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Sequestro cannabis light: è legittimo anche se la percentuale di THC è inferiore allo 0,5%

Sentenze

Cassazione penale sez. VI, 17/11/2020, n.1245

Con la sentenza in argomento, la Suprema Corte ha affermato che in tema di stupefacenti, è legittima l'adozione di un provvedimento di sequestro di cannabis light a fronte di una percentuale di THC in misura inferiore al valore dello 0,5%, essendo devoluto alle successive fasi di merito l'accertamento in concreto della effettiva efficacia drogante della sostanza, intesa quale attitudine a provocare o meno effetti psicogeni.


Fatto

1. Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Brindisi rigettava la richiesta di riesame proposta nell'interesse di B.C. avverso il decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi, che in data 4 marzo 2020 aveva disposto il sequestro preventivo in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, di confezioni di cannabis sativa light (denominate "(OMISSIS)", "(OMISSIS)" e "(OMISSIS)") in vendita all'interno dell'esercizio commerciale nella sua disponibilità.


Nella ordinanza del Tribunale del riesame si premette che in data 11 luglio 2019 era stato condotto un controllo da parte dei Carabinieri all'interno dell'esercizio commerciale gestito dal B. e nel quale erano esposte per la vendita al pubblico confezioni di prodotti di cannabis light, i cui rapporti di prova rilasciati dall'Università del Salento evidenziavano la presenza di THC tra lo 0,27% e lo 0,40%.


Gli accertamenti tossicologici eseguiti dai Carabinieri su alcuni campioni avevano riscontrato che i reperti esaminati erano foglie ed infiorescenze di cannabis contenti percentuali di THC tra lo 0,10 e lo 0,37.


Sulla scorta di tali esiti, il P.M. aveva quindi richiesto l'emissione del decreto di sequestro preventivo, ipotizzando a carico del B. il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.


2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione B.C., denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p..


2.1. Violazione di legge con riferimento al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4, alla L. n. 242 del 2016, alla sentenza delle Sezioni Unite n. 30475 del 2019 e all'art. 321 c.p.p., quanto alla sussistenza del fumus comissi delicti.


Il Tribunale ha ritenuto di ravvisare il fumus del reato pur in presenza di una indagine tossicologica (altrimenti inutile) che dava atto della presenza nel materiale sequestrato di THC ben al di sotto della soglia minima drogante, da ritenersi nella misura dello 0,5% di principio attivo secondo la più accreditata letteratura scientifica (i reperti esaminati contenevano THC pari a 0,10%, 0,28%, 0,37%). In tal modo il Tribunale si è posto in contrasto con quanto affermato dalle Sezioni unite della Suprema Corte in tema di commercializzazione al pubblico di derivati della coltivazione della cannabis sativa light e che ha escluso la fattispecie penale di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, in presenza di derivati "privi di ogni efficacia drogante e psicotropa".


In modo erroneo il Tribunale ha ricondotto la attività di commercializzazione dei derivati della cannabis alla normativa contenuta nella L. n. 242 del 2016, anzichè al solo parametro di legalità del D.P.R. n. 309 del 1990, che veniva in discussione nel caso in esame.


Il ragionamento seguito dal Tribunale è fallace in quanto considera l'esistenza del fumus ancor prima dell'esito dell'indagine tossicologica, laddove invece tale indagine era il presupposto per l'accertamento del reato.


Altro dato censurabile dell'ordinanza impugnata riguarda la considerazione del valore soglia del THC pari a 0,5%: secondo il Tribunale tale dato non avrebbe alcun valore probatorio.


Ogni caso anche a non voler utilizzare tale dato, il Tribunale doveva tener conto della inefficacia drogante o psicotropa che costituisce il limite per l'offensività del reato.


In modo contraddittorio, il Tribunale ha utilizzato il dato del quantum del THC sostenendo che le inflorescenze commercializzate sarebbero caratterizzate da un contenuto di THC basso, di regola inferiore allo 0,2%. Tale limite tuttavia non ha alcun valore probatorio tantomeno a fini penali. Esso ha valenza puramente amministrativa ed è collegato alla possibilità di ottenere un finanziamento in campo Europeo.


La ordinanza impugnata ignora inoltre il decisum di altra pronuncia della Corte di cassazione, la n. 10.809 del 2019, con la quale si è affermato, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 73 cit., della necessaria concreta efficacia psicotropa della sostanza alla luce della verificata percentuale di THC, considerata "secondo le attuali valutazioni tecniche".


I Giudici del riesame, nel negare che la percentuale dello 0,5% costituisca una presunzione su cui fondare il dedotto automatismo dell'assenza di rilevanza penale della condotta di confezioni di cannabis sativa light, non hanno indicato però quale sia la percentuale di THC che escluda l'illecito, così da consentire di formulare in termini di certezza un giudizio di assenza dell'efficacia drogante o psicotropa.


Le rilevanti illogicità in relazione al tema del fumus si riverberano anche sul presupposto del periculm in mora, che deve presentare i requisiti di concretezza ed attualità e deve consistere nel legame funzionale tra il bene e la possibilità di recidiva o aggravamento o prosecuzione del reato oggetto di indagine.


2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4, e agli artt. 125 e 321 c.p.p., in ordine alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora.