Corte appello Bari sez. III, 02/08/2024, n.3085
La sottrazione o mancata restituzione di un bene oggetto di leasing, in caso di fallimento, integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale qualora la massa fallimentare subisca un pregiudizio economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione. Non rileva, ai fini della responsabilità penale, la diminuzione di valore del bene nel tempo, purché la condotta distrattiva sia chiaramente accertata.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto del 27.2.20, il Gup presso il Tribunale di Trani disponeva il giudizio innanzi al Tribunale in composizione collegiale nei confronti di (…), chiamata a rispondere del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale come ascrittale in rubrica.
Con sentenza emessa all' esito del dibattimento in data 7.4.2021, depositata il 3.6.2021 (entro il termine di 90 giorni indicato), il Tribunale di Trani dichiarava (…) colpevole del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale (art. 216, co. 1 n. 1 legge fallimentare) alla stessa ascritto e, in concorso di circostanze attenuanti generiche, dichiarate prevalenti sulla recidiva semplice, come riqualificata in udienza, la condannava alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Dichiarava l'imputata inabilitata all'esercizio di una impresa commerciale per la durata di anni 1 e mesi 6 e incapace per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Avverso la pronuncia di primo grado proponeva tempestiva impugnazione l'avv. Gianluca GIORGIO, difensore d'ufficio dell'imputata, con atto depositato il 13.7.2021, per le seguenti ragioni:
1) I fatti distrattivi contestati sono i medesimi contestati in altro procedimento pendente a carico della Ma., per cui ci sarebbero i presupposti di applicabilità di cui all'art. 649 c.p.p.
2) Non sussiste il dolo della condotta distrattiva, in quanto il veicolo oggetto di leasing è stato restituito alla società locatrice senza che fosse rilasciata documentazione alcuna all'imputata. Quindi non è spendibile l'argomento del giudice di primo grado per cui la mancata giustificazione della destinazione del bene sarebbe elemento dimostrativo del dolo. La condotta distrattiva non sarebbe dimostrata, atteso che i beni oggetto di leasing non furono reperiti dalla curatela, né inventariati nel patrimonio della procedura fallimentare; il curatore ha stabilito che, anche ove fossero stati reperiti, non avrebbero fatto parte del patrimonio della procedura proprio in quanto beni oggetto di leasing. L'avvenuta restituzione del rimorchio ottenuto in leasing non è stata mai smentita dall' istruttoria, né è stato dimostrato che l'imputata avesse effettivamente il rimorchio nella sua disponibilità. Inoltre, l'oggetto del contratto di leasing era rappresentato da un semirimorchio tipo (…), immatricolato nel 2005, concesso in leasing nel 2008 che, al momento della cessione del predetto contratto, aveva un valore di mercato assai ridotto, in quanto oggetto di locazione finanziaria da diversi anni.
Disposta la citazione in appello per l'odierna udienza per la quale veniva richiesta la trattazione orale, il nuovo difensore nominato depositava motivi aggiunti con i quali ribadiva la richiesta di n.d.p. per precedente giudicato, essendovi identità della contestazione rispetto ad altro procedimento penale iniziato precedentemente innanzi al Tribunale di Trani, la cui sentenza era stata appellata e la decisione di secondo grado annullata dalla Cassazione.
In data odierna, assente l'imputata, disposta la correzione dell'errore materiale contenuto nell'intestazione della sentenza appellata con riferimento alla data dichiarativa di fallimento da intendersi 6 Marzo 2013 e non anche 5 Marzo 2013, dopo la relazione della causa, le parti hanno concluso come da verbale, quindi, questa Corte ha deciso come da infrascritto dispositivo.
1. Ritiene la Corte che il motivo di appello consistente nella declaratoria di non doversi procedere nei confronti dell'odierna imputata per ne bis in idem, sia infondato.
Né appare necessario, alla luce dell'istruttoria dibattimentale già svolta in primo grado e di quanto emerge dalla documentazione in atti e dalle sentenze emesse nell'altro procedimento instaurato a carico dell'imputata, risentire il curatore fallimentare De.Ma. e il consulente tecnico del Pro, Gi.Pa., entrambi già escussi in ambedue i processi.
Per la precisione la difesa, sia nell'atto di appello che successivamente con i motivi nuovi, ha evidenziato la pronuncia di altra sentenza a carico della stessa imputata del Tribunale di Trani (stesso ufficio giudiziario che l'ha giudicata anche nella vicenda per cui ci si occupa} in data 10 dicembre 2018, avverso la quale era stato proposto appello, a seguito del quale con sentenza del 30.5.2022 era stata parzialmente riformata la decisione di primo grado, limitatamente alla durata delle pene accessorie fallimentari. La decisione era stata impugnata in Cassazione che, con sentenza del 15 settembre 2023, ha annullato quella dì appello con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bari, sicché la decisione non è ancora divenuta irrevocabile.
