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Scippo e insufficienza probatoria: assoluzione per mancanza di prova certa (Giudice Alessandra Zingales)

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Tribunale Nola, 04/01/2023, n.1801

In tema di reati contro il patrimonio, il riconoscimento dell’imputato da parte della persona offesa, se unico elemento di prova, deve essere sorretto da elementi di oggettiva certezza e non può essere considerato sufficiente per affermare la responsabilità penale, ove risultino incongruenze o lacune nel narrato della vittima e interferenze nel procedimento di identificazione. In caso di incertezze o dubbi non superati al di là di ogni ragionevole dubbio, deve prevalere il principio di presunzione di innocenza sancito dall’art. 27 Cost.

Scippo e insufficienza probatoria: assoluzione per mancanza di prova certa (Giudice Alessandra Zingales)

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta a giudizio del 19.10.2020, l'Ufficio di Procura sede ha disposto procedersi nei confronti di Ma.Sa. per il delitto riportato nella contestazione che precede, disponendone la comparizione dinanzi alla scrivente Giudice per l'udienza del 20.05.2021.

All'udienza anzidetta si dava atto della regolarità della notifica nei confronti dell'imputato, presente, mentre ai disponeva la rinnovazione della notifica nei confronti alla persona offesa, di cui veniva disposta anche la citazione come teste, unitamente all'atro della lista del P.M., per la successiva udienza, fissata per il 4.11.2021.

In tale data veniva dichiarata l'apertura del dibattimento, le parti avanzavano le rispettive richieste di ammissione dei mezzi istruttori e di seguito veniva escussa la persona offesa Lu.Co., al cui esito veniva acquisito il fascicolo fotografico relativo al riconoscimento dell'imputato come autore del reato. Il processo veniva poi rinviato al 24.02.2022 per l'escussione dell'altro teste del P.M., assente giustificato in quella data, per l'eventuale esame dell'imputato e per i testi della difesa.

In quella data erano presenti il teste di P.G., M.llo Ci.Ad. dei CC di Sant'Anastasia ed il teste della difesa, Ma.Gi., quest'ultimo escusso dopo l'esame cui l'imputato acconsentiva a sottoporsi. Veniva infine disposto un rinvio al 6.10.2022 per i residui testi della difesa.

In tale data era presente solamente Es.Vi., che veniva escusso, mentre vi era rinuncia agli altri due testi, la prima - madre dell'imputato nelle more deceduta ed il processo era rinviato per la sola discussione al 24.10.2022.

In data odierna, dichiarata la chiusura del dibattimento e l'utilizzabilità degli atti legittimamente acquisiti, la scrivente ha poi dato la parola alle parti per le rispettive conclusioni e richieste finali, sintetizzate nella sezione che precede, e successivamente la scrivente, ritiratasi in camera di consiglio per la decisione, ha pronunciato la presente sentenza di condanna, resa pubblica mediante lettura alle parti presenti, per le motivazioni che seguono.

Motivi della decisione
Ritiene questo Giudice che le prove formatisi nel corso del dibattimento non consentono di pervenire all'affermazione della penale responsabilità dell'odierno imputato in relazione al reato a lui contestato con la certezza richiesta dalla legge, ossia al di là di ogni ragionevole dubbio.

Il compendio probatorio acquisito, di natura sia dichiarativa che documentale, è costituito dalle deposizioni testimoniali rese dai testi escussi e dalla documentazione acquisita nel corso del dibattimento, di cui si è dato ampio conto nella descrizione in fatto. Nella ricostruzione degli eventi assume tuttavia valenza centrale la deposizione resa dalla persona offesa, Lu.Co., la quale nel corso del dibattimento ha confermato quanto a suo tempo dichiarato in denuncia.

