si rappresenta correttamente solo l'esistenza della formale attestazione del richiedente".


5.5.Più recentemente, Sez. U, n. 11969 del 28/11/2024, dep. 2015, Tomaificio Zodiaco Srl in liquidazione, ha riaffermato, richiamando anche Corte cost., sent. n. 95 del 2004, il carattere sussidiario e residuale del reato rispetto all'affine fattispecie di truffa aggravata di cui all'art. 640-bis cod. pen., osservando che la norma introdotta nell'art. 316-ter assicura una tutela aggiuntiva e "complementare" rispetto a quella offerta agli stessi interessi tutelati dall'altra disposizione, "coprendo" in particolare gli eventuali "margini di scostamento" - per difetto - del paradigma punitivo della truffa rispetto alla fattispecie della frode. L'analisi della struttura e della formulazione lessicale della fattispecie di indebita percezione di erogazioni pubbliche - affermano - mostra la persistente validità dell'impostazione ermeneutica sinora accolta dalla dominante giurisprudenza di legittimità sulla base dei principi affermati dalle precedenti decisioni delle Sezioni Unite Carchivi e (Omissis).


5.6. Anche il Giudice delle leggi ha ribadito il carattere sussidiario e "residuale" dell'art. 316-ter cod. pen. rispetto all'art. 640-bis cod. pen., a fronte del quale la prima norma è destinata a colpire unicamente fatti che non rientrino nel campo di operatività della seconda, spettando poi all'interprete sussumere una determinata condotta nell'una piuttosto che nell'altra fattispecie, ma sempre nel rispetto della inequivoca vocazione sussidiaria della norma impugnata (Corte cost., ord. n. 95/2004).


5.7.Nel caso in esame, si tratta della concessione della cd. NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego) introdotta dal D.Lgs. n. 22 del 2015 per fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione (art. 1). La misura


è riconosciuta, per quanto qui rileva, ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: a) siano in stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni (che siano, cioè, immediatamente disponibili allo svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti); b) possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione; c) possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione (art. 3, comma 1, nella versione vigente ratione temporis), nonché ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell'ambito della procedura di cui all'art. 7 legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dall'articolo 1, comma 40, legge n. 92 del 2012 (art. 3, comma 2). La NASpI è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni. Ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione (art. 5). La domanda è presentata all'INPS in via telematica, entro il termine di decadenza di sessantotto giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro e spetta a decorrere dall'ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto o, qualora la domanda sia presentata successivamente a tale data, dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda (art. 6). L'erogazione della NASpI è condizionata alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai Servizi competenti ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni (art. 7).


5.8. La NASpI è una prestazione a sostegno del reddito che ha natura assistenziale e certamente rientra nel novero delle "erogazioni" indicate dall'art. 316-ter cod. pen. (Sez. U, n. 16568 del 27/04/2007, Carchivi, Rv. 235962 - 01). Sez. U, Tomaificio Zodiaco Srl, cit., che - come detto - si è posta nel solco di Sez. U, Carchivi, e Sez. U, Pizzuto, ha ribadito che la nozione di "contributo" deve essere intesa "quale conferimento di un apporto per il raggiungimento di una finalità pubblicamente rilevante", precisando che "tale apporto, in una prospettiva di interpretazione coerente con la ratio della norma, non può essere limitato alle sole elargizioni di danaro". Nella rassegna delle possibili forme di contribuzione penalmente rilevante ai sensi dell'art. 316-ter cod. pen., Sez. U, Tomaificio Zodiaco Srl, indica: a) l'assegno sociale ai sensi dell'art. 3 legge 8 agosto 1995, n. 335, ottenuto mediante la presentazione all'I.N.P.S. di apposita domanda, con allegata falsa attestazione di residenza nel territorio dello Stato (Sez. 6, n. 35639 del 01/07/2022, Pilloni, non mass.); b) i ratei di pensione di invalidità civile goduta dall'imputato sul presupposto della residenza in Italia, attraverso l'omessa comunicazione all'I.N.P.S. del suo stabile trasferimento all'estero (Sez. 6, n. 45917 del 23/09/2021, Prigitano, Rv. 282293-01); c) gli assegni familiari ottenuti mediante la predisposizione di una falsa dichiarazione con la quale l'imputato attestava di avere il coniuge a carico in quanto privo di reddito (Sez. 2, n. 47883 del 25/10/2016, Corradini, non mass.); d) la pensione di invalidità civile ottenuta mediante un antidoveroso silenzio informativo (Sez. 2, n. 26761 del 09/03/2015, Lariccia, Rv. 264221); e) il cd. reddito minimo di inserimento, ottenuto tramite l'omessa comunicazione al Comune del fatto che era entrato a far parte del nucleo familiare un soggetto percettore di reddito, la cui presenza faceva venir meno il diritto all'indennità mensile (Sez. 6, n. 11145 del 02/03/2010, Maione, Rv. 246693); f) i benefici derivanti dalle tariffe incentivanti previste dal D.M. 19 febbraio 2007, mediante la presentazione di false attestazioni (Sez. 6, n. 15120 del 15/04/2023, Nitti, non mass.; Sez. 6, n. 9060 del 30/11/2022, dep. 2023, GSE Spa, Rv. 284336); g) il voucher attribuito da un ente pubblico per la frequentazione di un corso di formazione (Sez. 6, n. 21317 del 05/04/2018, Pani, Rv. 272950).


