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Bancarotta fraudolenta: è amministratore di fatto anche chi svolge solo una parziale attività di gestione (Cassazione penale n.20204/22)

Bancarotta patrimoniale e distrattiva



1. La massima

La nozione di amministratore di fatto va valutata anche in base alle concrete attività gestionali svolte dall'individuo in riferimento alla società coinvolta.

La determinazione dell'amministratore di fatto richiede un'analisi degli indicatori sintomatici che evidenzino la sua partecipazione diretta alla gestione della società, inclusi i rapporti con dipendenti, clienti e fornitori, nonché l'intervento nelle strategie aziendali.

Questa qualifica può coesistere con quella formale, e la prova della posizione di amministratore di fatto si basa su elementi che dimostrino l'inserimento organico del soggetto nelle funzioni direttive e gestionali dell'azienda, anche in forma occasionale.

La gestione effettiva da parte dell'amministratore di diritto non esclude la responsabilità del co-amministratore di fatto, se dimostrata una gestione paritetica.

Inoltre, il giudice di merito può fondare la qualifica di amministratore di fatto su fonti di prova documentali e testimoniali, non limitandosi alla fisionomia delineata dal codice civile ma considerando anche le ingerenze e gli interessi antigiuridici che arricchiscono il ruolo dell'amministratore di fatto.



2. L'analisi della sentenza

Il caso di studio riguarda una sentenza della corte di cassazione pronunciata in un procedimento penale per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale commessi dall'imputato in qualità di amministratore di fatto.

In particolare, all'imputato veniva contestato di avere:

a) distratto delle vetture concesse in leasing alla società fallita;

b) occultato le scritture contabili e di avere sporto una denuncia di furto strumentale.

All'esito del processo di primo grado, l'imputato veniva condannato alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione e la sentenza di condanna veniva confermata nel successivo grado di appello.

Avverso la sentenza di condanna pronunciata dal giudice di appello, l'imputato proponeva ricorso per cassazione.

Analizziamo nel dettaglio la decisione della suprema corte.

Autorità Giudiziaria: Quinta Sezione della Corte di Cassazione

Reato contestato: bancarotta patrimoniale e documentale

Imputati: Amministratore di fatto

Esito: Ricorso rigettato (condanna definitiva) - sentenza n.20204/22 (ud. 11/01/2022, dep. 24/05/2022)



Indice:


1. L'accusa e le sentenze di condanna

Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Bologna ha confermato la condanna, pronunciata nei confronti anche di T.M., dal Tribunale di Piacenza, il 26 febbraio 2019, in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale commessi nella qualità di amministratore di fatto della (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita il 23 dicembre 2009, alla pena di anni quattro mesi sei di reclusione, concesse le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata circostanza aggravante ed alla recidiva, oltre alle pene accessorie fallimentari nella durata pari alla pena principale.


2. I motivi di ricorso dell'imprenditore:

Avverso l'indicato provvedimento ricorre l'imputato, per il tramite del difensore, denunciando cinque vizi, di seguito riassunti ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p..


2.1 L'imputato non era "amministratore di fatto" ma aveva solo rapporti occasionali con la società

Con il primo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, in relazione alla qualifica di amministratore di fatto, attribuita all'imputato, secondo il ricorso, soltanto per essere inserito il suo cognome nella denominazione sociale dell'ente, per il rilascio di procura a vendere delle quote sociali da parte del socio unico e per la sua presenza al momento della redazione della scrittura privata con la quale era stato acquistato un ramo di azienda di altra società cooperativa.

Si richiamano anche le dichiarazioni di testi, la denuncia di furto delle scritture contabili e la procura speciale conferita per la stipula dei contratti di leasing relativi alle vetture oggetto di distrazione. Si sostiene che si tratta di attività che dimostrano soltanto un rapporto occasionale e non continuativo con l'ente, non espressione di attività gestoria.


2.2 L'imputato è estraneo alla distrazione delle vetture concesse in leasing

Con il secondo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.

T. sarebbe estraneo alla distrazione delle vetture concesse in leasing alla fallita, come dedotto con l'atto di appello, motivo di gravame rispetto al quale la motivazione resa dalla Corte territoriale sarebbe del tutto insufficiente, generica e apparente.


2.3 L'imputato aveva denunciato lo smarrimento delle scritture contabili

Con il terzo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale.

Si assume che T. aveva sporto denuncia, relativamente alle scritture contabili, nel periodo in cui questi era formalmente amministratore di diritto (dal 31 luglio al 7 agosto 2008). Tuttavia la Corte territoriale si limita a reputare non sufficiente ad escludere la responsabilità l'episodio del furto denunciato, anzi, estendendo la condotta illecita a tutto il periodo in cui T. era indicato come amministratore di fatto. Ciò, senza espressamente motivare sul dolo generico dovendosi, anzi, reputare sussistente il delitto di cui all'art. 217 L. Fall.. Invero, la motivazione baserebbe la consapevolezza di non rendere possibile la ricostruzione degli affari della società su mere congetture.


