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Il peculato del curatore: appropriazione indebita dei beni dell'inabilitato (Collegio Luzzi presidente)

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Tribunale Nola, 09/08/2022, n.1027

La condotta del curatore che si appropria di somme appartenenti all'inabilitato integra il delitto di peculato, trattandosi di pubblico ufficiale che agisce nell'interesse pubblico alla tutela delle persone incapaci di gestire i propri affari.

Il peculato del curatore: appropriazione indebita dei beni dell'inabilitato (Collegio Luzzi presidente)

La sentenza integrale

- Mariangela Luzzi presidente estensore
- Gemma Sicoli giudice
- Raffaele Muzzica giudice

Svolgimento del processo
Con decreto emesso dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Nola in data 19.05.2021, Sg. Ca. era chiamata in giudizio dinanzi al tribunale in composizione collegiale per il reato di cui all'imputazione.

L'8.10.2021, il collegio dava atto della regolarità delle notifiche e disponeva procedersi in assenza dell'imputata, regolarmente citata e non comparsa; quindi, dichiarata l'apertura del dibattimento, le parti formulavano le rispettive richieste istruttorie ed il presidente, attesa la pertinenza e la rilevanza delle prove richieste, ammetteva le stesse con ordinanza; il processo veniva rinviato all'udienza del 3.12.2021 per l'esame dei testi a carico.

In tale data, veniva escusso il teste brig. Sc. Ge., all'esito del cui esame il pubblico ministero chiedeva di escutere, ai sensi dell'art. 507 c.p.p., Ca. Ga., direttrice dell'ufficio di Igiene Mentale di (omissis); il tribunale ammetteva l'esame del predetto teste, nulla opponendo le altre parti; il pubblico ministero chiedeva altresì la correzione del capo di imputazione nel senso che laddove era individuata la persona offesa come "Sg. Ca." doveva leggersi ed intendersi "Sg. Fr." e, nulla osservando le altre parti, il Tribunale procedeva in conformità; il processo dunque veniva rinviato per il proseguito dell'istruttoria.

All'udienza del 14.1.2022, il presidente dava atto del mutamento della composizione del Collegio e disponeva la rinnovazione del dibattimento; venivano rinnovate le formalità di apertura del dibattimento, le parti si riportavano alle richieste istruttorie già avanzate, il Tribunale confermava il provvedimento di ammissione e dichiarava utilizzabili mediante lettura gli atti istruttori già presenti nel fascicolo dibattimentale. Si procedeva all'escussione del teste qualificato Pr. Fe. Lu.; il pubblico ministero produceva la documentazione di Poste Italiane relativa all'incasso dei buoni in contestazione ed il Tribunale la acquisiva; il processo veniva rinviato all'udienza del 6.4.2022 per l'esame dei residui testi a carico.

All'udienza suindicata si dava atto dell'ulteriore mutamento della composizione del Collegio ed era I disposta la rinnovazione del dibattimento; venivano rinnovate le formalità di apertura del dibattimento, le parti si riportavano alle richieste istruttorie già avanzate, il Tribunale le riammetteva nei medesimi termini. Veniva escusso il teste a carico Sg. Fr. ed il teste di p.c. dott.ssa Ca. Ga. e su richiesta del difensore di parte civile, nulla opponendo le altre parti, il Tribunale acquisiva la relativa documentazione (segnalazione al giudice tutelare della dott.ssa Ca., verbale di s.i.t. e corrispondenza). A questo punto, il Presidente rinviava il procedimento all'udienza del 13.5.2020 per l'esame dell'imputata, la chiusura dell'istruttoria dibattimentale e le discussioni delle parti.

Nella data indicata, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, le parti rassegnavano le conclusioni di cui in epigrafe e il collegio, all'esito della camera di consiglio, pronunciava la sentenza, dando lettura del dispositivo, indicando in novanta giorni il termine per la motivazione, avuto riguardo al carico complessivo di lavoro dell'ufficio e alla complessità della contestazione che non permettevano la redazione contestuale dei motivi.

