RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza 20.10.2022, il tribunale del riesame di Imperia ha dichiarato inammissibile l'appello cautelare proposto dal Procuratore Europeo Delegato avverso il decreto del GIP/tribunale di Imperia in data 14.10.2022 con cui è stata rigettata la richiesta di sequestro preventivo dell'imbarcazione pleasure yacht PRE-DATOR battente bandiera delle Isole Cayman e di proprietà della società armatrice Cadort Ventures Ltd., il cui comandante è D.G.G..
2. Avverso l'ordinanza impugnata nel presente procedimento, il Procuratore Europeo Delegato propone ricorso per cassazione, deducendo tre motivi, di seguito sommariamente indicati.
2.1. Deduce, con il primo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge per l'erronea applicazione del c.d. giudicato cautelare.
In sintesi, il P.E.D. ricorrente sostiene che l'ordinanza impugnata non è entrata nel merito delle argomentazioni della pubblica accusa affermando che sulla vicenda si è già formato il giudicato cautelare. Diversamente deve escludersi che ciò si sia verificato, in quanto la Corte di Cassazione non si è pronunciata sul merito delle considerazioni giuridiche ed in fatto poste a base della richiesta, in quanto il ricorso del P.E.D. contro l'ordinanza del tribunale del riesame confermativa del decreto di rigetto del gip sulla originaria richiesta di sequestro preventivo del natante è stata dichiarata inammissibile da questa Corte esclusivamente per la tardività del deposito dell'atto, né risulta esservi stata una rinuncia espressa o tacita alle impugnazioni in ordine i provvedimenti di natura reale. Nemmeno i precedenti citati dal tribunale sono idonei a confutare detta ipotesi. Contrariamente a quanto invece sostenuto dal tribunale del riesame, nella specie vi sarebbero elementi nuovi da esaminare, costituiti non soltanto dalla presenza del natante nelle acque territoriali anche in tempo successivo alla prima vicenda cautelare, ma anche la diversa descrizione dell'imputazione che esamina più compiutamente la fattispecie. Richiamata l'annotazione descrittiva degli elementi di aggiornamento inerenti il natante in esame al mese di marzo 2022, il P.E.D. ricorrente evidenzia come l'imputazione contestata abbia caratteristiche di permanenza, richiamando tal fine una sentenza di questa sezione del 2019 (Rv 275792), sostenendo, dunque, come, allo stato, il reato è ancora in corso di realizzazione nonostante il natante si trovi attualmente fuori dalle acque comunitarie.
2.2. Deduce, con il secondo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 10-bis,.
In sintesi, il Procuratore Europeo delegato ricorrente, dopo aver operato una ricognizione della normativa applicabile al caso di specie con riferimento alla distinzione tra il regime di ammissione temporanea e quella definitiva, ricorda come il regime di ammissione temporanea può essere esclusivamente autorizzato per il tempo strettamente necessario per l'uso specifico dichiarato in dogana e comunque non oltre un determinato termine prefissato per legge che, nel caso dei mezzi di trasporto marittimi, è individuato dall'art. 217 del regolamento delegato UE n. 2446/2015 in 18 mesi. Il Procuratore Europeo delegato, al fine poi di sostenere la configurabilità del reato in questione, riporta alcuni stralci di una decisione di questa Corte pronunciatasi su un caso analogo a quello in esame ed avente oggetto degli aeromobili (Sez. 3, n. 4978/2022). Da tale decisione emergerebbero due elementi di assoluta rilevanza ai fini di ritenere sussistente l'ipotesi di reato nel caso di specie. Anzitutto, che l'evasione dell'iva all'importazione è un'ipotesi specifica di contrabbando doganale, con conseguente applicabilità di tutto il relativo compendio sanzionatorio e, dunque, non solo la sanzione penale ma anche la confisca obbligatoria e la conseguente responsabilità amministrativa da reato della persona giuridica. In secondo luogo, che per stabilire se vi sia stata evasione dei diritti di confine, e quindi se si sia di fronte ad un'ipotesi di contrabbando, occorre far riferimento alla situazione di fatto e non a quella formale o apparente, in quanto ciò che rileva è che l'imbarcazione sia stata di fatto destinata al consumo ovvero introdotta e, di fatto, utilizzata negli spazi dell'Unione Europea. A tal proposito si rileva infatti