RITENUTO IN FATTO
1.1 II Tribunale di Modena, sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari reali, con ordinanza in data 22 luglio 2022 respingeva l'istanza di riesame avanzata nell'interesse di C.A. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. dello stesso tribunale in data (Omissis), con il quale era stato disposto il sequestro, anche per equivalente, della complessiva somma di (Omissis) Euro in relazione ai reati di dichiarazione fraudolenta D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 2, omessa dichiarazione IVA ed autoriciclaggio, per avere trasferito i proventi dei reati fiscali all'indirizzo di società estere per poi dirottarli verso altre società italiane riconducibili sempre al C..
1.2 Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore del C., avv.to Turi, deducendo, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 bis disp. att. c.p.p.:
- violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b), per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 648 quater c.p., e violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. c), per error in procedendo e mancanza assoluta della motivazione;. in particolare si assumeva che il tribunale aveva errato nell'individuazione del profitto confiscabile per il reato di autoriciclaggio, individuato nel complesso delle somme movimentate tra le società riconducibili al ricorrente tra il 2015 ed il 2017, posto che era stata omessa qualunque analisi sugli effetti in termini di accrescimento patrimoniale per il C. a seguito di tali movimentazioni; invero, l'orientamento della Seconda Sezione Penale della Corte di cassazione con la sentenza Ceoldo, ha chiarito che il prodotto, profitto, prezzo dell'autoriciclaggio non coincide con quello del reato presupposto ma è da questo autonomo in quanto consistente nei proventi conseguiti dall'impiego del prodotto del reato presupposto in attività economiche, finanziarie o speculative. Posto quindi che il prodotto, profitto o prezzo del reato di autoriciclaggio deve essere qualcosa di ulteriore rispetto al provento del reato presupposto è confiscabile soltanto quanto conseguito in più a seguito dell'impiego del denaro proveniente dal delitto presupposto altrimenti dovendo coincidere il profitto del reato presupposto e quello di cui all'art. 648ter1 c.p.. Il G.I.P. ed il tribunale avevano omesso di motivare sul punto non essendo stati partitamente individuati i proventi conseguiti dall'impiego della somma autoriciclata, avendo confuso e sovrapposto il profitto del reato presupposto e quello di autoriciclaggio e non avendo indicato quale accrescimento patrimoniale C., aveva ottenuto dal reimpiego;
- violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b), per inosservanza della legge penale e per mancanza assoluta della motivazione quanto alla omessa indicazione del valore dei beni sequestrati posto che, dalla nota della Guardia di Finanza, il valore degli immobili sottoposti a sequestro era stato stimato in Euro 9.1000.000,00 di gran lunga superiore all'importo complessivo del provvedimento ablatorio, così che era stato violato il principio di proporzionalità del sequestro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.1 I ricorso è proposto per motivi mai avanzati in precedenza e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Invero deve essere rammentato come secondo l'interpretazione di questo giudice di legittimità è inammissibile il ricorso avverso il provvedimento del tribunale del riesame che deduca per la prima volta vizi di motivazione inerenti ad argomentazioni presenti nel provvedimento genetico della misura coercitiva che non avevano costituito oggetto di doglianza dinanzi allo stesso tribunale, non risultandone traccia né dal testo dell'ordinanza impugnata, né da eventuali motivi o memorie scritte, né dalla verbalizzazione delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell'udienza camerale (Sez. 2, n. 42408 del 21/09/2012, Rv. 254037 - 01). In motivazione detta pronuncia precisa che:" Il motivo con il quale si deduce la mancanza della motivazione in merito all'individuazione dei gravi indizi di colpevolezza è infondato, perché, come lo stesso ricorrente ammette, non era stata formulata alcuna censura in merito alla sussistenza del presupposto della gravità indiziaria relativamente agli elementi costitutivi del reato e l'istanza di riesame si limitava a censurare la contestazione dell'aggravante di cui all'art. 640 c.p., comma 2, n. 1. A nulla rileva che il riesame sia un mezzo di impugnazione totalmente devolutivo, poiché, in mancanza di specifiche deduzioni difensive il Tribunale in sede di riesame legittimamente può limitarsi, come nel caso di specie, a concordare "pienamente con la ricostruzione della sussistenza del quadro indiziario risultante dalla richiesta del PM e dall'ordinanza del GIP", riassumendo, poi, i punti essenziali di tale quadro indiziario. Al contrario, proprio la mancata formulazione di specifiche deduzioni difensive nella fase di merito rende inammissibili le deduzioni medesime proposte per la prima volta in questa sede di legittimità, poiché non possono essere dedotte come motivo di ricorso per cassazione avverso provvedimento adottato dal Tribunale del riesame vizi motivazionali rispetto a elementi o argomentazioni difensive in fatto di cui non risulti in alcun modo dimostrata l'avvenuta rappresentazione al suddetto tribunale, come si verifica quando essa non sia deducibile dal testo dell'impugnata ordinanza e non ve ne sia neppure alcuna traccia documentale quale, ad esempio, quella costituita da eventuali motivi scritti a sostegno della richiesta di riesame, ovvero da memorie scritte, ovvero ancora dalla verbalizzazione, quanto meno nell'essenziale, delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell'udienza tenutasi a norma dell'art. 309 c.p.p., comma 8, (Sez. 1, n. 1786 del 05/12/2003 - 21/01/2004, Marchese, Rv. 227110; Sez. 1, n. 2927 del 22/04/1997, Bianco, Rv. 207759).
Successivamente è stato chiarito ancora che in tema di misure cautelari, non è possibile prospettare in sede di legittimità motivi di censura non sollevati innanzi al tribunale del riesame, ove essi non siano rilevabili d'ufficio (Sez. 2, n. 11027 del 20/01/2016, Rv. 266226 - 01). Ed il principio risulta ribadito anche in relazione a presunte violazioni di legge essendosi stabilito che è inammissibile il ricorso avverso il provvedimento del tribunale del riesame con il quale si deducono per la prima volta violazioni di legge inerenti l'ordinanza applicativa della misura cautelare, che non avevano costituito oggetto di doglianza dinanzi allo stesso tribunale, non risultandone traccia né dal testo dell'ordinanza impugnata, né da eventuali motivi o memorie scritte, né dalla verbalizzazione delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell'udienza camerale (Sez. 5, n. 24693 del 28/02/2014, Rv. 259217 01)
Nel caso in esame le questioni circa l'individuazione del quantum di profitto o prodotto confiscabile nel delitto di autoriciclaggio commesso dal C. e di violazione del principio di proporzionalità non risultano mai avanzate dinanzi al tribunale del riesame che difatti, su tali aspetti, non ha in alcun modo motivato. Ed entrambe le questioni deducono accertamenti di fatto sia in ordine all'importo del prodotto dell'autoriciclaggio che in relazione al valore dei beni sequestrati dinanzi questa corte di legittimità mai devolute in precedenza.
In conclusione, l'impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell'art. 606 comma 3 c.p.p.; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2023.
Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2023