top of page

Prescrizione e statuizioni civili: responsabilità e valutazioni nel giudizio d'appello (Corte appello Napoli - Sesta sezione)

prescrizione-statuizioni-civili-responsabilità-appello

Corte appello Napoli sez. VI, 01/07/2024, (ud. 31/05/2024, dep. 01/07/2024), n.6605

In caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, il giudice di appello è tenuto a esaminare il merito del gravame ai soli fini delle statuizioni civili. La dichiarazione di non doversi procedere deve essere adottata in assenza di prove evidenti a discarico, necessarie per l'applicazione dell'art. 129, comma 2, c.p.p. Inoltre, in assenza di riscontri oggettivi sul movente o sulla sequenza esatta dei fatti, rimane ferma la responsabilità degli imputati se è comprovata la loro partecipazione attiva all'aggressione.

Prescrizione e statuizioni civili: responsabilità e valutazioni nel giudizio d'appello (Corte appello Napoli - Sesta sezione)

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza emessa, con motivazione contestuale, ii 24.2.2020 dal Tribunale di (…), G.M., gli imputati in epigrafe indicati sono stati dichiarati penalmente responsabili del reato ex artt. 582-585 c.p., di cui all'imputazione, e, concesse le circostanze attenuanti generiche, in regime di equivalenza con l'aggravante dei futili motivi, e ritenuta la continuazione, sono stati condannati alla pena di mesi dieci di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili.

Il convincimento del Tribunale in ordine al giudizio di colpevolezza espresso nei confronti degli imputati è stato assunto, in primo luogo, sulla base delle dichiarazioni delle persone offese Ma.Am., Fa..Pu e Vi.Ma., i quali hanno riferito che, la sera del 27.7.2016, si trovavano dinanzi al locale (…), sito in (…), allorché il Di.Ma., giovane presente sul luogo assieme a due amici, tutti provenienti dal napoletano, chiese conto al Ma. di uno sguardo di troppo; Am. si frappose, chiedendo all'imputato di stare tranquillo e non rovinare la serata, al che Di.Ma. cominciò a percuotere, selvaggiamente, assieme agli altri due, lo stesso Am., oltre a Pu. e a Ma., prontamente intervenuti, cagionando loro le lesioni indicate in imputazione, poi ritualmente refertate. Am. ha precisato che venne anche attinto da coltellate. La ricostruzione dei fatti delle pp.oo. è stata poi confermata dalla testimone Sp. e dal testimone An.

È stato poi escusso l'operante di P.G. Ra., il quale ha riferito che gli autori del fatto vennero individuati tramite l'autovettura su cui si erano mossi e vennero poi identificati dalle pp.oo. Am. e Ma.

Il primo giudice non ha ritenuto credibile l'imputato Di.Ma., il quale, sottopostosi ad esame, ha sostenuto che furono le pp.oo. ad aggredire per primi, a causa di un approccio da lui tentato con la Sp.

Avverso la sentenza ha interposto appello, in primo luogo, il difensore dagli imputati Sa. e Co.Bo., con ricorso tempestivamente depositato il 9.3.2020, articolando i seguenti motivi:

1) con il primo motivo ha chiesto dichiararsi la nullità della sentenza, per carenza di motivazione;

2) con il secondo motivo ha chiesto l'assoluzione, evidenziando che le pp.oo., appaiono inattendibili, in particolare Am. e Ma., i quali hanno riferito che il primo venne attinto da un'arma da taglio, circostanza poi smentita dall'istruttoria espletata (all'esito della quale è stata esclusa l'esistenza di armi); ha aggiunto che le altre testimonianze non appaiono dirimenti;

3) con il terzo motivo ha chiesto l'esclusione dell'aggravante, la concessione delle attenuanti generiche, in regime di prevalenza, la riduzione della pena e la concessione della sospensione condizionale.