nel ricorso come: a) il natante di cui viene richiesto il sequestro, battente bandiera delle Isole Cayman e società armatoriale con sede nelle isole vergini britanniche, risulta entrato nel porto turistico di Imperia il 3 maggio 2010; b) che tale imbarcazione dal mese dal 2008 al mese di settembre 2021 è stata in territorio extraunionale principalmente in Montenegro solo per complessivi 112 giorni; c) che le uscite del natante dalle acque marittime dell'Unione Europea, quasi sempre verso il medesimo porto in Montenegro, consentivano all'imbarcazione di interrompere formalmente il termine di permanenza di 18 mesi previsto dall'istituto doganale dell'ammissione temporanea; d) che il successivo rientro dopo pochi giorni del medesimo natante nel porto di Imperia comportava il decorrere formale di un nuovo termine di 18 mesi e l'elusione di eventuali controlli, consentendo in questo modo una stabile permanenza del natante nelle acque territoriali nazionali, mediante un improprio e distorto utilizzo del regime trasformato da temporaneo in definitivo, ciò con l'intento di evitare l'importazione dell'imbarcazione che avrebbe comportato il pagamento dell'Iva dovuta. A tal proposito il Procuratore Europeo ricorrente, rileva come anche il posto barca, occupato dalla imbarcazione presso il porto di Imperia, locato per cinquant'anni dalla società cipriota, è stato di fatto utilizzato esclusivamente dall'imbarcazione in questione senza mai essere occupato, nemmeno nei periodi di assenza della barca, da altri natanti. E' per questa ragione che il Procuratore Europeo ha ipotizzato la riconducibilità delle due società, una intestataria del posto barca, l'altra intestataria dell'imbarcazione, al medesimo soggetto che, allo scopo di non palesarsi, avrebbe delegato tutte le funzioni al comandante dell'imbarcazione suddividendo solo cartolarmente le due entità giuridiche. Detto modus operandi sarebbe quindi stato posto in essere anche allo scopo di non far rilevare in capo al natante il vincolo con il territorio italiano, dettato dalla locazione del posto barca per cinquant'anni, in questo modo facendo altresì figurare nel rapporto giuridico contrattuale un terzo soggetto di fatto fittiziamente interposto. Diversamente, prosegue il Procuratore Europeo ricorrente, se la società extra-UE proprietaria del natante avesse direttamente stipulato il contratto, avrebbe in qualche modo dichiarato il suo radicamento sul territorio, non potendo poi agire come se il suo legame effettivo fosse con uno stato extraunionale, al fine di giustificare una simulata temporanea importazione ed omettere il pagamento delle imposte dovute. A tal fine, dopo aver richiamato quanto già osservato dalla Procura generale di questa Corte nella memoria depositata nel precedente procedimento, il Procuratore Europeo ricorda come, secondo la giurisprudenza di legittimità, l'istituto dell'abuso del diritto non è configurabile in presenza di condotte che integrino una diretta violazione delle norme in materia. Muovendo da tale assunto ritiene il Procuratore Europeo ricorrente come, nella fattispecie, ci si trovi in presenza di un mero comportamento materiale, quale quello della ripetuta e tempestiva fuoriuscita dalle acque dell'Unione Europea, del tutto avulso da collegamenti con atti o negozi che, in qualche misura, possono assumere le sembianze di un'operazione avente forma ma non sostanza economica, effettuata essenzialmente per realizzare vantaggi fiscali indebiti. Richiamate a tal proposito le considerazioni in diritto svolte nella richiamata memoria della Procura generale di questa Corte, il Procuratore Europeo delegato ritiene che il mancato superamento del c.d. termine di appuramento non impedisce che si possa comunque dimostrare che il caso concreto integri una situazione di importazione definitiva a cui non è corrisposto il pagamento del tributo dovuto. In altri termini, il superamento o meno del termine di appuramento non appare configurabile come elemento costitutivo della fattispecie penale ma solo come uno degli elementi della disciplina doganale in tema di importazione che il giudice penale è tenuto a valutare per stabilire se vi sia stata o meno importazione definitiva non seguita dalla corresponsione dell'Iva. Diversamente ragionando, un termine posto dal legislatore certamente per stabilire il limite finale rigido dell'importazione temporanea, ma conseguentemente anche per segnare il confine a partire dal quale l'onere probatorio ricade sull'utilizzatore, diventerebbe - per il Procuratore Europeo e per la Procura generale di questa Corte - come preclusivo della possibilità di accertare e perseguire l'importazione definitiva non accompagnata dal versamento del tributo previsto, allorquando comunque prodottasi di fatto, ma occultata da condotte fraudolente finalizzate al mero aggiramento formale del termine medesimo.