5.9.Non v'è dubbio, pertanto, che la NASpI costituisca una prestazione assistenziale che si traduce in un contributo penalmente rilevante ai sensi dell'art 316-ter cod. pen., il che pone il problema del rapporto del reato in questione con quello di cui all'art. 640, cpv., n. 1, cod. pen., così come contestato dalla rubrica.


5.10.La Corte di appello sostiene che l'imputato "con le condotte indicate, abbia posto in essere artifizi e raggiri, coinvolgendo terze persone a figurare fittiziamente quali lavoratori dipendenti della società Alva Plast, inviando documentazione falsa all'Inps al fine di ottenere, ed ottenendo indennità a titolo di Naspi. Laddove la diversa e più mite fattispecie incriminatrice, di cui all'art. 316-ter cp, prevede condotte fraudolente di minore intensità, tipologicamente distinte dagli artifici e dai raggiri e che non traggono in errore il soggetto leso. Nel caso in esame l'ente erogante si avvedeva del raggiro solo in un secondo momento, allorquando la GdF effettuava le indagini e compulsiva le banche dati, così ponendo l'Inps in allerta e in grado di rivalutare le indennità erogate" (pag. 9 della sentenza impugnata).


5.11.Il ricorrente si duole di tale ragionamento osservando che "la motivazione addotta dalla Corte fiorentina appare del tutto illogica e contraddittoria laddove afferma che le condotte di cui all'art. 316 ter cp si differenziano da quelle truffaldine ex 640 cp, perché non trarrebbero in errore il soggetto leso, dal momento che - diversamente da quanto sostenuto dal giudice di secondo grado - la falsità dei documenti su cui si basa l'indebita erogazione è esattamente all'origine dell'errore in cui l'erogante è stato tratto. La falsità dei documenti prodotti è prodromica all'induzione in errore dell'ente erogante che per l'effetto corrisponde l'indebita sovvenzione: il ragionamento della Corte è quindi palesemente illogico è basato su un'errata applicazione dell'articolo 640 cp a seguito di una ricostruzione distorta dei suoi elementi costitutivi".


