Tribunale Potenza, 30/09/2024, (ud. 02/07/2024, dep. 30/09/2024), n.932
La violazione del divieto di avvicinamento imposto da una misura cautelare configura il reato di cui all'art. 387-bis c.p., quando accertata attraverso prove univoche e coerenti, che dimostrano la consapevolezza dell'imputato di contravvenire al provvedimento giudiziario. L'assenza di condotte minacciose o lesive non esclude la responsabilità, ma può giustificare la concessione di attenuanti generiche.
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione a giudizio del 20/05/2022, emesso dal PM in sede, gli odierni imputati venivano tratti a giudizio dinanzi al Tribunale di Potenza in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Ba.Au., per rispondere dei reati loro ascritti, specificatamente descritti in fatto nel capo di imputazione in epigrafe.
Alla prima udienza del 17/10/2022 il Giudice, dichiarata l'assenza degli imputati, regolarmente citati e non comparsi, apriva il dibattimento ed ammetteva le prove orali e documentali richieste dalle parti. Dava, altresì, ingresso alle parti civili che si costituivano in udienza. All'udienza del 13/02/2023 venivano escusse le parti offese SC.AN. e SC.GE.
Alla successiva udienza del 7/04/2023 venivano escussi, invece, i testi del PM, m.llo Po.Al. ed altri (...).
All'udienza del 09/10/2023 il Giudice, dott.ssa Barbara Auriemma, dichiarava di astenersi per essere stata Giudice estensore nel procedimento di Riesame dell'ordinanza del GIP riguardante il capo di imputazione sub. A) relativo a SC.GA., e rimetteva gli atti al Presidente per le consequenziali determinazioni.
La causa perveniva dinanzi a questo Giudice in data 24/10/2023 allorquando, su istanza della difesa per concomitante impegno professionale, la causa veniva rinviata all'udienza del 19/12/2023 per esame imputato e discussione. Lo stesso avveniva in data 19/12/2023 e 26/03/2024.
Si perveniva, così all'udienza del 02/07/2024 allorquando l'imputato rendeva l'esame e il Giudice, dichiarato chiuso il dibattimento e utilizzabili gli atti acquisiti, invitava le parti a concludere.
A seguito della Camera di Consiglio, veniva pronunciato il dispositivo con riserva di deposito della motivazione nel termine di giorni novanta.
Motivi della decisione
Dal compendio probatorio in atti è emersa, senza ombra di dubbio, la penale responsabilità del solo imputato SC.GA.
La parte offesa SC.AN. dichiarava che, il 5/02/2022, all'incirca verso mezzogiorno, si trovava presso il piazzale dell'azienda paterna per la messa in sicurezza dello stesso mediante apposizione dei cosiddetti "Ne." (blocchi in cemento), in quanto la recinzione ivi esistente era stata divelta in precedenza dal cugino SC.GA.
Quest'ultimo, sebbene all'epoca dei fatti, risultasse attinto dalla misura del divieto di avvicinamento allo zio SC.GE., per almeno 300 mt, passava un "paio di volte" nei pressi del piazzale per poi fermarsi nelle immediate vicinanze: "è passato un paio di volte, poi si è fermato nelle vicinanze. Dopodiché è arrivata la mamma ZA.GI. e diciamo passando si è fermata lì davanti a me e mi ha fatto dei gesti, dei gesti di minacce".
La teste, tuttavia, non era in grado di riferire quali parole avesse pronunciato la ZA., in quanto, a causa della distanza, esse risultavano "incomprensibili". Riferiva che, dopo aver sistemato le barriere del cantiere, ella ed il padre si allontanavano per dirigersi presso l'azienda di famiglia e che SC.GA. continuava a seguirli: "Gabriele ha seguito mio padre, SC.GE.
