
Con la sentenza n. 8641/2025, la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha ribadito il seguente principio di diritto in materia di concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.): l'accordo tra accusa e difesa sulla pena preclude la possibilità di ricorrere per Cassazione su questioni relative alla responsabilità penale e alla qualificazione giuridica del reato.
La decisione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di 13 imputati che avevano impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Lecce del 10 luglio 2024, contestando il mancato riconoscimento di cause di proscioglimento, la mancata applicazione delle pene sostitutive e l'errata qualificazione giuridica dei fatti.
Il caso: il concordato in appello e il successivo ricorso per Cassazione
Gli imputati avevano rinunciato ai motivi di appello, accettando un accordo con il Procuratore Generale sulla riduzione della pena.
Tuttavia, dopo la sentenza d'appello, hanno presentato ricorso per Cassazione, contestando:
Mancata motivazione sulle cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.)
Alcuni imputati sostenevano che la Corte d’Appello avrebbe dovuto verificare l’insussistenza di cause di proscioglimento, nonostante l’accordo sulla pena.
Mancata applicazione delle pene sostitutive della reclusione (art. 545-bis c.p.p.)
I ricorrenti lamentavano il fatto che il giudice d’appello non avesse considerato l’applicazione delle pene sostitutive previste dalla riforma Cartabia.
Errata qualificazione giuridica del reato
Alcuni imputati contestavano la qualificazione giuridica del fatto accettata in appello, sostenendo che vi fosse un'erronea applicazione della norma incriminatrice.
Eccessività della pena inflitta
Un ulteriore gruppo di ricorrenti riteneva che la pena concordata fosse sproporzionata rispetto alla condotta contestata.
Il principio di diritto stabilito dalla Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi, stabilendo che:
Il concordato in appello limita il diritto all’impugnazione
Accettando un accordo sulla pena, l’imputato rinuncia implicitamente a contestare la propria responsabilità penale e la qualificazione giuridica del fatto.
La preclusione opera anche per questioni rilevabili d’ufficio, come le cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.
Il giudice d’appello non è obbligato a riconsiderare d’ufficio l’applicazione delle pene sostitutive
La Cassazione ha chiarito che le pene sostitutive (art. 20-bis c.p.) devono essere espressamente richieste dall’imputato in sede di concordato, e non possono essere applicate d’ufficio in Cassazione.
L’accordo tra accusa e difesa sulla pena include la condivisione della qualificazione giuridica del reato
Una volta che l’accordo è stato raggiunto, il giudice non può modificare la qualificazione del reato.
Chi accetta il concordato non può poi contestare la qualificazione giuridica in Cassazione.
La pena concordata non è sindacabile in Cassazione se rientra nei limiti di legge
Non è possibile impugnare la pena concordata per eccessività, salvo il caso di errori evidenti nella sua determinazione.
In conclusione, la sentenza ha affermato in tema di concordato in appello:
Il concordato in appello è un atto vincolante: una volta accettato, l’imputato non può successivamente contestare la responsabilità penale, la qualificazione giuridica o la misura della pena.
Il giudice non può applicare d’ufficio le pene sostitutive: se non sono state richieste in appello, non possono essere introdotte in Cassazione.
L’accordo sulla pena implica l’accettazione dell’intero quadro giuridico del reato, inclusa l’aggravante o la tipologia di contestazione.