Tribunale Cassino, 04/09/2023, n.1495
Il reato di omessa dichiarazione di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 74/2000 e il reato di dichiarazione infedele ex art. 4 D.Lgs. n. 74/2000 si configurano laddove, attraverso accertamenti induttivi validamente compiuti dall’amministrazione finanziaria e utilizzati come prova in sede penale, si dimostri la mancata presentazione della dichiarazione o la falsa indicazione di ricavi, con dolo specifico volto all’evasione delle imposte. La responsabilità dell’amministratore unico o del legale rappresentante della società è accertata sulla base delle norme civilistiche e penal-tributarie, con l’applicazione delle pene accessorie e la confisca per equivalente del profitto del reato.
Svolgimento del processo
Introduzione del processo.
Con Decreto di Citazione (emesso il/l'16.01.21) per l'udienza del 13.07.21, l'imputato/a veniva tratto/a a giudizio per rispondere del reato/i di cui sopra in Epigrafe, con la coimputata Ve.Ro.
Udienze celebrate-istruttoria.
Alla predetta prima udienza, tenuta davanti a diverso magistrato, verificata la regolare costituzione delle parti, la coimputata Ve.Ro., a mezzo procuratore speciale, chiedeva e veniva ammessa a "rito alternativo condizionato", di conseguenza veniva stralciata la sua posizione con la formazione di autonomo fascicolo. Si procedeva con "rito ordinario" per la posizione di Ma.Nu.. Il Giudice, ritenuta la sua incompatibilità a trattare la posizione di Ma.Nu., disponeva di trasmettere il presente fascicolo al Presidente del Tribunale per la individuazione del magistrato competente: il Presidente del Tribunale ritenendo non sussistere incompatibilità, riassegnava il processo allo stesso giudice, per la trattazione del processo a carico di Ma.Nu. (separato da quello di Ve.Ro.).
Ud. 15.03.22 si rinviava su altro ruolo per nuove esigenze organizzative delle udienze e dei ruoli (ciò a prescindere da quanto sopra previsto).
Ud. 07.07.22 testi PM assenti; imputato assente, assistito da un difensore ex art. 97/4 cpp.
Ud. 28.09.22 imputato assente, assistito da un difensore ex art. 97/4 cpp, si rinviava per ragioni d'ufficio; testi presenti edotti.
Ud. 05.12.22 veniva dichiarata aperto il dibattimento e ammesse le prove, esaminati testi pm
Ma.Gi. e Di.Gi..
Ud. 15.02.23 testi difesa e imputato assenti.
Ud. 10.05 .23 davanti al sottoscritto magistrato, nuovo titolare del processo, testi difesa assenti non citati; il PM non era in possesso del proprio fascicolo e si rinviava per la sola discussione.
Ud. 06.07.23 assente l'imputato e assente il difensore di fiducia, il nuovo difensore d' ufficio chiedeva termini a difesa che venivano concessi ad horas. Poi, dichiarata chiusa l'attività istruttoria ed invitate le patii alla discussione, la causa veniva introitata per la decisione, come da dispositivo.
Motivi della decisione
Il processo si origina da un accertamento a carico della società Pg. srl. della quale l'imputato risultava essere il l.r.p.t..
Dall'istruttoria espletata ne deriva la responsabilità del prevenuto, in quanto è emerso che:
l'imputato risulta il legate rappresentante dal 24.06.16:
la sede della srl appariva "fittizia", sita in un locale con pareti in alluminio, un armadietto e una scrivania, nessun documento all'interno;
in sede di ispezione l'imputato non consegnava la documentazione fiscale relativa agli anni 2015 e 2017 (l'anno 2016 era stato contestato solo alla coimputata Ve.Ro.);
per l'accertamento venivano controllati i dati registrati nei bilanci della srl acquisiti dalla banca dati;
da tale metodo di accertamento, risultavano i seguenti calcoli:
Euro 2.925.744.00 pari ad elementi attivi per il 2015, importo contestato come ammontare dei ricavi, laddove risultava (dal controllo delle banche dati) una dichiarazione presentata con importo "zero"; da tale ammontare risultava l'imposta complessiva evasa di Euro 645.331,00;
Euro 3.170.614,00 pari ad elementi attivi per il 2016. importo contestato come ammontare dei ricavi, laddove non risultava presentata (dal controllo delle banche dati) una dichiarazione; da tale ammontare risultava l'imposta complessiva evasa di Euro 697.535.00:
Euro 2.910.384,00 pari ad elementi attivi per il 2017. importo contestato come ammontare dei ricavi, laddove risultava (dal controllo delle banche dati) una dichiarazione presentata con importo "zero"; da tale ammontare risultava l'imposta complessiva evasa di Euro 640.284,00.
