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Violenza sessuale: Anche il gesto compiuto per finalità di irrisione può integrare il reato.

Con la sentenza in argomento, la Suprema Corte ha affermato che è qualificabile come atto sessuale punibile ai sensi dell'art. 609-bis c.p. anche il gesto compiuto "foci causa" o con finalità di irrisione se, per le caratteristiche intrinseche dell'azione, esso rappresenta un'intrusione violenta nella sfera sessuale della vittima (sez. IV, 06/04/2022).

Cassazione penale sez. IV, 06/04/2022, (ud. 06/04/2022, dep. 15/04/2022), n.14742

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 luglio 2019 la Terza sezione penale della Corte di cassazione ha annullato la sentenza emessa il 23 novembre 2017 dalla Corte di appello di Caltanissetta nei confronti di L.M. e L.G. ritenuti responsabili del reato di cui all'art. 609-quater c.p..


Agli imputati era stato contestato di aver compiuto, dall'anno (OMISSIS) fino al (OMISSIS), atti sessuali con Le.Gi. e L.M.C. (all'epoca infraquattordicenni), figlie di L.M. e nipoti di L.G.. Per questo reato, con sentenza del 29 novembre 2016, M. e L.G. erano stati condannati dal Tribunale di Enna (riconosciute per L.G. l'attenuante della minore gravità e le attenuanti generiche).


L'annullamento della sentenza della Corte di appello del 23 novembre 2017, che confermava la condanna intervenuta in primo grado, è stato disposto, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Caltanissetta, ritenendo che fosse stata omessa un'adeguata verifica delle ragioni ostative all'assunzione della testimonianza di L.M.C., alla cui audizione non si era proceduto - sul rilievo del ruolo marginale della minore e di una condizione di disagio non adeguatamente verificata - così privando l'istruttoria dibattimentale di un apporto probatorio significativo.


Seguendo le indicazioni contenute nella sentenza di annullamento, la Corte di appello di Caltanissetta, giudicando in sede di rinvio, ha proceduto all'assunzione della testimonianza di L.M.C., divenuta maggiorenne e, con sentenza del 5 luglio 2021, ha confermato la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Enna il 29 novembre 2016.


2. M. e L.G. hanno proposto ricorso contro la sentenza pronunciata dal giudice di rinvio articolandolo in più motivi.


2.1 Col primo motivo il difensore degli imputati lamenta la mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in merito alla richiesta di perizia sulle persone di Gi. e L.M.C.. Sostiene che non sarebbe stata adeguatamente valutata la capacità delle persone offese di riferire i fatti senza ricostruzioni fantasiose e in termini aderenti alla realtà. Sottolinea che le dichiarazioni delle minori furono condizionate, quando non involontariamente indirizzate, perché nella fase iniziale delle indagini furono disattese le linee guida, contenute nella Carta di Noto, per l'esame del minore in caso di abuso sessuale. Assume che, scegliendo di non disporre una perizia psicologica sulle persone offese, i giudici di merito avrebbero pregiudicato i diritti della difesa.


2.2. Col secondo motivo, i ricorrenti lamentano la mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in merito alla richiesta di confronto tra L.M. e la figlia M.C., che avrebbe negato all'imputato la possibilità "di contestare alla figlia, finalmente in contraddittorio, le ingiuste e fantasiose accuse mossegli".


2.3. Col terzo motivo, i ricorrenti lamentano la manifesta illogicità della motivazione che non avrebbe tenuto conto della marcata conflittualità endofamiliare, idonea a condizionare le dichiarazioni rese da Le.Gi.. Sostengono, inoltre, che sarebbe irragionevole la motivazione con la quale i giudici di merito hanno negato potesse avere rilievo in favore degli imputati la circostanza che il procedimento ebbe origine da una segnalazione della madre delle persone offese avvenuta a distanza di oltre tre anni dalla separazione tra i coniugi e di oltre un anno dall'interruzione dei rapporti tra il padre e le figlie. Lamentano, infine, che i giudici di merito non avrebbero fornito una convincente spiegazione della diversità delle dichiarazioni rese da Le.Gi. nelle varie fasi del procedimento e non avrebbero considerato, svalutandole, le dichiarazioni rese dai testimoni a discarico.


2.4. Col quarto e ultimo motivo, L.G. lamenta manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione che lo riguarda, asseritamente fondata su una inesatta lettura delle dichiarazioni rese da Le.Gi..


4. Nei termini di legge il PG ha rassegnato le proprie conclusioni scritte per l'udienza senza discussione orale (D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020 n. 176, come prorogato D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, ex art. 16 convertito con modificazioni dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15) e ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.


Il difensore delle parti civili costituite, Loredana Piera Bologna, Le.Gi. e L.M.C., e il difensore degli imputati hanno depositato memorie scritte, rispettivamente il 30 e il 28 marzo 2022. Il difensore di parte civile ha chiesto il rigetto del ricorso. Il difensore dell'imputato ne ha chiesto l'accoglimento richiamandosi nella sostanza ai motivi già formulati.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nessuno dei motivi di ricorso supera il vaglio di ammissibilità.


