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Riciclaggio: l'indebita utilizzazione delle carte rubate o clonate non costituisce reato presupposto


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di riciclaggio

La massima

In tema di riciclaggio di carte di credito rubate o clonate, l'indebita utilizzazione delle carte stesse non costituisce reato presupposto del riciclaggio, ma reato strumentale alla commissione del riciclaggio medesimo. (Nel caso di specie, la Corte ha puntualizzato che il reato presupposto del riciclaggio era da individuare nel furto delle carte di credito, delitto al quale i ricorrenti erano risultati estranei - Cassazione penale , sez. II , 14/04/2021 , n. 23800).

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. II , 14/04/2021 , n. 23800

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Bologna, sezione per il riesame, con ordinanza in data 14/12/2020 confermava l'ordinanza coercitiva della custodia cautelare in carcere emessa in data 04/11/2020 dal Giudice per le indagini preliminari di Bologna nei confronti di A.N. e Ar.Al. nonché nei confronti di B.E. (successivamente sottoposto agli arresti domiciliari), soggetti tutti ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di cui agli artt. 416,648,493 ter c.p., 648 bis c.p. ed altro.


2. Contro il provvedimento di riesame ricorrono per Cassazione gli indagati, tramite il medesimo difensore, con un unico atto, deducendo:


a. violazione del disposto di cui all'art. 292 c.p.p., comma 2, lett. b) per l'erroneo rigetto della eccezione di nullità dell'ordinanza genetica per la mancata indicazione della descrizione dei fatti e delle norme violate, non potendo tale requisito essere "surrogato" dalla informazione di garanzia notificata agli indagati;


b. violazione degli artt. 272 e 273 c.p.p. per l'acritico recepimento delle risultanze dell'ordinanza genetica, senza motivazione adeguata sulla gravità indiziaria relativa ai reati contestati, specie con riferimento alla associazione a delinquere ed alle condotte di riciclaggio; si assumeva inoltre che i ricorrenti non potevano rispondere dei contestati reati di riciclaggio in quanto autori dei reati presupposti ex art. 493 ter c.p.;


c. violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. non avendo i giudici di merito in alcun modo chiarito le ragioni per le quali non era stato possibile applicare una misura cautelare meno afflittiva.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.


Premesso che, secondo quanto incontroverso, gli indagati hanno ricevuto la notifica dell'ordinanza genetica unitamente alla informazione di garanzia contenente tutti i capi di imputazione, la dedotta nullità è insussistente in ragione della contestuale notifica di detto atto avente carattere integrativo rispetto al contenuto del provvedimento cautelare.


E' stato del resto affermato che in materia di misure cautelari, ai fini dell'osservanza del disposto di cui all'art. 292 c.p.p., comma 2, lett. b), secondo cui tra i requisiti dell'ordinanza applicativa di misura cautelare deve esservi quello costituito dalla "descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate", è sufficiente che tali elementi siano ricavabili dalla richiesta del P.M., cui nell'ordinanza sia stato fatto espresso riferimento, ovvero anche dal contesto motivazionale dell'ordinanza medesima (Cass. sez. 6, sent. n. 1158 del 09/10/2007 - dep. 10/01/2008 - Rv. 238411).


2. Le censure riguardanti, in generale, la insussistenza della gravità indiziaria sono infondate.


Va ribadito che il ricorso per cassazione, il quale deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, pertanto, assenza delle esigenze cautelari è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando - come nel caso di specie - propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass. sez. 5, sent. n. 46124 del 2008, Rv.241997, Magliaro).


2.1 Nella fattispecie in esame, nessuna di tali due evenienze - violazione di legge o vizio di motivazione rilevante ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) - risulta essersi verificata, a fronte di una motivazione che è stata diffusamente prospettata in modo logico, senza irragionevolezze, con completa e coerente giustificazione di supporto alla affermata persistenza della misura e della sua adeguatezza.


I giudici del riesame hanno esaminato e vagliato le condotte delittuose dei ricorrenti, ricostruite attraverso un compendio indiziario connotato della necessaria gravità riguardante tutti i reati contestati, precisando che per taluni di essi (ad esempio capo 1 - art. 416 c.p.) non erano state formulate specifiche censure.