In particolare la teste riferiva che il giorno 11.07.2018, intorno alle 10.50, nel recarsi a fare la spesa nel centro di Sant'Anastasia dopo che aveva parcheggiato la propria vettura in via (...), mentre vi faceva ritorno con le buste in mano, le veniva incontro una persona a bordo di uno scooter che lei non notava in modo particolare perché "sembrava una faccia di fiducia, un ragazzo bravo", che le si avvicinava e che, sceso in tutta fretta dallo scooter, da dietro le tirava la collanina con medaglione cha aveva al collo. Lì per lì non riusciva nell'intento, ma la donna rimaneva tanto traumatizzata dall'evento che doveva appoggiarsi alla vettura posta ad un paio di metri e successivamente si avvedeva di non avere più la collana al collo, anche se non riusciva a dire in che momento esatto le fosse stata asportata ("Non me ne ero nemmeno accorta, forse l'ha tagliata"), subito dopo scappava a bordo dello scooter. La donna riferiva poi che nella stessa giornata si recava presso la locale Stazione dei CC per sporgere denuncia e che vi si recava di nuovo qualche giorno dopo (per la precisione il giorno 17 luglio, cfr. verbale in atti) essendo stata chiamata per effettuare un riconoscimento fotografico. Quindi i Carabinieri le mostravano un album fotografico con numerose fotografie, tra le quali lei riconosceva senza ombra di dubbio la foto corrispondente all'odierno imputato. La teste aggiungeva poi che dal momento del fatto lei non aveva più rivisto l'uomo, ma su sollecitazione delle domande del P.M., che le ricordava come il giorno 16 luglio, quindi cinque giorni dopo il fatto ed il giorno prima del riconoscimento, presentava una integrazione di denuncia nella quale riferiva che nella stessa giornata, mentre transitava in via (...) all'altezza della pizzeria Es., rivedeva e riconosceva la persona che il giorno 11 le aveva scippato la catenina. La Lu., che inizialmente dichiarava di non aver saputo a quale famiglia egli appartenesse, su sollecitazione del P.M. che le contestava che a suo tempo aveva saputo anche individuare il soggetto, ricordava che successivamente aveva dichiarato che apparteneva alla famiglia Ma., molto nota nella zona e che indicava il ragazzo alla figlia, che era con lei. Subito dopo lui si avvicinava alla loro vettura e le chiedeva se si ricordasse di lui, ricevendo una risposta affermativa ("Come, non mi ricordo? Mi ricordo che mi hai tirato e da allora sono rimasta traumatizzata. Se sento il rumore di uno scooter mi devo fermare e aspetto che passa perché sono rimasta così scioccati"; verb. del 4.11.2021). Sempre sollecitata dalie domande del P.M., la donna riferiva che alla sua contestazione l'uomo negava di essere stato l'autore del fatto ed anzi, alla sua offerta di dargli del denaro se le avesse riportato la collanina, alla quale era affettivamente molto legata, lui si rimetteva a bordo dello scooter e si allontanava.

Il giorno successivo si recava presso i Carabinieri, dove effettuava il riconoscimento fotografico del MA. ed in dibattimento indicava nella foto nr. 3 - corrispondente all'imputato - la persona che l'aveva scippata.

Su domande del difensore la donna precisava che il ragazzo viaggiava su uno scooter di colore scuro (non sapeva precisare meglio il colore), a volto scoperto e che era da solo. Dichiarava che aveva una faccia da bravo ragazzo, tanto che lei non si era insospettita quando lui le si era avvicinato con la moto. Sollecitata a riferire sulla descrizione della persona, che a suo tempo aveva dichiarato non essere assolutamente in grado di riconoscere, ma che comunque ricordava essere un soggetto molto alto e molto grosso, in dibattimento non confermava la descrizione, riferendo di non essere in grado di dire se fosse alto, perché era rimasto seduto sullo scooter, né se avesse un particolare accento napoletano in quanto non aveva profferito alcuna parola. Sempre su domande della difesa, la donna ammetteva inoltre che il giorno della denuncia, l'11 luglio, le erano già state mostrate delle fotografie, due o tre, che però non ricordava se fossero state inserite nel fascicolo fotografico mostratele il giorno 17 luglio. In ordine, poi, al suo riconoscimento del soggetto come appartenente alla famiglia Ma., che l'avvocato le contestava aver dichiarato in denuncia, la donna negava recisamente di averlo riconosciuto perché non lo aveva mai visto prima di quel momento ed alla fine ammetteva che nel corso della conversazione le era stato indicato, ma solo dopo aver effettuato il riconoscimento, confermando tuttavia di non aver mai visto prima di allora quel ragazzo. Sul punto, tuttavia, vi era una divergenza di date, in quanto la dichiarazione di aver riconosciuto il ragazzo era stata fatta nell'integrazione di denuncia del 16 luglio, mentre il riconoscimento fotografico era del 17, quindi verosimilmente l'indicazione dell'appartenenza alla famiglia Ma. le era stata data in quell'occasione.

Il teste di P.G., M.llo Ci., non poteva fornire alcun contributo utile alla ricostruzione della vicenda, in quanto riferiva di aver s empii cernente acquisito l'integrazione di denuncia della donna e di non aver neppure assistito alle attività relative al riconoscimento fotografico. L'imputato decideva di sottoporsi ad esame, nel corso del quale negava recisamente gli addebiti a proprio carico. Riferiva di non aver mai visto la persona offesa prima della sera del 16 luglio quando, seduto ad una pizzeria fuori della propria abitazione, situata al centro di Sant'Anastasia, introno alle 21,00 veniva avvicinato dalla Lu., che era in compagnia della figlia e della nipotina, la quale, dopo aver fatto due volte il giro con l'auto, dal finestrino dell'auto gli chiedeva di restituirgli la sua collanina, offrendogli anche del denaro (150,00 euro), mentre lui negava di averle mai preso nulla. Poiché le due donne avevano iniziato "a sbraitare" lui a quel punto si metteva in cammino verso la Caserma dei Carabinieri, seguito dall'auto, e le invitava a parlare per essere registrati dalle telecamere ("Dai parla qua, tanto qua ristanno le telecamere, dimmi"), ma la donna al volante a quel punto inseriva la marcia e si allontanava, sicchè anche lui decideva di andarsene.

