RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 9 settembre 2022, il Tribunale del riesame di Palermo, decidendo in sede di rinvio a seguito dell'annullamento di precedente ordinanza disposto con sent. di questa Corte, Sez. 4, 24 maggio 2022, n. 30851, ha dichiarato inammissibile l'istanza di riesame proposta da L.I.C. avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 240 bis c.p. in relazione - per quanto ancora qui rileva - al reato di cui all'art. 603 bis c.p. commesso nel periodo compreso tra il (Omissis).
2. Avverso detta ordinanza, a mezzo del difensore fiduciario, l'indagato ha proposto ricorso per cassazione deducendo, con il primo motivo, la violazione dell'art. 321 c.p.p., comma 1, artt. 310 e 649 c.p.p. e dell'art. 240 bis c.p. in relazione ad entrambe le ragioni addotte dal Tribunale a sostegno della ritenuta inammissibilità sopravvenuta del gravame cautelare, affermata per essere stata medio tempore parzialmente accolta dal g.i.p. la richiesta di revoca del sequestro, con riduzione dell'importo sino alla concorrenza del quale era stato disposto il vincolo, e per essere stato quel provvedimento dall'indagato impugnato nella parte in cui la revoca non era invece stata integralmente accolta.
Quanto alla prima ragione - vale a dire la riduzione dell'importo del vincolo (da 208.620,16 a 173.039,88 Euro), conseguente alla giustificata, sia pur parziale, provenienza dei valori e dei beni - si osserva che permane l'interesse del ricorrente a contestare la legittimità del sequestro per il minor importo ancora in essere.
Quanto alla seconda ragione, ritenuta dall'ordinanza comunque assorbente, se ne contesta in radice la legittimità per essere stata erroneamente affermata la preclusione a coltivare il giudizio di riesame sul rilievo che il ricorrente aveva impugnato con appello cautelare - e, successivamente, con ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di rigetto dell'appello medesimo - il provvedimento con cui il g.i.p. aveva negato l'integrale dissequestro ritenendo comunque ancora sussistenti, nei più ridotti termini indicati, i presupposti della confisca per sproporzione. Il Tribunale aveva osservato che in quel parallelo giudizio cautelare le uniche questioni ancora sub iudice erano le medesime oggetto di valutazione nel giudizio di rinvio in sede di riesame, vale a dire: da un lato, la contestata inapplicabilità retroattiva del divieto probatorio rispetto all'impiego di proventi frutto di evasione fiscale per l'acquisto di beni o il conseguimento di valori sproporzionati rispetto ai propri redditi, quale introdotta con L. n. 161 del 2017, art. 31; d'altro lato, il fatto che i canoni di locazione non fiscalmente dichiarati che giustificherebbero la residua sproporzione rispetto ai redditi di lecita provenienza non potrebbero comunque essere integralmente ritenuti quale illecito risparmio fiscale a tal fine non computabile, dovendosi semmai limitare l'importo con riguardo alle imposte dovute in relazione al maggior reddito non dichiarato. Il ricorrente non nega l'identità delle questioni ancora controverse nei due paralleli giudizi cautelari, ma osserva che, semmai, la preclusione processuale impedirebbe la prosecuzione dell'altro giudizio, instauratosi successivamente a quello di riesame anteriormente pendente.
3. Con il secondo motivo di ricorso si lamentano la violazione dell'art. 240 bis c.p. e art. 321 c.p.p., nonché la mancanza assoluta di motivazione per il silenzio serbato dall'ordinanza rispetto alle due questioni di merito poste nel giudizio di rinvio e di cui sopra si è detto, non avendo l'ordinanza in alcun modo affrontato né il tema del divieto di irretroattività del menzionato divieto probatorio ai proventi di evasione fiscale conseguiti anteriormente all'entrata in vigore della L. n. 161 del 2017, né il tema della corretta individuazione del concetto di provento da evasione fiscale connesso ai redditi da locazione non fiscalmente dichiarati dal ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va accolto in relazione al primo, assorbente, motivo, fondato in relazione ad entrambe le censure al proposito dedotte.
2. In primo luogo, osserva che il Collegio che non è revocabile in dubbio la sussistenza dell'interesse dell'indagato al riesame del provvedimento genetico di sequestro con riguardo alla residua somma, di apprezzabile importo, tuttora sottoposta a vincolo. Per la verità, non lo nega espressamente neppure l'ordinanza impugnata, che afferma il difetto d'interesse con riguardo alla somma già restituita, salvo poi ritenere, contraddittoriamente, che ciò costituisca comunque (una prima) causa di inammissibilità del riesame.
3. Quanto alla seconda causa di ritenuta, radicale, inammissibilità, reputa il Collegio che non sussista preclusione processuale a coltivare, anche in sede di rinvio, il giudizio di riesame avverso il decreto di sequestro per il solo fatto che sia pendente, sia pur in cassazione e sia pur con riguardo alle medesime questioni controverse, il procedimento di impugnazione avverso il rigetto della richiesta di revoca del provvedimento genetico. Ed invero, diversamente da quanto affermato dal Tribunale, la preclusione potrebbe semmai configurarsi non già rispetto al presente procedimento - avviato per primo ed avente ad oggetto la legittimità della misura originariamente applicata - ma al successivo procedimento concernente la (mancata) revoca della misura. E' quest'ultimo, infatti, ad essere logicamente subordinato al primo, posto che, qualora il provvedimento genetico fosse annullato per insussistenza ab origine dei presupposti di legge, non potrebbe (più) farsi questione della sua revoca.
Si tratta di principi che questa Corte ha già applicato in analoghe vicende cautelari, ritenendo, ad es., l'inammissibilità della richiesta di revoca della misura cautelare personale, il cui provvedimento applicativo sia stato già confermato dall'ordinanza di riesame impugnata con ricorso per cassazione non ancora preso in esame, per la preclusione derivante dalla situazione di litispendenza (Sez. 5, n. 29627 del 18/06/2014, P., Rv. 262522).
4. L'ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio al competente Tribunale di Palermo.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo, competente ai sensi dell'art. 324 c.p.p., comma 5.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2023