2.3. Deduce, con il terzo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 250, comma 2, Codice doganale Unionale, reg. UE, n. 952/2013.
In sintesi, il Procuratore Europeo delegato, operata una ricognizione del corpus normativo unionale in materia doganale disciplinante il regime di importazione temporanea, osserva come la deroga prevista dalla norma speciale di cui all'art. 215 p.p. 1 e 3 dell'UCD (reg. UE n. 952/2013), non sarebbe applicabile al caso in esame, ed in ogni caso non risulterebbe alcuna richiesta del titolare della immatricolazione voluta dalla norma per accedere alle deroghe. A tal proposito, il Procuratore Europeo osserva come il titolare del regime deve essere collocato fuori dall'Unione Europea. Nel caso di specie vi sarebbero una serie di indizi concreti e rilevanti in ordine alla circostanza che il comandante del natante possa qualificarsi come titolare del regime doganale, ovvero il soggetto che effettua l'operazione di importazione come tale destinatario degli obblighi doganali, e che egli sia di fatto stabilito all'interno del territorio doganale con conseguente inapplicabilità del regime di ammissione temporanea, e ciò indipendentemente dalla circostanza dell'avvenuto superamento del periodo di 18 mesi. In relazione a tale aspetto, il Procuratore Europeo sostiene che, contrariamente a quanto affermato dal GIP, costui non è il semplice comandante dell'imbarcazione, ma risulta essere stato investito di tutti i poteri e le decisioni in ordine alla stessa assumendo un potere di fatto che lo rende pienamente responsabile in ordine agli spostamenti del natante e alle connesse dichiarazioni doganali. In particolare il procuratore Europeo valorizza il contenuto di un documento datato 8 febbraio 2021, e rinvenuto nel corso dell'attività di perquisizione in forza del quale il comandante, attuale indagato, è autorizzato a trasferire lo yacht presso qualsiasi località, firmare documenti ed effettuare pagamenti necessari alla gestione della medesima imbarcazione. Tale conferimento di pieni poteri manleva l'armatore e ogni suo ufficiale da e contro tutte le azioni legali, procedimenti, rivendicazioni o richieste di ogni tipo da o a causa dell'esercizio del potere conferito e di qualsiasi costo assicurato dal proprietario. Per dimostrare che il comandante è stabilmente insediato in territorio Europeo, il Procuratore Europeo delegato richiama gli accertamenti della Guardia di finanza da cui emerge che il comandante è stabilmente dimorante, e di fatto residente, ad Imperia sin dal 2008 in quanto locatario di un immobile in tale città con la stipula di un contratto di affitto 3+2 e dove ha indicato il proprio domicilio fiscale sin dall'anno 2010, potendosi pertanto sostenere che almeno a far data dal 1 ottobre 2018 il comandante abbia dimorato abitualmente in Italia, il che renderebbe inapplicabile il regime di importazione temporanea sin dall'inizio dell'importazione dell'imbarcazione nel territorio dell'Unione, con conseguente sottrazione al pagamento dell'Iva all'importazione. Non rileverebbe peraltro l'affermazione del tribunale del riesame di Imperia, contenuta nella prima ordinanza di rigetto, secondo cui la disciplina non sarebbe applicabile perché è entrata in vigore il 1 maggio 2016, ciò in quanto la norma che prevede che il regime di ammissione temporanea possa essere utilizzato soltanto da un soggetto stabilito fuori dall'Unione Europea era già prevista dal vecchio codice doganale, segnatamente dall'art. 163 del Reg. UE n. 450 del 2008, il che quindi ha carattere di continuità dell'applicazione.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato in data 27.02.2023, la propria requisitoria scritta con cui ha chiesto annullarsi il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale del Riesame di Imperia.