2.2 In particolare - per l'unico aspetto connotato da una certa specificità - i ricorrenti considerano erronea la valutazione del tribunale circa la sussistenza del delitto di riciclaggio nonostante il concorso nel reato presupposto da individuarsi non già nel furto delle carte bancomat ma nel loro indebito utilizzo; il riferimento è ai capi 4) e 12) dell'incolpazione provvisoria, contestati, rispettivamente, all' Ar. e all' A..


Il provvedimento impugnato ritiene non condivisibile l'assunto difensivo "poiché nel capo 12 (così come nel capo 4) sono contestate condotte ulteriori rispetto all'indebito prelievo (ed al semplice conseguimento delle somma di denaro), consistenti nel trasferimento del profitto illecito, effettuato con modalità tali da ostacolarne l'individuazione della provenienza", concludendo nel senso "che il reato di cui all'art. 493 ter c.p. concorre con quello di cui all'art. 648 bis c.p. tutte le volte in cui il soggetto agente non si limiti a conseguire la somma provento di indebito utilizzo della carta di credito o bancomat ma ponga in essere ulteriori e distinte operazioni dirette a " ripulire " la somma di denaro (ossia operazioni come quelle descritte nei capi 4 e 12)" (pag. 18).


La motivazione è corretta ed in linea con la ratio delle norme incriminatrici, secondo l'interpretazione, pure riportata nell'ordinanza, della giurisprudenza di legittimità.


In particolare, con riferimento al concorso nel reato presupposto, deve aggiungersi che questa Corte ha già avuto modo di precisare che in tema di riciclaggio di carte di credito rubate o clonate, l'indebita utilizzazione delle carte stesse non costituisce reato presupposto del riciclaggio, ma reato strumentale alla commissione del riciclaggio medesimo, pur acquistando una sua autonoma rilevanza quale fattispecie penale (Cass. sez. 2, sent. n. 47147 del 24/10/2013 - dep. 27/11/2013 - Rv. 257821).


Il reato presupposto al riciclaggio è dunque il furto delle carte di credito e dei bancomat - delitto al quale i ricorrenti risultano estranei - utilizzate indebitamente per prelevare denaro, in seguito "ripulito" al fine di occultarne la provenienza.


La condotta sanzionata dall'art. 493 ter c.p. (in precedenza, D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9) risulta, quindi, successiva al reato presupposto; in sè integrata per il solo fatto che sono state utilizzate indebitamente carte di credito; funzionale all'obiettivo di trasferimento di denaro in modo da ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa.


In definitiva, nell'ipotesi in esame, nella quale gli indagati, utilizzando indebitamente la carta di credito, non si sono limitati a conseguire le somme prelevate ma hanno posto in essere ulteriori e distinte operazioni per "ripulire" tali somme, la commissione del reato di cui all'art. 493 ter non esclude la sussistenza del riciclaggio.


3. L'ultimo motivo, riferito alla adeguatezza delle misure, è manifestamente infondato.


Sul punto vi è ampia motivazione, confutata genericamente di ricorrenti.


Il tribunale (pagine 21 e 22) ha messo in evidenza il pericolo di recidiva determinato - per A. ed Ar. - dalle condanne riportate e dagli indizi di colpevolezza per i vari reati contestati, di indubbio allarme sociale, sottolineando come solo la misura intramuraria risulti in grado di impedire ai due indagati di relazionarsi a soggetti appartenenti all'ambiente criminale in cui sono inseriti e di commettere ulteriori azioni delittuose; condotta che può essere ideata ed organizzata anche in ambiente domestico mediante contatti personali, favoriti da mezzi telefonici e/o informatici, così come accertato in fase di indagine.


Per B. la valutazione cautelare ha tenuto conto del precedente periodo di restrizione, in carcere ed agli arresti domiciliari, con limitazione del raggio di azione ed allontanamento dai sodali, ritenendo ragionevole che le esigenze cautelari, attuali e concrete per i numerosi precedenti penali nonché per la pluralità e modalità dei reati contestati, possano essere adeguatamente tutelate con la misura degli arresti domiciliari.


4. Per le considerazioni esposte, dunque, i ricorsi devono essere rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali.


PQM

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 Disp. att. c.p.p., comma 1 - ter limitatamente ai ricorrenti A.N. e Ar.Al..


Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.


Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021


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