Deve evidenziarsi che la sentenza della Suprema Corte ha annullato la pronuncia di appello solo al fine dell'accertamento se effettivamente i beni che erano stati concessi in locazione finanziaria fossero stati o meno restituiti alle società concedenti, in conseguenza dell1 avvenuta risoluzione del rapporto contrattuale, rifacendosi al consolidato principio di diritto secondo cui la sottrazione o dissipazione di un bene acquistato a mezzo di contratto di leasing configura il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto si sostanzia in un pregiudizio per la massa fallimentare che resta privata del valore del bene medesimo e allo stesso tempo è gravata di un ulteriore onere economico scaturente dall'inadempimento dell1 obbligo di restituzione alla società locatrice. Nel giudizio rescindente si è precisato che se la distrazione dei beni detenuti in leasing integra una bancarotta patrimoniale, poiché la massa viene a subire un pregiudizio economico derivante dall'inadempimento dell'obbligo di restituzione del bene verso il concedente che ha diritto al pagamento del valore equivalente in denaro, il delitto non sussiste nel caso in cui alla risoluzione del contratto segua la restituzione del bene al concedente, in quanto, in tal caso, la massa non subisce alcun pregiudizio.
Ciò chiarito, deve rilevarsi che nel procedimento definito con la sentenza del Tribunale di Trani del 10/12/2018 era stato contestato alla Ma. la dissipazione, l'occultamento e la distrazione di beni con valore residuo contabile pari ad euro 32.875,84 - indicati in un elenco allegato, che si intendeva integralmente richiamato formando parte integrante e sostanziale del capo di imputazione - omettendone la consegna alla procedura fallimentare, nonché di dissipazione, occultamento e distrazione delle disponibilità liquide indicate nella situazione patrimoniale al 31/12/2012 come denaro di cassa per un valore complessivo pari ad euro 4.993,53.
Nel presente processo si fa, invece, riferimento alla dissipazione, occultamento o distrazione unicamente di un trattore per semirimorchio marca (…), di cui era stata omessa la consegna alla procedura fallimentare per un valore che, al momento del contratto di leasing del 23.7.2008 della durata di 60 mesi, era di 56.000 (1).
Dagli atti e, in particolare dalla consulenza tecnica per conto del PM emerge chiaramente che, mentre nel libro dei cespiti ammortizzabili erano stati indicati i canoni di leasing dì alcuni veicoli industriali, tra cui il maxi-canone relativo al trattore usato (…) per cui si procede (2), detto bene non era stato indicato dal curatore e dalla stessa consulente tra i beni sottratti alla massa fallimentare, in quanto non era stato rinvenuto in sede di inventario. Ed infatti, tra i beni distratti elencati nella relazione di consulenza tecnica non compare il detto trattore, per il quale era stato esclusa dal giudice delegato la domanda di rivendicazione, "in quanto non è stato rinvenuto in sede di inventario". Per tali motivi, non era stato incluso nell'imputazione di cui al precedente processo a carico dell'imputata.
Di conseguenza, il trattore (…) non rientra nei beni di cui all'elenco facente parte integrante del capo di imputazione di cui al processo n. 162/15 RGNR, al contrario di quanto sostenuto dalla difesa, sicché, con riferimento a detto bene non può invocarsi la violazione del bis in idem, non ravvisandosi una perfetta corrispondenza tra i fatti contestati all'imputata nei due diversi procedimenti.
Va ricordato che, in caso di contestuale pendenza di più procedimenti penali per uno stesso fatto nei confronti della stessa persona, una volta esercitata l'azione penale nell'ambito di uno di tali procedimenti, deve considerarsi indebita la reiterazione dell' esercizio del potere di promuovere 1'azione, assumendo, in assenza di una espressa disposizione normativa, diretto rilievo il principio di "consumazione" del potere medesimo, correlato a quello della preclusione, del quale costituisce espressione il divieto del ne bis In idem dopo la formazione del giudicato; ne consegue che, nell'ambito del secondo procedimento, va chiesta e disposta l'archiviazione, ovvero, nel caso in cui l'azione penale sia stata già esercitata, ne va dichiarata 1'improcedibilità con sentenza, senza necessità del presupposto dell' irrevocabilità della sentenza.
In proposito, le Sezioni Unite hanno statuito che "non può essere nuovamente promossa l'azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente (anche se in fase o grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M., di talché nel procedimento eventualmente duplicato dev'essere disposta l'archiviazione oppure, se l'azione sia stata esercitata, dev'essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità. La non procedibilità consegue alla precisione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal P.M., ma riguarda solo le situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restano, invece, applicabili alle ipotesi di duplicazione del processo innanzi a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente" (3).
