Tribunale Nola, 27/01/2022, n.174
Il reato di occultamento di cadavere (art. 412 c.p.) si configura come reato istantaneo con effetti permanenti, consumandosi nel momento in cui l'azione del colpevole ostacola o ritarda il ritrovamento del corpo. La collaborazione successiva del reo per il rinvenimento del cadavere non incide sulla configurazione del reato, che si perfeziona al compimento dell'azione di occultamento.
Svolgimento del processo
Con decreto emesso in data 8/2/2021 il PM in sede citava a giudizio Md.Ab., chiamato a rispondere del reato in rubrica contestato per l'udienza del 16/9/2021 da celebrarsi dinanzi al GM.
In quella sede il Giudice disponeva la rinnovazione della notifica nei confronti della persona offesa Va.Ri. La difesa anticipava la volontà di proseguire il procedimento nelle forme del rito abbreviato, come confermato personalmente dall'imputato, presente, il quale conferiva procura speciale al difensore con facoltà di sostituzione. L'imputato rendeva dichiarazioni spontanee. Il GM rinviava all'udienza del 27/1/2022 per la valutazione dell'ammissibilità del rito abbreviato.
Alla presente udienza il Giudice dava atto del perfezionamento della notifica nei confronti della p.o. Va.Ri. e, sentite le parti, ammetteva la trasformazione del rito, acquisiva il fascicolo del pubblico ministero e, ritenendo possibile decidere allo stato degli atti, invitava le parti a rassegnare le conclusioni di cui in epigrafe.
Questo Giudice decideva dopo essersi ritirato in camera di consiglio come da dispositivo letto in udienza ed allegato al verbale, con redazione contestuale dei motivi.
Motivi della decisione
Ritiene questo giudice che l'istruttoria dibattimentale ha confermato oltre ogni ragionevole dubbio l'ipotesi accusatoria, con la conseguenza che l'imputato va dichiarato colpevole dei reati in rubrica contestati.
Giova nel merito rilevare che gli elementi di prova utilizzabili da questo Giudice sono essenzialmente rappresentati dagli atti contenuti nel fascicolo del PM ed utilizzabili in ragione della scelta del rito, ovvero il verbale di ricezione di denuncia orale sporta da Sa.Au. redatto dalla p.g. operante della Stazione Carabinieri di Ottaviano il 5/5/2019, la c.n.r. redatta dalla Stazione Carabinieri di Ottaviano nei confronti dell'imputato il 16/5/2019, il verbale di sommarie informazioni rese da Md.Ab. il 15/5/2019 e dal Sa.Au. in data 6/5/2019, dagli atti irripetibili versati nel fascicolo del dibattimento, ovvero i verbali di sequestro con successiva convalida, i provvedimenti di dissequestro e restituzione, nonché gli esiti dell'accertamento tecnico irripetibile compiuto su delega del PM, segnatamente la relazione di consulenza tecnica medico-legale necroscopica effettuata sul cadavere di Va.Lu. dal dott. Ni.Ba., dalla documentazione in atti e, segnatamente, dai tabulati telefonici relativi alle utenze attenzionate.
Il compendio probatorio si compone, inoltre, dalle spontanee dichiarazioni rese dall'imputato in dibattimento.
Con riferimento, dunque, a tali fonti di prova devono essere seguiti i canoni di valutazione che la giurisprudenza della Suprema Corte indica quando la piattaforma probatoria sia costituita da fonti dichiarative, raccolte in verbali utilizzabili ai fini della decisione, rese da persone estranee rispetto alla vicenda processuale.