2.4 La condanna si fonda su meri indizi

Il quarto motivo denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge processuale, con riferimento all'art. 192 c.p.p., contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, considerato che la responsabilità dell'imputato sarebbe fondata su meri indizi, non gravi né precisi né concordanti.


2.5 La corte di appello non ha motivato sul motivo attinente l'entità della pena

Con il quinto motivo si denuncia vizio di motivazione quanto all'entità della pena irrogata, fondata da parte della Corte d'appello su motivazione apodittica, richiamando quella di primo grado per relationem, non prendendo, specificamente, in esame le argomentazioni devolute con il gravame.

Il Procuratore generale presso questa Corte, ha concluso con requisitoria scritta, stante la mancata richiesta delle parti di discussione orale ex D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, quanto alla disciplina processuale, in forza del D.L. 1 aprile 2021, n. 44, art. 1, come convertito, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.


3. La decisione della corte: Il ricorso è infondato.

Il primo e quarto motivo sono infondati.


3.1 La nozione di amministratore di fatto nel reato di bancarotta

Va, al riguardo, rilevato come la ricostruzione del profilo di amministratore di fatto deve condursi, in ambito penalistico, alla stregua di specifici indicatori, individuati non soltanto rapportandosi alle qualifiche formali rivestite in ambito societario ovvero alla mera rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta (tre le altri, Sez. 5, n. 41793 del 17/06/2016, Ottobrini, Rv. 268273) bensì sulla base delle concrete attività dispiegate in riferimento alle società oggetto d'analisi, riconducibili - secondo validate massime di esperienza - ad indici sintomatici quali la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria, la generalizzata identificazione nelle funzioni amministrative da parte dei dipendenti e dei terzi, l'intervento nella declinazione delle strategie d'impresa e nelle fasi nevralgiche dell'ente economico.

Il relativo apprezzamento - che si traduce in un accertamento di fatto, sindacabile esclusivamente sotto il profilo della logicità e congruenza della motivazione - non può ritenersi limitato alla fisionomia delineata dal codice civile, ma va inserito nel più ampio contesto delle ingerenze e degli interessi antigiuridici che ne arricchiscono il ruolo.

La nozione, introdotta dall'art. 2639 c.c., comunque presuppone l'esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri inerenti alla qualifica o alla funzione, da non ricondursi, necessariamente, all'esercizio di tutti i poteri tipici dell'organo di gestione, bensì ad una apprezzabile attività di gestione, che sia effettuata in modo occasionale o non episodico. La prova della posizione di amministratore di fatto, esige, pertanto, l'accertamento di elementi che evidenzino l'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualunque fase della sequenza produttiva, organizzativa o commerciale dell'attività sociale, ad esempio i rapporti con i dipendenti, i clienti o i fornitori, ovvero in ogni settore gestionale dell'attività dell'ente, sia quest'ultimo produttivo, amministrativo, aziendale, contrattuale o disciplinare, condizione che può coesistere con l'esercizio dei poteri propri dell'amministratore di diritto, ove si risolva in una cogestione coordinata dell'organismo societario. In altri termini, la effettiva gestione da parte dell'amministratore formale non esclude la concorrente responsabilità del co-amministratore di fatto, ove sia comprovata una gestione paritetica.


3.2 La corte di appello ha attribuito la qualità di amministratore di fatto sulla base di fonti di prova documentali e dichiarative

Nel caso in esame, la sentenza impugnata descrive gli indicatori dell'effettiva riconducibilità all'imputato di ogni potere gestorio della fallita, alla stregua delle dichiarazioni testimoniali rassegnate, della documentazione acquisita, fonti probatorie documentali e dichiarative non meri indizi della cui non concordanza, precisione e gravità si duole il ricorrente.

Si evidenzia il significativo rilascio di procura a vendere, del 14 novembre 2017, la partecipazione e, quindi, non la mera presenza, alle trattative per l'acquisto del ramo di azienda Trasporti Refrigerati soc. coop., l'assunzione della carica formale per un breve periodo, a cui risale anche la denuncia di furto delle scritture, assunzione della veste di procuratore speciale al momento della stipula dei quattro contratti di leasing cui si riferisce la contestazione di distrazione.


3.3 Il comportamento dell'imputato non era meramente occasionale

In tale contesto, s'appalesano inconducenti i rilievi difensivi volti, da un lato, a delimitare il comportamento dell'imputato come meramente occasionale e, dall'altro, a censurare la sottovalutazione degli esiti di ulteriori fonti di prova (come le dichiarazioni dei numerosissimi testimoni escussi), finendo con il richiedere una complessiva rivalutazione dei fatti e delle prove, preclusa nella presente sede di legittimità.