Dopo di che si è fermato mi piazzale adiacente quello della nostra azienda e era lì che aspettava". A quel punto le persone offese decidevano di allertare i Carabinieri. In sede di controesame, la teste, ribadiva che la ZA. aveva usato dei toni minacciosi urlando parole incomprensibili nei suoi confronti e che aveva altresì gesticolato, portandosi dapprima la mano tra i denti. Alle domande della Difesa, precisava che quel giorno presso l'azienda di suo padre, venivano posizionati dei blocchi di cemento "che servono a delimitare i confini". Confermava, infatti, che la recinzione ivi esistente era stata rimossa dal prevenuto SC.GA., a seguito di un'ordinanza del Giudice che aveva accolto il ricorso di quest'ultimo. "No, non era un ordine di rimuovere, era solamente un ordine di rimuovere la recinzione all'epoca davanti all'accesso del garage. Si questo è quello che ho capito io". Dichiarava, poi, che, all'arrivo dei vigili, le operazioni di sistemazione dei plinti di cemento si erano fermate. Riferiva che il cugino GA. abitava in via (...), sulla stessa via del piazzale, in adiacenza allo stesso. Precisava che i lavori di sistemazione dei blocchi di cemento erano stati effettuati dal padre, alla presenza sua e di suoi due cugini, Mu.Ca. e Mu.Mi.
Ribadiva che vi erano tra le parti procedimenti penali pendenti in corso derivanti da reciproche querele e che all'incirca un anno prima il padre era stato aggredito sempre da SC.GA.
L'azienda era inoltre dotata di un sistema di videosorveglianza.
SC.GE., ascoltato all'udienza del 13/02/2023. Precisava di essere titolare di una ditta di calcestruzzi e di possedere, quindi, una quindicina di mezzi tipo camion, betoniere e quant'altro utile alla sua attività. Da anni vi erano dissapori con il resto della famiglia che abita nella palazzina adiacente al suo piazzale, dissapori che erano sfociati nella richiesta di rimuovere una recinzione da lui stesso apposta per proteggere i propri beni, avendo subito diversi furti in passato. A seguito della rimozione avvenuta ad opera di suo fratello e di suo nipote (i quali lamentavano il mancato accesso ai garage di loro proprietà a causa della recinzione), la p.o. si era determinata a rimediare con l'installazione di barriere in cemento posizionate all'interno della sua proprietà. Quel giorno, suo nipote SC.GA. si era, quindi, avvicinato al piazzale per osservare i lavori in corso, sostando ad una distanza di circa 10 mt dalla recinzione, e violando, così, il divieto di avvicinamento di 300 mt irrogato dal Giudice: "sì, si è avvicinato a 10 metri, proprio davanti la strada. È passato più volte, si è fermato là davanti, è stato a guardare. Guardava, insomma, nel modo un po' provocatorio" .il tutto avveniva alla presenza dei suoi dipendenti Mu.Al. e Mu.Mi.: "il giorno che stavo posizionando questi Ne. con i miei due dipendenti, Mu.Al. e Mu.Mi., che mi sono pure cognati, c'era mio nipote Ga. con la macchina che faceva avanti e indietro davanti la strada, davanti al mio piazzale". Riferiva di averlo visto distintamente, riconoscendo lui e la madre, sua cognata, ZA.GI. e di aver estratto i video dalle telecamere di videosorveglianza installate sia nei pressi del piazzale che presso la sua azienda, distante circa 1 km-1,5 km. Precisava che il piazzale è sito in via (...), mentre l'azienda sulla SP 87.
Confermava che dopo l'intervento dei vigili aveva deciso di interrompere le operazioni di installazione dei blocchi di cemento, pur essendo convinto che la recinzione fosse stata illegittimamente estratta dal nipote, avendo denunciato la pratica al Comune mediante la SCIA ed il pagamento di quanto dovuto. Riconosceva le foto che venivano mostrate dal PM (pag. 26 e 28, 29 e 30) che riproducevano suo nipote e sua cognata e l'auto in loro uso, una Panda Bianca, posizionata vicino i mezzi di sua proprietà. Ribadiva, infine, che le discussioni familiari si erano ripetute frequentemente nel tempo, tanto da necessitare ogni volta dell'intervento della forza pubblica ("sempre! Sempre!! Carabinieri, sempre, è arrivato persino autoambulanze, a volte i vigili del fuoco. Sono arrivati tutti quanti. Polizia municipale.