5.12.I rilievi difensivi sono infondati. Il ragionamento della Corte di appello può apparire effettivamente carente (in qualche modo anche tautologico) ma ha un fondo di verità nella parte in cui individua il discrimine tra le due fattispecie nell'errore nel quale cade il soggetto erogante il beneficio (sussistente in caso di truffa; insussistente in caso di indebita percezione di erogazioni pubbliche; in questo senso, Sez. U, Pizzuto, cit.). Non considera, però, che anche nel caso di indebita percezione di erogazioni pubbliche elemento integrativo del reato è, oltre l'omissione di informazioni dovute, la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere e che dunque anche la richiesta di NASpI attestante un licenziamento fittizio non esclude l'astratta applicazione dell'art. 316-fer cod. pen. (si pensi all'ipotesi della richiesta di NASpI per licenziamento fittizio in costanza di un rapporto di lavoro esistente e mai effettivamente interrotto). Il punto, piuttosto, è un altro e lo si coglie, a ben vedere, dalla stessa lettura della sentenza impugnata e di quella di primo grado, lettura che consente, alla luce dei fatti (così come descritti dai Giudici di merito e non contestati nella loro sussistenza), di integrare e precisare la motivazione della sentenza impugnata con considerazioni meramente giuridiche.


5.13.Al riguardo, il Collegio osserva che i requisiti per ottenere la prestazione assistenziale sono plurimi e devono concorrere tutti insieme ma molti dei dati richiesti ai fini della sua corresponsione (tra questi la data di assunzione e di licenziamento e le settimane di contribuzione) sono già in possesso dell'INPS siccome comunicati ai sensi e per gli effetti dell'art. 4-bis, comma 7, D.Lgs. n. 181 del 2000, dell'art. 9-bis, comma 2, D.L. n. 510 del 1996 conv. con modificazioni dalla legge n. 608 del 1996, dell'art. 21, legge n. 264 del 1949.


5.14.La presentazione della domanda (e la correlata dichiarazione di essere stato licenziato) non è di per sé sufficiente alla erogazione della prestazione dovendo quantomeno l'INPS confrontarla con i dati in proprio possesso, i quali preesistono alla domanda stessa e, quando - come nel caso di specie - sono frutto di assunzioni fittizie, costituiscono certamente artifici e raggiri in grado di indurre in errore l'ente previdenziale. L'INPS, infatti, non si limita a prendere atto dell'esistenza dei requisiti autocertificati dal richiedente essendo già in possesso delle ulteriori informazioni necessarie alla erogazione del beneficio, informazioni che, come detto, se presenti nella banca dati a seguito del preventivo invio di comunicazioni false, costituiscono artifici e raggiri idonei a trarre in inganno l'Istituto anche nella fase istruttoria che precede l'erogazione della NASpI.


A ciò si aggiunga che: a) la falsità dei dati comunicati all'INPS (e già in possesso dell'Istituto) prima della presentazione della domanda contribuisce a rendere certamente più difficile accertare ex post la natura fittizia del rapporto di lavoro (nel caso di specie accertata dalla polizia giudiziaria); b) i Giudici di merito hanno sostenuto (non contraddetti sul punto) che al complesso meccanismo truffaldino si ascriveva anche l'indebita compensazione dei debiti contributivi con crediti inesistenti che avevano titolo negli inesistenti rapporti di lavoro.


5.15.Il ricorrente, dunque, non si è limitato a (far) dichiarare licenziamenti fittizi a lavoratori dipendenti realmente assunti (e per i quali potrebbe, in ipotesi, aver regolarmente adempiuto le proprie obbligazioni contributive) ma ha posto in essere plurimi artifici e raggiri idonei non solo a trarre in inganno l'Istituto previdenziale sulla effettiva esistenza del rapporto di lavoro ma anche a rendere più difficile la verifica postuma dei presupposti per l'erogazione della prestazione richiesta. La pregnanza del complesso meccanismo truffaldino imbastito dal ricorrente osta, pertanto, all'applicazione della residuale fattispecie di cui all'art. 316-ter cod. pen. ed in questo senso il richiamo della Corte di appello alla natura fittizia delle pregresse assunzioni costituisce argomento che conserva la sua validità e giustifica la decisione presa.


5.16.Ne consegue che sussiste il più grave delitto di cui all'art. 640 cod. pen. nella sua forma aggravata ai sensi del secondo comma n. 1).


6.Il terzo motivo è fondato.


