
La sentenza n. 7477 del 14 febbraio 2025 della Corte di Cassazione, Sez. V Penale, affronta il tema della bancarotta fraudolenta documentale, impropria da operazioni dolose e patrimoniale, con particolare riferimento alla responsabilità dell’amministratore nelle operazioni infragruppo.
Il caso
L’imputato, De.An., amministratore della Ce.Da. Costruzioni Srl, era stato condannato per bancarotta fraudolenta documentale, impropria da operazioni dolose e patrimoniale dalla Corte d’Appello di Torino, con una pena di tre anni e sei mesi di reclusione. La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la sentenza per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e impropria da operazioni dolose, ma confermando la condanna per bancarotta patrimoniale.
Il principio di diritto: la responsabilità nelle operazioni infragruppo
La Suprema Corte ha ribadito che:
Bancarotta fraudolenta documentale – Non può essere ritenuta automaticamente responsabile la persona che ha cessato l’amministrazione della società senza una chiara dimostrazione del controllo effettivo sull’omessa tenuta delle scritture contabili.
Bancarotta impropria da operazioni dolose – Il semplice mancato pagamento delle imposte e la creazione di un debito erariale non sono sufficienti per attribuire responsabilità all’amministratore uscente, se il dissesto finanziario è stato causato in misura preponderante dalle scelte del successore.
Bancarotta patrimoniale – L’uso distorto delle risorse aziendali per finalità estranee alla società, come spese personali e attività non documentate, costituisce una chiara violazione della normativa fallimentare e giustifica la condanna.
Operazioni infragruppo e vantaggi compensativi – Il trasferimento di risorse tra società collegate non è di per sé illecito, ma deve essere giustificato da un piano economico che dimostri vantaggi compensativi effettivi per la società depauperata.
Le implicazioni
Questa decisione della Cassazione sottolinea la necessità di un’analisi rigorosa delle operazioni societarie per distinguere tra scelte gestionali legittime e condotte fraudolente. La sentenza stabilisce che la prova della bancarotta fraudolenta deve fondarsi su evidenze documentali e su una chiara ricostruzione delle responsabilità amministrative.
Gli amministratori di società devono quindi prestare particolare attenzione nella gestione delle risorse aziendali, soprattutto nelle operazioni infragruppo, per evitare contestazioni di bancarotta fraudolenta basate su mancanza di documentazione o su interpretazioni eccessivamente ampie del dolo.
La sentenza integrale
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del giorno 11 giugno 2024 la Corte di appello di Torino - per quel che qui rileva - ha confermato la pronuncia in data 12 febbraio 2024, appellata da De.An., con la quale il Tribunale di Torino aveva affermato la responsabilità di quest'ultimo (quale amministratore della Ce.Da. Costruzioni Srl) per bancarotta fraudolenta documentale (capo 1. della rubrica), impropria da operazioni dolose (capo 2.) e patrimoniale (capo 3.) e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante di cui all'art. 219, comma 1, legge fall., lo aveva condannato alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con le sanzioni accessorie fallimentari (art. 216, ultimo comma, legge fall.) per la durata di cinque anni.
2. Avverso la sentenza di secondo grado è stato proposto ricorso per cassazione nell'interesse del De.An., articolando quattro motivi (di seguito esposti nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo, relativo all'imputazione di bancarotta fraudolenta documentale (capo 1.), sono stati denunciati la violazione della legge penale e il vizio di motivazione (anche per travisamento della prova), rispetto al tempus dell'obbligo dell'imputato di tenere i libri e le scritture contabili e alla sussistenza dell'elemento soggettivo. Più in particolare
- si è dedotto di aver devoluto con l'atto di appello la corretta lettura cronologica delle condotte in imputazione, per limitare l'attribuzione al De.An. delle vicende relative al periodo anteriore alla sua cessazione dalla carica di amministratore (novembre 2010), sia sotto il profilo oggettivo sia in relazione al necessario coefficiente soggettivo (evidenziando che tra le scritture che possono costituire oggetto materiale della bancarotta fraudolenta documentale rientrano quelle non obbligatorie e come, dunque, dovesse attribuirsi rilievo anche al registro IVA, pacificamente tenuto dal ricorrente; il coimputato Fo.An., che ha assunto la carica di amministratore della fallita dopo il De.An., ha riportato condanna definitiva per il reato di cui all'art. 10 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in ragione della mancata tenuta del libro giornale della fallita per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, senza che fosse mossa alcuna contestazione all'odierno ricorrente, dato di rilievo proprio al fine di attribuire la responsabilità della irregolare tenuta contabile al solo amministratore in carica ratione temporis; in difetto di qualsivoglia elemento per ritenere solo formale l'avvicendamento tra i due, era necessario verificare, anche alla luce di quanto rassegnato dal consulente della difesa, il momento in cui sorgeva l'obbligo per ciascuno ratione temporis di "stampare" le scritture contabili; la Ce.Da. aveva inviato il c.d. "spesometro" per gli anni 2009 e 2010 all'Agenzia delle entrate, dato senz'altro rilevante sotto il profilo soggettivo; in relazione alle voci di costo relative al personale si era chiesta la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, a suffragio di quanto rassegnato dall'imputato in sede di dichiarazioni spontanee);
- e si è assunto che la Corte di merito non avrebbe fornito compiuta risposta a tali allegazioni (dimostrando di non averne integralmente compreso il tenore), attribuendo l'omessa formazione delle scritture contabili al De.An. in mancanza di qualsivoglia elemento in tal senso ed anzi in termini meramente congetturali (riproduttivi della decisione di primo grado), valorizzando in maniera poco chiara il rinvenimento di una fattura del dicembre 2009 e incorrendo nel travisamento della prova (segnatamente, delle dichiarazioni spontanee del De.An.), traendo pure l'impossibilità di ricostruire le vicende societarie tramite le scritture da quanto rassegnato dal curatore fallimentare nell'erroneo presupposto della indisponibilità dei registri IVA invece già sottoposti a sequestro della Guardia di finanza (dato pure oggetto di travisamento).