2. La prima censura si riferisce alla scelta dei giudici di merito di non disporre perizia sulla capacità a testimoniare delle persone offese. Si osserva in proposito che, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di violenza sessuale nei confronti di minori, il mancato espletamento di una tale perizia non determina l'inattendibilità della testimonianza della persona offesa. Se non emergono elementi patologici che possano far dubitare della capacità a testimoniare, infatti, un accertamento peritale sul punto non è indispensabile (Sez. 3, n. 8541 del 18/10/2017, dep. 2018, M., Rv. 272299; Sez. 3, n. 25800 del 01/07/2015, dep.2016, C., Rv. 267323).


Nel caso in esame, a fronte di una consulenza della difesa che sottolinea il ritardo cognitivo da cui Le.Gi. sarebbe affetta e il suo basso quoziente intellettivo, i giudici di merito hanno aderito alle osservazioni del consulente del pubblico ministero, secondo le quali il basso livello intellettivo della persona offesa non si traduce in un deficit cognitivo strutturale, ma dipende da gravi carenze culturali che limitano la ricchezza e la proprietà del linguaggio, la corrispondente elaborazione concettuale, ma non la capacità di osservare gli avvenimenti, comprenderli nella loro fenomenologia e narrarli. Una conclusione che, con motivazione esauriente, le sentenze di merito hanno ritenuto di condividere anche alla luce della audizione - e diretta osservazione della testimone - compiuta dal giudice di primo grado.


Quanto a L.M.C., che è stata esaminata per la prima volta il 30 novembre 2020 dalla Corte di appello, nulla consente di ipotizzare che sia incapace a testimoniare, tanto più che, quando è stata sentita, era ormai maggiorenne.


A quanto sin qui esposto si deve aggiungere che il motivo di ricorso difetta di specificità. Lamenta, infatti, la mancanza di un accertamento peritale volto a stabilire se Gi. e L.M.C. siano in grado di riferire i fatti in modo "aderente alla realtà", ma, nel motivare sulla necessità di tale accertamento, sembra ritenere che una perizia sarebbe stata necessaria per valutare l'attendibilità delle persone offese.


Si deve allora ricordare che vi è una radicale differenza tra capacità a testimoniare e attendibilità, perché il primo dei due concetti si riferisce alla capacità del soggetto di percepire la realtà e riferire sui fatti di cui è a conoscenza senza influenze dovute a patologie, mentre il secondo si riferisce alla veridicità del narrato (Sez. 3, n. 15207 del 26/11/2019, dep. 2020, K., Rv. 278780). Occorre poi ribadire il principio, più volte affermato da questa Corte di legittimità, secondo il quale la valutazione dell'attendibilità delle dichiarazioni rese dal teste minore vittima di reati sessuali - come, in generale, ogni valutazione in punto di attendibilità è compito esclusivo del giudice, che deve procedere all'esame della condotta del dichiarante, della linearità del suo racconto e dell'esistenza di riscontri esterni allo stesso, non potendo limitarsi a richiamare il giudizio espresso a riguardo da periti e consulenti tecnici ai quali non può essere delegata tale verifica, ma solo l'accertamento dell'idoneità mentale del teste diretta ad appurare se questi sia stato capace di rendersi conto dei comportamenti subiti e sia in grado di riferirne (Sez. 3, n. 47033 del 18/09/2015, F., Rv. 265528; Sez. 3, n. 189 del 12/11/2020, dep. 2021. L., Rv. 280824).


Tali principi sono stati puntualmente applicati dai giudici di merito, che hanno escluso la necessità di ricorrere alla perizia non essendo emerso né dalle dichiarazioni di Le.Gi., né da quelle di L.M.C. alcun elemento che avrebbe potuto far dubitare della loro capacità a testimoniare.


3. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile.


La richiesta di procedere a confronto tra L.M. e la figlia M.C. è stata avanzata di fronte alla Corte d'appello all'udienza del 30 novembre 2020 in occasione dell'esame della teste. Si tratta dunque di una richiesta di ulteriore rinnovazione dell'istruzione dibattimentale ai sensi dell'art. 603 c.p.p., comma 1, il cui rigetto si sottrae al sindacato di legittimità quando, come nel caso di specie, la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fonda su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità (Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, G., Rv. 280589).


A ciò deve aggiungersi che, a fronte di contrastanti versioni fornite dai dichiaranti, nessuna norma processuale impone di procedere a confronto ai sensi dell'art. 211 c.p.p. e spetta al giudice apprezzare, secondo il proprio libero convincimento, il grado di attendibilità dell'una piuttosto che dell'altra dichiarazione (Sez. 6, n. 20269 del 20/04/2016, S., Rv. 266747; Sez. 1, n. 40290 del 26/06/2013, Giannizzari, Rv. 257247).


4. Col terzo e quarto motivo i ricorrenti chiedono, nella sostanza, una rivalutazione del compendio probatorio, che è stato integrato, nel giudizio di rinvio, con la testimonianza di L.M.C. ed esaminato in modo esauriente dalla sentenza impugnata, la quale richiama ampiamente, per quanto riguarda le prove assunte già in quella sede, le motivazioni della sentenza di primo grado.