6.1.Il capo A del procedimento n. 5394/2018 RGNR (qualificato dal primo Giudice ai sensi dell'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000) imputa al ricorrente, quale amministratore di fatto delle società Alva Plast Srl e Eta Srl, l'indebita compensazione di crediti non spettanti con debiti contributivi derivanti dalla sua (fittizia) assunzione alle dipendenze di entrambe le società. Il capo B, che è stato assorbito nel capo A, gli contesta di aver indebitamente compensato, quale amministratore di fatto di Eta Srl, crediti pari ad Euro 62.798 per l'anno 2016 e ad Euro 91.927 per l'anno 2017.


6.2. Il capo A del procedimento principale (n. 1801/2018 RGNR) imputa al ricorrente, quale legale rappresentante di Eta Srl, l'indebita compensazione di crediti inesistenti pari ad Euro 62.798 per l'anno 2016 e ad Euro 91.927 per l'anno 2017. Lo stesso capo di imputazione gli attribuisce, come visto, anche il concorso nei reati di cui all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000 rubricati ai capi da B ad E.


6.3. La sovrapposizione, dunque, riguarda solo i fatti attribuiti al ricorrente quale amministratore di fatto di Eta Srl e solo per le compensazioni riferibili alla predetta società.


6.4. La Corte di appello sostiene che si tratta di condotte diverse perché le indebite compensazioni di cui al capo A del procedimento riunito riguardano specificamente la persona del ricorrente.


6.5. Si tratta di affermazione errata in diritto.


6.6. Il primo Giudice aveva ritenuto assorbito il reato di cui all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000 di cui al capo B del procedimento riunito in quello di cui all'art. 640 cpv. cod. pen., contestato al capo A del medesimo procedimento "trattandosi di mera replica del medesimo fatto", tant'è che aveva riqualificato la truffa nel delitto di cui all'art. 10-quater cit.


6.7.Ora, come correttamente osservato dal ricorrente, la specificità del dato relativo alla sua assunzione fittizia non rende autonomo il reato di cui al capo B del procedimento riunito rispetto a quello di cui al capo A del procedimento principale; ciò sulla decisiva considerazione che i crediti portati in compensazione sono esattamente gli stessi, tanto nell'una, quanto nell'altra contestazione e che identico è il soggetto che ha effettuato le indebite compensazioni Eta Srl.


6.8. La giurisprudenza di legittimità ha spiegato che integra un unico reato l'indebita compensazione, da parte del medesimo contribuente, di crediti inesistenti di due distinte entità giuridiche, relativi al medesimo periodo d'imposta, assumendo rilievo il complessivo ammontare annuo delle poste attive portate in compensazione e non la loro diversa titolarità (Sez. 3, n. 39478 del 25/06/2024, Barbarino, Rv. 287108 - 04). Ciò che rileva, dunque, è l'entità complessiva dei debiti/crediti compensati nell'anno di imposta dal medesimo contribuente. E non v'è dubbio che nel caso di specie, vi è una perfetta sovrapposizione tra i fatti ascritti al ricorrente quale amministratore di fatto della contribuente Eta Srl per gli anni di imposta 2016-2017 tanto nel capo A del procedimento principale, quanto in quello di cui al capo B del procedimento riunito. Non altrettanto può dirsi per la contribuente Alva Plast che non è stata affatto considerata nel capo A del procedimento principale (e non è oggetto di impugnazione in parte qua) che conserva una sua autonomia (essendo diverso il soggetto passivo di imposta e dell'obbligazione contributiva).


6.9. Il reato di cui al capo B del procedimento riunito (già assorbito dal primo Giudice in quello di cui al capo A dello stesso procedimento riunito) deve perciò essere assorbito in quello di cui al capo A del procedimento principale, limitatamente, però, ai soli reati commessi dal ricorrente quale amministratore di fatto di Eta Srl, trattandosi dei medesimi fatti. Restano ovviamente esclusi dall'assorbimento i fatti contestati al ricorrente quale concorrente nei reati di cui ai capi B, C, D ed E della rubrica che riguardano entità giuridiche diverse da Eta Srl La sentenza impugnata deve perciò essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze perché ridetermini la porzione di pena applicabile al ricorrente quale amministratore di fatto di Alva Plast Srl per il reato di cui al capo A del procedimento riunito commesso in tale sua qualità, escludendo dalla porzione di pena applicata al ricorrente quale amministratore di fatto di Eta Srl per i fatti di cui al capo A del procedimento principale quella applicata per i (medesimi) fatti di cui al capo B del procedimento riunito.