2. Ciò chiarito quanto alla non sovrapponibilità dei fatti contestati nei due processi e alla non ritenuta incorporazione della presente imputazione in quella più ampia di cui al primo procedimento, nel merito va osservato che l'imputata ha sostenuto, nel corso dell'audizione del 22.3.13 innanzi al curatore (4), che la ditta aveva contratti di leasing con la (…) e la (…), e che nel 2012 le predette società avevano ritirato i mezzi noleggiati che, pertanto, sarebbero rientrati in possesso delle società finanziarie. In realtà, ma si tratta di una mera allegazione che non ha alcun riscontro documentale ed è stata decisamente smentita dalla (…), (5) che, invece, aveva espressamente richiesto la restituzione del trattore e comunque del canone non versato.
In proposito, era stato sentito anche il curatore fallimentare che aveva dichiarato che la società, per lo svolgimento della sua attività, aveva utilizzato due mezzi acquisiti con contratto di leasing di cui un camion furgonato della (…) società poi confluita nella (…) S.p.A. ndr come da contratto di fusione del 18.12.2013 in atti ed un trattore con la (…), mezzi mai rinvenuti, alla pari dei contratti di finanziamento.
La Ma. gli aveva riferito telefonicamente che i dipendenti della società locatrice si erano recati ad Andria per ritirare i mezzi con chiavi e documenti e lì avevano portati via senza lasciare alcuna ricevuta di presa in carico (il che appare inverosimile, ndr). In realtà, dalle visure al PRA non risultava assolutamente nulla. Aveva contattato le società di leasing che gli avevano, al contrario, comunicato che i mezzi non erano mai rientrati in loro possesso, sicché si erano insinuate nel fallimento.
La consulente tecnica del Pm, Giovanna Panzuto, a sua volta, ha dichiarato che aveva ricevuto l'incarico dal pubblico ministero nell'ambito del procedimento n. 162 del 2015 (il primo procedimento) ed era già stata sentita nel dibattimento di quel processo nel 2018. Ha chiarito che, con riferimento ad un trattore risultava un canone leasing sul registro dei beni ammortizzabili di cui all'allegato 10 della consulenza e vi erano tre canoni leasing per un trattore usato (…) quello dì cui ci si occupa, ndr, come verificato dal libro cespiti ammortizzabili, aggiornato al 2012. Il bene non era stato tuttavia trovato ed in proposito il curatore DE.MA. le aveva fornito anche ì1 verbale di audizione della Ma., secondo cui gli unici beni pervenuti erano quelli da inventario, in cui non era ricompreso questo bene, benché in leasing.
Alla luce di quanto finora esposto non sorgono dubbi che, con riferimento al detto bene, sia integrato il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, come correttamente affermato nella sentenza impugnata, potendosi affermare che, a differenza di quanto apoditticamente sostenuto dall'imputata, il veicolo non era stato restituito alla società concedente in conseguenza della risoluzione del rapporto contrattuale.
Né riveste alcuna rilevanza, ai fini della responsabilità, la circostanza che, nel corso degli anni, il valore del veicolo non fosse più quello indicato nel contratto di finanziamento, ma si fosse proporzionalmente ridotto, e così il debito, in conseguenza dei canoni già versati.
Infine, va osservato che, in tema di bancarotta fraudolenta distrattiva, si ha pluralità di reati laddove le singole condotte, riconducibili alle azioni tipiche previste dalle singole fattispecie incriminatrici, siano distinte sul piano ontologico, psicologico e funzionale e abbiano a oggetto beni specifici differenti, come nella fattispecie (6).
La sentenza va, pertanto, integralmente confermata, tenuto anche conto che la pena irrogata, in concorso di attenuanti generiche, è quella minima.
Il concomitante carico di lavoro impone l'indicazione di un termine di 60 giorni per il deposito della sentenza.
P.Q.M.
La Corte d'appello di Bari, terza sezione penale, letto l'art. 605 c.p.p. conferma la sentenza pronunciata dal Tribunale di Trani in data 7.4.21, nei confronti di (…), appellata dall'imputata, che condanna al pagamento delle spese del presente grado di giudizio
Letto l'art, 544, comma 3, c.p.p. indica il termine di giorni 60 per il deposito della sentenza.
Così deciso in Bari il 2 luglio 2024.
Depositata in Cancelleria il 2 agosto 2024.
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Note:
(1) (Come da contratto e da fattura di vendita alla (…) del 23.7.2008 per l'importo di 56.000 euro, in atti.
(2) (v. P. 28 della relazione di consulenza tecnica a firma della dott.ssa Gi.Pa. in atti).
(3) (Cass. Pen. Sez. U, sent. del 28/06/2005 dep. 28/09/2005, Donati ed altro, n. 34655).
(4) (V. verbale in atti).
(5) (In atti v'è la denuncia querela della (…) subentrata alla (…), in cui si dà atto che la società utilizzatrice non aveva provveduto alla riconsegna del bene di cui si chiedeva il sequestro).
(6) (In tal senso v. Cass. Pen. Sez. 5, Sentenza n. 17799 del 01/04/2022 Ud. (Dep. 04/05/2022) Rv. 283253 - 02).