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Assoluzione ex art. 530, comma 2 c.p.p.: Insufficienza di prove e ragionevole dubbio (Giudice Rossana Ferraro)

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Tribunale Nola, 02/01/2023, n.1630

Il giudice pronuncia una sentenza di assoluzione ex art. 530 comma 2 c.p.p. quando le prove fornite dall’accusa risultano insufficienti, contraddittorie o comunque non in grado di dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio la colpevolezza dell’imputato. Tale principio, che tutela la presunzione d'innocenza, richiede che eventualità remote, astrattamente prospettabili ma prive di riscontro probatorio concreto, non possano essere poste a fondamento di una condanna.

Assoluzione ex art. 530, comma 2 c.p.p.: Insufficienza di prove e ragionevole dubbio (Giudice Rossana Ferraro)

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto di citazione a giudizio, emesso dal GIP presso il Tribunale di Nola erano citate a giudizio AV. CA. e DELL'A. GI. dinanzi al Giudice monocratico della sezione penale per rispondere dei reati indicati in epigrafe, in seguito all'opposizione al decreto penale di condanna.

In data 31.5.21 verificata la regolare costituzione delle Parti, la P.o. AV. EM. si costituiva Parte Civile, il Giudice sentite le Parti ammetteva la costituzione, rinviando per istruttoria.

Il giorno 20.9.21 il processo era rinviato per assenza testi; così come all'udienza successiva del 10.1.22.

Nel giorno di udienza 7.2.22 si procedeva all'istruttoria. In sede di richieste avanzavano le seguenti istanze: il Pm chiedeva escussione testi di lista ed esame imputati; la Parte civile si riservava deposito di documentazione; la Difesa si riservava controesame e deposito atti, oltre esame imputati. Il Giudice ammetteva le prove così formulate. Era escussa AV. EM., quale p.o. in ordine alla denuncia querela sporta in data 9.11.2020, che era acquisita con il consenso delle Parti. Erano esibiti atti fiscali (IMU e Tari) e patrimoniali afferente successione di morte di AV. GE., genitore di Av. Em. e dell'imputata Av. Ca., oltre a utenze dell'immobile indicato nel capo d'imputazione.

All'udienza del 2.5.22 si procedeva all'esame dell'imputata AV. CA.. All'esito, era dichiarata la chiusura dell'istruttoria.

All'udienza del 30.5.22 per impedimento del difensore il processo era rinviato con avviso.

Il giorno 7.11.22 le Parti chiedevano rinvio per discussione. Nell'udienza del 5.9.22 procedeva alla lettura di una ordinanza afferente un refuso del verbale di udienza del 30.5.22.

Il giorno 3.10.22 il Giudice sentite le conclusioni delle parti, previa disamina in camera di consiglio del fascicolo, rendeva pubblica lettura del dispositivo di sentenza.

Alla luce delle risultanze dibattimentali, entrambe le imputate vanno assolte perché il fatto non sussiste.

Il procedimento nasce da conflitti mai risolti fra due sorelle AV. EM. che aveva denunciato AV. CA., ed un'amica di quest'ultima, tal DELL'A. GI., in occasione di attività di divisione della comunione ereditaria.

Durante l'esame la persona offesa ha reso dichiarazioni non precise su dati invece documentati: sia in ordine alla reale intestazione delle utenze domestiche, sia circa le attività procedimentali afferenti la successione del de cuius AV. GE., da cui la stessa P.O. era stata allontanata con misura cautelare del Tribunale di Nola.

L'esame della p.o. è stata caratterizzata da notizie sconfessate dagli atti, presentando una credibilità vacillante. I ordine al capo d'imputazione, non ricorrono elementi precisi e concordanti sulla reale fattività della vicenda, che non risulta avvalorata da nessun riscontro concreto univoco. Sussistono, solo meri indizi, in un contesto avvinto da elementi di ombra. Il principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, rappresenta il limite alla libertà di convincimento del giudice, apprestato dall'ordinamento per evitare che l'esito del processo sia rimesso ad apprezzamenti discrezionali, soggettivi e confinanti con l'arbitrio: si tratta di un principio che permea l'intero ordinamento processuale e che trova saliente espressione nelle garanzie fondamentali inerenti al processo penale quali la presunzione di innocenza dell'imputato, l'onere della prova a carico dell'accusa, l'enunciazione del principio in dubio pro reo e l'obbligo di motivazione e giustificazione razionale della decisione a norma degli artt. 111 c. 6 Cost. e 192 c. 1 c.p.p. (Cass. pen. sez. I 14 maggio 2004). La giurisprudenza ha precisato che con la previsione della regola per la quale il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli "al di là di ogni ragionevole dubbio", di cui all'art. 5 l. n. 46/2006 modificativo del comma 1 dell'art. 533 c.p.p., il legislatore ha formalizzato un principio già acquisito in tema di condizioni per la condanna, stante la preesistente regola, di cui all'art. 530 c. 2 c.p.p., per la quale in caso di insufficienza o contraddittorietà della prova l'imputato va assolto (Cass. pen., sez. I, 30402/2006). Anche una parte della dottrina, criticando aspramente la legge Pecorella nel suo complesso, ha minimizzato la valenza di detta novità normativa, sostenendone la portata meramente ricognitiva di una regola di giudizio già presente in un sistema che, abolita la vecchia formula dell'assoluzione per insufficienza di prove, impone al giudice di assolvere ex art. 530 comma 2 c.p.p. quando si ritenga insufficiente la prova di reità. Invero l'innovatività della previsione introdotta dalla legge Pecorella è facilmente rinvenibile nell'interpretazione che la giurisprudenza di legittimità, successiva alla legge di riforma, ha dato del nuovo art. 533 c. 1 rilevandosi che circa il modo di intendere il precetto secondo cui "il giudice pronuncia la sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio", va precisato che il citato dettato normativo impone di pronunciare condanna quando il dato probatorio acquisito lascia fuori solo eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura, ma la cui concreta realizzazione nella fattispecie concreta non trova il benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Cass. pen., sez. I, sent. 21 maggio - 29 luglio 2008 n. 31456, Caso (omissis)).

La piattaforma probatoria fornita dal Pm non è idonea a fornire prove incontrovertibili in merito alla riferibilità soggettiva del fatto in capo all'imputato;

Si rende necessario dichiarare l'assoluzione delle imputate perché il fatto non sussiste, ex art. 530 comma II c.p.p.

In occasione del notevole carico pendente del ruolo, si fissa in giorni 90 il termine del deposito.

P.Q.M.
Letto l'art. 530 cpv cpp assolve AV. CA. e DELL'A. GI. perché il fatto non sussiste.

Deposito gg. 90.

Così deciso in Nola, il 3 ottobre 2022.

Depositata in Cancelleria il 2 gennaio 2023.

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