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Omissione d'atti di ufficio: Va assolto il medico che nega la prescrizione per mera incuria.

Con la sentenza in argomento, il Tribunale di Udine (Paolo Milocco, Presidente - Giulia Pussini, Giudice - Paola Turri, Giudice) ha affermato che, in tema di omissioni di atti d'ufficio ex art. 328 c.p., per escludere la mera negligenza e incuria del sanitario che non aderisca alla richiesta di un suo intervento nella persuasione "a priori" della falsità o enfatizzazione dei sintomi denunciati e configurare il dolo è necessario che il sanitario trasmodi nell'assunzione di deliberazioni ingiustificate ed arbitrarie, scollegate dai basilari elementi di ragionevolezza desumibili dal contesto storico del singolo episodio e dai protocolli sanitari applicabili.


Tribunale Udine, 07/03/2022, n.279

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Sa.Pa. è stato tratto a giudizio per rispondere della sopra epigrafata imputazione con decreto di data 4 novembre 2020 ed ha partecipato a tutte le udienze.


Il 14.4.2021, dopo le richieste di prova, il tribunale ha chiesto alle parti di depositare memorie con una più compiuta ed esaustiva indicazione della rilevanza, pertinenza e non superfluità dei testi proposti.


All'udienza 8.6.2021, dopo le integrazioni delle istanze, sono state ammesse le prove, con talune limitazioni in ordine ai testi proposti dalla difesa. Il 16.11.2021 il collegio in diversa composizione confermava i provvedimenti precedentemente assunti e iniziava l'istruttoria con l'esame di tre testi del p.m., il lgt. c.s. Ba.Pi., sulle indagini svolte, il dott. Lu.Fa., medico responsabile dell'unità di medicina delle dipendenza di Verona (di cui sono state acquisite su accordo della parti, anche le dichiarazioni rese in indagini), il dott. Ma.Ro. direttore del CSM di Codroipo (teste comune alla difesa). Si procedeva, nella medesima udienza, anche all'esame dell'imputato, la cui difesa acconsentiva alla modifica dell'ordine di assunzione delle prove. Il 17.12.2021 si concludeva l'esame dei testi del p.m. con l'escussione di De.Ni., persona offesa costituito parte civile, e della di lui madre Co.Ma..


La parte civile dimetteva la registrazione privata effettuata il giorno dei fatti da Co.Ma. e alla quale la stessa aveva fatto riferimento in corso di deposizione.


Veniva quindi esaminato il primo teste della difesa, dott. Ro.Ma., componente la commissione medica che aveva esaminato la vicenda sotto il profilo disciplinare.


La difesa dell'imputato, in chiusura di udienza, chiedeva di modificare l'ordinanza di ammissione delle prove, ampliando il numero dei testi della difesa. Il tribunale confermava la sufficienza dei due testi ancora previsti che venivano quindi convocati ed esaminati il 15.2.2022.


Si tratta di Ca.Ma. e Ca.Pa. presenti nello studio del dott. Sa. quando si svolsero i fatti di cui è processo.


La difesa dell'imputato chiedeva altresì di riprodurre in aula il file audio contenuto nella chiavetta (che veniva quindi ascoltato in aula) e, all'esito, di procedere a trascrizione del relativo contenuto.


La trascrizione, condividendo l'opposizione del p.m. e della parte civile, non veniva disposta; l'art. 242 c.p.p. prevede, infatti, solo "se necessario" la trascrizione mediante perizia di una registrazione privata acquisita in atti. Sebbene la conversazione sia in larga parte in lingua friulana, si tratta di scambi di battute con terminologia basilare e di immediata comprensione che non giustificano un'attività di traduzione (Sez. 1, Sentenza n. 4888 del 26/10/2012 Ce. (dep. 31/01/2013 )Rv. 254566-01).


Le parti hanno, quindi, formulato e illustrato le rispettive conclusioni e il collegio ha deliberato come da dispositivo riprodotto in calce.


Il 13.9.2018 De.Ni., assieme alla madre, si recò dal suo medico di base, l'odierno imputato.


