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Omicidio colposo: Manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 589 comma 2 c.p.

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell' art. 589, comma 2, c.p. per contrasto con l' art. 3 Cost. , nella parte in cui non prevede un'attenuante ad effetto speciale per il caso di concorso di colpa della persona offesa, in quanto tale scelta costituisce espressione di discrezionalità legislativa che, non sconfinando nell'irragionevolezza, è insindacabile sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto alla previsione di cui all' art. 589-bis, comma 7, c.p. relativa all'omicidio stradale. (In motivazione, la Corte ha precisato che la mancata previsione di una tale attenuante mira a tutelare il lavoratore anche a fronte di sue condotte imprudenti e che un comportamento caratterizzato da colpa del predetto può essere valutato ai fini della concessione delle attenuanti generiche, sottratte al divieto di bilanciamento stabilito dall' art. 590-quater c.p. ).

Cassazione penale , sez. IV , 08/02/2023 , n. 9455


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza del 23/11/2021, pur riformando la sentenza del 4/6/2019 del Tribunale di Reggio Calabria in composizione monocratica, rideterminando la pena, previo giudizio di equivalenza tra le già concesse circostanze attenuanti e la contestata aggravante, in anni uno di reclusione ciascuno, ha confermato l'affermazione di responsabilità di S.S.G. e G.A. per i seguenti reati:


- S.S.G. (in concorso con B.P. e M.F.): "reato p. e p. dall'art. 589 c.p., in relazione al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 89, comma 1, lett. G), art. 118, comma 5, art. 119, comma 1, lett. B), art. 90, commi 3, 4 e comma 9, lett. A) perché G.A. e C.F. in qualità di committenti, B.P. in veste di progettista e direttore dei lavori e responsabile dei lavori, S.S. quale titolare della ditta esecutrice e M.F. quale titolare della ditta appaltatrice e datrice di lavoro, presso il cantiere sito in (Omissis) ove stava prestando la sua attività lavorativa (lavori di scavo) M.A., intorno alle 18.35 circa del (Omissis) cagionavano il cedimento di una parete terrosa interessata da attività di sbancamento cui seguiva il soffocamento del lavoratore M.A. presente all'interno dello scavo già praticato con l'utilizzo di un escavatore condotto da S., mediante condotta colposa generica e specifica poiché qualificata da imprudenza, imperizia e negligenza nonché da violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro consistita per M.F., S.S. nell'omettere di elaborare il piano operativo di sicurezza di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 96, lett. G), per i committenti ed il direttore dei lavori nell'omettere di elaborare il piano di sicurezza di cui all'art. 91, comma 1, lett. A) del medesimo decreto, nell'omettere di designare il coordinatore per la progettazione e quello per l'esecuzione di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90, commi 3 e 4, nell'omettere di verificare l'idoneità tecnico professionale della ditta di cui all'art. 90, comma 9 del medesimo decreto, per tutti nell'omettere di realizzare la protezione della zona superiore allo scavo e della parete di terra mediante idonee armature di sostegno di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 118 e 119, con il conseguente mancato impedimento dell'evento dannoso prevedibile consistito nel violentissimo cedimento della parete di cui sopra con conseguenti lesioni personali cui seguiva la morte da sindrome asfittica pressoché istantanea della vittima M.A.".


- G.A. (in concorso con C.F.): "reato p. e p. dagli artt. 113,589 c.p. perché, agendo in concorso e/o cooperazione tra loro e con B.P., S.S. e M.F., nei cui confronti si procede separatamente nell'ambito del procedimento penale n. 3405/08 R. N. R. Mod. 21, quali committenti dei lavori presso il cantiere sito in (Omissis) ove stava prestando la sua attività lavorativa (lavori di scavo) M.A., intorno alle 18.35 circa del (Omissis) cagionavano (o comunque non impedivano) il cedimento di una parete terrosa interessata da attività di sbancamento cui seguiva il soffocamento del lavoratore M.A. presente all'interno dello scavo già praticato con l'utilizzo di un escavatore condotto da S., mediante condotta colposa generica e specifica poiché qualificata da imprudenza, imperizia e negligenza nonché da violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro consistita per M.F., S.S. nell'omettere di elaborare il piano operativo di sicurezza di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 96, lett. G), per i committenti ed il direttore dei lavori nell'omettere di elaborare il piano di sicurezza di cui all'art. 91, comma 1, lett. A) del medesimo decreto, nell'omettere di designare il coordinatore per la progettazione e quello per l'esecuzione di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90, commi 3 e 4, nell'omettere di verificare l'idoneità tecnico professionale della ditta di cui all'art. 90, comma 9 del medesimo decreto" per tutti nell'omettere di realizzare della zona superiore allo scavo e della parete di terra mediante idonee armature di sostegno di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 118 e 119, con il conseguente mancato impedimento dell'evento dannoso prevedibile consistito nel violentissimo cedimento della parte di cui sopra con conseguenti lesioni personali cui seguiva la morte da sindrome asfittica pressoché istantanea della vittima M.A.". In (Omissis).