Motivi della decisione
All'esito dell'espletata istruttoria e degli atti regolarmente acquisiti al fascicolo del dibattimento, l'imputata deve essere dichiarata responsabile del delitto ascrittole, essendo stata provata oltre ogni ragionevole dubbio la condotta in contestazione.

Il presente processo ha preso l'abbrivio dalla denuncia presentata da Fr. Sg.- dichiarata inabilitata in quanto affetta da schizofrenia con sentenza del Tribunale di Torre Annunziata nel 2008 - nei confronti della sorella Ca. Sg., sua curatrice fino al 2021.

Sentita in dibattimento, la denunciante ha dichiarato che, durante il suo ricovero presso la comunità "In." sita in (omissis), la sorella Ca. Sg. raramente si recava a farle visita e tuttavia la medesima gestiva quasi la totalità delle sue risorse economiche, costituite da una pensione di invalidità dell'ammontare di circa 1900,00 Euro, che era accreditata sul libretto postale dell'inabilitata.

In proposito, Fr. Sg. ha precisato di non aver mai avuto la disponibilità di somme di danaro, fatta eccezione di piccoli importi, che le venivano erogati dalla sorella Ca. sporadicamente ("No, mi dava una 5, mi dava una miseria...passavano pure due mesi", cfr. verbale sten. del 6.04.2022, p. 9).

La denunciante ha dichiarato altresì di essere intestataria di alcuni buoni fruttiferi postali, un lascito del padre che, prima di morire, si era preoccupato di destinarle delle risorse per fare fronte a future situazioni di emergenza in cui si sarebbe potuta trovare. Anche questo denaro tuttavia a dire della denunciante fu prelevato dalla sorella Ca. Fr. Sg. ha dichiarato di avere appreso questa circostanza dall'altra sorella, Gi. Sg., subentrata in sostituzione di Ca. Sg. nell'ufficio di curatela nel 2021. La denunciante ha dichiarato che prima di allora non conosceva tanti dettagli dei buoni fruttiferi in questione, anche perché Ca. sosteneva che detti buoni era il frutto del suo lavoro ("No, non ho avuto niente e non so niente perché ha detto che erano buoni che gli dava il lavoro "no, non parlavamo diceva direttamente, no, no, tu non c'entri", p. 7).

La denunciante ha dichiarato altresì di ricordare che, in passato, Ca. le aveva chiesto il permesso di utilizzare del danaro per acquistare un'auto ma ella si era opposta ("No, non mi aggiornava delle cose, diceva che tutto quello che mio padre mi aveva messo da parte non l'aveva toccato. Disse io mi posso comprare l'auto con i tuoi soldi quando poi l'aveva già fatto, me lo disse dopo, posso prendere un po' dei tuoi risparmi? Dissi no, non li puoi prendere, erano bloccato, era in vincolo bloccato non so cosa ha fatto", p. 8).

Fr. Sg. ha ricordato inoltre che in un'occasione, quando ella era ricoverata presso la struttura di residenza "La Qu." e si trovava in una situazione particolarmente delicata dal punto di vista clinico, la sorella Ca. si recò a farle visita e la indusse a scrivere, su un foglio bianco, una dichiarazione di cui non ricordava il contenuto e a firmarla ("Quando io stavo debole e mi ha fatto scrivere delle cose, mi ha fatto scrivere delle cose...No mi ha fatto scrivere e mi ha fatto mettere la firma, poi non so, stava In. a un'amica sua", p. 10).

Nel 2017 inoltre Ca. Sg. si oppose fortemente alle dimissioni della denunciante dalla struttura dove era ricoverata, cercando anche di convincerla a restare presso la comunità piuttosto che recarsi a vivere con lei ("Volevo uscire perché mi sentivo bene, lei disse no, vicino agli altri prima di andarmene, "No, ma quella sta bene con voi, è una comunità che tifa stare bene, stai là, stai là"; ho detto: "No, sono pronta a uscire"; "No non sei pronta", si opponeva", cfr. verbale sten. del 6.04.2022, pp. 5-6).