7. Il quarto motivo è manifestamente infondato.


7.1. La Corte di appello ha confermato il trattamento sanzionatorio e ha negato le circostanze attenuanti generiche sul rilievo dell'assenza di elementi utili in tal senso, ostando, al contrario, la gravità dei fatti, la natura sistematica e professionale della condotta, i precedenti penali dell'imputato.


7.2. Questi se ne duole, lamentando l'omesso esame del motivo di appello con cui aveva sottolineato la propria disponibilità alla messa alla prova formalizzata nell'ambito del procedimento poi riunito.


7.3. Il rilievo è, come detto, manifestamente infondato.


7.4.La mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificata con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell'art. 62 bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell'imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610; Sez. 1, n. 3529 del 22/09/2013, Stelitano, Rv. 195339).


7.5. Nel motivare il diniego non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 2, n. 2285 del 11/10/2004, Alba, Rv. 230691; Sez. 1, n. 12496 del 21/09/1999, Guglielmi, Rv. 214570). Si tratta di un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269).


7.6. Nel caso di specie, la decisione della Corte di appello di non applicare le circostanze attenuanti generiche e di tenere ferma la condanna irrogata in primo grado è insindacabile perché fa riferimento ad aspetti oggettivi e personologici della intera vicenda ritenuti evidentemente prevalenti rispetto alle deduzioni difensive e totalmente negletti in questa sede.


8.L'esame dell'ultimo motivo impone alcune preliminari precisazioni.


8.1. In primo luogo, è necessario ricostruire la vicenda processuale onde verificare se vi sono stati periodi di sospensione della prescrizione rilevanti ai sensi dell'art. 159 cod. pen.


8.2. Dall'esame degli atti del fascicolo a disposizione della Corte risulta che:


8.2.1. l'udienza del 13 febbraio 2020 fu rinviata dal Giudice per l'udienza


preliminare al 12 marzo 2020 su richiesta del difensore al fine di valutare la richiesta di riti alternativi;


8.2.2. l'udienza del 12 marzo fu rinviata al 25 giugno 2020 ai sensi dell'art. 83 D.L. n. 18 del 2020, conv. con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020;


8.2.3. l'udienza del 25 giugno 2020 fu rinviata al 16 luglio 2020 ai sensi dell'art. 83, comma 7, lett. g, D.L. n. 18 del 2020, cit. ;


8.2.4. l'udienza del 16 luglio 2020 fu rinviata al 17 dicembre 2020 su richiesta dell'imputato di ammissione alla messa alla prova o, in subordine, di giudizio abbreviato;


8.2.5. l'udienza del 17 dicembre 2020 fu rinviata all'11 marzo 2021 su richiesta del difensore che aveva rappresentato lo stato di salute del suo assistito che aveva impedito di mantenere adeguati contatti con l'UEPE ai fini della redazione del programma di trattamento;


8.2.6. l'udienza dell'11 marzo 2021 fu rinviata al 15 aprile 2021 per legittimo impedimento del difensore;


8.2.7. l'udienza del 15 aprile 2021 fu rinviata dal Giudice al 27 maggio 2021 per verificare la richiesta di ammissione alla messa alla prova alla luce della produzione documentale del Pubblico ministero (che aveva rappresentato che, nel frattempo, nei confronti dell'imputato era stato chiesto il rinvio a giudizio per i fatti oggetto del procedimento penale n. 1801/2018 RGNR);


8.2.8. all'udienza del 27 maggio 2021 il Gup aveva disposto la trasmissione degli atti al giudice investito della richiesta di rinvio a giudizio del procedimento di cui al capoverso che precede per il quale era già stata fissata l'udienza del 21 settembre 2021;


8.2.9.all'udienza del 21 settembre 2021, il (nuovo) Giudice per l'udienza preliminare rigettò la richiesta di ammissione alla messa alla prova dell'imputato, accolse la richiesta di giudizio abbreviato e rinviò il processo all'udienza del 21 dicembre 2021 per la discussione;


8.2.10.all'udienza del 21 dicembre 2021, disposta la riunione dei due procedimenti e separata la posizione di Im.An., il processo fu rinviato al 22 marzo 2022 per l'escussione di due testimoni ritenuta necessaria dal Giudice ai sensi dell'art. 441, comma 5, cod. proc. pen.;


8.2.11.il 22 settembre 2022 è stata pronunciata la sentenza di primo grado.


