Corte appello Roma sez. II, 08/07/2024, n.7529
La prova della distrazione di beni aziendali nella bancarotta fraudolenta patrimoniale può essere desunta dal mancato rinvenimento dei beni stessi e dall’assenza di giustificazioni da parte dell’amministratore, il quale ha l’onere di dimostrare la loro destinazione. In tema di attenuanti, il danno può essere considerato di speciale tenuità quando la distrazione riguarda beni strumentali di valore economicamente modesto rispetto alla massa fallimentare.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Latina, con sentenza emessa in data 12 ottobre 2023 all'esito di giudizio ordinario, ha riconosciuto la responsabilità di Ro.PU., amministratore unico a partire dal 20 novembre 2012 della "(…) società cooperativa a r.l.", dichiarata fallita dal Tribunale di Latina in data 17 settembre 2015, del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione di macchinari e attrezzature varie, meglio specificate nel capo di imputazione, acquistati per la somma di Euro 25.330,00 e lo ha condannato come da dispositivo sopra riportato. Con la medesima decisione, il primo giudice ha assolto l'imputato, originariamente concorrente di De.Mo., amministratore di fatto della società e assolta da tutte le imputazioni all'esito del giudizio di primo grado, dal delitto di cui al capo b) perché il fatto non sussiste e dalle residue ipotesi di distrazione contestate al capo a) di imputazione.
Il difensore dell'imputato ha proposto impugnazione avverso la sentenza chiedendo: di assolvere l'imputato; in subordine, di riqualificare II fatto ai sensi dell'art. 217 L.F. e di riconoscere la circostanza attenuante di cui all'art. 219, terzo comma. L.F.
All'odierna udienza, svoltasi in camera di consiglio non partecipata, la Corte, preso atto delle sopra riportate conclusioni scritte del P.G., ha deciso come da separato dispositivo tempestivamente trasmesso alle parti.
I fatti sono ben descritti nella sentenza impugnata.
Il Tribunale ha premesso, in ordine alle vicende dalla società, che quest'ultima era costituita in data 28.02.2002, con capitale sociale di Euro 75.000, detenuto dai soci Ro.PU., Fl.Eg. e Vi.Co. (subentrata a Ma.Va.); che la sede legale della fallita era stata fissata a Sezze, Via (…), mentre la sede operativa si trovava in Sezze, via (…) snc.; che l'oggetto sociale consisteva nell'attività di produzione, confezionamento e commercio all'ingrosso e al dettaglio di prodotti alimentari, dolci e salati; che PU.Ro. veniva nominato amministratore unico della fallita il 20.11.2012, La società era dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Latina il 17.9.2015.1 libri e le scritture contabili della fallita, prodotti al curatore, erano, come dichiarato da quest'ultimo, formalmente tenuti in modo regolare.
L'affermazione della responsabilità dell'imputato è basata sulla testimonianza del curatore e della relazione ai sensi dell'art. 33 L.F., dalle quali emerge che quasi tutti i beni ammortizzabili della fallita, come desumibile dal libro dei cespiti, erano stati veduti alla "(…) SRL", ad esclusione dei beni strumentali di cui all'ultimo punto di cui al capo a) dell'imputazione che non erano stati venduti, mancando una fattura in tal senso, e che non sono stati rinvenuti dal curatore.
Quest'ultimo ha, infatti, dichiarato e riportato nella relazione che quando si recò presso la sede della società, sita in Sezze via (…) snc, constatò che l'attività produttiva era in corso, essendo presenti macchinati in funzione e operai a lavoro, anche il PU. era presente, stava lavorando e dichiarava che lo stabilimento non era più condotto dalla fallita, ma era gestito dalla società "Il (…) società a responsabilità limitata semplificata", costituita il 30.4.2015 ossia appena cinque mesi prima della dichiarazione di fallimento della "(…) società cooperativa a.r.l." e delia quale era legale rappresentante Si.Ta., il Tribunale ha, pertanto, ritenuto che gli anzidetti beni, il cui valore al costo di acquisto era complessivamente pari ad Euro 25.330 e che avrebbero dovuto essere ancora nel patrimonio delia fallita, erano, invece, assenti e pertanto, distratti (tanto che non sono stati consegnati al curatore, né gli sono state date indicazioni utili a rintracciarli).
Con il primo motivo di gravame, vertente sull'affermazione della responsabilità dell'imputato, la difesa ha dedotto che il solo mancato rinvenimento dei beni in questione nell'unico atto di accesso eseguito dal curatore - senza che lo stesso abbia accertato la presunta destinazione dei beni in capo a un soggetto destinatario- non consente di affermare oltre ogni ragionevole dubbio che gli stessi siano stati oggetto di distrazione". La difesa ha, altresì, specificato che il Tribunale
non ha compiuto alcuna valutazione delle circostanze, riferite dallo stesso curatore: che si trattava di beni "accessori e marginali"; che l'importo indicato nell'imputazione costituisce il prezzo di acquisto; che l'acquisto è avvenuto nel 2007 e nel 2009. Il consulente della difesa ha, invece, valutato dette circostanze evidenziando, da una parte, che, tenuto conto delie aliquote di ammortamento applicate, il valore contabile dei beni in questione è pari a zero, e, dall'altra, che si tratta di tipologia di beni che, qualora si rompano o comunque non siano più utilizzabili, non è prevista una procedura per la loro dimissione".
