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Z c. Finlandia (CEDU): la riservatezza dei dati sanitari come principio “vitale” e i limiti probatori nel processo penale

Z c. Finlandia (CEDU): la riservatezza dei dati sanitari come principio “vitale” e i limiti probatori nel processo penale

1. Premessa

La pronuncia Z c. Finlandia della Corte europea dei diritti dell’uomo (25 febbraio 1997, ric. n. 22009/93) costituisce un passaggio decisivo nell’elaborazione giurisprudenziale dell’art. 8 CEDU, con particolare riferimento alla tutela della riservatezza dei dati sanitari.

La Corte riconosce che le informazioni relative allo stato di salute – e in specie quelle concernenti l’infezione da HIV – appartengono alla categoria più sensibile dei dati personali, la cui divulgazione può determinare conseguenze devastanti sul piano sociale, lavorativo ed esistenziale.

La sentenza segna un punto di equilibrio tra l’interesse pubblico alla repressione dei reati più gravi e il diritto individuale alla privacy, imponendo agli Stati l’adozione di garanzie particolarmente stringenti.


2. I fatti essenziali

La ricorrente, cittadina finlandese, era coniuge di un uomo imputato per violenza sessuale e tentato omicidio aggravati dalla consapevole esposizione delle vittime al contagio da HIV. Entrambi risultavano sieropositivi.

Nel corso del procedimento, le autorità giudiziarie:

  • ordinarono ai medici curanti e allo psichiatra della ricorrente di deporre, nonostante l’opposizione di questi ultimi fondata sul segreto professionale;

  • disposero il sequestro delle cartelle cliniche della donna e la loro integrale acquisizione al fascicolo processuale;

  • limitarono a dieci anni la durata del segreto sugli atti giudiziari;

  • infine, la Corte d’appello di Helsinki rese pubblica una motivazione completa, contenente l’identità della ricorrente e il riferimento esplicito alla sua condizione di sieropositività, diffusa alla stampa nazionale.


3. Le questioni giuridiche

La Corte di Strasburgo fu chiamata a verificare se tali misure integrassero violazioni dell’art. 8 CEDU, sotto il duplice profilo:

  • dell’interferenza nella vita privata della ricorrente, derivante dall’acquisizione e dalla divulgazione di informazioni mediche;

  • della proporzionalità degli strumenti investigativi e delle scelte di pubblicità degli atti giudiziari.

Fu inoltre sollevata la questione della mancanza di rimedi effettivi ex art. 13 CEDU, poi ritenuta assorbita.


4. La decisione della Corte

La Corte di Strasburgo affrontò la vicenda attraverso un bilanciamento delicato fra l’interesse pubblico alla repressione di reati gravissimi e il diritto della ricorrente alla tutela della propria vita privata.

Per quanto riguarda l’audizione dei medici e il sequestro delle cartelle cliniche, i giudici non ritennero sussistente una violazione dell’art. 8 CEDU.

Tali misure, pur invasive, erano circoscritte alla ricostruzione di un dato essenziale per il processo: stabilire se e da quando l’imputato fosse consapevole della propria sieropositività.

Solo attraverso questa verifica era infatti possibile qualificare correttamente i fatti contestati come semplici reati sessuali o, invece, come tentati omicidi.

La procedura, inoltre, si svolse in camera di consiglio e fu accompagnata da cautele significative: obblighi di riservatezza per i soggetti coinvolti e possibilità di controllo giurisdizionale.

Diversa fu la valutazione in merito alla durata del segreto sugli atti processuali.

La decisione delle corti interne di limitare a soli dieci anni la riservatezza del fascicolo fu giudicata dalla Corte europea eccessivamente riduttiva.

Trattandosi di dati estremamente sensibili, la prospettiva di una loro futura divulgazione al pubblico avrebbe esposto la ricorrente a conseguenze permanenti e potenzialmente devastanti, non giustificate da un interesse pubblico prevalente.

Ancora più netta fu la condanna della scelta compiuta dalla Corte d’appello finlandese di menzionare nel testo integrale della sentenza sia il nome della donna sia la sua condizione di sieropositività.

Per i giudici di Strasburgo si trattò di una violazione diretta e ingiustificata dell’art. 8: la pubblicazione di quelle informazioni non era affatto necessaria e avrebbe potuto essere evitata con l’adozione di accorgimenti semplici, quali l’anonimizzazione dei dati o la redazione di una versione abbreviata del provvedimento, come già aveva fatto il giudice di primo grado.


5. I principi di diritto

La sentenza ha fissato alcuni principi di portata generale:

  • la riservatezza dei dati sanitari costituisce un “principio vitale” per il godimento effettivo del diritto alla vita privata;

  • la divulgazione di informazioni relative all’infezione da HIV può comportare stigmatizzazione irreversibile e deve pertanto essere giustificata solo da un “overriding requirement” di interesse pubblico;

  • anche nei procedimenti penali per reati gravissimi, gli Stati devono assicurare garanzie procedurali rigorose (udienze in camera di consiglio, segreto sugli atti, anonimizzazione nelle decisioni pubbliche);

  • il principio di pubblicità del processo non ha carattere assoluto e può essere limitato quando sia in gioco la protezione di dati sanitari ultra-sensibili.


6. Riflessioni conclusive

Z c. Finlandia ha tracciato un percorso che la Corte EDU ha poi consolidato in decisioni successive, riconoscendo agli Stati non solo l’obbligo di astenersi da interferenze arbitrarie, ma anche un dovere positivo di predisporre sistemi di protezione effettivi contro la diffusione indebita di dati medici.

La pronuncia resta oggi un precedente imprescindibile:

  • per la prassi giudiziaria, che deve prevedere forme di anonimizzazione e limitazioni di accesso ai fascicoli;

  • per la difesa, che può invocare l’art. 8 CEDU per contrastare l’acquisizione o la pubblicazione non necessaria di informazioni sanitarie.

In definitiva, la Corte ha chiarito che il diritto alla privacy sanitaria, specie in relazione a patologie stigmatizzanti come l’HIV, non può essere sacrificato sull’altare della trasparenza giudiziaria se non entro i limiti di stretta necessità e proporzionalità.


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