Ebbene, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione secondo cui se deve ritenersi esclusa la possibilità di recepire acriticamente una dichiarazione senza un vaglio critico dell'attendibilità della stessa, svolto assumendo a riscontro tutti gli elementi della vicenda, la prova deve ritenersi sussistente e raggiunta quando la dichiarazione, sia essa raccolta in un verbale, sia essa resa a dibattimento, risulti logicamente e armonicamente inserita nel contesto dell'intera vicenda. Applicando al caso di specie la esposta regola di giudizio, ritiene questo Giudice che non vi sia motivo di dubitare dell'attendibilità degli atti di indagine redatti dalla p.g., attesa l'assenza di incongruenze o di altri vizi logici - ed anzi, sussistendo una piena e completa concordanza con le fonti documentali in atti - e considerata, inoltre, la qualifica di pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni rivestita dai verbalizzanti, che lascia fondatamente ritenere assente ogni astio o preconcetto verso l'imputato. I dati desumibili dagli atti di indagine, inoltre, trovano pieno riscontro nelle dichiarazioni negli atti irripetibili e nella relazione di consulenza tecnica versata in atti. Da tali fonti di prova la vicenda per cui vi è processo può essere così ricostruita. Dal verbale di ricezione di denuncia orale sporta da Sa.Au. - sulla cui attendibilità non vi è motivo di dubitare in ragione del narrato chiaro e preciso, peraltro reso nell'immediatezza dei fatti narrati, e proveniente da un soggetto che non ha alcun ruolo nella presente vicenda processuale - emergeva che quest'ultimo, che conviveva da quasi tre anni con un suo amico, Va.Lu., il giorno 5/5/2019 si era accorto, intorno alle ore 9:00, che il Sig. Va.Lu. era uscito dall'abitazione utilizzando l'autovettura in suo possesso, una Opel corsa di colore grigio targata (…). Alle ore 11:50 il denunciante aveva ricevuto una telefonata dalla sorella di Va.Lu., la Sig.ra Va.Ri., preoccupata perché il fratello, che avrebbe dovuto pranzare con lei, non l'aveva ancora raggiunta e non aveva risposto alle sue telefonate (indirizzate all'utenza mobile da in uso al Va.Lu., la (…)). Il Sa.Au. aveva riferito alla sorella del convivente di aver visto Va.Lu. per l'ultima volta la notte prima, intorno alle 1:30, mentre guardava la tv nel suo letto. Il denunciante riferiva alla p.g. di essersi preoccupato e dunque di essersi recato, alle ore 12:15, presso la stazione di servizio "(…)" a pochi km dalla loro abitazione per chiedere se il Va.Lu. fosse passato di lì. 11 benzinaio confermava tale ipotesi, ammettendo di averlo visto alle ore 8:00 circa a bordo della sua autovettura direzionarsi verso Terziglio-Pompei. Il Sa.Au. riferiva ancora che Va.Lu. era affetto da diabete e soffriva di problemi cardiaci, tra cui, ipertensione, e che non si era mai allontanato a bordo della sua autovettura senza prima avvertire lui o la sorella Va.Ri. Il Comando dei Carabinieri di Ottaviano, come attestato nella c.n.r. acquisita agli atti, si attivava per le ricerche del Va.Lu. e provvedeva ad localizzare la cella di aggancio dell'utenza in uso al medesimo. Dagli accertamenti emergeva che alle ore 16:00 e alle ore 17:00 del giorno 5/5/2019 e alle ore 9:00 del giorno 6/5/2019 la cella di aggancio dell'utenza telefonica risultava essere quella situata nel comune di Angri alla via (…) civ. 8 direzione nord. Nel corso delle indagini la p.g. apprendeva - come dichiarato a sommarie informazioni dal Sa.Au. - che lo scomparso era noto nel paese come "guaritore" e svolgeva una sorta di attività di chiromante presso la propria abitazione, circostanze, queste, confermate altresì dalla sorella e dal convivente del Va.Lu., che ammettevano che in passato vi fosse stato qualche screzio con qualche cliente, deluso dalle previsioni del Va.Lu., che non si erano avverate. Va.Ri. - sulla cui attendibilità non vi è dubbio, stante il narrato chiaro e preciso, confortato dalla restante istruttoria, sebbene proveniente da un prossimo congiunto della persona offesa - precisava di aver sentito il fratello a telefono, il giorno della scomparsa, una volta alle ore 6:00 del mattino, un'altra alle ore 8:10; in quest'ultima telefonata, lui le aveva detto che di lì a poco si sarebbe recato a casa sua.
