Mandato d’arresto europeo e doppia punibilità: non rileva la differente modalità di accertamento del tasso alcolemico (Cass. pen. n. 17723/2025)
- Avvocato Del Giudice
- 21 mag
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1. Premessa
La sentenza della Corte di cassazione, Sez. VI, 8 maggio 2025, n. 17723, offre una nuova occasione per riflettere su alcune delle più delicate questioni applicative in tema di mandato d’arresto europeo (MAE), in particolare con riguardo al principio della doppia punibilità, ai criteri per valutare il radicamento territoriale del cittadino straniero e alla tutela dei diritti fondamentali in caso di estradizione verso Paesi dell’Unione.
La vicenda trae origine da una richiesta di consegna proveniente dall’autorità giudiziaria rumena, avente ad oggetto l’esecuzione di una condanna per guida senza patente e rifiuto di sottoporsi al prelievo ematico per la verifica del tasso alcolemico.
2. La decisione della Corte territoriale e i motivi di ricorso
La Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, aveva parzialmente accolto la richiesta di consegna, escludendo l’esecuzione della pena relativa a una delle due condanne per guida senza patente, per difetto del requisito della doppia punibilità.
Aveva invece disposto la consegna per l’esecuzione della pena complessiva relativa ai reati commessi nel 2022.
Contro tale decisione, la difesa del ricorrente aveva sollevato tre principali censure:
violazione del principio della doppia punibilità ex art. 7 della legge n. 69/2005, sostenendo che il rifiuto del prelievo ematico non costituirebbe reato nell’ordinamento italiano.
violazione dell’art. 18-bis della medesima legge, per inadeguata valutazione del radicamento in Italia del ricorrente.
violazione dei diritti fondamentali, per le condizioni detentive nello Stato richiedente (3 m² comprensivi degli arredi).
3. La valutazione della Corte di Cassazione
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, offrendo tuttavia un’articolata motivazione che si sofferma su tre punti nodali:
3.1. Doppia punibilità e modalità di accertamento
La Cassazione ribadisce un consolidato principio: ai fini del rispetto del requisito della doppia punibilità, non è necessaria l’identità delle norme incriminatrici nei due ordinamenti, ma è sufficiente che la condotta concreta sia punibile in entrambi. Il concetto trova fondamento nella giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass. pen., sez. VI, n. 27483/2017; n. 21336/2021).
Nel caso di specie, ciò che rileva non è la specifica modalità di accertamento (etilometro vs prelievo ematico), ma la condotta unitaria del rifiuto opposto all’autorità: una resistenza alla verifica del tasso alcolemico. In questa prospettiva, l’art. 186, comma 7, Codice della strada risulta “sufficientemente corrispondente” alla fattispecie estera.
3.2. Radicamento sul territorio e discrezionalità legislativa
La seconda doglianza viene parimenti rigettata. La Corte precisa che l’art. 18-bis, comma 1, lett. c) della legge n. 69/2005 – che consente il rifiuto facoltativo della consegna per soggetti residenti in Italia da almeno cinque anni – costituisce legittima espressione della discrezionalità riconosciuta agli Stati membri dalla Decisione quadro 2002/584/GAI.
A sostegno di questa interpretazione, viene richiamata la sentenza CGUE 6 giugno 2023, causa C-700/21, la quale ribadisce che gli Stati possono restringere l’ambito applicativo delle cause di rifiuto facoltativo purché ciò non comporti violazioni del principio di non discriminazione o di altri diritti fondamentali.
Nel caso in esame, la permanenza del ricorrente in Italia (10 mesi, per ragioni lavorative) non consente di configurare un effettivo radicamento, come richiesto dalla norma nazionale.
3.3. Condizioni detentive e inammissibilità del motivo aggiunto
La Corte dichiara infine inammissibile il motivo aggiunto concernente le condizioni detentive (3 m² inclusi gli arredi), per violazione dell’art. 581 lett. a) c.p.p., trattandosi di doglianza non ricompresa nell’originario atto di impugnazione.
4. Considerazioni conclusive
La pronuncia si colloca nella scia di un orientamento giurisprudenziale volto a garantire l’efficacia dello strumento del MAE, anche a costo di un’applicazione “elastica” del principio di doppia punibilità. Il parametro del radicamento, inoltre, si conferma vincolato a requisiti temporali oggettivi, la cui modulazione rientra nella discrezionalità del legislatore nazionale.
Infine, il rigore interpretativo con cui la Corte valuta l’ammissibilità delle doglianze relative ai diritti fondamentali conferma che, pur in presenza di preoccupazioni legate al rispetto dell’art. 3 CEDU, il rispetto delle forme processuali resta imprescindibile.