Infine la difesa ha evidenziato che dal contenuto della sentenza non si evince la formula con la quale l'imputato sia stato assolto dall'accusa relativa alla distrazione di somme costituite da ricavi non contabilizzati e non annotati nel registro vendite IVA - anni 2012/2013/2014 - circostanza quest'ultima che non ha consentito all'imputato di difendersi adeguatamente dall'ipotesi distrattiva della quale è stato ritenuto responsabile.
Con il secondo motivo di gravame, l'appellante ha chiesto, in subordine, di riqualificare il fatto ai sensi dell'art. 217 L.F. e contenere la pena nel minimo edittale. La bancarotta fraudolenta per dissipazione si differenzia dalla bancarotta semplice per consumazione del patrimonio in operazioni aleatorie o imprudenti, sotto il profilo oggettivo, per l'incoerenza delle operazioni poste in essere rispetto alle esigenze dell'impresa e, sotto il profilo soggettivo, per la consapevolezza di diminuire il patrimonio della società per scopi estranei da essa. Nella fattispecie in esame l'imputato ha sempre agito nell'interesse dell'impresa e non nella consapevolezza di cagionare danno ai creditori.
Con il terzo motivo di appello, la difesa ha chiesto di riconoscere la circostanza attenuante di cui all'art. 219, terzo comma, L.F. in quanto l'importo della distrazione è di speciale tenuità in considerazione dei medesimi elementi rappresentati con riferimento al valore dei beni distratti.
L'appello è fondato limitatamente a quest'ultimo motivo di gravame.
La circostanza che il Tribunale non ha specificato nel dispositivo della sentenza quale sia la formula con la quale ha assolto l'imputato dalle altre ipotesi di distrazioni contestate al capo a) dell'imputazione non ha arrecato alcun vulnus al diritto di difesa in quanto dal contenuto della sentenza emerge in modo evidente che il primo giudice non ha ritenuto sussistente il fatto.
E, invero, si legge nella decisione impugnata che le contestazioni riguardanti i presunti ricavi non contabilizzati e non annotati nel registri iva e vendite degli anni 2012, 2013 e 2014, rappresentati da crediti verso terzi, contestati sia come bancarotta fraudolenta patrimoniale nei primi tre punti del capo A) in relazione alle relative somme ivi indicate e non rinvenute, che come bancarotta fraudolenta documentale, sub capo B), in relazione alla loro mancata annotazione nei libri e scritture contabili obbligatori (registri IVA), sono il frutto di meri accertamenti induttivi eseguiti in sede di accertamenti fiscali di cui al PVC agli atti, eseguiti sulla sola base degli studi di settore…Tuttavia, né i funzionari dell'Agenzia delle Entrate, né il curatore fallimentare, hanno svolto alcuna verifica sull'effettiva realizzazione, da parte della fallita, di ricavi che si assumevano non contabilizzati e non rinvenuti sub capi A) e B)".
Da quanto precede discende che il Tribunale ha ritenuto che non sia emersa la prova della distrazione dei ricavi indicati nel capo a) dell'imputazione, in quanto non è stata dimostrata la loro effettiva esistenza, basata su dati presuntivi, con conseguente insussistenza della condotta distrattiva.
I rilievi relativi alla sussistenza della responsabilità dell'imputato per il delitto di bancarotta per distrazione sono infondati.
In primo luogo, la tesi difensiva in base alla quale il solo mancato rinvenimento dei beni in questione nell'unico atto di accesso eseguito dal curatore - senza che lo stesso abbia accertato la presunta destinazione dei beni in capo a un soggetto destinatario- non consente di affermare oltre ogni ragionevole dubbio che gli stessi siano stati oggetto di distrazione è smentita dalla uniforme giurisprudenza di legittimità sul punto, in base alla quale "In tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell'occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell'amministratore, della destinazione dei beni suddetti".
Nella fattispecie in esame dagli stessi libri sociali e, in particolare dal libro beni ammortizzabili, sono emersi i seguenti beni strumentali non venduti, che risultano accessori e marginali rispetto all'attività produttiva esercitata: macchinari e attrezzature varie (macchina nastratrice che applica il nastro adesivo sulle confezioni, macchina (…), rulliera estensibile usata per spostare la marce), acquistate II 31 luglio 2007, per l'importo complessivo di Euro 6.700,00; macchinari (compressore, essiccatore) acquistati il 30 giugno 2007 per l'importo complessivo di Euro 4.630 e mobili e arredi, n. 2 porte blindate e dieci metri quadrati di grate in ferro acquistati il 2 settembre 2009 per Euro 14.000,00.