La p.g., allora, procedeva all'acquisizione dei tabulati delle utenze in uso al Va.Lu., la (…) e la (…), acquisiti con decreto emesso dall'A.G. il 7/5/2019 e versati in atti. Benché il telefono del Va.Lu. risultasse ancora acceso, non emergevano dai tabulati chiamate in uscita provenienti dall'utenza (…) a partire dalla data della scomparsa; il numero, se chiamato, agganciava la cella situata in via (…) n. 8 del comune di Angri. La p.g., dunque, organizzava una prima operazione di ricerca nell'area interessata dalla cella, espletata nella nottata del 9/5/2019, che però si concludeva con esito negativo, non essendo ritrovato né il telefono di Va.Lu., né lo scomparso in persona. Dall'analisi dell'utenza (…), irraggiungibile sin dalle prime ore a seguito della denuncia della scomparsa, emergeva che l'utenza del Va.Lu. aveva contattato alle ore 7:57, 8:11 e 8:12 del 5/5/2019, l'utenza telefonica n. (…). Le celle agganciate da tali telefonate erano situate in varie località , ovvero Terzigno, Angri, Nocera Inferiore e Boscoreale, ciò, come successivamente accertato, in ragione della peculiare posizione in cui si trovava il chiamante, che permetteva di impegnare celle situate anche a diversi km di distanza. L'utenza telefonica contattata dal Va.Lu. il giorno della scomparsa risultava essere intestata ad Md.Ab., imputato nel presente procedimento. Costui, secondo ulteriori accertamenti, risultava domiciliato in Terzigno (Na) alla via (…) n. 266, presso il centro di accoglienza per immigrati "Vi.An.".
Personale operante presso la stazione dei Carabinieri di Ottaviano si recava, nella mattinata del 15/5/2019, presso la menzionata struttura di accoglienza, ove il responsabile - tale Es.Ma. - conduceva la p.g. presso il posto letto dell'Md.Ab., che si trovava a lavoro.
Sul letto dell'Md.Ab. era adagiato un giubbotto dalla cui tasca fuoriusciva un telefono cellulare di marca Samsung con numero IMEI (…), privo di scheda telefonica e con batteria staccata. Tale numero IMEI risultava abbinato all'utenza (…) in uso al Va.Lu. la mattina della sua scomparsa. Nella stanza la p.g. notava altresì uno scatolo di un telefono cellulare IPhone 8 plus, dalla quale rilevavano l'identificativo IMEI (…), abbinato, come accertato da successive indagini, all'utenza intestata all'Md.Ab.. Proseguendo con le indagini, la p.g. apprendeva dal convivente del Va.Lu., il Sig. Sa.Au., che il primo, oltre ad occuparsi di cartomanzia, era solito intrattenere rapporti sessuali a pagamento con giovani cittadini extracomunitari. Gli veniva mostrata l'effige di Md.Ab., che non riconosceva; sul punto, il Sa.Au. riferiva che da qualche tempo il Va.Lu. non ospitava più i suoi giovani "amanti" presso la propria abitazione, ma consumava i suoi rapporti al di fuori delle mura domestiche. Secondo il Sa.Au., inoltre, anche la domenica mattina il Va.Lu. era solito incontrare qualche giovane extracomunitario per avere rapporti sessuali.
Sulla scorta di tali risultanze, la p.g. procedeva a rintracciare Md.Ab. di ritorno da lavoro presso la struttura "Vi.An." a Terzigno. Nella stessa giornata del 15/5/2019, quindi, gli operanti sequestravano l'apparecchio telefonico appartenente a Va.Lu., nonché altri due telefoni cellulari in possesso dell'imputato. Quest'ultimo inizialmente giustificava il possesso del Samsung in uso al Va.Lu. asserendo di averlo trovato nel comune di Napoli, per strada, domenica 5 maggio 2019. Successivamente, confessava di averlo sottratto al Va.Lu. ed ammetteva che quest'ultimo era deceduto.