8.3. Quanto al periodo che va dal 13 marzo 2020 - 16 luglio 2020, va ricordato l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, in tema di disciplina della prescrizione a seguito dell'emergenza pandemica da Covid-19, per i procedimenti rinviati con udienza fissata nella "prima fase" dell'emergenza (periodo dal 9 marzo all'11 maggio 2020) si applica per intero la sospensione della prescrizione prevista dall'art. 83, comma 4, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, pari a sessantaquattro giorni, ma non anche la disciplina della sospensione di cui al comma 9 del citato art. 83, dettata per la seconda fase dell'emergenza (periodo dal 12 maggio al 30 giugno 2020), che concerne i soli procedimenti, rinviati d'ufficio, per i quali l'udienza fosse già stata fissata, come nel caso di specie, in tale successivo periodo (Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Sanna, Rv. 280432 - 03, che ha precisato, in motivazione, che i periodi di sospensione previsti dal comma 4 e dal comma 9 dell'art.83, D.L. n.18 del 2020, si sommano esclusivamente qualora, per la trattazione del procedimento, sia stata fissata udienza in entrambi i periodi rispettivamente considerati dalle disposizioni citate). Ne consegue che nel caso di specie la sospensione va calcolata per intero, fino al 30 giugno 2020, per un totale di 138 giorni.


8.4.Con riferimento ai rinvii disposti dal giudice su richiesta di ammissione dell'imputato alla messa alla prova, poiché all'istanza non era stato allegato il programma di cui all'art. 464-bis cod. proc. pen., né la richiesta all'UEPE di elaborarlo (il ricorrente non lo deduce, né lo dimostra) e poiché l'elaborazione del programma non era stata possibile per fatto imputabile al ricorrente (Sez. 4, n. 40848 del 13/09/2023, Menduni, Rv. 285105 - 01; Sez. 4, n. 13469 del 19/11/2019, Agnelli, Rv. 279001 - 01), la sospensione della prescrizione va calcolata per l'intero periodo che va dalla data dell'istanza (16 luglio 2020) a quella dell'udienza del 27 maggio 2021 (rinviata d'ufficio dal Giudice a seguito di produzioni del PM), per un totale di 318 giorni.


8.5. Il corso della prescrizione è perciò rimasto sospeso per 456 giorni.


8.6. Va altresì considerato che al ricorrente è stata contestata la recidiva qualificata, sia nel procedimento principale che in quello riunito, ma il Tribunale non l'ha applicata, non avendone tenuto conto ai fini del calcolo della pena.


8.7. Ne consegue che della recidiva non può tenersi conto ai fini dell'art. 161, secondo comma, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 20808 del 25/10/2018, Schettino, Rv. 275319 - 01, secondo cui la valorizzazione da parte del giudice dei precedenti penali dell'imputato ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche non implica il riconoscimento della recidiva contestata in assenza di aumento della pena a tale titolo o di confluenza della stessa nel giudizio di comparazione tra le circostanze concorrenti eterogenee, attesa la diversità dei giudizi riguardanti i due istituti, sicché di essa non può tenersi conto ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato).


8.8. Occorre inoltre ricordare il principio affermato da Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, Aiello, Rv. 268966 - 01, secondo cui, in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato, l'autonomia dell'azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l'ammissibilità dell'impugnazione per uno dei reati possa determinare l'instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello.