2.2. Con il secondo motivo, relativo all'imputazione di bancarotta impropria da operazioni dolose (capo 2.), sono stati denunciati la violazione della legge penale e il vizio di motivazione (anche per travisamento della prova) con riferimento all'efficacia causativa del dissesto sul piano sia oggettivo che soggettivo. La difesa ha rappresentato di aver censurato l'attribuzione in concorso ai due coimputati, da parte del Tribunale, della responsabilità per il delitto, a fronte dell'effettiva cessione delle quote societarie dal ricorrente al Fo.An. e senza considerare il conseguente iato gestorio né che la gran parte del debito erariale sarebbe sorto nel periodo di effettiva amministrazione di quest'ultimo (per effetto dell'applicazione di interessi e sanzioni); ragion per cui si era devoluto alla Corte territoriale di verificare se il fatto attribuibile al De.An., nel tempo della sua effettiva gestione (sino a novembre del 2010), potesse venire in rilievo sub specie dell'imputazione in discorso; anche sul punto, il Giudice di secondo grado avrebbe travisato la prova (le dichiarazioni spontanee dell'imputato, del Fo.An. e del maresciallo Mi., nonché quanto rassegnato dal consulente della difesa).
2.3. Con il terzo motivo, relativo all'imputazione di bancarotta patrimoniale (capo 4.), sono stati denunciati la violazione della legge penale, la mancata assunzione di una prova decisiva (per il diniego della richiesta di rinnovazione dell'istruttoria richiesta con l'atto di appello) e il vizio di motivazione (anche per travisamento della prova), in relazione
- ai bonifici (per complessivi Euro 20.250) disposti dall'imputato in proprio favore con causale "compensi all'amministratore", segnatamente per la mancata qualificazione del fatto come bancarotta preferenziale (esclusa, peraltro per il tramite di un'inversione dell'onere della prova, in ragione del difetto di una delibera assembleare che autorizzasse le disposizioni bancarie e sul difetto di indici rivelatori della congruità a dispetto di quanto esposto dal consulente di parte) e alla conseguente esclusione della responsabilità per esso (dato che la società non versava in condizioni di prevedibile insolvenza al tempo della condotta, anteriore di almeno quattro anni rispetto alla dichiarazioni di fallimento, profilo - rilevante anche con riguardo all'elemento soggettivo - rispetto al quale nuovamente sarebbero state travisate le dichiarazioni spontanee del De.An., quelle del Maresciallo Mi. e la prospettazione del consulente di parte);
- ai prelievi di denaro (per complessivi Euro 176.000), di cui erroneamente si è affermata la destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa e l'offensività, e rispetto ai quali, in maniera parimenti erronea, non si è esclusa la colpevolezza (in particolare, ravvisando indici di fraudolenza, nonostante si siano rappresentati la tenuta dei registri IVA e l'invio dello "spesometro" all'Agenzia delle entrate, attribuendo erroneamente al De.An. l'inadempimento degli obblighi tributari anche per il periodo in cui dominus della società era il Fo.An., senza considerare la distanza tra il fatto del ricorrente e il fallimento - in ossequio a quanto invece chiarito dalla giurisprudenza di legittimità -, travisando la prova in ordine allo stato dell'ente fintantoché era stato amministrato del De.An.), rigettando la richiesta di rinnovazione istruttoria (volta ad escutere i lavoratori e il capocantiere che, come dichiarato dal De.An., erano destinatari delle dazioni di denaro, prova da ritenersi decisiva secondo le stesse argomentazioni spese nella sentenza impugnata) sulla scorta di un erroneo apprezzamento dei parametri propri dell'istituto di cui all'art. 603, comma 1, cod. proc.pen. e per il tramite di un'argomentazione illogica.