L'imputato precisava che la mattina del 5/5/2019 si era incontrato con il Va.Lu. per consumare un rapporto sessuale ma che questi, durante le prime fasi, era stato colto da un malore fino ad accasciarsi in terra. Md.Ab. asseriva di aver avuto paura e di aver sottratto il telefono cellulare al Va.Lu. al fine di non essere collegato alla sua morte. Md.Ab. conduceva i Carabinieri nel luogo ove si rinveniva il corpo esanime del Va.Lu.; costeggiando la strada a ridosso della recinzione della struttura "Vi.An.", dapprima si rinveniva l'autovettura del deceduto, (…) targata (…) poi, proseguendo per un sentiero tra la fitta vegetazione, si giungeva ad un casolare abbandonato, ove, dietro una porta chiusa, giaceva il cadavere di Va.Lu.
Il P.M., giunto sul posto, all'esito dell'ispezione cadaverica, disponeva la transazione della salma presso l'istituto di medicina legale del II Policlinico di Napoli, mentre, sul luogo del ritrovamento venivano eseguiti dei rilievi dalla p.g. competente. L'autovettura del Va.Lu. veniva sequestrata: al suo interno venivano rinvenuti alcuni suoi effetti personali, tra cui il telefono cellulare abbinato all'utenza (…). Alla luce del luogo del ritrovamento del cellulare la p.g. riferiva che, plausibilmente, questo avesse agganciato la cella di Angri sebbene il Va.Lu. non si fosse, di fatto, mai spostato dal comune di Terzigno, essendo tale comune, in linea d'aria, ben visibile dal luogo di ritrovamento del cellulare. Dall'accertamento tecnico irripetibile esperito dal consulente di P.G. Dott. Ni.Ba. - della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, in ragione del narrato chiaro e preciso, di carattere tecnico - specialistico e proveniente da un esperto di settore - emergeva che la morte del Va.Lu., di anni 69, era dovuta ad una insufficienza cardio-respiratoria acuta terminale, con exitus istantaneo, inatteso e dipendente da cause naturali. Pertanto, il decesso del Va.Lu. certamente doveva essere ricondotto a cause patologiche senza intervento di fattori esterni all'organismo, ed era avvenuto in data 5/5/2019.
Così ricostruite le prove a sostegno dell'accusa, l'imputato, in sede di spontanee dichiarazioni dibattimentali, confermava sostanzialmente gli addebiti, ammettendo altresì di essere profondamente dispiaciuto per l'accaduto. Preliminarmente dev'essere precisato che il Md.Ab. dichiarava in dibattimento di parlare e comprendere la lingua italiana, sebbene si mostrasse particolarmente titubante ed ansioso a causa di un profondo timore reverenziale che, secondo quanto precisato dalla difesa dell'imputato, quest'ultimo aveva dimostrato in più occasioni. Egli, inoltre, precisava di essere richiedente di protezione internazionale e di religione musulmana, motivo per cui aveva temuto, in primis, di poter essere rimpatriato in Bangladesh, e, in secundus, che i rapporti omosessuali da lui intrattenuti venissero, essendo proibiti dai dogmi della sua religione, condannati in sede penale.
Tali essendo le risultanze probatorie va integralmente confermato l'impianto accusatorio, con la conseguenza che, nella sussistenza degli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi dei reati in contestazione, va dichiarata la penale responsabilità dell'imputato per i reati ascritti.