È una cosa proprio"). Quanto all'azienda sita sulla SP 87, la sua presenza in loco era immotivata, non avendo alcun interesse a passare e/o a fermarsi, né altre proprietà.
A domanda della Difesa, negava che il prevenuto SC.GA. avesse mai ricoverato la propria automobile nel deposito ubicato presso la palazzina condominiale, sostenendo che, invece, avesse adibito il deposito a miniappartamento ricavandone una tavernetta dove attualmente ci abitava e dove era sempre entrato a piedi: "quando io ho messo la recinzione, loro mi hanno denunciato". Peraltro, sosteneva che la recinzione aveva lasciato, comunque, un varco aperto per il passaggio a piedi, senza intercludere il fondo. Confermava di abitare in zona diversa e distante dall'abitazione del prevenuto (a circa 300-500 mt) pur essendo residente in via (...). Giustificava il timore nutrito nei confronti dell'imputato dichiarando di essere stato da questi aggredito in una precedente occasione.
Le indagini relative ai fatti di causa sono state svolte dal BRIGADIERE PO.AL., in servizio presso la Stazione di Rionero in Vulture che, ascoltato all'udienza del 17/04/2023, riferiva di aver ricevuto la querela di SC. e di aver visionato le immagini dei due sistemi di videosorveglianza presenti sia presso il deposito di automezzi industriali di via (...), in Rionero in Vulture, e sia presso quello presente presso l'azienda di Calcestruzzi sita sulla S.P. 87.
Aveva, quindi, proceduto ad estrapolare i frames ritenuti di interesse rispetto alle fasce orarie che erano state indicate nella denuncia. Riconosceva i verbali di visione di immagini a sua firma prodotti dal PM.
Illustrava le foto estratte dove erano visibili le automobili delle persone querelate, in particolare una Panda Bianca e una Focus.
Precisava che, pur non essendo visibili le targhe, la descrizione fatta in querela risultava compatibile con le auto inquadrate negli orari indicati. Solo nel secondo file era visibile anche un'automobile modello Audi, riconducibile a tale Sc.Gi.
Era altresì visibile lo stesso SC.GA. "in un frame delle 12:52 che si avvicina poi alla macchina e subito dopo poi si allontana". Chiariva che il piazzale di via (...) è praticamente adiacente alla palazzina dove abita la madre degli SC. ("ci sta solo un piccolo lembo di terra, però poca distanza") e di aver riconosciuto SC.GA. dalla corporatura, pur non essendo mai inquadrato il volto. In sede di controesame specificava, invece, che tra il piazzale di via (...) e l'azienda vi erano almeno 4 km di distanza. A domanda della Difesa, rilevava che la panda Bianca inquadrata nel frame 5 del file 2 delle 12.21, risultava essere diversa da quella inquadrata nel frame n. 2 del file 1 delle 12:52 in quanto la prima era priva del portapacchi e della banda laterale nera. Riguardo al luogo dove era stato inquadrato SC.GA. precisava che trattavasi del cantiere di un altro zio del prevenuto, Sc.Gi., adiacente a quello del querelante, e diviso da questo da una recinzione alta circa 2-4 mt parzialmente coperta da vegetazione: "AVV: quindi non è possibile vedere da un piazzale all'altro? DICH.: ad occhio tenderei ad escluderlo".
Anche il teste MU.MI., dipendente di SC.GE. e suo cognato, confermava la dinamica dei fatti denunciati dal querelante. II teste, infatti, era presente in azienda quel 5.2.2022, allorquando stava posizionando le barriere cosiddette Ne.