Ha proposto appello anche il difensore del Di.Ma., con ricorso tempestivamente depositato il 5.3.2020, articolando i seguenti motivi:

1) con il primo motivo ha chiesto l'assoluzione, richiamando la ricostruzione dei fatti resa dal Di.Ma. ed evidenziando che, secondo tale, alternativa, ricostruzione, vi è stata una previa aggressione da parte del gruppo dei giovani avellinesi, per via di un approccio tentato dal Di.Ma. con la Sp.; ha aggiunto che l'imputato, ad ogni modo, pur avendo dato il via alla lite (dopo aver subito una spinta da uno degli avellinesi), si è poi estraniato dalla rissa;

2) con il secondo motivo ha chiesto applicarsi l'art. 131-bis c.p.;

3) con il terzo motivo ha chiesto la concessione delle attenuanti generiche, in regime di prevalenza, e la riduzione della pena.

All'odierna udienza, dopo la rituale costituzione delle parti, si è dato corso alia discussione, nel corso della quale la P.G. e la Difesa hanno concluso come da verbale. La Corte si è ritirata in camera di consiglio e, all'esito, ha dato lettura del dispositivo.

Ciò premesso, in primo luogo va dichiarata l'estinzione del reato ascritto agii imputati per intervenuta prescrizione.

Invero, va ritenuta applicabile al caso di specie la disciplina prevista dall'art. 157 c.p., nella formulazione immediatamente antecedente a quella entrata in vigore il 3.8.2017, sulla base della quale, in tali casi, il termine massimo di prescrizione deve essere individuato in sette anni e sei mesi. Orbene, posto che il dies a quo coincide con il giorno 27.7.2016, e tenuto conto delle sospensioni intervenute nel corso del giudizio (pari a gg. 109), il termine di prescrizione è spirato in data 15.5.2024.

Pertanto, non emergendo dagli atti elementi tali da consentire l'adozione di alcuna delle formule di assoluzione previste dal cpv. dell'art. 129 c.p.p., va dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati in ordine al reato loro ascritto.

Peraltro, va osservato, sul punto, che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che: "Allorché il giudice rilevi il maturarsi dei termini di prescrizione deve soprassedere rispetto al giudizio di merito ed è obbligato a dichiarare l'estinzione del reato; la previsione di cui all'art. 129, comma 2, c.p.p., deroga agli effetti potenzialmente pregiudizievoli derivanti dalla declaratoria di improcedibilità quando dagli atti risulti evidente l'innocenza dell'imputato. La nozione di "evidenza" imporrebbe per sua natura la radicale mancanza di "prove a carico" o la sussistenza di una o più "prove a discarico", tali da possedere un grado di certezza che permetta al giudicante di addivenire ad una pronuncia assolutoria senza un'approfondita analisi delle risultanze istruttorie, ossia una disamina compiuta tra gli eventuali contrastanti elementi di prova. L'art. 129, comma 2, c.p.p. non potrebbe trovare applicazione in presenza di una mera contraddittorietà ovvero di un'insufficienza probatoria: in entrambe le ipotesi si devolverebbe al giudice un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze e ciò in netto contrasto con il contenuto della norma che richiede esclusivamente la rilevabilità de plano degli elementi a discarico dell'imputato." (Cfr. Cass. Pen. Sez. UU. Sent. n. 35490 del 28/05/2009 Rv. 244275).

La necessità di applicare il suindicato orientamento giurisprudenziale consegue alla mancanza agli atti della prova "evidente", nel senso suindicato, dell'innocenza degli appellanti: le risultanze processuali sopra richiamate non depongono per l'insussistenza del reato o la non colpevolezza degli imputati.

Passando al merito, che deve essere esaminato al fine di scrutinare la fondatezza delle statuizioni civili, ritiene la Corte che gli appelli proposti dagli imputati siano infondati.

In particolare, va disatteso, in primo luogo, il motivo di gravame postulante la nullità della sentenza impugnata per omessa, insufficiente o carente motivazione.

Rileva la Corte, a tale riguardo, che il potere di annullamento del giudice d'appello è circoscritto ai soli casi tassativamente indicati nell'art. 604 c.p.p., essendo l'appello un mezzo di impugnazione, avente solo eccezionalmente effetto rescissorio.

Al di fuori di queste ipotesi tassative - in cui non trova collocazione quella della carenza, sia pur totale, di motivazione - si applicano i principi di conservazione degli atti e di economia processuale, in forza dei quali è riconosciuto al giudice di appello il potere di sostituirsi, nella valutazione del fatto, al giudice di primo grado mediante la correzione, l'integrazione e, persino, l'integrale redazione della motivazione.

