Misure alternative alla detenzione: l’affidamento in prova presuppone il superamento effettivo della tossicodipendenza (Cass. pen., n. 40715/2025)
- Avvocato Del Giudice
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La sentenza in commento offre l’occasione per tornare sul rapporto tra affidamento in prova al servizio sociale e persistenza di problematiche di tossicodipendenza, chiarendo i criteri che devono orientare la valutazione del giudice di sorveglianza nella scelta tra le diverse misure alternative alla detenzione.
La Prima Sezione penale della Corte di cassazione conferma il rigetto dell’istanza di affidamento in prova ex art. 47 ord. pen., ritenendo non illogica né contraddittoria la decisione del Tribunale di sorveglianza che aveva reputato più adeguato, nel caso concreto, il ricorso all’affidamento terapeutico di cui all’art. 94 d.P.R. n. 309/1990.
1. La funzione dell’affidamento in prova e il parametro della risocializzazione
La Corte muove da un inquadramento ormai consolidato: l’affidamento in prova costituisce la misura alternativa di maggiore ampiezza, espressione diretta della finalità rieducativa della pena sancita dall’art. 27, comma 3, Cost.
La sua concessione presuppone, tuttavia, che il giudice possa formulare una prognosi favorevole circa la capacità della misura di favorire il reinserimento sociale del condannato e di prevenire il rischio di recidiva.
Non è richiesto un ravvedimento pienamente compiuto, ma è necessario che il processo di emenda sia concretamente avviato, sulla base dell’osservazione della personalità e del comportamento tenuto dal condannato.
In questa prospettiva, ciò che rileva non è il mero dato storico del reato, bensì l’evoluzione successiva della personalità, valutata in chiave dinamica e prospettica.
2. Persistenza della tossicodipendenza e discrezionalità del giudice di sorveglianza
Nel caso esaminato, il Tribunale di sorveglianza aveva fondato il rigetto dell’affidamento in prova sulla mancata risoluzione delle problematiche di tossicodipendenza, valorizzando:
l’ammissione, da parte del detenuto, di precedenti esperienze di dipendenza;
la positività ai cannabinoidi riscontrata all’ingresso in istituto;
la ripresa dei contatti con il SerD per l’attivazione di un programma terapeutico.
La Cassazione ribadisce che rientra nella discrezionalità del giudice di merito la valutazione circa l’idoneità della misura alternativa richiesta rispetto alle esigenze di risocializzazione e di prevenzione della recidiva, nonché la scelta della misura ritenuta più congrua tra quelle astrattamente concedibili.
Tale discrezionalità non è sindacabile in sede di legittimità, purché la decisione sia sorretta da una motivazione non apparente, coerente e logicamente strutturata.
3. Affidamento in prova e affidamento terapeutico: piani distinti ma comunicanti
Un passaggio centrale della pronuncia riguarda la distinzione – spesso equivocata nella prassi – tra affidamento in prova “ordinario” e affidamento terapeutico.
La Corte chiarisce che l’affidamento in prova non è lo strumento deputato alla gestione primaria della dipendenza, soprattutto quando essa non risulti superata in modo stabile.
In tali ipotesi, la misura ex art. 94 d.P.R. n. 309/1990 si configura come risposta più coerente, poiché strutturalmente orientata al trattamento sanitario e al recupero del soggetto.
Ne discende che la persistenza dell’uso di sostanze, anche se qualificato come “ricreativo”, può legittimamente fondare una valutazione negativa circa l’idoneità dell’affidamento in prova, senza che ciò implichi un automatismo preclusivo o una indebita compressione della finalità rieducativa.
4. Il principio affermato
La sentenza consolida un principio di diritto di chiara portata applicativa: l’affidamento in prova al servizio sociale presuppone il superamento effettivo, o quantomeno significativamente avviato, delle problematiche di tossicodipendenza, poiché solo in tale condizione la misura può assolvere alla sua funzione risocializzante senza trasformarsi in un contenitore inadeguato rispetto ai bisogni trattamentali del condannato.