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. VI, 08/05/2025, (ud. 08/05/2025, dep. 09/05/2025), n.17723
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, accoglieva parzialmente la richiesta di consegna formulata dall'autorità giudiziaria rumena nei confronti di St.Ma., condannato in via definitiva per i reati di guida senza patente e rifiuto di sottoporsi all'esame ematico necessario per l'accertamento del tasso alcolemico.
La sentenza impugnata dava atto che il mandato di arresto era stato emesso al fine di eseguire due sentenze di condanna, la prima emessa nel 2021 dal Tribunale di Mangalia e relativa al reato di guida senza patente, la seconda resa nel 2024 dal Tribunale di Constanta per i reati di guida senza patente e rifiuto di sottoporsi al test ematico. Per effetto di questa seconda sentenza, l'autorità rumena revocava il beneficio del differimento dell'esecuzione in relazione alla prima condanna, determinando la pena per le due ipotesi di guida senza patente in due anni di reclusione, aumentata di mesi otto per l'ulteriore reato di rifiuto di sottoporsi al test ematico.
La Corte di appello dava atto che, in relazione alla condanna disposta dal Tribunale di Mangalia per la prima ipotesi di guida senza patente, difettando il requisito della recidiva nel biennio, doveva rilevarsi il difetto del requisito della doppia punibilità e, conseguentemente, escludeva espressamente che la consegna potesse consentire l'esecuzione della pena irrogata in ordine a tale reato.
Per il resto, invece, riteneva l'infondatezza dei motivi ostativi dedotti dal ricorrente e disponeva la consegna con specifico riferimento alla sola esecuzione della pena detentiva irrogata per i reati di guida senza patente e rifiuto di prelievo di campioni biologici, commessi il 4 novembre 2022, e oggetto della sentenza di condanna dell'autorità Judecatoria di Constanta n.221 del 29 febbraio 2024.
2. Nell'interesse del ricorrente sono stati formulati due motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, si deduce la violazione del principio della doppia punibilità previsto dall'art. 7 I. 22 aprile 2005, n. 69 in relazione al reato di rifiuto di sottoporsi al prelievo ematico al fine di accertare il tasso alcolemico.
Sottolinea la difesa come, sulla base degli atti inviati dall'autorità richiedente, emerge che il ricorrente si sia sottoposto al test alcolemico, tant'è che veniva rilevato un tasso di 0,7 g/l, mentre il rifiuto veniva opposto esclusivamente in ordine al prelievo ematico.
La corrispondente disciplina prevista nell'ordinamento interno sanziona esclusivamente il rifiuto di sottoporsi all'alcol test, senza alcuna specificazione in ordine alla tipologia di accertamento e, in ogni caso, la previsione dell'art. 186, comma 7 del Codice della strada non sanziona la condotta di chi si sia regolarmente sottoposto ad accertamento con sistemi di rilevazione immediata.
2.2. Con il secondo motivo, si eccepisce la violazione degli artt.18 e 18-bis L. 22 aprile 2005, n.69, in relazione all'art. 4, comma 6, della Decisione quadro 2002/584/GAI, nonché alle previsioni della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. Si sostiene, infatti, che il ricorrente presenti uno stabile radicamento sul territorio italiano, essenzialmente in virtù del contratto di lavoro a tempo indeterminato e della sottoposizione al regime fiscale e tributario interno. Il ricorrente, presente in Italia da circa dieci mesi, lavora e vive stabilmente sul territorio nazionale, non potendosi escludere il requisito del radicamento sulla base della mancanza della residenza da almeno cinque anni Si sostiene che la disciplina dettata dall'art. 18-bis L. 22 aprile 2005, n.69 avrebbe recepito solo parzialmente la Decisione quadro, nella quale, all'art. 4, non si fa menzione al requisito della permanenza per un periodo predeterminato sul territorio nazionale, dovendosi, invece, accertare in concreto il radicamento.
2.3. Con i motivi aggiunti, la difesa del ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che le condizioni di detenzione del ricorrente, in particolare per quanto attiene alle dimensioni della cella in cui sarebbe ristretto, garantirebbero il rispetto dei diritti inviolabili del detenuto.
Si precisa, in particolare, che le dimensioni della cella sarebbero pari a 3 metri quadrati inclusi gli arredi, mentre i fattori compensativi risulterebbero del tutto generici e insufficienti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non supera il vaglio preliminare di ammissibilità.
