Il titolare di un’agenzia di servizi ha la qualifica di incaricato di pubblico servizio e risponde di peculato se trattiene somme destinate all'ente pubblico (Cass. Pen. n. 10074/2025)
- Avvocato Del Giudice
- 17 mar
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Con la sentenza n. 10074/2025, la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di M.O. e A.O., confermando la condanna per peculato (art. 314 c.p.).
La decisione ribadisce che il titolare di un’agenzia autorizzata a riscuotere tasse e contributi per conto di un ente pubblico riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio e risponde di peculato se trattiene le somme incassate.
Il caso: mancato versamento di somme riscosse per conto dell’ACI
M.O., titolare di un’agenzia di servizi a Caltagirone, e suo figlio A.O., che collaborava nella gestione, erano stati condannati per peculato dal Tribunale di Caltagirone il 14 dicembre 2021, con sentenza confermata dalla Corte d’Appello di Catania il 3 luglio 2024.
L’accusa riguardava il mancato versamento di somme incassate tra agosto e ottobre 2011 per conto dell’ACI (Automobile Club d’Italia).
La Corte d’Appello aveva ridotto la pena per A.O. concedendo le attenuanti generiche, ma aveva confermato la responsabilità di entrambi.
I due imputati hanno presentato ricorso per Cassazione, contestando:
Errore nel calcolo della prescrizione
Secondo la difesa, la Corte d’Appello aveva calcolato erroneamente il termine di prescrizione del reato, computando un periodo di sospensione maggiore del dovuto.
Insufficienza di prove sulla consapevolezza dell’illecito
M.O. sosteneva di non essere a conoscenza dell’omissione e che il figlio A.O. avrebbe potuto agire autonomamente nel trattenere le somme incassate.
A.O. contestava l’attribuzione di un concorso attivo nel reato, affermando che il bonifico falso utilizzato per giustificare il mancato versamento era successivo alla consumazione del reato e non dimostrava il suo coinvolgimento iniziale.
Errata applicazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio
I difensori lamentavano che la condanna fosse basata su presunzioni e deduzioni, anziché su prove certe.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha respinto tutte le censure, dichiarando i ricorsi inammissibili e condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro ciascuno.
1. Il titolare di un’agenzia che riscuote per conto di un ente pubblico è incaricato di pubblico servizio e risponde di peculato
Il delitto di peculato è configurabile quando un soggetto che ha la gestione di denaro pubblico si appropria delle somme incassate per conto dell’ente (Cass. Sez. 6, n. 45082/2015, Marrocco).
Nel caso in esame, M.O., in qualità di titolare dell’agenzia, era tenuto a versare le somme incassate all’ACI e risponde penalmente per il loro mancato riversamento.
A.O., pur non avendo formalmente la stessa qualifica, ha concorso al reato fornendo supporto operativo e disponendo i bonifici.
2. La mancata prova della consapevolezza dell’illecito non è stata dimostrata
I giudici di merito hanno ritenuto che M.O. fosse consapevole dell’ammanco e che avesse tentato di coprirlo con un bonifico falso, presentato all’ACI come prova del pagamento.
Il figlio A.O., che gestiva i rapporti con la banca, aveva accesso alla documentazione bancaria e al bonifico contraffatto, elemento che provava la sua complicità.
La Corte ha escluso che M.O. fosse stato indotto in errore dal figlio, poiché aveva direttamente interloquito con i funzionari dell’ACI e consegnato il documento falso.
3. Il reato di peculato è un reato istantaneo e il concorso dell’extraneus è configurabile
Il peculato si consuma nel momento in cui il denaro pubblico viene trattenuto indebitamente.
Anche soggetti estranei alla pubblica amministrazione possono concorrere nel reato se forniscono un contributo essenziale all’appropriazione (Cass. Sez. 6, n. 26568/2022).
Nel caso in esame, il bonifico falso non era solo un tentativo di giustificazione postumo, ma un atto funzionale alla copertura dell’appropriazione, e dunque un elemento del concorso criminoso.
Conclusioni
La sentenza ha affermato in tema di peculato e responsabilità degli incaricati di pubblico servizio:
Il titolare di un’agenzia autorizzata a riscuotere tributi per conto di un ente pubblico è un incaricato di pubblico servizio e risponde penalmente se trattiene indebitamente le somme incassate.
Il concorso nel peculato è configurabile anche per soggetti non pubblici, se forniscono un contributo essenziale alla condotta illecita.
Il mancato versamento di somme dovute a un ente pubblico integra il reato di peculato nel momento in cui il denaro viene trattenuto.