L'imputato aggiungeva poi alcuni particolari sulla conversazione che aveva avuto dinanzi alla pizzeria con la donna, dichiarando che per convincerla di non essere lui l'autore del fatto criminoso di cui lei era rimasta vittima, le aveva riferito di abitare proprio lì vicino e di essere conosciuto da tutti lì intorno, per cui sarebbe stata una vera follia da parte sua commettere un'azione criminosa in un posto in cui chiunque avrebbe potuto riconoscerlo. Aggiungeva inoltre che la propria era ima famiglia molto rispettata in paese e fuori dai circuiti malavitosi. Riferiva ancora di vivere con la madre, che assiste dal 2014, di non essere occupato e di percepire il reddito eli cittadinanza e di sostentarsi anche con la pensione di reversibilità e quella di invalidità della madre e di non essere proprietario di alcuno scooter. I testi della difesa nulla di concreto contribuivano ad aggiungere rispetto alla ricostruzione dell'episodio specifico, essendosi il Ma.Gi. limitato a dire che il fratello, la sera del 16 luglio, in cui la Lu. lo aveva fermato per strada ed accusato di essere l'autore del furto perpetrato qualche giorno prima a proprio danno, era rientrato a casa sconvolto dall'accusa che riteneva ingiustificata, mentre l'Es. ha riferito delle abitudini di vita del MA. (che in più di un'occasione ha chiamato "il signorino", per indicarne l'attitudine ad uno stile di vita molto rilassato e volto al proprio benessere personale, sebbene è apparsa evidente l'assenza di riprovazione nelle sue affermazioni, ma piuttosto la constatazione delle abitudini di vita dell'imputato). Per altro verso occorre evidenziare come quest'ultimo abbia riferito che il MA. aveva la disponibilità di uno scooter scuro - quello identificato dalla vittima come il mezzo da cui era sceso lo scippatore e che aveva poi utilizzato per allontanarsi - che era il proprio e di cui il MA. aveva la libera disponibilità, seppur dietro la propria autorizzazione e comunque sempre sotto il proprio diretto controllo; aggiungeva in ogni caso che - proprio perché l'imputato la mattina era solito dormire fino ad ora tarda e lo scooter gli veniva chiesto esclusivamente la sera.

Cosi ricostruita la vicenda deve giungersi alla conclusione che non può dirsi raggiunta la prova certa della penale responsabilità del MA. per il fatto contestatogli. Si tratta di un episodio di furto che rientra nella fattispecie criminosa di cui all'art, 624 bis. La condotta posta in essere si è infatti sostanziata nella sottrazione di un bene mobile, detenuto legittimamente dalla Lu. e violentemente strappatale dal collo con azione repentina e predatoria.

Del reato contestato sussistono dunque gli elementi costitutivi oggettivi e, con riferimento all'elemento soggettivo, emerge, dallo svolgimento concreto dei fatti, la consapevolezza e la volontà della condotta posta in essere e perpetrata al fine di trarre dall'impossessamento della catenina che la vittima portava al collo. Deve, al contrario, escludersi la contestata circostanza aggravante, che deve ritenersi assorbita nella struttura del reato di cui si discute. Ritenuto pertanto sussistente il reato in questione, occorre evidenziare che l'unico elemento di prova su cui si fonda la sua attribuibilità all'odierno imputato è costituito dalla dichiarazione della persona offesa, che non è sembrata particolarmente attendibile. La donna, anziana e sicuramente provata per lo shock subito a causa dell'azione violenta di cui era rimasta vittima, solo all'esito di ripetute sollecitazioni ha riconosciuto l'imputato come l'autore del fatto. Nell'immediatezza dei fatti dichiarava di non averlo in alcun modo riconosciuto e di non averlo mai visto prima, circostanza che ribadiva in dibattimento, mentre in denuncia affermava il contrario; il riconoscimento da lei effettuato veniva poi inficiato dal fatto che le erano state mostrate delle fotografie in precedenza, in sede di integrazione di denuncia e solo dopo le indicazioni che le venivano fornite in relazione al maggiore indiziato, come da lei stessa ammesso in sede dibattimentale. Le numerose incertezze ed incongruenze presenti nel suo narrato, che costituisce l'unico elemento di prova a carico del MA., impediscono di ritenere raggiunta la prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, della penale responsabilità dell'uomo per il reato a lui ascritto, dovendosi pertanto emettere una sentenza assolutoria nei suoi confronti, sebbene solo ai sensi del II co. dell'art. 530 c.p.p. Il carico di lavoro e le numerose sentenze assunte in decisione alla medesima udienza giustificano la riserva del termine per il deposito dei motivi.

P.Q.M.
Letto l'art. 530 II co. c.p.p.,

assolve Ma.Sa. dal reato a lui ascritto per non aver commesso il fatto. Letto l'art. 544 III co. c.p.p., indica in giorni 90 il termine per il deposito dei motivi.

Così deciso in Nola il 24 ottobre 2022.

Depositata in Cancelleria il 4 gennaio 2023.

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