Le sentenze di merito - che possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595) - danno conto delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini da Le.Gi. e di quelle rese da L.M.C. a seguito della rinnovazione istruttoria disposta in appello. Spiegano, con motivazione completa, non manifestamente illogica e non certo contraddittoria, che, in tutte le dichiarazioni rese, Le.Gi. ha confermato il nucleo centrale del proprio racconto mostrandosi via via più adeguata nella narrazione, inizialmente condizionata dalla convinzione di una consapevole tolleranza se non, addirittura, di una "diffusa adesione del nucleo familiare rispetto al comportamento del padre". La sentenza impugnata sottolinea, inoltre, che il racconto di Le.Gi. è stato confermato, nel corso della rinnovazione istruttoria, dalla deposizione di L.M.C., trascrive integralmente questa deposizione e la valuta particolarmente attendibile evidenziando che si tratta di un racconto "privo di derive, contenuto nell'esposizione (...), attendibile espressione di una lacerazione esistenziale attuale e dolorosa ascrivibile all'esperienza patita a fronte di una accusa immediata, precisa, immune da tentennamenti e reiterata con fermezza nel corso dell'esame" (pagg. 11 e 12 della sentenza impugnata).


La Corte territoriale ha illustrato con precisione le ragioni in forza delle quali ha ritenuto attendibili le dichiarazioni delle persone offese e significativi i riscontri emersi in giudizio: dai racconti della madre e della nonna materna, ai comportamenti "sessualmente allarmanti anche consistenti in un vocabolario e in atteggiamenti erotici e seduttivi" tenuti da Gi.; comportamenti che la madre della minore segnalò ai servizi sociali nel (OMISSIS), ma erano già stati segnalati dalle insegnanti della bambina nel (OMISSIS) (senza esito, per l'indisponibilità della minore alla prosecuzione di un programma di sostegno che pure era stato avviato e i servizi sociali ritenevano opportuno). Ha spiegato, inoltre, di aver ritenuto che il lungo lasso di tempo trascorso tra la segnalazione che ha dato origine al procedimento e i fatti oggetto di imputazione non potesse essere valutato in favore degli imputati perché la madre delle minori, da anni separata da L.M., aveva chiuso ogni rapporto con la famiglia di lui, e, dunque - diversamente da quanto ipotizzato dalla difesa - non aveva più concreto interesse a strumentalizzare le figlie. Una argomentazione che non può essere considerata incoerente, contraddittoria o illogica.


Diversamente da quanto sostenuto dai l ricorrenti, le sentenze di merito non omettono di valutare le dichiarazioni rese dai testimoni a discarico, ma le esaminano in dettaglio considerandole contrastanti e per questo inattendibili: una valutazione non sindacabile in questa sede di legittimità perché non manifestamente illogica né intrinsecamente contraddittoria.


5. Le sentenze di merito, infine, esaminano la posizione di L.G. e la tesi difensiva secondo la quale egli toccava i seni della nipote Gi. solo per compiacersi del suo sviluppo fisico, quindi per scherzo e senza malizia. Nel farlo, osservano che tale prospettazione non vale a scusare né scriminare un atto sessuale consistente in un toccamento deliberato e volontario al quale la minore ha riferito di aver cercato di sottrarsi. La circostanza che Le.Gi. abbia dichiarato che "di altro" (id est: per il resto) andava d'accordo con lo zio G. e i rapporti con lui non erano "stati mai male" (circostanza sulla quale si insiste nel ricorso), può far pensare, al più, che la minore fosse consapevole del carattere scherzoso dei toccamenti subiti, ma, secondo i giudici di merito, ciò non escluderebbe la sussistenza del reato. Tali considerazioni sono coerenti con i principi di diritto enucleati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale è qualificabile come atto sessuale punibile ai sensi dell'art. 609-bis c.p. anche il gesto compiuto "foci causa" o con finalità di irrisione se, per le caratteristiche intrinseche dell'azione, esso rappresenta un'intrusione violenta nella sfera sessuale della vittima (Sez. 3, n. 1709 del 01/07/2014, dep. 2015, M., Rv. 261779; Sez. 3, n. 39718 del 17/06/2009, Baradel, Rv. 244622). Un principio che è stato affermato con riferimento alla fattispecie incriminatrice di cui all'art. 609-bis c.p. ma vale, a maggior ragione, nel caso in cui il gesto asseritamente scherzoso sia compiuto in danno di minori.


6. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, in solido, alla rifusione delle spese in favore delle parti civili costituite il cui difensore ha depositato conclusioni scritte.


Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che i ricorrenti non versassero in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue per ciascuno di loro, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere di versare la somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.


PQM

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende, nonché, in solido, alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore delle parti civili Le.Gi. e L.M.C., liquidate in 3.600,00 Euro, oltre accessori come per legge; nonché nei confronti di Bologna Loredana Piera, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Caltanissetta con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83 in favore dello Stato.


In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 aggiornato al D.Lgs. n. 101 del 2018 in quanto imposto dalla legge.


Così deciso in Roma, il 6 aprile 2022.


Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2022

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