2.4. Con il quarto motivo si è assunto il vizio di motivazione, anche per travisamento della prova in ordine al trattamento sanzionatorio e al giudizio di comparazione tra le circostanze.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo e il secondo motivo di ricorso sono fondati, nei termini di seguito esposti; è, invece, infondato il terzo motivo e rimane assorbito il quarto.
1. Il primo motivo è fondato.
La sentenza impugnata ha affermato la responsabilità del De.An. per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, a lui contestato "per l'intera durata dell'attività dell'impresa", per l'omessa tenuta delle scritture contabili, muovendo dal presupposto che il De.An. non abbia effettivamente ceduto le quote sociali e la gestione al Fo.An., ma avrebbe – "esclusivamente per finalità distrattiva e dolose" - compiuto un'operazione di mera forma. In tal senso la Corte distrettuale richiama la deposizione del curatore in ordine al mancato rinvenimento della contabilità con riferimento "a entrambe (...) le amministrazioni" (ossia quella del ricorrente e quella del Fo.An.), l'esito della perquisizione compiuta dalla Guardia di finanza presso le sedi operative della società, la totale omissione della presentazione delle scritture contabili e dei bilanci, l'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.
Tale percorso argomentativo è, tuttavia, del tutto assertivo nella parte in cui assume che la cessione da parte del De.An. sia stata solo fittizia, traendone l'omessa tenuta della contabilità da parte di quest'ultimo. Il Giudice del merito non ha dato in alcun modo conto di quanto ritenuto nella pronuncia irrevocabile nei confronti del Fo.An. (da apprezzare ex art. 238-bis cod. proc. pen.) che, secondo la prospettazione difensiva, avrebbe attribuito solo a quest'ultimo l'occultamento e la distruzione della contabilità dal 2008 al 2010 (anno in cui il De.An. è cessato dalla carica di amministratore), non esplicitando quindi le ragioni per cui la condanna del Fo.An. non sarebbe incompatibile con la responsabilità dell'imputato (per l'appunto, per l'omessa tenuta della contabilità). La responsabilità del ricorrente per bancarotta fraudolenta documentale non può dirsi compiutamente chiarita neppure per il tramite della valorizzazione - pure contenuta nella sentenza impugnata - dell'affermazione (resa dallo stesso imputato in sede di dichiarazioni spontanee) di aver gestito l'impresa fino al novembre del 2009 e di aver poi deciso di cederla perché già in evidente stato di crisi, aspetto ex se non inerente al thema in discorso, segnatamente in ordine alla sussistenza dell'elemento oggettivo.
Si impone, dunque, in parte qua l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
2. Il secondo motivo è fondato.
Anche con riguardo alla bancarotta impropria da operazioni dolose, in particolare cagionata dal De.An. (oltre che dal Fo.An.), che non avrebbe presentato le dichiarazioni fiscali, omettendo sistematicamente il versamento delle imposte (così generando un debito, comprensivo di interessi e sanzioni, di circa Euro 500.000), la motivazione non contiene un'argomentazione esaustiva rispetto alla prospettazione difensiva, secondo cui la pretesa erariale insoddisfatta era minima allorché il ricorrente ha ceduto la società, non sussistendo pertanto elementi idonei ad attribuirgli il reato (già sotto il profilo oggettivo). Difatti, la sentenza impugnata, in ordine al necessario nesso di causalità tra il fatto del ricorrente e l'evento fallimentare (cfr. Sez. 5, n. 8413 del 16/10/2013 - dep. 2014, Besurga, Rv. 259051 - 01), a fronte delle condotte del coimputato, si fonda nuovamente sul disegno che avrebbe perseguito il De.An., con la cessione solo fittizia della società, assunto sfornito - come esposto - della compiuta indicazione degli elementi che lo sostengono; e nel resto richiama condotte distrattive - estranee al perimetro dell'imputazione in discorso - per negare la "buona fede" del De.An., così non offrendo una compiuta risposta alle doglianze contenute nell'atto di appello.
Ragion per cui la decisione di secondo grado deve essere annullata con rinvio anche in ordine al delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose.