Gi. Sg., sorella sia dell'imputata che della denunciante nonché curatrice di quest'ultima dall'anno 2021, escussa come teste dell'accusa, ha preliminarmente raccontato di avere accolto con sé la sorella inabilitata, Fr. Sg., nella sua abitazione a (omissis) a seguito di uno spiacevole evento avvenuto tra i mesi di novembre e dicembre 2018, in occasione delle dimissioni di Fr. dalla comunità psichiatrica presso la quale risiedeva. La direttrice dalla comunità, all'atto delle dimissioni, infatti, aveva contattato la teste comunicandole che la curatrice dell'inabilitata, Ca. Sg., non si era recata presso la struttura per prendere con sé Fr. e si era resa completamente irreperibile quel giorno e nei giorni a seguire. Gi. Sg. aveva a sua volta tentato di contattare la sorella Ca. ma senza alcun esito e pertanto aveva dovuto personalmente recarsi presso la comunità di (omissis) per prendere Fr..

Fr. Sg., tuttavia, non aveva alcun documento con sé e pertanto prima di rientrare con la sorella a (omissis) aveva dovuto sporgere una denunzia per lo smarrimento dei documenti al fine di ottenere un duplicato.

In ordine ai rapporti pregressi tra Fr. e Ca., Gi. Sg. ha dichiarato che, dai racconti di Fr., era venuta a conoscenza del malcontento sofferto dalla stessa nel periodo in cui alloggiava presso l'abitazione della sorella Ca.. La situazione familiare non era migliorata quando l'inabilitata si era trasferita prima presso la comunità sanitaria "La Qu." e poi presso la comunità "In." giacché Ca. Sg. si era completamente disinteressata della sorella, non preoccupandosi neppure di tenerla con sé durante le festività.

Riguardo più specificamente ai fatti di causa, Gi. Sg. ha dichiarato che il padre, attraverso un testamento olografo, aveva intestato alla sorella Fr. dei buoni fruttiferi nominativi del valore di circa 20.000,00 Euro, per il futuro sostentamento dalla donna, incapace di provvedere da sola a sé stessa.

Prima di trasferirsi con Fr. a (omissis), Gi. Sg. si era recata con la sorella presso l'Ufficio Postale di (omissis) al fine di incassare i buoni in questione. L'impiegata postale tuttavia aveva riferito alle due sorelle che i buoni postali erano stati posti all'incasso dalla curatrice, la quale aveva già prelevato anche la pensione di dicembre 2019, comprensiva di tredicesima.

Ca. Ga., all'epoca dei fatti dirigente medico presso l'unità operativa di salute mentale (omissis) che aveva in carico Fr. Sg., sentita come teste dell'accusa, ha preliminarmente dichiarato che Fr. Sg., affetta da un disturbo psicotico, effettuò un percorso terapeutico progressivo, all'esito del quale, dopo il ricovero presso la struttura sanitaria, sarebbe dovuta ritornare presso la comunità familiare. Questo rientro tuttavia fu fortemente ostacolato dalla curatrice, Ca. Sg., la quale, informata della necessità di reinserire Fr. in famiglia, ebbe un atteggiamento aggressivo sia nei confronti della dott.ssa Ca. che nei confronti degli assistenti sociali.

La dott.ssa Ca. ha ricordato inoltre che in data 1.12.2018, come concordato con la curatrice, Fr. Sg. avrebbe dovuto essere dimessa dalla struttura sanitaria in cui alloggiava, in quanto risultava guarita. Al momento delle dimissioni, tuttavia, la curatrice si rese irreperibile, nonostante i plurimi tentativi della direttrice di mettersi in contatto con la stessa, anche attraverso le forze dell'ordine (cfr. segnalazione dell'ASL Salerno del 3.12.2018 e verbale di s.i.t. dell'11.9.2019, in atti). Persistendo dunque l'irreperibilità e indisponibilità di Ca. Sg., il dirigente medico fu costretto a collocare temporaneamente Fr. Sg. presso il reparto di psichiatria "(omissis)" di (omissis).

La dott.ssa Ca. ha infine dichiarato di aver appreso dai responsabili della comunità presso cui era allocata Fr. Sg., che quest'ultima era priva anche delle somme minime per il sostentamento presso la struttura sanitaria e che la stessa non era nelle condizioni di partecipare alle attività che si svolgevano presso la struttura in quanto la curatrice non le trasferiva i fondi necessari per partecipare attivamente alle iniziative della comunità (cfr. prospetto spese da inserimento).

Lu. Pr. Fe., appuntato presso la Stazione Carabinieri di (omissis), sentito come teste dell'accusa in ordine alle indagini scaturite dalla denuncia di Fr. Sg., ha dichiarato che le attività svolte furono finalizzate ad accertare chi avesse incassato due buoni fruttiferi postali intestati alla denunciante dal valore, rispettivamente, di Euro 13,080,44 ed Euro 5.932,15.

Dagli accertamenti emerse che i buoni in questione erano stati posti all'incasso da Ca. Sg. in data 19.3.2021. L'identificazione del soggetto percettore delle somme fu effettuata sulla scorta della carta d'identità esibita all'atto dell'incasso, secondo quanto attestato dall'ufficio postale presso cui era avvenuta la riscossione (cfr.: nota in atti).

Ge. Sc., in servizio presso la Stazione Carabinieri di (omissis), sentito con riferimento alla subdelega ricevuta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nola in merito ai fatti di causa, ha dichiarato che oltre a escutere la dott.ssa Ga. Ca., responsabile del centro di Igiene Mentale di (omissis), nel corso della sua attività, acquisì documentazione inerente ai movimenti effettuati sul conto corrente intestato a Sg. Fr., sul quale all'atto dell'accertamento residuava una somma irrisoria. Dalle verifiche effettuate inoltre emerse che all'epoca dei fatti, durante il periodo di collocamento presso la comunità terapeutica, la denunciante fruiva di una somma settimanale di 10,00 Euro.

A fronte di questo quadro fattuale emerso dall'esame dei testi dell'accusa, l'imputata non ha offerto alcuna ricostruzione alternativa, accettando tra l'altro che il processo sì celebrasse in sua assenza.

Alla luce delle complessive emergenze istruttorie, dunque, si devono valutare genuine, oltre che puntuali e intrinsecamente coerenti, le dichiarazioni della persona offesa, che, del resto, non è apparsa animata né da intenti calunniatori né da particolari sentimenti di astio per motivi diversi da quelli oggetto di denuncia nei confronti della sorella Ca..,

Il fatto che la denuncia sia stata proposta nell'immediatezza dei fatti appare poi un ulteriore indice della credibilità della persona offesa, che dunque in tal modo ha dimostrato di avere una personalità non calcolatrice e di essersi rivolta alle forze dell'ordine appena ha avuto contezza degli ammanchi in contestazione.

Non inficia la credibilità della persona offesa la circostanza per cui la stessa a tutt'oggi risulta inabilitata.

Premesso che non è stata neppure sfiorata in dibattimento la questione della eventuale incapacità testimoniale di Fr. Sg., dalle dichiarazioni della dott.ssa Ca. è emerso che il disturbo psicotico da cui è affetta la denunciante non è di grado particolarmente grave, tanto è vero che già a partire dal 2018 Sg. è stata ritenuta idonea a essere reinserita in famiglia. Si osserva inoltre che durante la deposizione testimoniale resa in dibattimento la denunciante è apparsa del tutto lucida e, pur talvolta utilizzando un eloquio semplice, ha sempre risposto in maniera coerente alle domande che le sono state rivolte dalle parti, mostrandosi ben orientata nel tempo e nello spazio.