8.9. Infine, poiché alcuni reati sono stati commessi dopo il 3 agosto 2017, si applica per essi il principio affermato da Sez. U, n. 20989 del 12 dicembre 2024, dep. 2025, Polichetto, secondo cui la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all'art. 159 cod. pen., nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della legge stessa, ovvero dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, non essendo stata abrogata con effetti retroattivi dalla legge n. 3 del 2019, prima, e dalla legge n. 134 del 2021, poi, mentre per i reati commessi dall'1 gennaio 2020 si applica la disciplina posta a sistema dalla legge n. 134 del 2021.


8.10. Fatte queste precisazioni, il ricorrente deduce la prescrizione dei reati di cui ai capi B, H, L, M ed O maturata prima della sentenza impugnata.


8.11. Il reato di cui al capo B del procedimento principale (art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000) è contestato come commesso dal 28 gennaio al 24 maggio 2016. Il delitto di indebita compensazione di cui all'art. 10-quater D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, si perfeziona con la presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l'utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell'indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. (Sez. 3, n. 23962 del 10/02/2023, Monghese, Rv. 284687 - 01; Sez. 3, n. 23027 del 23/06/2020, Mangieri, Rv. 279755 - 01; Sez. 3, n. 4958 dell'11/10/2018, Cappello, Rv. 274854 - 01). Il dies a quo del tempo necessario a prescrivere decorre, quindi, dal 24 maggio 2016. Considerato il periodo di sospensione (456 giorni), la prescrizione è maturata il 22 febbraio 2025 (24 novembre 2016 + 456), prima della odierna udienza e dopo la sentenza impugnata.


8.12.Il delitto di cui al capo B del procedimento riunito (commesso dal ricorrente quale amministratore di Eta Srl e perciò assorbito da questa Corte in quello di cui al capo A del procedimento principale) è contestato come commesso il 16 dicembre 2016 (per l'anno 2016) e il 21 dicembre 2017 (per l'anno 2017). Il reato, pertanto, si prescrive il 15 settembre 2025 (16 giugno 2024 + 456) e il 20 settembre 2026 (21 dicembre 2024 + 456).


8.13.Il delitto di truffa aggravata di cui al capo H è contestato come commesso dal 9 giugno al 22 settembre 2015. La prescrizione, in questo caso, è maturata dal 9 marzo 2024 (9 dicembre 2022 + 456) al 20 giugno 2024 (22 marzo 2023 + 456), dopo la sentenza impugnata ma prima della odierna udienza.


8.14.Il delitto di truffa aggravata di cui al capo L è contestato come commesso dal 29 luglio al 14 ottobre 2016. La prescrizione, in questo caso, è maturata dal 29 aprile 2025 (29 gennaio 2024 + 456) al 14 luglio 2025 (14 aprile 2024 + 456), dopo la sentenza impugnata ma prima della odierna udienza.


8.15.Il delitto di truffa aggravata di cui al capo M è contestato come commesso dal 9 febbraio 2015 al 6 aprile 2015 e dal 13 aprile 2016 al 10 luglio 2016. La prescrizione, in questo caso, è maturata dall'8 novembre 2023 (9 agosto 2022 + 456) al 5 gennaio 2024 (6 ottobre 2022 + 456) nonché dall'11 gennaio 2025 (13 ottobre 2023 + 456) al 10 aprile 2025 (10 gennaio 2024 + 456), in parte prima della sentenza impugnata, in parte dopo ma sempre prima della odierna udienza.


8.16.Il delitto di truffa aggravata di cui al capo O è contestato come commesso dal 18 aprile 2016 al 26 maggio 2016. La prescrizione in questo caso è maturata dal 17 dicembre 2024 (18 ottobre 2023 + 456) al 23 febbraio 2025 (26 novembre 2023 + 456).


8.17.Il quarto motivo è dunque fondato limitatamente al reato di cui al capo M relativamente ai soli fatti commessi dal 9 febbraio 2015 al 6 aprile 2015 in quanto prescritti prima della sentenza impugnata.