Tale accesso era giustificato dalle indicazioni del dott. Lu. del centro specializzato di Verona cui il De.Ni. voleva rivolgersi per affrontare i suoi problemi di tossicodipendenza.


Il dott. Lu. per prenderlo in carico aveva "bisogno" di un'impegnativa del medico di base.


Come chiarito a dibattimento in realtà il dato burocratico era superabile con una "autoimpegnativa" del centro di Verona che avrebbe disposto la visita presso il centro stesso anche senza l'intervento del medico di base (esame Lu., udienza 16.11.2021 p. 9); e questa fu la strada seguita dopo che il De. non ottenne la prescrizione del dott. Sa..


Inoltre il dott. Lu. aveva consigliato di munirsi di farmaci per mantenere, in attesa del ricovero nel suo centro, il livello di assunzione in atto evitando pericolose situazioni di astinenza.


Era a conoscenza del conflitto fra il De.Ni. e il suo medico di base e il responsabile del CSM competente su una prescrizione continuativa e non controllata e per questo fornì il suo numero diretto per un eventuale colloquio diretto con il collega (cfr s.i.t. Lu. acquisite all'udienza 16.11.2021 e la scheda di accettazione allegata).


Il 13.9.2018, all'esito dell'accesso all'ambulatorio, il De.Ni. non ottenne dall'imputato neppure la ricetta per i farmaci; anche a questa carenza del medico di base sopperì il dott. Lu. con cui il De.Ni. si vide il giorno dopo (cfr esame De.Ni., udienza 17.12.2021 p. 5 e 9).


Il capo di imputazione ascrive al dott. Sa. un rifiuto di atti d'ufficio in relazione alla mancata prescrizione di quanto richiesto dal De.Ni.. La sera stessa del contatto con il dott. Lu. e in vista dell'incontro con lo stesso già in agenda a Verona per il giorno dopo, De.Ni., dunque, si recò accompagnato dalla madre per avere l'impegnativa e la prescrizione dei farmaci. L'accusa al dott. Sa. è di non aver inteso rilasciare impegnativa e ricetta e di aver anzi mandato via in malo modo l'assistito e la madre. Come si evince dalla registrazione occultamente effettuata con il suo telefonino dalla Co. (che nell'effettuarla evidentemente si aspettava che le cose non prendessero una buona piega), poiché la giornata di visite nell'ambulatorio era di quelle su appuntamento, l'impiegata del medico subito contestò la mancanza di prenotazione.


Il tono dell'impiegata verso la Co. che chiede che il figlio venga comunque visitato in coda agli appuntamenti, risulta fin da subito alterato e imperativo e certo poco consono al delicato servizio prestato.


Posto che la Co. esclude che vi fosse qualsiasi situazione personale negativa fra lei e l'impiegata del dott. Sa., probabilmente si tratta di una perdita di controllo per una giornata difficile o per la stanchezza (vi sono vari riferimenti nelle battute che le due donne si scambiano agli orari di lavoro che l'impiegata deve sopportare) o forse anche un indice di non adeguatezza della collaboratrice. Quanto al dott. Sa., quando questi, richiamato dal trambusto, esce dalla sua stanza dove effettua le visite, il clima è già degenerato seppur solo a livello verbale.


La ricostruzione del seguito è abbastanza agevole attraverso le voci dei protagonisti.


Senza sentire le varie versioni, l'imputato parte convinto che vi sia stato un atteggiamento incivile degli utenti (il che il file audio esclude) e, quanto all'esigenza della persona offesa, che si trattasse delle ricorrenti pretese del De.Ni. di prescrizione di farmaci che il CSM che lo aveva in carico non voleva somministrargli senza una precisa sua supervisione.


Il responsabile del Centro di Salute Mentale di Codroipo (dott. Ma., udienza 16.11.2021) ha confermato, infatti, che aveva cercato di persuadere il De.Ni. a seguire un piano di riduzione delle dosi di benzodiazepine assunte, condizionando la prescrizione dei farmaci a accessi quotidiani al CSM.