Il PG ritiene che il Tribunale del Riesame, così come ritenuto dal P.E.D. ricorrente, non ha correttamente motivato in ordine alla formazione del giudicato cautelare (primo motivo). Quanto al secondo motivo, il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi per cui il delitto di contrabbando è integrato con l'effettiva destinazione al consumo, la quale può essere attuata evitando di realizzare la situazione formale costituita dalla dichiarazione doganale o dalle iscrizioni negli appositi registri aerei cui la legge ricollega il presupposto impositivo del tributo. Quest'ultimo si verifica con l'utilizzazione nelle acque territoriali dell'imbarcazione e non con l'immatricolazione. In particolare l'evasione dell'IVA all'importazione prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70 è un'ipotesi specifica di contrabbando doganale con conseguente applicabilità di tutto il relativo compendio sanzionatorio e, quindi, non solo della sanzione penale ma anche della confisca obbligatoria e della conseguente responsabilità amministrativa della persona giuridica. Inoltre, per stabilire se vi sia stata evasione dei delitti di confine e se si sia di fronte ad un'ipotesi di contrabbando, occorre far riferimento alla situazione di fatto e non a quella formale o apparente perché ciò che rileva è che il bene sia stato di fatto destinato al consumo oppure introdotto ed utilizzato di fatto negli spazi doganali. Quanto al terzo motivo, può ben ritenersi che il comandante abbia dimorato in Italia a far data dal 1ottobre 2018 e che prima egli era beneficiario di soli contratti di affitto transitori.
4. Preliminarmente alla celebrazione dell'udienza pubblica, sono pervenute a questa Corte alcune istanze di trattazione orale (21.02.2023, avv. Racano per Cadort; 22.02.2023, Avv. Allegretti ed Avv. Valentini per D.), accolte in data 23.02.2023 dal Presidente titolare. Infine, in data 15.04.2023, è pervenuta memoria difensiva a firma dell'Avv. Allegretti e dell'Avv. Valentini, nell'interesse dell'indagato D..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Deve preliminarmente darsi atto della tardività della memoria difensiva depositata solo il 15 aprile u.s. rispetto all'udienza odierna, ciò che esime questa Corte dall'esaminarne il contenuto essendo stata tempestivamente richiesta (ed ammessa) la trattazione orale del ricorso.
Trova infatti applicazione la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, n. 5602 del 12/02/2021, Rv. 281647 - 02), secondo cui il termine di quindici giorni per il deposito delle memorie difensive, previsto dall'art. 611 c.p.p. relativamente al procedimento in camera di consiglio, è applicabile anche ai procedimenti in udienza pubblica, una volta richiesta la trattazione orale ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, conv. in L. n. 176 del 2020, ed emesso il provvedimento presidenziale di trattazione in pubblica udienza, onde la sua inosservanza esime la Corte di cassazione dall'obbligo di prendere in esame le stesse.