La Corte territoriale ha, pertanto, dato conto con motivazione ampia e circostanziata, aderente ai principi di diritto richiamati ed insindacabile in sede di legittimità, degli indicatori di una effettiva co-gestione della società, ancorando la propria valutazione a specifici passaggi motivazionali della decisione di primo grado e procedendo, a sua volta, nella nuova disamina dei fatti, alla luce delle deduzioni difensive sviluppate nell'atto d'appello.

Le doglianze articolate nel primo e nel quarto motivo di ricorso sono, pertanto, infondate.


3.4 La corte di appello ha correttamente sulla distrazione delle vetture concesse in leasing

Il secondo motivo è manifestamente infondato.

Circa la riferibilità della condotta di distrazione delle vetture concesse in leasing alla fallita, la Corte d'appello ha reso coerente e logica motivazione, seppure stringata, comunque immune da censure di ogni tipo.

Invero, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, in caso di locazione finanziaria di un bene, le decisioni più recenti hanno chiarito che in tema di bancarotta per distrazione di beni ottenuti in leasing, ai fini della configurabilità del reato in capo all'utilizzatore poi fallito, è necessario che tali beni fossero nella sua effettiva disponibilità, in conseguenza dell'avvenuta consegna e che di essi vi sia stata appropriazione, non rilevando la tipologia del contratto di leasing. (traslativo o di godimento: Sez. 5, n. 44898 del 01/10/2015, Cantore, Rv 265509).

Si e', poi, aggiunto in giurisprudenza che, ove il fallimento, come nel caso di specie, riguardi l'utilizzatore, può venire in rilievo la sola disponibilità di fatto, essendo pacifico che il soggetto non ha la disponibilità giuridica, almeno sino alla fine rapporto e, cioè, sino a quando, previo esercizio del diritto di opzione, il medesimo non abbia corrisposto il prezzo di riscatto, acquisendo così la proprietà del bene. Per quanto si è detto, la disponibilità di fatto - la sola configurabile in capo all'utilizzatore - postula, pur sempre, l'avvenuta consegna del bene oggetto di contratto di leasing; verificatosi tale indefettibile presupposto, la relativa appropriazione da parte sua integra distrazione, in quanto la sottrazione (o la dissipazione) del bene comporta un pregiudizio per la massa fallimentare che viene privata del valore dello stesso, che avrebbe potuto essere conseguito mediante riscatto al termine del rapporto negoziale e, al tempo stesso, gravata di ulteriore onere economico scaturente dall'inadempimento dell'obbligo di restituzione (Sez. 5, n. 33380 del 18/07/2008, Bottamedi; Sez. 5, n. 9427/2012 del 03/11/2011, Cannarozzo).

Orbene la sentenza di appello rende conto del dato di fatto, non diversamente rivedibile in questa sede, che al momento della presunta distrazione, è pacifico che la società fallita avesse la disponibilità di fatto dei mezzi (assumendo che era stato proprio l'imputato a dichiarare di avere portato via i mezzi, senza specificarne le destinazione) e si evidenzia che l'imputato era procuratore speciale alla stipula dei quattro contratti di leasing, oltre alla precisazione che le vetture non erano state reperite senza alcuna indicazione della loro destinazione.


3.5 La manifesta infondatezza degli altri motivi residuali

Il terzo motivo è manifestamente infondato.

Si contesta la bancarotta fraudolenta documentale nelle forme della tenuta in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e della movimentazione degli affari. Si tratta di delitto in relazione al quale (cfr. tra le altre, Sez. 5, n. 5264 del 17/12/2013, dep. 2014, Rv. 258881) in quanto previsto dall'art. 216, comma 1 n. 2, L. Fall. è sufficiente il dolo generico, costituito dalla consapevolezza nell'agente che la confusa tenuta della contabilità potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà di impedire quella ricostruzione.

Sul punto la motivazione delle sentenze di merito, si pongono in linea con tale indirizzo interpretativo, valorizzando (quella di primo grado), il contesto distrattivo in cui si colloca la condotta di bancarotta fraudolenta documentale, oltre (quella di secondo grado) alla denuncia di furto reputata, con ragionamento non manifestamente illogico, strumentale. Infine, si osserva che la Corte territoriale valorizza, anche ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, il dato della mancanza anche delle scritture contabili diverse da quelle denunciate come oggetto di furto.

Il quinto motivo è inammissibile in quanto attinge l'entità della pena irrogata, fondata da parte della Corte d'appello su motivazione esauriente e non arbitraria, anche in considerazione dell'entità della pena che non si discosta, significativamente, dalla misura media e tenuto conto del richiamo ai precedenti penali a carico dell'imputato vista la contestata recidiva di cui all'art. 99 c.p., comma 4, (cfr., tra le altre, Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283; Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153; Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, Nuciforo, Rv. 230278, quest'ultima nel senso che la determinazione della misura della pena, tra il minimo e il massimo edittale, rientra nell'ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell'art. 133 c.p.. Anzi, non è neppure necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta contenuta in una fascia medio bassa rispetto alla pena edittale).


4. Dispositivo

Segue la condanna alle spese processuali.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2022


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