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Non basta risarcire: esclusa l’attenuante dell’art. 62, n. 6 c.p. per l’omissione di soccorso (Cass. Pen. n. 23398/25)

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1. Inquadramento fattuale e processuale

Con la sentenza in commento, la Quarta Sezione penale della Corte di Cassazione è intervenuta a scrutinare la legittimità della concessione di due attenuanti – quella generica e quella di cui all’art. 62, n. 6, c.p. – nel contesto di una condanna per il reato di omissione di soccorso a seguito di incidente stradale, disciplinato dall’art. 189, commi 1, 6 e 7, del Codice della Strada.

L’imputato, ritenuto responsabile dal Tribunale di Brescia, era stato condannato alla pena di quattro mesi di reclusione, con concessione di entrambe le attenuanti.

La Procura Generale proponeva ricorso per cassazione, contestando la congruità e legittimità delle motivazioni adottate dal primo giudice. In particolare, si censurava il riconoscimento delle attenuanti generiche in base a formule apodittiche, e si lamentava l’illegittima applicazione dell’attenuante della riparazione del danno a un reato – l’omissione di soccorso – in cui il bene giuridico protetto non è la persona ma la solidarietà sociale.


2. Il riconoscimento delle attenuanti generiche: legittimità e motivazione essenziale

Quanto alla prima doglianza, la Corte ha ritenuto infondato il ricorso. In linea con un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (ex multis, Cass., sez. II, n. 23903/2020), si ribadisce che per il riconoscimento delle attenuanti generiche è sufficiente anche un solo elemento tra quelli indicati dall’art. 133 c.p., purché ritenuto dirimente dal giudice.

Nel caso di specie, il Tribunale aveva valorizzato due aspetti della condotta dell’imputato:

– l’incensuratezza;

– l’atteggiamento processualmente collaborativo, che si era manifestato – come emerge dalla sentenza – anche nella presentazione spontanea presso la Polizia il giorno successivo all’incidente.

La motivazione, pur sintetica, è stata ritenuta sufficiente a superare il vaglio di legittimità, non risolvendosi in un’apparenza ma offrendo un minimo essenziale di giustificazione, idoneo a soddisfare il precetto dell’art. 125, comma 3, c.p.p.


3. L’attenuante della riparazione del danno nel reato di omissione di soccorso

Decisamente diversa la valutazione in ordine al secondo motivo di ricorso, ritenuto fondato dalla Corte. In sintonia con il precedente Cass., sez. IV, n. 27206/2019, Di Salvatore, la sentenza afferma che l’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, c.p. non è applicabile al reato di omissione di soccorso, in quanto quest’ultimo è reato istantaneo di pericolo, volto a tutelare non l’integrità fisica della persona offesa, bensì la solidarietà sociale.

In altre parole, trattandosi di un illecito che si consuma nel momento stesso in cui viene omesso l’obbligo di fermarsi e prestare assistenza, non vi è spazio per una successiva condotta riparatoria idonea a incidere sull’offesa al bene giuridico. Il risarcimento eventualmente prestato agli eredi della vittima – o ad altri soggetti lesi – non ha rilevanza scriminante o attenuante ai fini dell’art. 62, n. 6 c.p., proprio per l’ontologica incompatibilità tra il fatto tipico e la riparazione successiva.

È altresì irrilevante – sottolinea la Corte – che l’imputato sia stato prosciolto in altro procedimento per il reato di omicidio stradale: la regiudicanda in Cassazione concerne solo la condotta omissiva post factum e non quella causale dell’evento lesivo.


4. Conclusione e rilievi sistematici

La sentenza in esame si colloca nel solco di un rigoroso orientamento volto a circoscrivere l’ambito applicativo delle circostanze attenuanti oggettive, con particolare riferimento ai reati di pericolo e ai doveri solidaristici. Essa conferma che, in tali casi, il giudizio di rimprovero è ancorato alla condotta omissiva e non può essere attenuato da condotte post factum che, pur lodevoli sotto il profilo umano o sociale, non incidono sul disvalore giuridico del fatto tipico.

Dal punto di vista procedurale, merita segnalazione la conferma che il ricorso diretto per cassazione è ammissibile anche laddove le doglianze investano la sufficienza della motivazione, se esse si traducono nella denuncia di vizi formali rilevanti ex art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p. (violazione dell’art. 125, comma 3, c.p.p.), e non semplicemente in valutazioni alternative di merito.

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