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MAE: i rischi di trattamenti inumani o degradanti devono essere dimostrati in modo concreto e individualizzato (Cass. Pen. n. 9946/2025)

Bandiera europea

Con la sentenza n. 9946/2025, la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di A.R.B., confermando la sua consegna alla Romania in esecuzione del mandato di arresto europeo emesso per reati di coltivazione, detenzione e vendita di sostanze stupefacenti.

La Corte ha affermato il principio per cui le condizioni carcerarie di un paese estero devono essere valutate in modo concreto e individualizzato, escludendo rischi astratti o generici di trattamento inumano o degradante.


Il caso: richiesta di consegna e contestazione delle condizioni detentive

A.R.B. era stato richiesto dalla Romania per essere processato in relazione a reati di traffico di stupefacenti.

La Corte d’Appello di Trieste aveva disposto la consegna di A.R.B., basandosi su informazioni ricevute dalle autorità romene riguardanti le condizioni detentive specifiche cui sarebbe stato sottoposto.

La difesa ha presentato ricorso per Cassazione, contestando che:

  • Le informazioni sulle condizioni carcerarie provenivano solo dall’amministrazione penitenziaria romena e non dall’autorità giudiziaria, come richiesto dalle linee guida internazionali.

  • Non erano state fornite garanzie adeguate circa il trattamento individualizzato del detenuto, alla luce dei rapporti del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti.

  • Il termine di cinque giorni per proporre ricorso per Cassazione, previsto per i procedimenti relativi ai mandati di arresto europeo, era troppo ristretto e incostituzionale.


La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che:

1. La verifica delle condizioni carcerarie deve essere concreta e individualizzata

La Corte d’Appello ha acquisito informazioni complementari dalla Romania, verificando che A.R.B. sarebbe stato detenuto nel penitenziario di Bucarest-Rahova, con adeguati spazi e condizioni di detenzione compatibili con l’art. 3 CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo).

Il rischio di trattamenti inumani o degradanti deve essere dimostrato in maniera concreta e specifica, e non sulla base di rapporti generici.

2. La provenienza delle informazioni dalle autorità penitenziarie è legittima

Non è necessario che le garanzie sulle condizioni detentive provengano esclusivamente dall’autorità giudiziaria.

Le informazioni provenienti dall’amministrazione penitenziaria romena sono state trasmesse e convalidate dalle autorità giudiziarie della Romania, rendendole pienamente valide.

3. Il termine di cinque giorni per il ricorso in Cassazione è conforme alla legge

Il termine previsto dall’art. 18 del d.lgs. n. 10 del 2 febbraio 2021 è vincolante e il ricorso presentato da A.R.B. è stato considerato tardivo.

Le contestazioni sulla legittimità costituzionale del termine non sono state accolte, poiché l’interesse del ricorrente era già escluso dalla dichiarazione di inammissibilità.


Conclusioni

La sentenza ha affermato in tema di mandato di arresto europeo e sulle garanzie dei diritti umani:

  1. Le condizioni carcerarie devono essere verificate sulla base di informazioni specifiche e aggiornate, provenienti dalle autorità competenti del paese richiedente.

  2. I rischi di trattamenti inumani o degradanti devono essere dimostrati in modo concreto e individualizzato, non su basi generiche o ipotetiche.

  3. Il termine per proporre ricorso per Cassazione contro la consegna è rigoroso e non può essere derogato senza valide ragioni giuridiche.

  4. Il controllo sulle condizioni di detenzione non implica una revisione nel merito delle prove raccolte dal paese richiedente.

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