Ne', del resto, la memoria difensiva tardivamente depositata ha natura di replica alla requisitoria scritta del PG, come risulta palese dalla stessa struttura della memoria che non fa alcuna menzione alla predetta requisitoria.
2. Tanto premesso, il ricorso, trattato in presenza a seguito dell'accoglimento delle istanze di trattazione orale, è fondato in relazione al primo motivo che, assumendo valenza prodromica (in quanto di natura processuale) ed assorbente rispetto ai residui due motivi, afferenti al merito, esime questa Corte dal loro esame.
3. Ed invero, dalla lettura del provvedimento impugnato risulta infatti che l'appello cautelare è stato dichiarato inammissibile per essersi formato sulla vicenda, secondo i giudici collegiali della cautela, il c.d. giudicato cautelare.
Questo perché, si legge nel provvedimento, al decreto 17.07.2021 con cui era stato disposto il sequestro preventivo di urgenza dell'imbarcazione, non aveva fatto seguito la convalida da parte del GIP, con provvedimento poi confermato dal tribunale di Imperia quale giudice del riesame con ordinanza impugnata con il ricorso per cassazione dichiarato inammissibile da questa Corte per tardività.
Dalla lettura della sentenza di questa Sezione n. 6637/2022, emerge chiaramente che, in accoglimento dell'eccezione contenuta nella memoria trasmessa il 17 febbraio 2022, dall'avv. Allegretti Alessia, difensore di D., il ricorso è stato dichiarato inammissibile, perché tardivamente pervenuto all'Ufficio competente a riceverlo.
4. Quanto sopra rende evidente come nessun giudicato cautelare siasi formato, atteso che non solo questa Corte non si è pronunciata "nel merito" dei plurimi motivi di impugnazione proposti dal P.E.D. con il primo ricorso, ma, soprattutto, dovendosi considerare che si versa, nel caso in esame, in un caso di ricorso per cassazione avverso provvedimento reso a seguito di appello cautelare.
Trova quindi applicazione il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui in tema di giudicato cautelare, la preclusione processuale conseguente alle pronunzie emesse, all'esito del procedimento incidentale di impugnazione, dalla Corte Suprema ovvero dal Tribunale in sede di riesame o di appello, avverso le ordinanze in tema di misure cautelari, ha una portata più modesta rispetto a quella determinata dalla cosa giudicata, sia perché è limitata allo stato degli atti, sia perché non copre anche le questioni deducibili, ma soltanto le questioni dedotte, implicitamente o esplicitamente, nei procedimenti di impugnazione avverso ordinanze in materia di misure cautelari personali (Sez. 1, n. 47482 del 1/12/2015, Rv. 265858 - 01).
5. Nel caso in esame, non può convenirsi con i giudici dell'appello cautelare nel ritenere che alcun elemento nuovo può essere ravvisato negli atti di indagine a disposizione del tribunale né nel teso dell'appello e della memoria del PED.
Il Procuratore Europeo ricorrente, infatti, ha chiarito che la condotta illecita oggetto della vicenda processuale in esame, come emerge dall'attività di indagine, è cronologicamente proseguita rispetto al momento iniziale conclusosi con la impugnazione dichiarata inammissibile da questa Corte con la sentenza richiamata, essendo stata accertata la presenza del natante nelle acque territoriali anche in un tempo successivo alla prima vicenda cautelare (laddove, invece, non assume rilievo la diversa descrizione dell'imputazione che avrebbe esaminato più compiutamente la fattispecie, essendo rimasto inalterato il fatto "giuridico" oggetto di contestazione).
Ed invero, la permanenza nella condizione di illiceità fino al febbraio 2022 costituisce sostanziale elemento di novità rispetto all'impianto accusatorio già sottoposto all'attenzione del GIP prima e del tribunale di Imperia quale giudice del riesame poi, oltre che di questa S.C. all'atto della declaratoria di inammissibilità.