In tema, infatti, la Suprema Corte ha chiarito che "in caso di difetto di motivazione delia decisione di primo grado, il giudice di secondo grado non può dichiarare la nullità della prima pronuncia ma deve decidere, sanandone i difetti e le mancanze, in quanto la carenza di motivazione della sentenza di primo grado non integra uno dei casi di nullità del giudizio espressamente sanciti dall'art. 604 cod. proc. pen." (Sez. 2, n. 19246 del 30/03/2017 - dep. 21/04/2017, Speca e altro, Rv. 27007001).

Passando al merito, va preliminarmente osservato che questa Corte ritiene integralmente condivisibili la analitica ricostruzione dei fatti e la motivazione posti a fondamento della decisione di primo grado, in aderenza alle risultanze processuali, legittimamente acquisite e pertanto pienamente utilizzabili, da parte del giudice di primo grado, ad esse riportandosi (così come ormai ritenuto legittimo dalla giurisprudenza della Suprema Corte, vedi tra le altre Cass. Sez. I sent. n. 46350 dei 2/10-3/12-2003 e da ultimo Cass. sez. III sent. n.27300 del 14-5/17-6-2004 che sottolinea come la motivazione della sentenza di secondo grado non deve essere concisa e riguardare gli aspetti "nuovi" o contradditori o effettivamente "mal valutati").

Ciò posto, le censure svolte nel gravame sono state sostanzialmente già esaminate e risolte, nel senso della loro infondatezza, dal primo giudice. E, qualora siano dedotte questioni già esaminate e risolte, il giudice dell'impugnazione può motivare per relationem (Cass. pen sez. V 15 febbraio 2000, n. 3751). Tale motivazione è consentita con riferimento alla pronuncia di primo grado, laddove le censure formulate contro quest'ultima non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, poiché il giudice di appello non è tenuto a riesaminare dettagliatamente questioni sulle quali si sia già soffermato il primo giudice con argomentazioni ritenute esatte ed esenti da vizi logici (Cass. sez. V 22 aprile 1999 n. 7572).

Per tale motivo la Corte fa proprie, sul punto, le argomentazioni spese nella sentenza impugnata, che possono ritenersi in questa sede integralmente richiamate. Ritiene solo il collegio di aggiungere che è vero che non è stata rinvenuta, sul luogo e in possesso degli imputati, alcuna arma da taglio; tuttavia, non vi è dubbio che l'Am. sia rimasto ferito, probabilmente per aver accidentalmente impattato con un oggetto appuntito al momento della caduta, e abbia perso del sangue, il che spiega le ragioni per cui egli, fraintendendo la situazione, abbia inteso di essere stato attinto da un coltello.

Per il resto, è del tutto irrilevante accertare il movente dell'aggressione ovvero verificare, in concreto, chi abbia colpito per primo, se gli odierni imputati o le persone offese, posto che non vi sono dubbi circa l'avvenuta aggressione e circa l'identità degli autori, non ravvisandosi gli estremi per ritenere sussistenti i presupposti per la legittima difesa. Quanto al Di.Ma., ove pure la sua partecipazione si limitasse alla fase iniziale ciò non escluderebbe la sua responsabilità.

Alla conferma delle statuizioni civili consegue la condanna degli imputati, in solido, al pagamento delle spese sostenute, per il presente grado, dalla parte civile, liquidate in dispositivo.

A causa del rilevante carico di ruolo dell'ufficio il termine per il deposito della motivazione è stato riservato in trenta giorni, non completamente fruiti.

P.Q.M.
Visti gli artt. 129 - 605 c.p.p.,

in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di (…), G.M., in data 24.2.2020, appellata dagli imputati Bo.Co., Bo.Sa. e Di.Ma., dichiara non doversi procedere, in relazione al reato ascritto agli imputati, perché estinto per intervenuta prescrizione. Conferma, nel resto, l'impugnata sentenza e condanna gli imputati, in solido, alla rifusione delle spese sostenute, per il presente grado, dalie parti civili, liquidate in Euro 900,00, oltre spese generali IVA e CPA, come per legge e se dovute.

Motivazione in giorni trenta.

Così deciso in Napoli il 31 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria l'1 luglio 2024.

bottom of page