La versione fornita dall'imputato, infatti, attenendo per lo più agli intimi motivi che lo hanno spinto a delinquere, non ha apportato alcunché alla ricostruzione dell'accaduto, in relazione al quale, sostanzialmente, l'imputato ha ammesso ogni addebito, chiedendo scusa alle forze dell'ordine lese dal suo comportamento. Ciò premesso in fatto, deve rilevarsi che appare corretta la qualificazione giuridica della condotta dell'imputato ai sensi dell'art. 412 c.p., sussistendone tutti gli elementi costitutivi.
Anzitutto, non sussiste alcun dubbio in ordine all'identificazione dell'autore del reato, stante le dichiarazioni del Md.Ab., reo confesso, e la circolarità e concordanza delle risultanze probatorie, che depongono per la responsabilità di quest'ultimo.
Quanto all'elemento oggettivo, l'occultamento, in specie, è consistito nella chiusura della porta del casolare e nella sottrazione del telefono cellulare in uso al Va.Lu., privandolo della batteria, condotte, queste, che hanno ritardato ed ostacolato il ritrovamento del cadavere del deceduto. La circostanza del rinvenimento, invece, concorre alla qualificazione del reato in termini di occultamento, sicché, come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità "L'integrazione del reato di occultamento di cadavere non richiede che il nascondimento sia correlato a particolari accorgimenti, essendo sufficiente la sistemazione del cadavere in modo tale da ritardarne il ritrovamento per un tempo apprezzabile. (Fattispecie di collocamento parziale del cadavere all'interno di una macchia di rovi posta in zona isolata). (Sez. 1, Sentenza n. 8748 del 02/02/2011 Ud. (dep. 04/03/2011) Rv. 249604 - 07" ed ancora, "Nel delitto di occultamento di cadavere, il celamento dello stesso deve essere temporaneo, ossia operato in modo tale che il cadavere sia in seguito necessariamente ritrovato, mentre, nel delitto di soppressione o sottrazione o distruzione di cadavere, il nascondimento deve avvenire in modo da assicurare, con alto grado di probabilità , la definitiva sottrazione del cadavere alle ricerche altrui" (Sez. 1-Sentenza n. 1000 del 11/09/2018 Ud. (dep. 10/01/2019) Rv. 274789-01).
Né rileva in senso contrario alla sussistenza del reato ex art. 412 c.p., la circostanza che l'imputato abbia fornito il proprio contributo al ritrovamento del cadavere, una volta intercettato dalla polizia giudiziaria. Il reato di cui all'art. 412 c.p., infatti, ha natura di reato istantaneo con effetti permanenti, di talché tale comportamento del reo, per quanto espressione di un'indole collaborativa, non può sussumersi entro la fattispecie di recesso attivo, essendosi già perfezionato il reato in tutti i suoi elementi al momento in cui il reo ha prestato contributo al ritrovamento del cadavere. Sul punto, "Il delitto di cui all'art. 412 cod. pen. si consuma nel momento e nel luogo in cui si verifica in conseguenza dell'azione del colpevole un evento costituente occultamento, e, dunque, ha natura di reato istantaneo con effetti permanenti, (Sez. 1, Sentenza n. 1119 del 24/04/1990 Cc. (dep. 03/05/1990) Rv. 184215-01").
Ad ogni modo l'apporto dell'imputato al rinvenimento del corpo del Va.Lu. non può ritenersi volontario o spontaneo, essendo stato plausibilmente sollecitato dalla sua individuazione ad opera dei Carabinieri di Ottaviano.
Quanto all'elemento soggettivo, non può dubitarsi della piena consapevolezza e volontà da parte dell'imputato di occultare il cadavere del Va.Lu., come si è reso evidente non solo nelle già descritte modalità del fatto, ma ancor più dalle dichiarazioni del reo, che ha ammesso di aver commesso il reato allo scopo di sottrarsi allo stigma riconnesso all'omosessualità dalla religione musulmana. Né può ritenersi integrata la prova di una ignorantia legis scusabile da parte del Md.Ab. ai sensi dell'art. 5 c.p., circostanza neppure allegata dall'imputato. Ed invero la conoscenza e comprensione, da parte dell'imputato, della lingua italiana ed il complessivo inserimento dello stesso nel contesto socioeconomico del Paese, in uno con la tipologia di reato contestato, dal valore offensivo agevolmente percepibile, in assenza di elementi contrari, inducono a concludere per la non configurazione in capo air imputato di uno stato di ignoranza inevitabile del precetto penale violato.