Il giudice di primo grado aveva assolto i coimputati M.F., C.F. e B.P. dal delitto loro ascritto per non aver commesso il fatto, concesso al solo G.A. il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione e disposto la restituzione del terreno in sequestro agli aventi diritto.


2. Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, lo S. e il G., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.


Il ricorrente Avv. Borgese Domenico Dario del Foro di Palmi propone quale unico motivo di censura nell'interesse di G.A. quello di non avere ricevuto notifica del decreto di citazione per l'udienza d'appello perché l'atto è stato erroneamente notificato all'indirizzo PEC del quasi omonimo avvocato Borgese Domenico. L'appello è stato poi discusso all'udienza del 23/11/2021 senza la presenza del difensore di fiducia, non avvisato, e definito con sentenza all'udienza del 21/5/2022.


Ciò integra, secondo il ricorrente, la violazione dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 179 c.p.p..


Il ricorrente S.S.G. propone due motivi di ricorso.


Con il primo motivo denuncia violazione di legge penale perché il reato sarebbe estinto per prescrizione maturata già al momento della decisione impugnata.


Ciò - si legge in ricorso - in ragione dell'avvenuta elisione della circostanza aggravante a seguito delle ritenute circostanze attenuanti generiche equivalenti alla stessa. E, in ogni caso, in quanto comunque all'atto dell'emissione della sentenza erano decorsi 13 anni e 3 mesi dal fatto.


Con il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge penale, particolarmente della norma incriminatrice, con riguardo alla affermata responsabilità dell'imputato.


Il ricorrente denuncia in particolar modo che la sentenza impugnata, soprattutto nella parte della motivazione che va da pagina 26 a pagina 37, sarebbe illegittima perché traviserebbe le prove emerse dall'attività istruttoria.


La tesi difensiva, già svolta nella fase di merito, è che lo S. fosse un mero dipendente del deceduto e non già il titolare della ditta esecutrice dello scavo.


Nel caso di specie si sostiene che, al contrario di quanto affermano i giudici di merito, il ricorrente si trovasse in una posizione non di operatore autonomo, ma che si trattasse di un contratto di nolo a caldo e comunque di lavoro subordinato, e dunque che sullo stesso non poteva ricadere alcuna responsabilità dell'evento verificatosi. Egli - secondo la tesi sostenuta in ricorso - non era titolare di alcuna posizione di garanzia, per cui non aveva alcun obbligo né di fare un piano di sicurezza né tantomeno di predisporre le barriere protettive della buca eseguita, poiché lo stesso rispondeva alle direttive che gli venivano impartite dallo stesso M..


Il ricorrente contesta quanto affermato dai giudici di appello il ricorrente evidenziando che nel caso di noleggio di beni mobili non è richiesto ad substantiam alcun contratto scritto perché l'accordo può essere validamente formato anche verbalmente.


In ricorso si dissente da quanto si legge nella sentenza impugnata secondo cui non poteva trattarsi di nolo a caldo perché nel nolo a caldo si noleggia esclusivamente il bene e non un conducente esperto nell'utilizzo dello stesso.


Tale tesi sarebbe errata e smentita dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità (in particolar modo si richiamano i dicta di Sez. 4 nn. 23604/2009 e 20478/2007).


Si sostiene che nel caso di specie S. ha noleggiato il proprio escavatore con l'autista, che era lo stesso titolare dell'azienda, ma perciò soltanto non può parlarsi di due ditte che hanno eseguito autonomamente dei lavori, come affermato dai giudici del gravame del merito nelle pagine 29 e 33 della sentenza impugnata.


Tale affermazione - si legge in ricorso - sarebbe smentita dalle dichiarazioni dei testi escussi e anche dello stesso M.F..