Si avvedeva sin da subito della presenza di SC.GA., localizzandolo a circa 10-20 mt lontano dal cancello dove si trova il deposito dei mezzi. Ricordava di averlo visto sopraggiungere a bordo di una Panda Bianca e che si era intrattenuto a parlare con la moglie. Dopodiché era sopraggiunta la madre di GA., tale ZA.GI., a bordo della sua Focus Blu. Quest'ultima avrebbe iniziato ad inveire contro SC.AN., pure là presente, con dei gestì delle mani: "si la mano in bocca stringeva in mezzo ai denti". Il teste riferiva che la ZA. si era intrattenuta un pò e poi era andata via di corsa a bordo della propria autovettura. SC.GA., invece, "guardava a noi che montavamo i new jersey; faceva avanti e indietro. Con la macchina se n'è andato, poi è tornato, poi se n'è andato". A domanda della P.C. rispondeva che, terminato il lavoro, i due dipendenti si erano recati presso l'azienda di calcestruzzi ed avevano notato che SC.GA. li aveva seguiti, sempre a bordo della sua Panda Bianca sino all'azienda per poi proseguire diritto. In sede di controesame, precisava di aver visto SC.GA. dapprima, vicino alla macelleria di fronte al piazzale, parlare con la moglie ad una distanza di circa 15-30 mt, e poi a bordo della sua autovettura andare e venire. Ricordava dell'arrivo dei vigili, ma sosteneva che al loro sopraggiungere il lavoro era già ultimato. Confermava che SC.GA. aveva seguito i due operai sino all'azienda a bordo della sua Panda Bianca.
Era presente ai fatti, quel giorno, anche MU.CA., dipendente e nipote di SC.GE. e nipote anche di MU.MI.
La sua deposizione è sostanzialmente sovrapponibile a quella dello zio. Tuttavia, MU.CA. precisava di aver visto prima la moglie di SC.GA., "vicino a noi, che sembrava stesse riprendendo", mentre l'imputato si trovava nei pressi della macelleria, ma più lontano. All'arrivo al cantiere non ricordava se SC.GA. fosse sceso dall'auto. In sede di controesame chiariva che la moglie di SC.GA. si trovava all'interno del piazzale condominiale, tra i due cancelli di ingresso, "vicino a dove abita", poi si era avvicinata al marito che si trovava a 30-40 mt di distanza, vicino la macelleria. Confermava che l'imputato non era mai entrato nel piazzale dello zio. Ricordava l'auto di SC.GA., senza sapere indicare con precisione il modello e le sue caratteristiche. Precisava che dopo essersi messo alla guida del camion, seguito dall'autovettura dello zio MU.MI., all'altezza della rotonda per andare a Melfi, ovvero a circa 3-4 km dal piazzale aveva visto sopraggiungere SC.GA., che li aveva seguiti sino all'azienda. Dopodiché aveva proseguito il suo tragitto. Precisava però di averlo rivisto poco dopo "che scendeva". A domanda della Difesa rispondeva che SC.AN. era sopraggiunta dopo circa un'ora-due ore dall'inizio dei lavori, a lavoro quasi ultimato. Confermava che erano presenti al fatto SC.GE., SC.GA. e la moglie, SC.AN. e MU.MI., e che ad un certo punto vide sopraggiungere la ZA., che inveiva contro SC.AN.
La Difesa non ha addotto alcun elemento a discarico dell'imputato. Quest'ultimo, ascoltato all'udienza del 2/07/2024, dichiarava che quel giorno si trovava a lavoro, presso il bar di sua titolarità "(...)".
Che durante il turno di mattina in genere rimaneva da solo, per cui nessuno poteva confermare il suo alibi. Di ricordare, comunque, che quel giorno fu la moglie ad avvisarlo che suo zio stava cintando la sua proprietà con dei plinti di cemento. Chiariva che nel periodo relativo ai fatti, essendo attinto da misura cautelare di divieto di dimora in via (...), era domiciliato presso l'abitazione della madre, in c.da (...), fuori paese e che, comunque, per andare a lavoro non aveva necessità di passare dinanzi al piazzale di via (...). Che, comunque, dalla sua attività a via (...) vi è una distanza di circa un chilometro e mezzo. Negava di essersi recato sui posti quel giorno, mentre riferiva che la moglie lo avrebbe chiamato per avvisarlo dell'apposizione dei blindi di cemento da parte dello zio ed aveva scattato delle foto, prodotte agli atti. Negava la presenza dei testi escussi, non rilevabili dalle foto prodotte. Confermava di aver chiamato lui stesso i vigili, ma di non conoscere l'esito del sopralluogo. Infine, riferiva di aver proposto un nuovo ricorso avverso l'apposizione illegittima delle barriere in cemento e di attenderne l'esito.