Il cosiddetto giudicato cautelare, come anticipato, non si estende infatti a tutte le questioni deducibili, bensì esclusivamente a quelle che sono state dedotte ed effettivamente decise (tra le tante: Sez. 4, n. 32929 del 12/08/2009, Rv. 244976 - 01): e, tra queste, evidentemente, non rientrava quella afferente all'estensione temporale della condotta illecita sino al febbraio 2022, essendo chiaro l'elemento nuovo costituito dalla diversa data di consumazione dell'illecito che, come bene ricorda il P.E.D. ricorrente, ha natura permanente, condizione che cessa al momento dell'importazione definitiva ovvero qualora sopraggiunga una possibile circostanza che determini l'impossibilità di tale importazione, quale la distruzione ovvero un provvedimento giudiziario di carattere ablatorio (v., in termini, la richiamata Sez. 3, n. 19233 del 7/05/2019, Rv. 275792 - 01).
Del resto, questa Corte ha già affermato, seppure con riferimento ai procedimenti incidentali in materia di misure cautelari personali (ma con argomentazioni estensibili, per identità di ratio, anche a quelle reali), che gli effetti delle relative decisioni permangono sino a quando non intervenga un mutamento della situazione processuale che legittimi il riesame della situazione. Nella "subiecta materia", infatti, si forma un giudicato allo stato degli atti che trova reciprocità, visto dal lato della tutela della libertà del cittadino, nel principio del "ne bis in idem" cautelare, vale a dire nel divieto per l'organo giurisdizionale di adottare altro provvedimento custodiale ove, giudicatosi illegittimo o inopportuno il primo, non si sia verificata una sostanziale modificazione della situazione processuale che possa giustificare la rivalutazione, "in pejus", della posizione dell'inquisito (Sez. 6, n. 3163 del 10/10/1992, Rv. 191903 - 01).
6. Proprio muovendo da tale assunto, dunque, se è del tutto legittimo per il giudice, in caso di incidente cautelare personale, tener conto del mutamento della situazione processuale che legittima il riesame della misura (mutamento che si verifica ove la condotta si protragga oltre il termine oggetto dell'originaria contestazione), a maggior ragione deve ritenersi che sia altrettanto legittimo per il giudice, in caso di incidente cautelare reale, tener conto del mutamento della situazione processuale che legittima il riesame (rectius, l'appello) della misura ove la condotta contestata, relativa a reato permanente, non sia cessata (nella specie per effetto dell'intervenuta importazione definitiva o per l'emissione di un provvedimento cautelare reale), ma si protragga oltre il tempus commissi delicti individuato in precedenza, ciò rilevando, all'evidenza, trattandosi di misura cautelare reale, sulla funzione impeditiva del sequestro preventivo (nella specie richiesto non solo in funzione anticipatoria della confisca obbligatoria ex D.P.R. n. 43 del 1973, art. 301, ma anche al fine di impedire che il reato potesse protrarsi nel tempo).
Ciò del resto, è reso palese dalla giurisprudenza di questa Corte che ha più volte affermato come il delitto di evasione all'IVA sulle importazioni (sulla cui configurabilità, nel caso in esame, non vi è alcun dubbio, in ragione di una consolidata giurisprudenza: Sez. 3, n. 4978 dell'11/02/2022, Rv. 282921), ha natura di reato permanente in quanto il tributo grava sulla merce abusivamente introdotta nello Stato fino a che non viene assolta l'obbligazione tributaria; ne consegue che il reato è configurabile in ogni vicenda successiva e coinvolge ogni susseguente atto di vendita o di trasporto della merce medesima (Sez. 3, n. 56264 del 18/12/2017, Rv. 272330 - 01).
7. L'impugnata ordinanza dev'essere, pertanto, annullata con rinvio al tribunale di Imperia per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al tribunale di Imperia.
Così deciso in Roma, il 21 aprile 2023.
Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2023