
1. Premessa. |
1. Premessa.
Il datore di lavoro ha l'obbligo di adottare una serie di misure preventive ed organizzative, finalizzate a garantire ai suoi dipendenti un ambiente di lavoro sicuro.
In particolare, l’art. 2087 del codice civile stabilisce che il datore di lavoro ha l'obbligo di garantire e tutelare l’integrità psicofisica dei propri lavoratori, adottando e mantenendo tutti i presidi antinfortunistici volti a prevenire i rischi riconducibili alla attività svolta in azienda.
Il datore di lavoro ha principalmente tre obblighi:
1) adeguare gli strumenti di protezione alle nuove tecnologie,
2)informare correttamente i propri dipendenti sui rischi connessi alla attività svolta;
3) vigilare sull’effettiva attuazione delle misure di sicurezza adottate.
Il Testo Unico della sicurezza sul lavoro (d.lgs. 81/2008) disciplina tutti gli obblighi imposti al datore di lavoro in materia di salute e sicurezza, la cui violazione può comportare il configurarsi di distinte ipotesi di reato. Analizziamole nel dettaglio.
2. Il reato di omicidio colposo commesso in violazione delle norme in materia di salute e sicurezza ex art. 589, comma 2 del codice penale.
Il reato di omicidio colposo, quando viene commesso in violazione delle norme in materia di salute e sicurezza, è punito con una pena aumentata rispetto a quella prevista per l'omicidio colposo ordinario.
L'aggravamento del trattamento sanzionatorio trova giustificazione nel fatto che il datore di lavoro è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del proprio dipendente ed è obbligato dalla legge ad adottare ogni strumento idoneo a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori.
L'aggravante in argomento risulta sussistente:
a) quando viene contestata la violazione di una o più norme di prevenzione dagli infortuni sul lavoro;
b) in caso di mancata adozione di misure di prevenzione per la più efficace tutela dell’integrità psicofisica dei lavoratori, in violazione dell’obbligo generale di tutela previsto dall'art. 2087 c.c. (vedi sopra).
Per questo reato, l’articolo 9, comma 2 prevede le seguenti sanzioni interdittive che possono avere durata non inferiore a tre mesi e comunque non superiore ad un anno:
1) interdizione dall’esercizio dell’attività,
2) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito,
3) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio,
4) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi,
5) il divieto di pubblicizzare beni o servizi) per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
In ultimo, si rappresenta che il delitto in argomento è procedibile d’ufficio, è di competenza del Tribunale monocratico e può costituire reato presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ex art. 25 septies d.lgs. 231 del 2001, con una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a duecentocinquanta euro e non superiore a cinquecento euro.
3. Il reato di lesioni colpose in violazione delle norme in materia di salute e sicurezza ex art. 590, comma 3 del codice penale.
Il reato in esame prevede un trattamento sanzionatorio più grave rispetto alla tradizionale ipotesi di lesioni personali colpose.