
Con la sentenza n. 8229/2025, la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto in materia di mandato di arresto europeo (MAE): il ricorso per Cassazione contro la decisione di consegna non può essere proposto per vizi di motivazione sulla residenza o il radicamento dell’imputato nel territorio italiano.
La decisione ha dichiarato inammissibile il ricorso di V., cittadino rumeno destinatario di un mandato di arresto europeo per riciclaggio in forma continuata, emesso dall’autorità giudiziaria rumena.
Il caso: mandato di arresto europeo e richiesta di rifiuto della consegna
L’imputato era stato destinatario di un mandato di arresto europeo (MAE) emesso dalla Romania il 29 marzo 2023 per il reato di riciclaggio.
La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza del 21 gennaio 2025, aveva disposto la consegna dell’imputato alle autorità rumene, ritenendo insufficienti le prove del suo effettivo radicamento in Italia, necessarie per negare la consegna ai sensi dell’art. 18-bis della legge 69/2005.
La difesa ha presentato ricorso per Cassazione, sollevando tre motivi:
Errata valutazione del radicamento nel territorio italiano
Il ricorrente contestava che la Corte d’Appello avesse sottovalutato le prove del suo stabile radicamento in Italia, ignorando il certificato di residenza e le dichiarazioni di familiari e conoscenti.
Mancata valutazione del rischio di trattamenti inumani e degradanti
La difesa lamentava che la Corte d’Appello non avesse accertato le condizioni carcerarie in Romania, in violazione dell’art. 4 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE e dell’art. 3 CEDU.
Omessa acquisizione di prove decisive
Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avrebbe dovuto attivarsi per acquisire ulteriori prove sulla sua presenza continuativa in Italia, invece di limitarsi a valutare la documentazione già presentata.
Il principio di diritto
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, stabilendo che:
Il mandato di arresto europeo non può essere impugnato per vizi di motivazione sulla residenza dell’imputato
A seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 10/2021 all’art. 22 della legge 69/2005, non è più ammesso il ricorso per Cassazione per vizi di motivazione nei procedimenti di MAE.
Il sindacato della Cassazione è limitato ai motivi di violazione di legge (art. 606 lett. a, b, c c.p.p.), escludendo ogni valutazione sulla motivazione.
Le contestazioni sul radicamento in Italia rientrano in valutazioni di merito e non possono essere riesaminate dalla Cassazione.
Il rischio di trattamenti inumani deve essere provato con elementi concreti e recenti
La Cassazione ha affermato che il rischio di trattamenti inumani nelle carceri del Paese richiedente può essere dedotto solo se sussistono dati oggettivi e recenti, già riconosciuti dalla giurisprudenza.
Nel caso in esame, il ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di condizioni carcerarie critiche in Romania.
L’onere della prova sulla residenza e sul radicamento spetta all’imputato
Il soggetto richiesto in consegna ha l’onere di dimostrare con prove concrete la sua integrazione nel tessuto sociale italiano (lavoro, legami familiari, domicilio stabile).
La Corte d’Appello non è obbligata ad acquisire d’ufficio nuove prove, se il ricorrente non ha prodotto documentazione sufficiente.
La Cassazione non è giudice del merito nei procedimenti di mandato di arresto europeo
Le questioni attinenti alla valutazione degli elementi di fatto non possono essere rivalutate in sede di legittimità, salvo violazioni di norme processuali.
In conclusione, la sentenza ha affermato in materia di mandato di arresto europeo:
Il ricorso per Cassazione non può contestare la motivazione della decisione della Corte d’Appello sulla consegna.
L’onere della prova sul radicamento in Italia grava interamente sull’imputato.
Il rischio di trattamenti inumani deve essere supportato da prove concrete e attuali.
La Cassazione non può riesaminare il merito della valutazione effettuata dalla Corte d’Appello.