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Esclusione della responsabilità penale per condotte commerciali durante l’emergenza Covid-19 e applicazione del "tempus regit actum" (Giudice Rossana Ferraro)

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Tribunale Nola, 02/05/2022, n.199

Il principio del "tempus regit actum" esclude la responsabilità penale per attività svolte durante l'emergenza Covid-19 in conformità con la normativa approssimativa allora vigente, considerando la successiva evoluzione legislativa e l'assenza di linee guida chiare al momento dei fatti.

Esclusione della responsabilità penale per condotte commerciali durante l’emergenza Covid-19 e applicazione del "tempus regit actum" (Giudice Rossana Ferraro)

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto emesso, ex art. 557 cpp, dal GIP presso il Tribunale di Nola, Me.Fe., quale rapp.te legale della Gu. SPA, era citato a giudizio dinanzi a questo Tribunale per rispondere del delitto come contestato dal PM nella formulazione dell'imputazione trascritta in epigrafe. Il processo si è strutturato in molteplici udienze.

In data 09.11.2020, verificata la regolare costituzione delle parti, il processo era rinviato per assenza testi, previa revoca del Decreto Penale. All'udienza del 15.2.2021 perdurando l'assenza dei testi del Pm, il processo era nuovamente rinviato.

Il giorno 12.4.2021 si provvedeva ad istruire il dibattimento. II Pm chiedeva escussione dei testi di lista, riservandosi documentazione, ed esame imputato, esibendo verbale di perquisizione e sequestro del 30.4.2020 operati dalla GdF di Aversa.

La difesa richiedeva controesame dei testi del Pm, nonché esame dei testi della propria lista ed esame imputato.

Il Giudice ammetteva le richieste istruttorie e procedeva all'assunzione della testimonianza di Lu.Lu. in ordine alle attività giudiziarie condotte, relative alla mascherine (…) distribuite dalla Gu. SPA. In particolare, il teste riferiva che le attività erano state richieste dai Colleghi della GdF di Marcianise, in seguito a dei controlli effettuati presso molteplici farmacie a ridosso dell'emergenza epimediologica da covid-19, durante il primo lockdown nazionale. Il teste precisava che le mascherine distribuite dalla Gu. S.p.A. non erano conformi in quanto non presentavano la marcatura CE con la dichiarazione di conformità UE, obbligatorie. Pertanto, si era proceduto ad effettuare il sequestro 16.700 mascherine in dodici colli presso la sede logistica della Gu. SRL. Nello specifico, il teste chiariva che le mascherine avevano ottenuto una dichiarazione di conformità resa da un ente non accreditato per il rilascio delle conformità inerenti i presidi per covid-19, che risultava essere St. con sede in Hong Kong. Il Mar. Lu.Lu. spiegava che si era proceduto a risalire tramite la fatturazione societaria al fornitore della Gu. S.p.A. che si identificava con Fo. d.o.o. con sede in Nova Gorica - Slovenia. All'esito della testimonianza era revocata l'ammissione degli ulteriori testi del Pm per evidente superfluità.

Quindi per esame imputato e testi difesa il processo era rinviato al 25.10.2021. 11 giorno 25.10.2021 si procedeva all'assunzione della testimonianza dei testi della Difesa, differendo su richiesta esame imputato che era presente. Era escusso Ce.Ma., agente della società Fo. d.o.o. mentre gli altri testi erano giustificati. In sede di istruttoria la Difesa esibiva documentazione fiscale ed allegazioni fotografiche.

In prosieguo, per escussione dei testi assenti il processo era rinviato al 31.1.2022. All'udienza del 31.1.2022 erano escussi Pi.Ra. (Dipendente Ufficio acquisti Gu. spa) e Ci.Cr. (Direttore tecnico della Gu. spa). La difesa depositava allegazioni documentali inerenti le dichiarazioni dei testi.

Emergeva dalle dichiarazioni assunte e dai supporti fotografici delle confezioni delle mascherine che esse risultavano chiaramente "NON MEDICAL", come da dicitura riportata sulle confezioni.

Si procedeva quindi all'esame dell'imputato. All'esito, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, le Parti rassegnavano le conclusioni.

Il Tribunale si ritirava in camera di consiglio e definiva il giudizio mediante lettura del dispositivo di sentenza in udienza.