Detti beni non sono stati rinvenuti dal curatore né l'imputato ha offerto spiegazioni sulla destinazione degli stessi, posto che al curatore si è presentato, su delega PU., il dott. Fa.Br., commercialista, che ha consegnato la documentazione contabile e l'imputato è rimasto assente nel corso del dibattimento.
Gli anzidetti beni, anche se accessori e marginali per l'attività produttiva, erano, peraltro, esistenti nel 2015, quando amministratore era l'odierno imputato, posto che l'attività produttiva era senz'altro proseguita fino al luglio 2015, come emerge dai ricavi conseguiti e dalla forza lavoro utilizzata (cfr. relazione del curatore).
Né smentisce l'ipotesi accusatoria il breve elaborato del consulente delia difesa che si è limitato a evidenziare: che il curatore omette di dare un'informazione fondamentale e cioè: alla data del fallimento qual era l'ammontare degli ammortamenti operati nel corso degli anni", senza considerare che si tratta di dati che avrebbero dovuto risultare dalla documentazione societaria;
e che si tratta di beni accessori e marginali rispetto all'attività produttiva esercitata, acquistati nel 2007 e nel 2009 sicché tenuto conto dell'ammortamento solitamente applicabile, che il consulente si è guardato bene dall'indicare, il valore netto contabile dei beni in questione era pari a zero; che per il curatore avrebbe dovuto stimare il valore dei beni e che per il curatore sarebbe stato molto difficile piazzare i beni di cui trattasi; che si tratta di beni per I quali non è prevista una procedura di legge specifica per la loro dismissione, cosa che, peraltro, non esclude che essi fossero eliminati dal libro beni ammortizzabili una volta divenuti inservibili.
Si tratta, dunque, di asserzione generiche e non motivate che non smentiscono l'ipotesi accusatoria in quanto ciò che è certo è che beni in esame non sono stati rinvenuti e che l'imputato non ha fornito alcuna giustificazione al riguardo e ciò tanto più che presso la sede operativa della società ii curatore ha constatato che l'attività imprenditoriale era in corso ma esercitata da altro soggetto giuridico, costituito appena cinque mesi prima della dichiarazione di fallimento.
Non è accoglibile il secondo motivo di gravame con il quale la difesa ha chiesto di qualificare il fatto ai sensi dell'art. 217 c.p.
La difesa ha fatto riferimento, a sostegno della tesi prospettata, alla differenza tra bancarotta fraudolenta per dissipazione e la bancarotta semplice di cui all'art. 217 n. 1 L.F., a mente del quale si determina una diminuzione della garanzia patrimoniale per effetto di spese personali.
Tuttavia, nella fattispecie in esame non vengono in rilievo né operazioni di pura sorte né spese personali eccessive, neppure allegate dall'imputato, piuttosto, è stata accertata la mancanza di beni strumentali indicati nel libro dei beni ammortizzabili rispetto alla quale l'amministratore non ha fornito alcuna indicazione. Né può dubitarsi della sussistenza dell'elemento psicologico del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, consistente nel ii dolo generico, ossia nella consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte, che si ricava dalla circostanza che l'imputato, come detto, non ha fornito spiegazioni circa la destinazione dei beni in esame.
Deve, invece, essere accolto il motivo di gravame con il quale è stata invocato il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 219, terzo comma, L.F.
In tema di bancarotta fraudolenta, per distrazione, il giudizio relativo alla speciale tenuità del danno deve essere posto in relazione alla diminuzione, non percentuale ma globale, causata dal comportamento del fallito alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti.
La diminuzione, nella fattispecie in esame, è di speciale tenuità in quanto la sottrazione ha oggetto beni strumentali che tra il 2007 e il 2009 sono stati acquistati per una somma di Euro 25.330,00 e che al momento del fallimento, ossia nel settembre 2015, avevano certamente un valore molto più modesto.
La pena deve essere, pertanto, rideterminata in anni uno di reclusione, alla quale si perviene partendo dalla pena base di anni tre di reclusione, ridotta per le già concesse circostanze attenuanti generiche, ad anni due di reclusione, come quantificata dal primo giudice, ulteriormente ridotta per effetto della circostanza di cui all'art. 219, terzo comma, L.F.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, riformata limitatamente al riconoscimento di quest'ultima circostanza con conseguente rideterminazione della pena in anni uno di reclusione e riduzione della durata delle pene accessorie alla durata della pena principale.
Il termine per il deposito della motivazione, stante il carico di lavoro dell'Ufficio, è fissato in gironi novanta.
P.Q.M.
visti gli artt. 599 c.p.p. e 94, II comma, D.Lgs. 150/2022, come modificato dalla L.18/2024;
in riforma della sentenza del Tribunale di Latina in data 12 ottobre 2023 appellata da Ro.PU., riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'art. 219, ultimo comma, LF, ridetermina la pena in anni uno di reclusione.
Riduce la durata delia sanzione accessoria di cui all'ultimo comma dell'art. 217 L.F, alla durata della pena principale.
Conferma nel resto
Fissa in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Roma il 20 giugno 2024.
Depositata in Cancelleria l'8 luglio 2024.