2. Il ricorrente deduce la violazione del principio della doppia punibilità, sostenendo che l'art. 186, comma 7, Codice della strada, sanziona il rifiuto di sottoporsi all'accertamento del tasso alcolemico, senza far espresso riferimento alla verifica mediante prelievo ematico. Nel caso di specie, il ricorrente non si sarebbe sottratto all'accertamento mediante alcol-test, tant'è che il valore alcolemico veniva documentato, sicché l'ulteriore condotta di rifiuto dell'accertamento ematico integrerebbe un fatto diverso rispetto alla fattispecie prevista nell'ordinamento interno.
La tesi difensiva è manifestamente infondata, posto che la verifica della doppia punibilità non presuppone affatto l'assoluta identità delle norme incriminatrici, tant'è che l'art. 7 L. 22 aprile 2005, n.69 prevede espressamente che la comparazione non debba tener conto dei singoli elementi costitutivi del reato.
Per consolidata giurisprudenza, infatti, per soddisfare la condizione della doppia punibilità, non è necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell'ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell'ordinamento italiano, ma è sufficiente che la concreta fattispecie sia punibile come reato in entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l'eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato (Sez. 6, n. 27483 del 29/5/2017, Majkowska, Rv. 270405; Sez. 6, n. 21336 del 26/5/2021, Brocai, Rv.281509).
Quanto detto comporta la sostanziale irrilevanza delle diverse modalità previste nell'ordinamento interno e in quello estero per addivenire all'accertamento del tasso alcolemico, posto che l'elemento comune e sulla cui base deve valutarsi il presupposto della doppia punibilità è costituito dalla condotta di rifiuto di sottoporsi all'accertamento ritenuto necessario nei diversi ordinamenti.
3. Il secondo motivo di ricorso è volto a censurare l'incompatibilità della previsione del motivo di rifiuto facoltativo della consegna, basato sul parametro della residenza del cittadino estero da almeno cinque anni in Italia, rispetto alla previsione dell'art. 4, punto 6, della Direttiva 2002/584/GAI, in base al quale il rifiuto facoltativo può essere opposto "se il mandato d'arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno".
Deve rilevarsi che la previsione interna, nella misura in cui ha previsto un riferimento temporale, basato sulla residenza o dimora in Italia, al fine di fornire un parametro di valutazione del radicamento sul territorio nazionale, non si pone in contrasto con la norma contenuta nella decisione quadro.
La Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza resa nella causa C-700/21 in data 6 giugno 2023, pur pronunciandosi sulla diversa questione della possibilità o meno di estendere il motivo di rifiuto facoltativo nei confronti di cittadini di paesi terzi, ha fornito indicazioni utili a risolvere il diverso quesito formulato dal ricorrente in questa sede. La CGUE ha, infatti, valorizzato la discrezionalità di cui gli Stati membri dispongono in sede di trasposizione dell'art. 4, punto 6, sottolineando che il limite è costituito essenzialmente dal rispetto dei diritti e dei principi fondamentali e dal divieto di discriminazione.
Ne consegue che, come precisato dalla Corte di giustizia, gli Stati membri sono liberi di trasporre o meno, nel loro diritto interno, i motivi di non esecuzione facoltativa del mandato d'arresto europeo elencati all'art. 4 della decisione quadro 2002/584/GAI, incluso quello di cui al punto 6, potendo altresì scegliere di limitare le situazioni nelle quali l'autorità giudiziaria dell'esecuzione può rifiutare di eseguire un mandato d'arresto europeo, agevolando così la consegna delle persone ricercate, conformemente al principio del riconoscimento reciproco.
Quanto detto consente di affermare che la previsione di un parametro temporale (residenza o dimora in Italia da almeno cinque anni) non si pone in contrasto con la Decisione quadro, bensì è frutto del legittimo esercizio della discrezionalità nel modulare i requisiti a fronte dei quali consentire il rifiuto facoltativo della consegna.
Per mera completezza, deve evidenziarsi come la Corte di appello non si è neppure limitata a valutare l'assenza del requisito temporale, osservando come la presenza del ricorrente in Italia avesse una durata assolutamente limitata (circa 10 mesi) e determinata esclusivamente da esigenze lavorative, senza che potesse in alcun modo individuarsi uno stabile radicamento sul territorio nazionale.
4. Le deduzioni formulate con i motivi aggiunti, concernenti la presunta inidoneità delle condizioni di detenzione ad evitare la sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti, sono inammissibili, in quanto aventi ad oggetto un punto della decisione impugnata diverso da quelli enunciati nell'originario atto di gravame ai sensi dell'art. 581 lett. a) cod. proc. pen. (Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, Bono, Rv. 210259 - 01).
5. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo fissare nella misura indicata nel dispositivo. Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n.69/2005.
Così deciso in Roma l'8 maggio 2025.
Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2025.