Ritiene il giudice che dall'analisi degli atti acquisiti e delle testimonianze rese non emerga la responsabilità per il reato contestato, sulla scorta dell'istruttoria condotta, che ha invece dimostrato la assoluta innocenza dell'imputato. La piattaforma probatoria dianzi ricostruita ha palesato che la Gu. S.p.A. durante la improvvisa ed inaspettata pandemia da covid-19 aveva provveduto ad acquistare dalla Fo. d.o.o. (con sede in Nova Gorica - Slovenia) un ingente quantitativo di mascherine indicate come (…), che recavano una certificazione di conformità ad opera della società St. con sede in Hong Kong. Va da subito evidenziato che tale attività si è collocata in un contesto temporale avvinto da incertezza assoluta di normative in materia di presidi anti-covid19 e di emergenza, che si è mossa sulla necessità di fronteggiare le modalità di prevenzione del contagio nelle forme più approssimative. Tant'è che solo successivamente si è provveduto a definire le linee guida delie caratteristiche strutturali che dovevano presentare le "mascherine", suddivise quindi per categorie merceologiche.

Nel caso di specie le prove sono confuse e contraddittorie, secondo il parametro del principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, che rappresenta il limite alla libertà di convincimento del giudice, apprestato dall'ordinamento per evitare che l'esito del processo sia rimesso ad apprezzamenti discrezionali, soggettivi e confinanti con l'arbitrio: si tratta di un principio che permea l'intero ordinamento processuale e che trova saliente espressione nelle garanzie fondamentali inerenti al processo penale quali la presunzione di innocenza dell'imputato, l'onere della prova a carico dell'accusa, l'enunciazione del principio in dubio pro reo e l'obbligo di motivazione e giustificazione razionale della decisione a norma degli artt. 111 c. 6 Cost. e 192 c. 1 c.p.p. (Cass. pen. sez. 114 maggio 2004). La giurisprudenza ha precisato che con la previsione della regola per la quale il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli "al di là di ogni ragionevole dubbio", di cui all'art. 5 l. n. 46/2006 modificativo del comma 1 dell'art. 533 c.p.p., il legislatore ha formalizzato un principio già acquisito in tema di condizioni per la condanna, stante la preesistente regola, di cui all'art. 530 c. 2 c.p.p., per la quale in caso di insufficienza o contraddittorietà della prova l'imputato va assolto (Cass. pen., sez. I, 30402/2006).

Ma in tale scenario probatorio si colloca la assoluta ed inequivocabile certezza che l'imputato ha agito sulla scorta della normativa "approssimativa" di quel tempo, che secondo il principio del "tempus regit actum" si pone come strumento indefettibile per delineare l'ambito operativo della formula assolutoria da assumersi.

In altre parole, la Gu. S.p.A. ha distribuito mascherine che alla stregua dell'id quod plerumque accidit si palesavano "conformi" al momento in cui è avvenuto l'acquisto e la successiva distribuzione: categoria merceologica, peraltro, che era definita "NON MEDICAL" come riportato sulle confezioni.

Tant'è che le mascherine oggetto di sequestro pur qualificandosi (…) recano la dicitura "NON MEDICAL" creando un contrasto palese e pubblico nella stessa effigie dei confezionamento che rappresenta le antinomie insanabili che ogni giorno - a quel tempo - accadevano per l'assenza di normative certe.

Difatti, solo con l'art. 15 del DL Cura Italia (Decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 si è iniziato a delineare una mini linea guida, per le aziende che intendono mettere in commercio mascherine chirurgiche o DPI imponendo di inviare un'autocertificazione rispettivamente all'Istituto Superiore di Sanità e all'INAIL.

E poco prima di tale riferimento normativo era applicabile l'articolo 34 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, per la gestione dell'emergenza COVID-19.

Tuttavia, anche con riferimento alle normative non è stato chiarito "quando" la Gu. S.p.A. abbia effettuato l'ordine, e la fattura è indicativa della consegna attesa la natura accompagnatoria della stessa; né la lacuna cognitiva sarebbe diversamente sanabile, attesa l'urgenza in cui si è mossa l'intera attività aziendale, sulla scorta di ciò che accadeva in Italia e nel Mondo.

Insomma, si è verificato un susseguirsi incessante di normative che via via cercavano di definire ambiti di liceità a condotte commerciali in itinere, senza che fosse a monte esistente un protocollo conoscitivo di validazione in materia di mascherine.

In ultima analisi, in applicazione dell'articolo 2 c.p. l'imputato va assolto ai sensi del primo comma dell'articolo 530 cpp perché il fatto non costituisce reato.

Attesa la natura non conforme delle mascherine sottoposte a sequestro, in applicazione dell'art. 240 c.p. se ne dispone la confisca e distruzione. Il notevole carico di lavoro giudiziario, impone di adottare un congruo termine per il deposito dei mortivi, pari a gg. 90.

P.Q.M.
Letto l'art. 530 cpp assolve Me.Fe. perché il fatto non costituisce reato.

Letto l'art. 537 cpp dichiara la falsità della marcatura impressa sulle "mascherine" oggetto di sequestro, ed ai sensi dell'art. 240 cp ne dispone confisca e distruzione.

Motivazione gg. 90.

Così deciso in Nola il 31 gennaio 2022.

Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2022.

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