
Con la sentenza n. 9165/2025, la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stabilito che le dichiarazioni convergenti di più collaboratori di giustizia, supportate da riscontri oggettivi e intercettazioni ambientali, sono sufficienti a fondare un quadro indiziario grave per l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di soggetti accusati di appartenere a un’associazione mafiosa dedita al traffico di stupefacenti.
La decisione ha dichiarato inammissibile il ricorso di C., confermando l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Palermo, che aveva ribadito la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990, aggravato ex art. 416-bis c.p., relativo alla partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di cocaina, eroina, crack e hashish operante nel mandamento mafioso di Porta Nuova.
Il caso: traffico di droga con metodo mafioso nel mandamento di Porta Nuova
C. era stato arrestato il 7 ottobre 2024 in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Palermo, nell’ambito di un’indagine sulla gestione del traffico di droga da parte di Cosa Nostra nel mandamento di Porta Nuova.
Secondo l’accusa, C. avrebbe partecipato attivamente al traffico di stupefacenti sotto il controllo della famiglia mafiosa di Porta Nuova, ricevendo l’autorizzazione dai vertici del mandamento e contribuendo all’imposizione del rispetto delle regole interne mediante minacce e atti di violenza.
Il Tribunale del Riesame di Palermo, con ordinanza del 29 ottobre 2024, aveva confermato la misura cautelare, ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza, basandosi su:
Le dichiarazioni di più collaboratori di giustizia, tra cui L., P., F. e D., che descrivevano il ruolo di C. nello spaccio e nei rapporti con i vertici mafiosi locali.
Intercettazioni ambientali e videoriprese, che confermavano le dinamiche di gestione dello spaccio e i contatti tra C. e altri membri del sodalizio.
Sentenze acquisite agli atti, che dimostravano il controllo della mafia sul traffico di droga nel mandamento di Porta Nuova e il coinvolgimento degli imputati.
La difesa di C. ha presentato ricorso per Cassazione, contestando:
L’assenza di gravi indizi di colpevolezza
Secondo la difesa, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia erano generiche e prive di riscontri oggettivi, e il GIP aveva già escluso nel luglio 2023 la partecipazione associativa di C., rigettando una precedente richiesta cautelare.
Le dichiarazioni di Alessandro L. sarebbero state viziate da intenti vendicativi, non essendo lui un collaboratore ufficiale, ma un soggetto con rapporti controversi con altri imputati.
L’errata valutazione della convergenza delle dichiarazioni dei collaboratori
La difesa ha sostenuto che le dichiarazioni di P. e F. erano contraddittorie e non provavano il collegamento di C. con il mandamento mafioso.
L’inesistenza di prove su pagamenti a Cosa Nostra
Non vi erano elementi concreti che dimostrassero che C. versasse parte dei proventi dello spaccio ai vertici mafiosi.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso e confermato la custodia cautelare in carcere, stabilendo che:
Le dichiarazioni convergenti di più collaboratori di giustizia, supportate da riscontri oggettivi, sono sufficienti per fondare un quadro indiziario grave
La valutazione della gravità indiziaria non richiede prove assolute di colpevolezza, ma elementi concreti e concordanti che giustifichino l’applicazione della misura cautelare (Cass. Sez. U, n. 21/1998, Costantino).
Nel caso in esame, la convergenza tra le dichiarazioni di diversi collaboratori e le intercettazioni ambientali confermavano il ruolo di Campisi nello spaccio sotto il controllo del mandamento mafioso.
Il coinvolgimento nell’attività di spaccio per conto della mafia implica automaticamente l’accettazione delle regole del sodalizio
La Cassazione ha affermato che chi gestisce lo spaccio in territori controllati dalla mafia non può farlo senza l’autorizzazione dei vertici del mandamento e senza versare una quota ai capi.
Le dichiarazioni di L. e degli altri collaboratori sono state ritenute attendibili perché confermate da riscontri oggettivi, tra cui intercettazioni ambientali e testimonianze indipendenti.
Le contestazioni della difesa sulla credibilità dei collaboratori sono meramente oppositive e non scalfiscono il quadro probatorio
Il Tribunale del Riesame ha motivato adeguatamente l’attendibilità delle dichiarazioni e la loro convergenza con altri elementi probatori.
Non è sufficiente affermare che un collaboratore potrebbe avere intenti vendicativi per invalidare le sue dichiarazioni, se queste sono coerenti con altri riscontri.
Conclusioni
La sentenza ha affermato in materia di misure cautelari nei reati associativi:
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, se convergenti e supportate da riscontri oggettivi, costituiscono prova sufficiente per l’applicazione della custodia cautelare.
Chi gestisce lo spaccio di droga in aree controllate dalla mafia lo fa necessariamente con il consenso del sodalizio criminale, accettandone le regole.
Le contestazioni sulla credibilità dei collaboratori devono basarsi su elementi concreti e non su mere supposizioni della difesa.