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Bancarotta fraudolenta patrimoniale: se mancano beni, l'imprenditore deve fornire una giustificazione


Tribunale penale di Lecce

Laddove sia provato che l'imprenditore ha avuto a disposizione determinati beni, se non abbia saputo rendere conto del loro mancato reperimento e non abbia saputo giustificarne la destinazione per le effettive necessità dell'impresa, si deve dedurre che li ha dolosamente distratti, poiché il fallito ha l'obbligo giuridico di fornire la dimostrazione della destinazione data ai beni acquisiti al suo patrimonio; con la conseguenza che dalla mancata dimostrazione può essere legittimamente desunta la prova della distrazione o dell'occultamento.


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La sentenza integrale

Corte appello L'Aquila, 28/05/2018, n.1216

FATTO E DIRITTO
Con sentenza del Tribunale di Pescara del 17 novembre 2016, C.C. è stato dichiarato colpevole dei reati di bancarotta patrimoniale e documentale ascrittigli in rubrica, e, applicato l'aumento per l'aggravante e per la continuazione, è stato condannato alla pena di anni tre e mesi tre di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali; con le pene accessorie della interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque, dell'inabilitazione all'esercizio di impresa commerciale e dell'incapacità ad esercitare uffici direttivi d'impresa per un periodo di anni 10.

Contro la condanna ha proposto appello, con atto depositato il 24 febbraio 2017, il difensore dell'imputato evidenziando:

1) che la sentenza di condanna si fondava sulla non condivisibile inversione dell'onere probatorio posto a carico dell'imputato di dimostrare la destinazione dei beni e dei crediti asseritamele distratti senza prima aver accertato la attendibilità e la rispondenza a verità del dato di bilancio riferito all'attivo ed indicato in euro 166.212,65, avendo anzi i testi riferito di crediti pari a circa euro 150.000,00 ed avendo la teste Ferretti riconosciuto la scheda contenente l'elenco dei fornitori ritenuta dal Tribunale irrilevante.

2) che non risultava dimostrata pertanto la sussistenza di uno stato di insolvenza costituente evento del reato da porsi in rapporto causale con la condotta del soggetto e dell'elemento soggettivo sotteso a tale condotta;

3) che peraltro il C.C. non aveva neppure ricevuto notizia della richiesta del curatore di consegnargli le scritture contabili, essendo stata inviata la missiva ad indirizzo inesistente e diverso dalla sua abitazione, come dimostrato dalla produzione del suo certificato di residenza;

4) che inoltre non si era valutato che nell'anno 2007 era stato nominato altro e diverso amministratore della società tale P.G., come confermato dalla teste S., si da non potersi attribuire con certezza a fatto proprio del C.C. la responsabilità per le condotte addebitategli.

Invocava in via subordinata la rideterminazione della pena in senso più mite, eccependo la illegittima determinazione della stessa facendo riferimento ad una pluralità di fatti di bancarotta inesistenti e contestando la mancata concessione delle attenuanti generiche.

Invocava pertanto l'assoluzione dell'imputato, perché il fatto non costituisce reato, in via subordinata anche ex art. 530 II c. c.p.p. nonché la sua riforma per l'entità della pena, per la comparazione di circostanze e la concessione di tutti i benefici di legge.

Previa rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale con nuova audizione del F.N. e perizia contabile.

All'odierna udienza, assente l'imputato, all'esito della discussione le parti hanno concluso nei termini riportati in epigrafe.

Al termine della camera di consiglio, la Corte ha pronunziato la sentenza dando lettura del dispositivo.

L'appello è infondato e meritevole di rigetto.

Punto 1)

E' principio di diritto da lungo tempo consolidato (che rende superfluo l'approfondimento istruttorio invocato) quello per cui ove sia provato che l'imprenditore ha avuto a disposizione determinati beni, se non abbia saputo rendere conto del loro mancato reperimento e non abbia saputo giustificarne la destinazione per le effettive necessità dell'impresa, si deve dedurre che li ha dolosamente distratti, poiché il fallito ha l'obbligo giuridico di fornire la dimostrazione della destinazione data ai beni acquisiti al suo patrimonio; con la conseguenza che dalla mancata dimostrazione può essere legittimamente desunta la prova della distrazione o dell'occultamento (cfr., ex pluribus, tra le più recenti Cass. 9951/18 a mente della quale "in tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell'occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell'amministratore, della destinazione dei beni suddetti, posto che la responsabilità dell'imprenditore per la conservazione della garanzia patrimoniale verso i creditori e l'obbligo di verità, penalmente sanzionato, gravante ex L. Fall., articolo 87 sul fallito interpellato dal curatore circa la destinazione dei beni dell'impresa, giustificano l'apparente inversione dell'onere della prova a carico dell'amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavato (Sez. 5, n. 8260/2015)".