Orbene, l'istruttoria dibattimentale, ha restituito a questo Tribunale una piattaforma probatoria che consente di formulare, a carico di SC.GA., un giudizio di penale responsabilità.
Depongono in tal senso le dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di escussione dibattimentale e quelle di tutti gli altri testi escussi. SC.GE. riferiva, infatti, che il nipote, in occasione dei lavori di recinzione del piazzale della sua azienda sito in via (...), si era avvicinato per avere contezza di quanto stesse accadendo, ad una distanza di circa 10 mt.; anche SC.AN. riferiva della presenza del cugino nel piazzale adiacente a quello in cui era presente il padre; MU.MI. localizzava SC.GA. ad una distanza di circa 10-20 mt; MU.CA. precisava che l'imputato si trovava all'interno del piazzale condominiale, tra i due cancelli di ingresso, "vicino a dove abita", e che poi si era avvicinato a circa 30-40 mt di distanza.
Le dichiarazioni rese dalle persone offese trovano, quindi, pacifico riscontro nelle deposizioni degli ulteriori testi oculari della vicenda, i quali confermano di aver visto l'imputato intrattenersi nei pressi del piazzale, ad una distanza non superiore ai 40 mt. Sulle già intrinsecamente attendibili dichiarazioni dei testi si sono poi innestati gli ulteriori dati probatori costituiti dalla produzione documentale ed in particolare dalle immagini estrapolate dai due sistemi di videosorveglianza presenti sia presso il deposito di automezzi industriali di via (...), in Rionero in Vulture, e sia presso quello presente presso l'azienda di Calcestruzzi sita sulla S.P. 87.
Il BRIGADIERE FO., in servizio presso la Stazione di Rionero in Vulture, ascoltato all'udienza del 17/04/2023, riferiva di avere personalmente visionato, riconoscendo l'imputato presso il piazzale adiacente a quello del querelante, nonché le autovetture in uso allo stesso.
In particolare, i testi MU.CA. e MU.MI. riferivano che SC. li aveva seguiti sino alla sede dell'azienda sita sulla S.P. 87 a bordo della sua Panda Bianca. Ed il brigadiere PO. riconosceva, dalle immagini estrapolate, il luogo dove era stato inquadrato SC.GA. nel cantiere di un altro zio del prevenuto, Sc.Gi., adiacente a quello del querelante.
In definitiva alla luce della pluralità della coerenza e della linearità degli elementi probatori raccolti, non smentiti in alcun modo da fonti dimostrative di senso contrario, il reato contestato deve ritenersi comprovato in ogni sua componente.
È pacifico, infatti, che il SC.GA. fosse sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento a meno di 300 mt dai luoghi frequentati da SC.GE., (cfr. provvedimento GIP Potenza n. 2845/2021 R.G. GIP - 1819/2021 RGNR- 1/2012 R. M. C. del 03.01.2022) ed è risultato provato che il 5/02/2022, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, abbia violato tale misura, dapprima recandosi, a bordo della sua autovettura, in via (...), dinanzi alla proprietà della persona offesa intenta a svolgere dei lavori di messa in sicurezza, passando più volte e osservando, ad una distanza non inferiore a 10 mt e non superiore a 40 mt; e successivamente abbia seguito, a bordo della sua autovettura, la persona offesa, sino all'azienda della stessa, sulla S.P. 87 Piano del Conte, passando più volte nelle vicinanze e trattenendosi in un terreno adiacente. Dall'esame reso dall'imputato e dalla produzione documentale della Difesa, ma anche dalle dichiarazioni della parte offesa, è emerso che tra le parti pende un annoso contenzioso civile relativo proprio alla legittimità della recinzione di confine tra le rispettive proprietà. Al riguardo va preliminarmente citato, quanto ai criteri ermeneutici da applicare al caso di specie, il consolidato e condivisibile orientamento della Suprema Corte secondo il quale il reato di cui all'art. 387-bis c.p., introdotto dalla L. n. 69 del 2019, art. 4, ha carattere plurioffensivo perché il bene giuridico protetto si individua sia nella tutela della vittima, sotto il profilo fisico, psichico ed economico, sia nella corretta esecuzione dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria (Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 19442 del 28 marzo 2023).