Per questo aveva espressamente consigliato il dott. Sa. di non prescrivere benzodiazepine al De.Ni. (esame Ma., udienza 16.11.2021, p. 12). Il p.m. sottolinea come i rapporti con il CSM fossero concretamente cessati nel corso dell'estate 2018 (esame De.Ni., udienza 17.12.2021, p. 11 e esame Ma., udienza 16-11 -2021, p. 12).


Il lasso di tempo effettivo tra i fatti qui in esame e l'interruzione dei rapporti del De.Ni. con il CSM è in realtà ricostruito dai testi in modo piuttosto generico e comunque non modificava il valore del richiamo del dott. Ma. alla necessità che il De.Ni. fosse indotto ad accettare, per ottenere la prescrizione dei farmaci, la supervisione del CSM.


In ogni caso al medico di base prima di escludere l'urgenza della richiesta, che avrebbe necessariamente superato le questioni sull'assenza di appuntamento, competeva mantenere maggiormente la calma e applicarsi per un più puntuale approfondimento della situazione.


La questione del centro di Verona e le indicazioni del relativo responsabile erano' un fatto da valutare.


La relativa omissione risulta indotta da una superficiale verifica di quanto prospettato dall'impiegata e/o ricavato dai pregressi rapporti con il De.Ni.. Rispetto al doveroso ascolto dell'assistito sembra assorbente, nello scambio di battute registrato, l'intenzione di ribadire, anche di fronte agli altri pazienti in attesa, il principio della visita su appuntamento e del rispetto dell'impiegata del medico.


L'imputato avrebbe dovuto approfondire con più pacatezza e professionalità e probabilmente il consiglio dell'ordine avrebbe valutato diversamente la sua condotta in termini disciplinari se avesse avuto a disposizione il file audio. Sul piano penale però l'omissione di un atto sanitario indifferibile non si configura quantomeno sotto il profilo soggettivo.


Come abbiamo già ripercorso non vi erano atti cui non potesse provvedere direttamente il dott. Lu. se non, al limite, la prescrizione di farmaci fino al giorno dopo la cui indispensabilità però in concreto non è dimostrata dalla svolgimento successivo della vicenda, con la visita, le terapie e il ricovero gestiti dal centro di Verona.


La stessa madre della persona offesa, nel colloquio immediatamente successivo con il figlio (che si ritrova nella parte finale del file audio), pur alterata, ridimensiona la gravità di quanto subito e cerca di individuare le alternative sia per l'assunzione dei farmaci che per il ricovero.


Di certo residuava un obbligo di verifica precisa delle dedotte urgenze che non è stato adempiuto dal dott. Sa..


Il p.m. richiama la sindacabilità di condotte omissive del sanitario che non aderisca alla richiesta di un suo intervento nella persuasione "a priori" della falsità o enfatizzazione dei sintomi denunciati (Sez. 6, Sentenza n. 23817 del 30/10/2012 Ud. (dep. 31/05/2013) Rv. 255715 - 01).


Peraltro la massima stessa che il p.m. cita richiede, per escludere in ipotesi del genere la mera negligenza e incuria e configurare il dolo, che il sanitario trasmodi nell'assunzione di deliberazioni ingiustificate ed arbitrarie, scollegate dai basilari elementi di ragionevolezza desumibili dal contesto storico del singolo episodio e dai protocolli sanitari applicabili. Non sembra che il caso si attagli alla nostra vicenda.


Non sussistono peraltro neppure i presupposti per la condanna della parte civile alle spese come richiesto dalla difesa dell'imputato; la relativa istanza si basa su una lettura non tanto diametralmente contraria alla tesi accusatoria, quanto, nella sua assolutezza, trasmodante nell'eccesso opposto a quello in cui cade l'accusa.


I ripercorsi motivi dell'assoluzione costituiscono infatti adeguata ragione di compensazione.


PQM

Il Tribunale in composizione collegiale


Letto l'art. 530 c.p.p.,


assolve


l'imputato dal reato ascritto perché il fatto non costituisce reato


Visto l'art. 544, comma 3, c.p.p.


assegna


il termine di giorni 30 per il deposito della sentenza.


Così deciso in Udine il 15 febbraio 2022.


Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2022.

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