Posto dunque che le dichiarazioni di Fr. Sg. appaiono già da sole sufficienti a fondare un giudizio di responsabilità dell'imputata, alla luce della nota giurisprudenza di legittimità in ordine alla non necessità di riscontri esterni alle dichiarazioni della persona offesa quando valutate attendibili all'esito di un rigoroso vaglio, si evidenzia comunque che nel caso di specie le dichiarazioni della denunciante hanno trovato una significativa conferma nelle dichiarazioni degli altri testi dell'accusa e in particolare di Gi. Sg. e di Ga. Ca., in capo alle quali - in particolare la seconda - non è emerso alcun interesse a rendere dichiarazioni contrarie alla prevenuta.

Le acquisizioni documentali e le verifiche effettuate presso Poste Italiane, poi, hanno offerto ulteriore conferma a quanto denunciato, riscontrando la riscossione da parte dell'imputata dei buoni postali in contestazione e il riversamento di dette somme in parte su una postepay e in parte su un conto corrente, entrambi intestati all'imputata (cfr.: copia estratto giornale di cassa di Poste Italiane).

Per quanto attiene alla qualificazione giuridica dei fatti, dunque si deve ritenere integrata la fattispecie di reato ascritta in imputazione.

Si osserva infatti preliminarmente che per la pacifica giurisprudenza di legittimità "integra il delitto di peculato la condotta del tutore di un interdetto che si appropri dì somme di denaro appartenenti a quest'ultimo e ricevute, in ragione dell'ufficio rivestito, quale provento della vendita di un bene immobile ereditato dall'interdetto in comproprietà con altre persone" (cfr. : Cass., sez. 6, n. 27570/2007), dovendosi ritenere del tutto estensibili al curatore dell'inabilitato il citato indirizzo giurisprudenziale formatosi con riferimento al tutore dell'interdetto, avendo la giurisprudenza della Suprema Corte qualificato come peculato anche l'appropriazione dell'amministratore di sostegno ai danni del proprio assistito (cfr.: Cass., sez. 6, n. 50754/2014).

E invero senz'altro può qualificarsi come pubblico ufficiale il curatore dell'inabilitato, essendo stato già da tempo superato l'indirizzo ermeneutico - invero assai minoritario - secondo cui le figure del tutore e del curatore non dispiegherebbero un servizio di utilità collettiva, ma sarebbe preposti alla tutela di interessi privatistici riferibili alla persona interdetta/inabilitata (Sez. 2, Sentenza n. 5878 del 08/03/1974, rv. 127872).

Come ha avuto modo di ribadire anche recentemente la Suprema Corte, il citato marginale indirizzo interpretativo propone "una soluzione non condivisibile, a maggior ragione dopo la legge n. 86/1990, e comunque a fronte della netta evoluzione dell'ordinamento verso una concezione "oggettiva" della funzione pubblica e del relativo esercente, il cui "indice rivelatore [...] va ricercato nella disciplina normativa dell'attività da esso svolta, disciplina che deve evidenziare finalità di interesse pubblico" (Sez. U., Sentenza n. 32009 del 27/06/2006, Sc., rv. 234214). In tempi più recenti questa Corte [....] ha già osservato che il tutore esercita nel proprio ruolo una potestà di certificazione, significativamente svolta nell'ambito di un procedimento a carattere giurisdizionale, che svela per la stessa sua struttura la natura pubblicistica degli interessi coinvolti" (cfr.: Cass., sez. 6, n. 23353/2014).

A sostegno della qualifica di pubblico ufficiale del curatore si evidenzia che le norme che ne disciplinano i poteri sono norme inderogabili, con le caratteristiche proprie degli istituti di diritto pubblico, a disciplina di una funzione che l'ordinamento appresta nell'interesse pubblico alla tutela delle persone che non sono capaci di gestire i propri affari.

Ciò posto, non osta alla configurabilità del delitto ascritto, neppure nella sua componente soggettiva - integrato dal mero dolo generico -, la circostanza desumibile per tabulas - ma in alcun modo evidenziata nel corso dell'istruttoria - per cui i buoni in contestazione sono cointestati anche a Ca. Sg. oltre che alla denunciante.