Gli importi evasi, risultavano superiori al 10% di quelli dichiarati (dichiarazioni pari a "zero" o dichiarazioni non presentate), quindi superiore alla soglia di punibilità pari ad Euro 150.000.00. Per imposta evasa deve intendersi l'intera imposta dovuta, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d'esercizio fiscalmente detraibili, in una prospettiva di prevalenza del dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l'ordinamento tributario" (cfr. Sez. 3 n. 2121.3 del 26.2.2008): sul punto non vi è stata una prospettazione di calcolo diversa da parte della difesa.
Quanto ai costi, la giurisprudenza ha affermato che, in tema di reali tributari, il giudice, per determinare l'ammontare dell'imposta evasa, deve effettuare una verifica che, pur non potendo prescindere dalle specifiche regole stabilite dalla legislazione fiscale per quantificare l'imponibile, risente delle limitazioni derivanti dalla diversa finalità dell'accertamento penale, con la conseguenza che occorre tenere conto dei costi non contabilizzati solo in presenza, quanto meno, di allegazioni fattuali, da cui desumere la certezza o, comunque, il ragionevole dubbio della loro esistenza (Sez. 3, n. 8700 del 16/01/2019): anche su tale aspetto, non vi è stata una prospettazione di calcolo diversa da parte della difesa.
Sulla soglia di punibilità
Al fine della verifica del superamento della soglia di punibilità di cui all'art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000, il giudice può legittimamente avvalersi dell'accertamento induttivo dell'imponibile compiuto dagli uffici finanziari (Sez. 3, n. 40992 del 14/05/2013; Sez.3, n. 24811 del 28/4/2011). Infatti, non è vietato al giudice penale di avvalersi, ai fini, in generale, della prova della sussistenza degli elementi costitutivi dei reati tributari, ivi compreso quello contestato nella specie, di cui all'art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000, delle risultanze degli accertamenti operati in sede tributaria, ciò discendendo, se non altro, dal principio di atipicità dei mezzi di prova operante nel principio penale e di cui è espressione la previsione dell'art. 189 c.p.p. (Sez.3 n. 36207 del 17/04/2019). Ciò perché, l'accertamento induttivo compiuto dagli uffici finanziari può rappresentare "un valido elemento di indagine per stabilire, in sede penale, se vi sia stata evasione e se questa abbia raggiunto le soglie di punibilità previste dalla legge (cfr. Sez. 3 n. 1904 del 21.12.1999; Sez. 3 del 20.10.1995); il giudice può legittimamente fondare il proprio convincimento, in tema di responsabilità dell'imputato per omessa annotazione di ricavi, sia sull'informativa della G.d.F. che abbia fatto riferimento a percentuali di ricarico attraverso una indagine sui dati mercato, che sull'accertamento induttivo dell'imponibile operato dall'ufficio finanziario quando la contabilità imposta dalla legge non sia stata tenuta regolarmente (v. Cass. n. 24811 del 28.4.2011: Sez. 3. n. 1904 del 21/12/1999 - dep. 21/02/2000).
I reati in esame rientrano nella categoria dei reati omissivi propri, essendo soggetti attivi del reato coloro che sono obbligati alla presentazione di taluna delle dichiarazioni annuali previste dalla disposizione (Sez. 3, n. 9163 del 29/10/2009; Sez. 3, n. 37856 del 18/06/2015), soggetto tenuto alla presentazione delle dichiarazioni fiscali che, nel caso di società, si identifica nel legale rappresentante della stessa.
