Se il pubblico ufficiale non ha la disponibilità giuridica del denaro è truffa, non peculato (Cass. Pen. n. 10062/2025)
- Avvocato Del Giudice
- 18 mar
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Con la sentenza n. 10062/2025, la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la condanna nei confronti di M.C., ex Direttore Amministrativo della ASL Roma/C, accusato di peculato per essersi appropriato di fondi pubblici destinati a pagamenti per prestazioni sanitarie.
La decisione ribadisce un principio fondamentale: per configurare il reato di peculato, il pubblico ufficiale deve avere la disponibilità giuridica del denaro. Se invece il reato si realizza attraverso un inganno ai danni dell’ente pubblico, si configura la truffa aggravata (art. 640 c.p.), che potrebbe essere soggetta a prescrizione più breve.
Il caso: appropriazione di fondi pubblici destinati alla sanità
M.C., in qualità di Direttore Amministrativo della ASL Roma/C, era stato condannato per peculato per aver falsificato documenti contabili, autorizzando pagamenti indebiti a società di servizi sanitari.
Secondo l’accusa, M.C. avrebbe predisposto falsi prospetti di pagamento, inducendo la ASL a liquidare somme per prestazioni mai effettuate.
La Corte d’Appello di Roma aveva confermato la condanna per peculato, sostenendo che l’imputato aveva la disponibilità giuridica delle somme pubbliche.
La difesa ha contestato la qualificazione del reato, sostenendo che i fatti rientravano nel reato di truffa aggravata, già prescritto.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, stabilendo che:
1. Per configurare il peculato è necessaria la disponibilità giuridica del denaro
Il peculato si realizza solo quando il pubblico ufficiale ha la possibilità di disporre delle somme pubbliche come se fossero proprie.
Se invece il pubblico ufficiale induce altri organi della Pubblica Amministrazione a disporre pagamenti indebiti, si configura la truffa aggravata.
2. La sentenza di merito non ha chiarito chi avesse il potere di disporre del pagamento
La Corte d’Appello aveva sostenuto che M.C. avesse la disponibilità del denaro solo perché predisponeva i prospetti di liquidazione.
Tuttavia, secondo la Cassazione, l’atto finale di pagamento era eseguito da un altro ente (Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata), e questo elemento doveva essere valutato per distinguere tra peculato e truffa.
Pertanto, la Corte ha annullato la sentenza per un nuovo esame della qualificazione giuridica.
Conclusioni
Questa sentenza ha importanti implicazioni per la giurisprudenza in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione:
Il peculato richiede che il pubblico ufficiale abbia la possibilità concreta di disporre delle somme pubbliche.
Se il pagamento illecito avviene attraverso un inganno ai danni della Pubblica Amministrazione, si configura la truffa aggravata, non il peculato.