E invero pure a volere escludere che la cointestazione fu solo formale -non essendo stata in alcun modo affrontato tale aspetto in dibattimento - e dunque a volere ipotizzare che il 50% delle somme ivi versate fosse dell'imputata, è stato provato che le somme rimborsate furono integralmente utilizzate per ricaricare una carta e un conto corrente intestati esclusivamente all'imputata e non versate - neppure in parte - sul conto corrente della denunciante e dunque senza dubbio si è consumata l'appropriazione di somme di denaro altrui.

Per quanto attiene al trattamento sanzionatorio, si ritiene preliminarmente di potere riconoscere le circostanze attenuanti generiche in favore dell'imputata, al fine di bilanciare la pena irroganda alla gravità dei fatti accertati, tenuto conto delle somme oggetto di appropriazione nonché del particolare legame tra le parti, nonché dovendosi valutare favorevolmente l'incensuratezza dell'imputata, la quale – ultracinquantenne - non risulta avere mai riportato condanne definitive.

Alla luce delle considerazioni esposte, pertanto, l'imputata deve essere condannata alla pena che si stima equa, valutati tutti i parametri di cui all'art. 133 c.p., di anni due e mesi otto di reclusione (così determinata: p.b. anni quattro di reclusione; ridotta ex art. 62 bis c.p. alla pena finale indicata) oltre al pagamento delle spese processuali.

L'entità della pena irrogata osta al riconoscimento in favore dell'imputata del beneficio della sospensione condizionale della pena di cui all'art. 163 c.p.

La condotta accertata a carico della prevenuta ha senza dubbio prodotto un danno nella sfera - patrimoniale e non - della costituita parte civile e pertanto Ca. Sg. deve essere altresì condannata, ai sensi dell'art. 538 c.p.p., al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile, da liquidarsi tuttavia in separata sede per l'esatta quantificazione, ad eccezione della somma di novemila (9.000,00) Euro, pari alla metà dell'importo complessivo dei buoni postali in contestazione, somma rispetto alla quale - per quanto sopra osservato - si deve ritenere già raggiunta in dibattimento la prova del danno alla luce dell'agevole computo matematico.

L'imputata deve essere altresì condannata al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio sostenute dalla parte civile, che, tenuto conto dei valori medi dei parametri di cui al DM 55/2014 e delle fasi in esso previste nonché dell'attività in concreto svolta (che non ha richiesto la risoluzione di questioni particolarmente complesse di fatto o di diritto e che pertanto giustifica una riduzione del 50% dei parametri in questione) oltreché della riduzione di 1/3 ai sensi dell'art. 106 bis d.P.R .115/2002, si liquidano in Euro 1.500,00, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge.

Alla condanna segue ex lege ai sensi dell'art. 317 bis c.p. l'interdizione della prevenuta in perpetuo dai pubblici uffici nonché la dichiarazione di incapacità della stessa in perpetuo a contrattare con la pubblica amministrazione salvo che per ottenere la prestazione di un pubblico servizio.

Non sussistono invece presupposti per la confisca ai sensi dell'art. 322 ter c.p. avendo il legislatore fatta salva l'ipotesi - che ricorre nel caso di specie - di beni di terzi estranei al reato.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533-535-538 c.p.p. dichiara Ca. Sg. responsabile del delitto a lei ascritto e, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la condanna alla pena di anni due mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Condanna altresì l'imputata al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile, da liquidarsi in separato giudizio, nonché alla rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio che si liquidano in Euro 1.500,00 oltre spese legali al 15%, IVA e CPA.

Letti gli artt. 539 co. 2, 540, co. 2, c.p.p. condanna l'imputata al pagamento della provvisionale immediatamente esecutiva nei confronti della costituita parte civile nell'ammontare di Euro 9.000,00.

Letto l'art. 317 bis c.p. dichiara Ca. Sg. interdetta in perpetuo dai pubblici uffici e incapace in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione salvo che per ottenere la prestazione di un pubblico servizio.

Letto l'art. 544 c.p.p. indica in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Nola, il 13 maggio 2022

Depositata in Cancelleria il 9 agosto 2022

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