Sul punto la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha costantemente affermato che la responsabilità per i reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è attribuita all'amministratore, individuato secondo le norme civilistiche di cui all'art. 2380 e ss., artt. 2455 e 2475 ex., cioè a coloro che rappresentano e gestiscono l'ente. Costoro, in quanto tali, sono tenuti a presentare e sottoscrivere le dichiarazioni rilevanti per l'ordinamento tributario di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, lett. c) ed e), adempiendo agli obblighi conseguenti, e ciò sulla base del principio secondo cui colui che assume la carica di amministratore, si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze: sotto tale aspetto, l'imputato risulta responsabile fin dalla data di nomina ad amministratore unico e anche se socio unico.
Sull'art. 5, per l'"omessa dichiarazione" deve affermarsi che l'obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi incombe direttamente sul contribuente e, in caso di persone giuridiche, su chi ne abbia la legale rappresentanza, tenuto a sottoscrivere la dichiarazione a pena di nullità (D.P.R. n. 22 luglio 1998. n. 322, art. 1, comma 4). Il fatto che il contribuente (la persona giuridica nel caso di specie) possa avvalersi di persone incaricate della materiale predisposizione e trasmissione della dichiarazione (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 3, commi 3 e 3-bis) non vale a trasferire su queste ultime l'obbligo dichiarativo che fa carico direttamente al contribuente il quale, in caso di trasmissione telematica della dichiarazione, è comunque obbligato alla conservazione della copia sottoscritta della dichiarazione (D.P.R. n. 322 del 1998. art. 1, comma 6). Per quanto riguarda la consumazione del reato, in via generale, nei reati tributari la prescrizione è interrotta anche dal verbale di constatazione delle violazioni redatto dalla polizia giudiziaria e dall'atto di accertamento delle violazioni inviato dal fisco (art. 17 D.lgs. 74 2000);poi nello specifico, ossia per la fattispecie ex art. 5, la data di consumazione del reato, essa coincide con lo scadere dei 90 giorni ulteriori concessi al contribuente per inviare la dichiarazione, se questi non l'ha presentata nel termine ordinario.
Inoltre, la Corte di Cassazione ha chiarito nella sentenza n. 8340 del 2 marzo 2020 che:
i 90 giorni sono un ulteriore termine concesso dalla legge al contribuente per adempiere e non equivalgono a una causa di non punibilità;
che il reato di omessa dichiarazione si consuma alla scadenza degli ulteriori 90 giorni come anzidetto (la suprema Corte ha chiarito che la prova in giudizio del mancato invio della dichiarazione nel termine indicato spetta al Pubblico Ministero e non al contribuente).
Sull'art. 4, il delitto di dichiarazione infedele integra un reato istantaneo che si perfeziona al momento della presentazione della dichiarazione annuale, non rilevando l'eventuale presentazione di una successiva dichiarazione integrativa (Sez. 3, n. 23810 del 8/04/2019).
E' certamente un reato a dolo specifico consistente nel "fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto". In altri termini, è necessaria una coscienza e volontà con riferimento alla indicazione di costi fittizi o alla omessa indicazione di ricavi (come nel caso di specie), accompagnati dall'intento di evadere le imposte. Intento che, come chiaramente desumibile da quanto supra esposto, deve essere valutato al momento della consumazione del reato, ossia al momento della presentazione della dichiarazione originaria (essendo irrilevante quella integrativa), essendo quindi evidente il fine di evasione delle imposte a fronte della dichiarazione di un reddito imponibile di fantasia e prima facie incredibile nel suo ammontare, posto che detta dichiarazione sottraeva al Fisco il reale imponibile, senza che peraltro la contribuente abbia mai provveduto successivamente a pagare le imposte, essendo comunque irrilevanti le vicende societarie che avrebbero inciso sulla presentazione della prima dichiarazione infedele. La riforma del 2015 ha aggiunto all'art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000 due ulteriori commi. In particolare, secondo l'art. 4, comma 1 - bis, d.lgs. n. 74 del 2000, ai fini della configurabilità del reato, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.
Secondo l'art. 4, comma 1-ter, d.lgs. n. 74 del 2000, inoltre, fuori dei casi di cui al comma I bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette.
Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dallo stesso art. 4. comma 1, lett. a) e b).