3. Il terzo motivo è nel complesso infondato.
La sentenza impugnata ha disatteso il gravame con una motivazione congrua e logica, evidenziando come gli ingenti atti di disposizione in imputazione (superiori a Euro 500.000) fossero privi di giustificazione economica o avessero causali per nulla correlabili all'attività aziendale (segnatamente, quelli relativi a spese sostenute presso un casinò e spese personali), rimarcando come si siano collocati in un periodo in cui la società non svolgeva più, per stessa ammissione dell'imputato, un'attività tale da giustificare in particolare pagamenti di tale ammontare dei lavoratori. Sul punto, al di là della valenza propria delle dichiarazioni spontanee (rispetto a quella da riconoscere all'esame dell'imputato cfr. Sez. 2, n. 30653 del 24/09/2020, Capasso), non vi è puntuale denuncia di un travisamento rilevante, in quanto le stesse dichiarazioni del De.An., riportate nel ricorso, danno conto di una contrazione dell'attività della società dalla fine del 2008 ("Sono andato avanti così, dalla fine del 2008 al... adesso non ricordo bene, ottobre, novembre 2009, dove già a marzo. dove già a agosto del 2010, avevo deciso di dare via l'azienda perché il lavoro era venuto meno") e, quindi, la lettura che ne ha compiuto la Corte di merito (secondo cui l'imputato "ha dichiarato di aver "lavoricchiato" fino a novembre 2009, cercando di cedere l'azienda che, di fatto, era già inattiva") non può dirsi estranea all'area del significante (cfr. Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos Silva, Rv. 283370 - 01 'In tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di "contraddittorietà processuale" (o "travisamento della prova") vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova'). Inoltre, il prospettato travisamento attiene per vero al distinto profilo del momento in cui il De.An. avrebbe maturato l'intenzione di cedere la società (che sarebbe sorto nell'agosto del 2010 e non del 2009) e, pertanto, non può dirsi decisivo, nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica; il che rende superfluo dilungarsi per osservare che i fatti distrattivi in imputazione giungono all'anno 2010, ragion per cui sotto tale profilo la prospettazione difensiva non è comunque sufficientemente specifica (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 - 01).
Il medesimo dato (la mancanza di un'effettiva attività di impresa) è stato posto in maniera immune da censure a sostegno del diniego della richiesta di rinnovazione dell'istruttoria, e converge con la considerazione che, come condivisibilmente rassegnato dal Procuratore generale, 'la costituzione di rapporti di lavoro al di fuori della contabilità ordinaria costituisce un fatto illecito che, oltre a ledere le norme previste a tutela dei lavoratori, viola la regolarità dell'intera attività contabile della società, rendendo impossibile qualsiasi controllo, e sovrapponendo la gestione personale dei singoli amministratori a quella degli organi sociali. Il lavoro "nero", costituisce quindi "oggettivamente", una modalità di gestione alternativa delle risorse sociali, attraverso la quale, in contrasto con la legge e con le norme statutarie, viene impiegata forza lavoro, non assunta dalla società, ed integrante una vera e propria forma di "distrazione" perché la retribuzione viene effettuata con capitali sociali non regolarmente registrati' (Sez. 5, 47561 del 11/10/2016, Morosi, Rv. 268700 - 01, in motivazione).
L'assenza di un'attività che giustificasse la corresponsione di compensi all'amministratore ha inoltre fondato, parimenti in maniera congrua e logica, il rigetto del gravame in ordine ai pagamenti in favore del De.An. a tale titolo sul punto le censure difensive - relative agli elementi distonici, in punto di congruità di essi, che sarebbero stati disattesi - sono del tutto generiche (anche nella parte in cui rimandano a quanto esposto dal consulente della difesa) e, dunque, non possono costituire una compiuta censura di legittimità (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 - 01).
Infine, dall'/ter appena compendiato, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, si trae che la Corte di merito ha ravvisato una "irriducibile estraneità" delle - si ribadisce, ingenti - uscite in discorso "rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell'integrità del patrimonio dell'impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall'altro, all'accertamento in capo all'agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa" (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763 - 01), profilo da tenersi distinto dall'inefficienza causale rispetto al fallimento in relazione al quale la pronuncia impugnata - come esposto - deve essere annullata (cfr. par. 2.). Tale piano argomentativo, idoneo a disattendere le doglianze difensive prospettate con il gravame a proposito della bancarotta fraudolenta distrattiva, non è manifestamente illogico e dunque non è qui sindacabile, senza che possa pervenirsi in questa sede di legittimità a un alternativo apprezzamento di merito degli indici di fraudolenza sulla scorta degli elementi esposti nel ricorso (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 - 01).
4. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente ai reati di bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta impropria da operazioni dolose, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino, rimanendo assorbito il quarto motivo che sarà compito del giudice del rinvio esaminare. Diviene definitiva l'affermazione di responsabilità del ricorrente per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai reati di bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta impropria da operazioni dolose con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 14 febbraio 2025.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2025.