Entrambi i ricorrenti chiedono, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.


3. Con motivi aggiunti a firma dell'Avv. Gullo Michele del 24/1/2023 nell'interesse di S.S.G., ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e la non manifesta infondatezza, si solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 589 c.p., comma 2 nella parte in cui non prevede una diminuzione di pena nel caso in cui "l'evento non sia esclusivamente conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole" per ritenuto contrasto con l'art. 3 Cost..


Ciò in quanto l'art. 589 c.p., al comma 2, prevede una pena da anni due ad anni sette di reclusione a chi si renda responsabile di omicidio colposo con la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro mentre l'art. 589-bis c.p., introdotto nel nostro ordinamento dalla L. 23 marzo 2016, art. 1, comma 1, prevede pure la pena da anni due ad anni sette di reclusione per chi si renda responsabile del delitto di omicidio colposo con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, ma all'art. 589-bis c.p., comma 7, prevede anche una diminuzione di pena fino alla metà qualora l'evento non sia "esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole".


Sottolinea il ricorrente che nel procedimento in esame, come emerge dagli atti del procedimento e dalla ricostruzione che viene fatta dai giudici di primo e secondo grado, è evidente che M.A., soggetto titolare dell'impresa di costruzioni, con il suo comportamento, se non è stata esclusivo responsabile della sua morte, ha comunque concorso alla stessa avendo tenuto un comportamento negligente ed imprudente.


Dunque, sarebbe evidente l'illegittimità costituzionale dell'art. 589 c.p., comma 2, nel punto in cui non riconosce, come fa invece nell'art. 589-bis c.p., comma 7, una diminuzione di pena nel caso in cui la condotta colposa dell'infortunato abbia contribuito a causare l'evento dannoso.


L'eccezione non sarebbe manifestamente infondata e avrebbe rilevanza in questo processo anche ai fini della determinazione della pena oltre che per l'intervenuta prescrizione eccepita nel presente procedimento.


Inoltre, si lamenta violazione degli artt. 129 e 531 c.p.p. in relazione all'art. 157 c.p..


Sul punto il ricorrente ribadisce che la Corte territoriale ha applicato nei confronti degli imputati odierni ricorrenti l'art. 589 c.p., comma 1, ai fini della determinazione della pena, il quale delineerebbe la linea da seguire in ordine alla determinazione del termine di prescrizione del reato.


Con la conseguenza che nella fattispecie per cui è ricorso la prescrizione sarebbe maturata con il decorso del termine massimo stabilito in anni 7 e mesi 6, quindi il 16 febbraio 2016.


Ciò troverebbe conferma, per analogia, nella sentenza da ultimo emessa dalle Sezioni Unite n. 39614/2022 dove emerge come la Corte territoriale, in applicazione del bilanciamento delle circostanze attenuati con le, ha dichiarato l'intervenuta estinzione del reato ascritto all'imputato.


Inoltre, per il ricorrente deve rilevarsi che l'indirizzo prevalente nella giurisprudenza di legittimità, vuole che quella di cui all'art. 589 c.p., comma 2, costituisca circostanza ad effetto comune. Ciò si evincerebbe in modo inequivocabile dal testo dell'art. 63 c.p., comma 3, che fornisce l'unica definizione normativa di "circostanze ad effetto speciale". La norma stabilisce espressamente: "sono circostanze ad effetto speciale quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo.


Con un terzo motivo aggiunto si insiste sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 41 e 589 c.p. in relazione al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 118 e 199, il rilievo che, come emerge dagli atti del dibattimento richiamati nel ricorso lo S. si trova sui luoghi dell'incidente in virtù di un contratto di nolo a caldo.


In via preliminare, il ricorrente chiede sospendere il presente processo e sollevare dinnanzi alla Corte Costituzionale la questione di incostituzionalità dell'art. 589 c.p., comma 2 nella parte in cui non prevede una diminuzione di pena nel caso in cui "l'evento non sia esclusivamente conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole" per ritenuto contrasto con l'art. 3 Cost. in relazione all'art. 589 c.p., comma 7.


In via subordinata, annullarsi l'impugnata sentenza per i motivi sopra rilevati e cassare la stessa per i vizi di legittimità da cui la stessa è affetta.


CONSIDERATO IN DIRITTO

P.Q.M.


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