
Con la sentenza n. 6954/2025, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati fallimentari: l’amministratore di fatto risponde della bancarotta fraudolenta alla pari dell’amministratore di diritto se partecipa attivamente alla gestione dell’impresa e alle condotte distrattive.
Il caso riguarda la condanna di due soggetti, B.S. e F.P., ritenuti responsabili della bancarotta fraudolenta della T.G. S.r.l., dichiarata fallita nel 2015.
La Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello di Palermo, respingendo i ricorsi e chiarendo che la qualifica di amministratore di fatto può desumersi da una pluralità di indici sintomatici, come il controllo sull’azienda, l’interfaccia con clienti e fornitori e la gestione del personale.
Il caso concreto: distrazione di beni aziendali e occultamento delle scritture contabili
I due imputati, B.S. (amministratore di diritto) e F.P. (amministratore di fatto), erano stati condannati per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, poiché:
Avevano distratto liquidità aziendale, veicoli, macchinari e beni strumentali, alienandoli senza corrispettivo alla E.I. di F.P. & C. S.a.s., società riconducibile a F.P.
Avevano sottratto e occultato le scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio sociale.
Entrambi avevano impugnato la sentenza di appello, contestando:
il mancato accoglimento della richiesta di patteggiamento: la difesa sosteneva che il giudice avesse erroneamente pretermesso l’istanza ex art. 444 c.p.p.
l’insussistenza della condotta distrattiva: si affermava che i beni ceduti fossero privi di valore commerciale e che il corrispettivo fosse stato comunque versato.
l’assenza di un ruolo gestorio da parte di F.P.: si negava che F.P. avesse esercitato funzioni tipiche dell’amministratore di fatto.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi, chiarendo tre aspetti chiave della disciplina della bancarotta fraudolenta.
1. Il mancato accoglimento della richiesta di patteggiamento è legittimo
La Cassazione ha chiarito che, una volta avanzata una richiesta di patteggiamento, il Pubblico Ministero non può revocare unilateralmente il proprio consenso. Tuttavia, nel caso in esame, gli imputati non avevano riproposto tempestivamente l’istanza prima dell’apertura del dibattimento, rendendola improcedibile.
"L’imputato che intende avvalersi del patteggiamento deve rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento" (Cass., Sez. 4, n. 45838/2017).
2. La distrazione di beni sussiste anche per beni di valore minimo
La Cassazione ha ribadito che la bancarotta fraudolenta patrimoniale si configura anche quando i beni distratti siano di valore economico ridotto, purché facciano parte del patrimonio aziendale e possano costituire una garanzia per i creditori.
"La distrazione di beni strumentali, anche obsoleti, integra il reato di bancarotta fraudolenta se avviene senza corrispettivo o utile per l’azienda" (Cass., Sez. 5, n. 31680/2021).
Nel caso di specie, i giudici di merito avevano accertato che:
i veicoli aziendali erano stati intestati alla società fallita e risultavano nel PRA, ma non vi era traccia della loro cessione o demolizione.
i beni strumentali erano stati alienati senza documentazione comprovante il pagamento, e il corrispettivo, anche se versato parzialmente, era stato pagato solo dopo il fallimento.
Questi elementi hanno confermato la condotta distrattiva.
3. La qualifica di amministratore di fatto si desume da una pluralità di indizi
Uno dei punti più importanti della sentenza riguarda la definizione di amministratore di fatto. Secondo la Cassazione, la prova della gestione di fatto di un’impresa può basarsi su una serie di elementi sintomatici, come:
il controllo sull’attività aziendale, dimostrato dal rapporto gerarchico con i dipendenti;
l’interfaccia diretta con clienti e fornitori;
la detenzione di documentazione contabile presso la propria abitazione.
l’acquisizione di beni aziendali ceduti poco prima del fallimento da parte di un’altra società riconducibile allo stesso soggetto;
la creazione di una nuova società con attività identica a quella fallita, subito dopo il fallimento;
"L’amministratore di fatto è colui che esercita un’influenza determinante sulla gestione aziendale, a prescindere dalla carica formale" (Cass., Sez. 5, n. 35346/2013).
Nel caso in esame, i giudici di merito avevano accertato che F.P. esercitava un ruolo di comando, impartiva ordini ai dipendenti e gestiva operazioni economiche rilevanti, qualificandolo come amministratore di fatto.
Le implicazioni
Questa decisione riafferma due principi fondamentali nel diritto fallimentare:
la distrazione di beni aziendali integra il reato di bancarotta fraudolenta anche se i beni sono di valore minimo.
l’amministratore di fatto risponde alla pari dell’amministratore di diritto, se esercita un controllo effettivo sull’azienda.
Conclusioni
La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi di B.S. e F.P., confermando la condanna e sancendo in modo chiaro il principio secondo cui l’amministratore di fatto non può sottrarsi alle responsabilità derivanti dalla gestione aziendale.