Inoltre, il delitto di dichiarazione infedele, previsto dall'art. 4 del D.Lgs. 10 marzo 2000. n. 74, integra un reato istantaneo che si perfeziona al momento della presentazione della dichiarazione annuale, non rilevando l'eventuale presentazione di una successiva dichiarazione integrativa" poiché il dies a quo ai fini del calcolo del termine di prescrizione del reato dovrà intendersi decorrente dalla data della presentazione della prima dichiarazione (Sez. 3. sentenza n. 40618/2013.
Da tutto quanto sopra esposto, deve affermarsi la responsabilità dell'imputato, in quanto le fattispecie astratte hanno trovato riscontro nell'istruttoria.
Punibilità e determinazione della pena, ex art. 533/2 cpp - Misura di sicurezza.
Conseguentemente, l'imputato/a va condannato/a alla pena "equa" (cfr. Cass. Pen. Sez. 2, sent. n. 36245/2009) e "al fine di meglio adeguare la pena al fatto" (cfr Cass. Pen. sent. n. 11963/2010), nella misura determinata nel dispositivo, alla stregua dei criteri ex artt. 163 e 133 cp.
Si ritengono concedibili le attenuanti generiche ex art. 62 bis cp, in considerazione:
di una modalità di azione non violenta;
del comportamento sostanzialmente non ostativo dell'Imputato/a al momento del controllo;
dall'incensuratezza;
Per gli stessi motivi si ritiene concedibile la sospensione della pena, ex artt. 163 e 164 cp.
In considerazione di una condanna alla pena "equa" (cfr Cass. Pen. Sez. 2, sent. n. 36245/2009) e
"al fine di meglio adeguare la pena al fatto" (cfr Cass. Pen. sent. n. 11963/2010), alla stregua dei criteri ex artt. 163 e 133 cp, si stima equo e di giustizia calcolare la pena come segue:
Pena base, previa riunione dei reati al più grave ex art. 5 Divo n. 74/2000,
reclusione anni 1 e mesi 6; -diminuita (1/3) per la concessione delle attenuanti generiche ex art. 62 bis cp ad anni 1; - aumentata per la continuazione (1/6) ex art. 81 cpv, ad anni 1 e mesi 2.
Possono essere concessi i benefici della sospensione condizionale della pena, in considerazione dello stato di incensuratezza dell'imputato e in considerazione del fatto che la presente esperienza processuale e la minaccia della revoca del beneficio costituiscono dei moniti sufficienti a che l'imputato si astenga dal commettere fatti analoghi. Non ricorrono le condizioni previste dall'art. 12, co. 2-bis, 74/2000 in presenza delle quali è precluso il beneficio della sospensione condizionale. Devono essere applicate le pene accessorie previste dall'art. 12, co. 1, d.lgs. 74/2000. Si stima proporzionato determinare la durata di tali pene nella medesima della pena detentiva principale. Inoltre, deve essere disposta la confisca, anche per equivalente, del profitto del reato ex art 12-bis, d.lgs. 74/2000. Il profitto del reato coincide, nel reato di omessa dichiarazione, con l'imposta evasa, che è stata determinata, per complessivi Euro 1.983.150,00 (645.331,00 per l'anno 2015+697.535,00 per l'anno 2016+640.284,00 per l'anno 2017).
Tra l'altro, non risultano in corso il pagamento rateale del debito tributario a seguito di attivazione della procedura di definizione agevolata ex art. 1 del d.l. 119/2018.
Ex art. 130 c.p.p., deve procedersi alla correzione de! dispositivo originario, mediante l'integrazione delle pene accessorie ex art. 12 e la confisca ex art. 12 bis, previste ex lege, come da dispositivo redatto in fase di redazione delle motivazioni.
In particolare per quest'ultima norma (art. 12 bis La confisca per equivalente) essa è stata introdotta, nell'alveo dei reati tributari, con l'art. 1 co. 143 L. n. 244/2007, che ha esteso il campo di operatività dell'art. 322 ter c.p., prevedendone l'applicazione anche per alcune fattispecie di reato di cui al D. Lgs. 74/2000.
Tale articolo 1, recita testualmente: "Nei casi di cui agli articoli 2,3.4.5.8.10 bis. 10 ter, 10 quater11 del decreto legislativo 10 marzo 2000. n. 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'articolo 322 ter del codice penale".