8.18.Ciò nondimeno, la non manifesta infondatezza del secondo motivo giova alla corretta instaurazione del rapporto di impugnazione sicché la prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata può essere rilevata d'ufficio dalla Corte di cassazione con la conseguenza che i delitti di cui ai capi H, L, M (anche in relazione ai fatti commessi dal 13 aprile 2016 al 10 luglio 2016) ed O sono estinti per prescrizione.


8.19.Non sono estinti per prescrizione gli altri delitti di truffa aggravata.


8.20. Quello di cui al capo I, contestato come commesso dal 13 marzo al 1 ottobre 2017, si prescrive dal 13 dicembre 2025 (13 settembre 2024 + 456) al 1 luglio 2026 (1 aprile 2025 + 456) e ciò senza considerare che per i fatti commessi dopo il 3 agosto 2017 si applica il diverso regime prescrizionale introdotto dalla legge n. 103 del 2017 che aveva modificato l'art. 159 cod. pen.


8.21.Per lo stesso motivo non è prescritto ad oggi il delitto di cui al capo P. Richiamato il principio affermato da Sez. U, Polichetto, cit., trattandosi di doppia conforme pronunzia di condanna, il corso della prescrizione è rimasto sospeso, per detto reato, dal 20 giugno 2022 (data di scadenza del termine di novanta giorni stabilito dal Tribunale per il deposito della motivazione) al 20 dicembre 2023 (essendo stato il dispositivo pubblicato dalla Corte di appello il 1 marzo 2024),


nonché dal 30 maggio 2024 (data di scadenza del termine di novanta giorni stabilito dalla Corte di appello per il deposito della motivazione) al 30 novembre 2025.


8.22.Non è estinto per prescrizione il delitto di truffa aggravata di cui al capo N commesso dal 10 gennaio al 21 giugno 2017. La prescrizione maturerà dall'8 ottobre 2025 (10 luglio 2024 + 456) al 22 marzo 2026 (21 dicembre 2024 + 456).


8.23. Nessuno dei reati rubricati ai capi A, C, D ed E della rubrica del procedimento principale è ad oggi prescritto (per il reato di cui al capo A, si veda supra par. 8.12; i reati di cui ai capi C e D si prescrivono il 28 agosto 2025, quello di cui al capo E il 29 dicembre 2025).


8.24.Il delitto di cui all'art. 8 D.Lgs. n. 74 del 2000 rubricato al capo F non è oggetto di ricorso sicché per detto reato la condanna è divenuta irrevocabile.


8.25. Nemmeno è stata impugnata la sentenza in relazione al reato di cui all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000 commesso dal ricorrente quale amministratore di fatto di Alva Plast e rubricato al capo B del procedimento riunito (a sua volta riunito in quello di cui al capo A dello stesso procedimento riunito non assorbito in parte qua in quello di cui al capo A del procedimento principale).


8.26.In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente ai reati di cui ai capi B, H, L, M ed O perché estinti per prescrizione, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze per la rideterminazione del complessivo trattamento sanzionatorio; l'accoglimento del terzo motivo comporta l'assorbimento del reato di cui al capo B del procedimento riunito, commesso dal ricorrente quale amministratore di fatto di Eta Srl, in quello di cui al capo A del procedimento principale con la conseguenza che la Corte di appello dovrà eliminare la porzione di pena applicata per i fatti commessi dal ricorrente quale amministratore di fatto di Eta Srl ascritti al capo B del procedimento riunito ed erroneamente ritenuti diversi (e dunque autonomi) rispetto al medesimo reato contestato al capo A del procedimento principale. Resta la irrevocabilità della condanna per il reato di cui al capo A del procedimento riunito commesso dal ricorrente quale amministratore di fatto di Alva Plast Srl Il ricorso è nel resto inammissibile.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi B, H, L, M ed O perché estinti per prescrizione, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio; assorbito il reato di cui al capo B del procedimento riunito in quello di cui al capo A del procedimento principale, annulla la medesima sentenza in


relazione al predetto reato di cui al capo A, limitatamente ai fatti commessi dal ricorrente quale legale rappresentante di Eta S.r.l, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Rigetta il ricorso limitatamente ai reati di cui ai capi N e P. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.


Così deciso il 31 luglio 2025


Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2025



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