In mancanza di tale presupposto, la preferenza accordata dal giudice all’affidamento terapeutico non integra violazione di legge né vizio di motivazione, ma rappresenta un esercizio fisiologico della discrezionalità propria della giurisdizione di sorveglianza.
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. I, 04/12/2025, (ud. 04/12/2025, dep. 18/12/2025), n.40715
RITENUTO IN FATTO
1. Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Venezia rigettava la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale avanzata nell'interesse di Pi.Ma. , detenuto presso la Casa circondariale di Treviso in espiazione della pena di cui al provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Treviso in data 31 ottobre 2017; con la stessa ordinanza veniva anche dichiarata la inammissibilità della istanza di detenzione domiciliare, ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1 -bis, Ord. pen., in considerazione della pena residua superiore ad anni due.
In particolare, la domanda ex art. 47 Ord. pen. veniva respinta in considerazione delle ancora non completamente risolte problematiche di tossicodipendenza del detenuto in quanto, per tale ragione, la più ampia fra le misure alternative alla detenzione era considerata non idonea a garantire il suo reinserimento sociale, apparendo più adeguata per superare dette problematiche il beneficio previsto e disciplinato dall'art. 94 D.P.R. n. 309/90.
2. Avverso la già menzionata ordinanza Pi.Ma. per mezzo dell'avv. Salvatore Guglielmin, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per il suo annullamento nella parte in cui ha respinto la domanda di affidamento in prova al servizio sociale.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 47 Ord. pen. e 94 D.P.R. n. 309/90 ed il vizio di motivazione contraddittoria e manifestamente illogica, deducendo che la reiezione della richiesta di affidamento è stata fondata sul mancato superamento delle citate problematiche, in realtà del tutto insussistenti come, peraltro, confermato dalle risultanze processuali. Pertanto, la ritenuta maggiore adeguatezza dell'affidamento terapeutico è rimasta priva di qualsiasi riscontro non essendo stata nemmeno indicata dal gruppo di osservazione e trattamento del carcere.
3. Il Sostituto Procuratore generale Luigi Birritteri ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
2. Come noto l'affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall'art. 47 Ord. pen., è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena. Essa può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell'osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che la medesima, anche attraverso l'adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla menzionata rieducazione, prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato. Ciò che assume rilievo, rispetto all'affidamento, è l'evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale (Sez. 1, n. 33287 dell' 11/06/2013, Pantaleo, Rv. 257001-01). Il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, Loggia, Rv. 248984-01; Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, Betti, Rv. 244654-01; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, Anastasio, Rv. 202413-01).
3. Rientra nella discrezionalità del giudice di merito l'apprezzamento sull'idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, delle diverse misure alternative in astratto concedibili (e l'eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto). Le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, Caroso, Rv. 189375-01), la quale non può prescindere da un'esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio.
4. Ciò posto, la ordinanza impugnata non appare censurabile poiché ha dato rilievo, in modo non contraddittorio, alla circostanza che Pi.Ma. il quale, per sua stessa ammissione, in passato ha avuto problematiche tossicomaniche tanto da avere fatto ingresso in una comunità terapeutica di Barcellona, Spagna, continua a fare uso di cannabinoidi per uso ricreativo, come confermato anche dal test effettuato al suo ingresso in carcere. Per tale motivo, come indicato nella relazione di equipe, il detenuto ha ripreso i contatti con il SerD di Conegliano, resosi disponibile a seguirlo con un programma terapeutico di tipo non residenziale.
L'ordinanza impugnata, in modo non illogico, ha quindi ritenuto più adeguata la misura dell'affidamento terapeutico in considerazione della mancanza di elementi a conferma del definitivo distacco dalle problematiche di tossicodipendenza, escludendo la possibilità di ammettere il ricorrente alla ampia fra le misura alternative alla detenzione.
5. Pertanto, le censure difensive (peraltro, in gran parte rivalutative) non scalfiscono il congruo argomentare del Tribunale di sorveglianza di Venezia rispetto alla reiezione della domanda di affidamento in prova.
6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a norma dell'art. 616 del codice di rito. Infine, in caso di diffusione del presente provvedimento si dispone l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 del D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 del D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2025.
Depositato in cancelleria il 18 dicembre 2025.