Conseguentemente, il dettato codicistico di cui all'art. 322 ter c.p., rubricato "Confisca -
(1) Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art 444 cpp, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell'articolo 322 bis. primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo.
(2) Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma dell'art. 444 cpp, per il delitto previsto dall'articolo 321, anche se commesso ai sensi dell'art. 322 bis, secondo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello di dello profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell'art. 322 bis, secondo comma. Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti i! profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato" - risulterà applicabile anche ad alcune ipotesi delittuose tributarie.
La ratio sottesa a tale introduzione va necessariamente individuata nell'intento, da parte del legislatore, di consentire l'applicazione di misure ablative patrimoniali anche per quelle fattispecie di reato inequivocabilmente caratterizzate da un "movente economico".
Il soggetto agente dei reati tributari è colui che, violando le norme, intende garantire a sé stesso un illecito ed indebito vantaggio patrimoniale, che si concretizza con l'acquisizione del prezzo o del profitto del reato - ove, giova chiarire, il profitto del reato va identificato col vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dai reato; il prezzo del reato consiste nel compenso ottenuto dal reo quale corrispettivo dell'esecuzione dell'azione criminosa.
Conseguentemente, attraverso l'introduzione della confisca per equivalente nelle fattispecie di reato afferenti il diritto penale tributario, si è voluta consentire l'ablazione patrimoniale anche nei confronti di quei soggetti che pongono in essere delle condotte illecite con l'esclusivo intento di accrescere indebitamente ed illecitamente il proprio patrimonio.
Nel caso in cui risulti impossibile individuare specificamente i beni costituenti il profitto o il prezzo del reato, la confisca potrà ricadere sui beni di cui il reo abbia comunque la disponibilità, per un valore corrispondente (tantundem) a quello che avrebbe altrimenti dovuto costituire oggetto della misura ablativa.
La Cassazione ha, in particolare, chiarito che l'ablazione può avere ad oggetto, fino alla concorrenza dell'importo determinato, non solo i beni già individuati nella disponibilità dell'imputato, ma anche quelli che in detta disponibilità entrano dopo il provvedimento di confisca (v. Cass. n. 33765 del 23.7.2015), rimettendo l'individuazione dei beni specifici da apprendere alla fase esecutiva demandata al Pubblico Ministero (v. Cass. n. 24430 del 20.4/13.6.2016).
Tale soluzione ha la chiara finalità di sopperire alle problematiche pratiche connesse alla difficoltà di individuazione materiale dei beni oggetto dell'attività illecita.
P.Q.M.
Visto/i gli artt. 533-535 c.p.p., dichiara l'imputato responsabile del reato a lui ascritto, concesse le attenuanti generiche, riuniti i reati sotto il vincolo della continuazione al più grave di cui all'art. 5 D.lgs. n. 74/2000, lo condanna alla pena finale di anni 1 e mesi 2 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visti gli artt. 163, 164, 165 c.p.p., dichiara sospesa la pena.
Ex art. 130 cpp. deve procedersi alla correzione del dispositivo originario mediante l'integrazione delle previsioni ex art. 12 e art. 12 bis, come segue:
Visto l'art. 12. D.lgs .n. 74/2000, per l'imputato,
a) dichiara l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo pari alla pena sopra comminata;
b) dichiara l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo pari alla pena sopra comminata;
c) dichiara l'interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo pari alla pena sopra comminata;
d) dichiara l'interdizione perpetua dall'ufficio di componente di commissione tributaria;
e) ordina la pubblicazione della sentenza a norma dell'art. 36 c.p., nel sito internet del Ministero della Giustizia, per la durata di giorni quindici.
Visto l'art. 12 bis, D.lgs. n. 74/2000,
ordina la confisca della somma di Euro 1.983.150.00, ovunque rinvenuta nella disponibilità dell'imputato, ovvero, qualora tale somma non sia rinvenuta in tutto o in parte, la confisca di beni diversi dal denaro di cui l'imputato ha la disponibilità o che entreranno nella sua disponibilità, fino a concorrenza del valore sopra indicato.
Visto l'art. 544 c.p.p., il deposito della motivazione è di gg. 60.
Così deciso in Cassino il 6 luglio 2023.
Depositata in Cancelleria il 4 settembre 2023.