Ciò premesso quanto alla sussistenza dei fatti contestati ed alla responsabilità dell'imputato, non sussistono i presupposti per riconoscere in suo favore la causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p.
Ed infatti, sebbene non possano essere ignorate le peculiari motivazioni che hanno spinto l'imputato a commettere il fatto - a testimonianza della personalità non pericolosa e dell'assenza di particolare proclività a delinquere dello stesso, circostanze, queste, certamente valorizzabili in sede di commisurazione della pena - deve rilevarsi che le modalità della condotta connotano la stessa di un particolare disvalore. Ed infatti Md.Ab., che dapprima non chiamava i soccorsi a fronte del malore del Va.Lu., successivamente ne occultava il cadavere, si appropriava del telefono cellulare dello stesso allo scopo di impedirne il rintracciamento, e sottraeva il corpo esanime del Va.Lu. ad una degna sepoltura per un tempo pari a circa dieci giorni, tempo durante il quale i famigliari e gli amici del Va.Lu. non hanno avuto alcuna notizia circa la sua improvvisa scomparsa.
In ordine alla commisurazione della pena deve osservarsi che lo status di incensuratezza dell'imputato, il comportamento altamente collaborativo dello stesso (che, sia in sede di indagini, sia in sede dibattimentale, ammetteva i fatti a lui ascritti, coadiuvando la p.g. nel ritrovamento del cadavere), unitamente alle particolari motivazioni che hanno spinto Md.Ab. ad occultare il cadavere del Va.Lu., devono riconoscersi in suo favore le circostanze attenuanti generiche. Alla luce dei criteri fissati dall'art. 133 c.p., tenuto conto dei medesimi fattori che consentono la concessione delle generiche, dello stato di incensuratezza dell'imputato, del movente dell'imputato, impaurito dalla possibilità di essere espulso dall'Italia, oltre che dal severo rimprovero mosso dal suo credo religioso alle pratiche omosessuali, del suo comportamento processuale appare equa questo Giudice una pena finale di mesi otto di reclusione, così calcolata:
1. Pena base: anni uno e mesi sei reclusione;
2. Previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione: anni uno di reclusione;
3. Ridotta per il rito alla pena finale di cui sopra;
Segue per legge la condanna alle spese processuali.
La portata del fatto e la personalità dell'imputato, incensurato e privo altresì di segnalazioni, di alias e di precedenti di polizia - nonostante il contesto di forte marginalità in cui lo stesso versa - inducono a ritenere positiva la prognosi di non ulteriore recidivanza e, pertanto, permettono la concessione della sospensione condizionale della pena in favore dell'imputato.
Dagli atti del procedimento, infine, è emersa con sufficiente evidenza la comprensione della lingua italiana da parte dell'imputato, motivo per cui non appare necessario ordinare la traduzione della sentenza.
Letto l'art. 262 c.p.p. deve ordinarsi il dissequestro e la restituzione all'avente diritto di quanto ancora sottoposto a vincolo al passaggio in giudicato della sentenza, non sussistendo ulteriori finalità probatorie.
P.Q.M.
Letti gli artt. 438, 533, 535 c.p.p. dichiara Md.Ab. colpevole del reato a lui ascritto e, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, applicata la riduzione per il rito, lo condanna alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Concede nei confronti dell'imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Letto l'art. 262 c.p.p., ordina il dissequestro e la restituzione all'avente diritto di quanto ancora eventualmente in sequestro al passaggio in giudicato della sentenza.
Motivi contestuali.
Così deciso in Nola il 27 gennaio 2022.
Depositata in Cancelleria il 27 gennaio 2022.