D'altro canto, la pendenza del detto contenzioso rende inverosimile la tesi dell'imputato che dichiarava di aver avvisato i vigili quel giorno, ma di non essersi mai spostato dalla sua attività commerciale, in quanto alibi non confermato da alcuno e che non ha trovato riscontro in nessun altro elemento oggettivo, mentre tutti i testi escussi e le foto estratte dal sistema di videosorveglianza hanno, invece, dimostrato esattamente il contrario.
Tanto premesso in punto di fatto, ritiene il Giudice che gli esiti dell'istruttoria dibattimentale consentano di ritenere, senza ombra di dubbio, che l'imputato abbia violato gli obblighi derivanti dalla misura cautelare cui era sottoposto.
Tuttavia, venendo alla determinazione della pena, questo Giudice ritiene di poter concedere le circostanze attenuanti generiche al fine di adeguare l'entità della pena alla concreta gravità del fatto, tenendo conto delle modalità dell'azione attesto che l'avvicinamento dello SC. non era sfociato in nessun'altra condotta minacciosa e/o lesiva ai danni del querelante, costituendo, quindi, mera violazione della misura cautelare.
Ne consegue che, alla stregua degli indici di commisurazione della pena codificati dall'art. 133 c.p., appare equo irrogare a SC.GA. la pena di mesi cinque di reclusione, così determinata: pena base mesi sei, ridotta di un terzo per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, a mesi quattro, aumentata per la continuazione a mesi cinque. All'affermazione della penale responsabilità dell'imputato, segue per legge la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.
È possibile riconoscere all'imputato, infine, la sospensione condizionale della pena, perché la pena applicata con la presente sentenza non supera i due anni e l'imputato non ha fruito in passato del beneficio. Inoltre, alla luce delle risultanze del casellario giudiziale in atti, si può formulare una prognosi favorevole in ordine alla circostanza che egli si asterrà in futuro dalla commissione di nuovi reati.
Dai fatti illeciti commessi, inoltre, è derivato certamente per la parte civile costituita un ingiusto danno eziologicamente riferibile alla condotta degli imputati, da liquidarsi in separata sede, onde raccogliere elementi che consentano una più precisa determinazione dell'ammontare del pregiudizio subito dalla vittima.
L'imputato va, quindi, condannato al risarcimento dei danni subiti dalla costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede, nonché alla refusione delle spese di costituzione e di rappresentanza da questa sostenute che si liquidano in euro 1.400,00 oltre IVA CPA e rimborso forfettario come per legge.
Quanto alla posizione di ZA.GI., invece, va detto che la presenza dell'imputata sui luoghi di causa, pur confermata sia dalle parti offese, SC.GE. ed AN., che dal teste MU.MI., non ha assunto rilievo penale, in quanto, ad eccezione dei gesti descritti, nessuno dei testi escussi è riuscito a precisare quali parole avesse pronunciato la prevenuta al loro indirizzo (a causa della distanza spaziale tra i luoghi). Il gesto descritto, consistito nel "posizionare una mano in mezzo ai denti", non risulta necessariamente connotato da un'univoca valenza minacciosa, potendo anche meramente assumere il significato di un rimprovero ovvero esprimere un generico disappunto. L'imputata andrà mandata assolta, quindi, con la formula di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533-535 c.p.p., dichiara SC.GA. colpevole del reato a lui ascritto e riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ritenuta la continuazione, lo condanna alla pena di mesi cinque di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa.
Condanna l'imputato SC.GA. al risarcimento dei danni subiti dalla costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede, nonché alla refusione delle spese di costituzione e di rappresentanza da questa sostenute che si liquidano in euro 1.400,00 oltre IVA CPA e rimborso forfettario come per legge.
Letto l'art. 530 c.p.p. assolve ZA.GI. dal reato a lei ascritto perché il fatto non sussiste.
Motivi in giorni novanta.
Così deciso in Potenza il 2 luglio 2024.
Depositata in Cancelleria il 30 settembre 2024.