E' ben vero (Cass. 9845/13) che la responsabilità per il delitto di bancarotta per distrazione richiede l'accertamento della previa disponibilità, da parte dell'imputato, dei beni non rinvenuti in seno all'impresa; accertamento non condizionato dalla presunzione di attendibilità del corredo documentale dell'impresa.

Nondimeno nel caso di specie tale attendibilità deve ritenersi sufficientemente dimostrata proprio dalle dichiarazioni rese dai testi esaminati perlomeno nella parte in cui hanno riferito di beni di arredo facenti capo all'azienda, malgrado non venisse fornita adeguata giustificazione della loro sorte.

Senza che alcun utile apporto probatorio sul punto possa trarsi dal vago riconoscimento da parte della teste F. di alcuni dei soggetti indicati nell'elenco fornitori e creditori offerto dalla difesa dell'imputato.

Punto 2.

Risulta ormai sedato ogni fermento interpretativo in seno alla giurisprudenza di legittimità, in ordine alla natura della sentenza dichiarativa di fallimento (ritenuta anche da ultimo non evento del reato di bancarotta necessitante della previsione soggettiva dell'agente, ma condizione oggettiva di punibilità - tra le più recenti cfr. Cass. 13910/17);

Le doglianze espresse sul punto, peraltro al limite dell'inammissibilità per genericità, sono pertanto infondate.

Punto 3.

Alle argomentazioni già spese nella sentenza gravata sulla convocazione dell'imputato da parte della Guardia di Finanza e sulla sua citazione in giudizio (pag.6) si aggiunga che, come dichiarato in sede di esame dall'imputato, questi riconosce di essersi recato in Tribunale perché convocato e dunque non può ritenersi che egli non fosse a conoscenza del fallimento della ditta di cui almeno formalmente risultava ancora legale rappresentante e del conseguente obbligo di consegna delle scritture contabili, né lo stesso ha dedotto di non aver ricevuto notizia della sentenza dichiarativa di fallimento contenente la prescrizione dell'obbligo di deposito delle scritture contabili.

Quanto al punto 4.

Condivisibilmente il Tribunale ha ritenuto che alcuna prova sia stata offerta, in contrasto con le emergenze documentali della Visura Camerale, della intervenuta nomina di altro amministratore come genericamente affermata dall'imputato e dalla teste S., senza che venisse prodotto un atto di nomina assunto dalla società e di cui si asserisce solamente l'intervenuto deposito nella procedura fallimentare (pur potendo l'imputato legittimamente estrarne copia autentica).

A ciò si aggiunga che il C.C., come già desunto dall'esame degli atti del fascicolo fallimentare da parte del curatore, che ha sul punto espressamente riferito in sede di esame dibattimentale, riconosce la sostanziale inattività della società in epoca successiva al 2006 né indica in concreto atti e comportamenti dell'asserito nuovo amministratore nominato che, secondo la prospettiva proposta nell'atto di appello escluderebbero da un canto il compimento da parte sua di attività distrattive, dall'altro la disponibilità in capo a lui delle scritture contabili (senza che vi sia prova alcuna né della nomina del nuovo amministratore né dell'intervenuto passaggio di consegne).

Quanto al trattamento sanzionatorio.

Osserva la Corte che la continuazione deve riconoscersi sussistente in relazione al concorso tra i reati di bancarotta per distrazione e documentale contestati entrambi in imputazione ai capi a e b.

Certamente però ricorrono i presupposti per la concessione in favore dell'imputato dell'attenuante di cui all'art. 219 u.c. L.F. considerato il danno patrimoniale di speciale tenuità, da ritenersi prevalente sulla contestata aggravante.

Non risultano invece concedibili le attenuanti generiche e gli altri benefici richiesti, in considerazione dei precedenti penali di cui l'imputato è gravato.

La pena va dunque conclusivamente rideterminata in anni due di reclusione.

P.Q.M.
Visto l'art. 605 c.p.p., in parziale riforma della sentenza in data 17.11 2016 del Tribunale di Pescara, appellata dell'imputato C.C., concessa l'attenuante generica di cui all'art. 219 u.c. L.F., ritenuta prevalente sulla contestata aggravante, ridetermina la pena in anni due di reclusione e conferma nel resto.

Motivazione entro il 30.6.2018

L'Aquila, 04.05.2018

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