
Con la sentenza n. 9255/2025, la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affermato che si configura il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) quando l’imputato oppone violenza attiva nei confronti degli agenti anche dopo un primo invito a seguirli in caserma, e che la notifica dell’atto processuale all’imputato si considera valida anche in caso di temporanea irreperibilità se vengono rispettate le procedure previste dall’art. 157 c.p.p..
La decisione ha rigettato il ricorso di B., confermando la sentenza della Corte d’Appello di Messina, che aveva rideterminato la pena a sei mesi e dieci giorni di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale.
Il caso: rifiuto di fornire le generalità e violenza contro i Carabinieri
L’imputata, condannata in primo grado per rifiuto di fornire le proprie generalità agli agenti di polizia giudiziaria (art. 651 c.p.) e per resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), aveva proposto appello contro la decisione del Tribunale di Messina.
La Corte d’Appello di Messina, con sentenza del 25 settembre 2024, aveva:
Assolto l’imputata dal reato di rifiuto di fornire le proprie generalità (art. 651 c.p.), per insussistenza del fatto.
Confermato la condanna per resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), riducendo la pena a sei mesi e dieci giorni di reclusione.
Il ricorso per Cassazione
Il difensore dell’imputata, ha impugnato la sentenza d’appello in Cassazione, sollevando due motivi:
Nullità della sentenza per omessa citazione dell’imputata
La difesa ha contestato la validità della notifica dell’udienza del 19 giugno 2024, sostenendo che:
La notifica era stata eseguita ai sensi dell’art. 157 c.p.p. presso il domicilio eletto dall’imputata, ma la raccomandata era stata restituita con l’indicazione "destinatario sconosciuto".
La Corte d’Appello avrebbe dovuto annullare il procedimento e ripetere la notifica.
Errata applicazione dell’art. 337 c.p. e travisamento della prova
Secondo la difesa, la Corte d’Appello non aveva considerato le condizioni psicofisiche dell’imputata, che soffriva di agitazione psicomotoria documentata da referti medici.
Inoltre, la difesa ha contestato la qualificazione della condotta come "resistenza attiva", sostenendo che l’imputata si era limitata a divincolarsi, senza colpire intenzionalmente i Carabinieri.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che:
La notifica dell’atto processuale è valida anche se il destinatario risulta temporaneamente irreperibile
Se il destinatario non viene trovato al domicilio eletto, la notifica viene effettuata con l’affissione di un avviso alla porta e il deposito nella casa comunale.
Gli effetti della notifica decorrono dal ricevimento della raccomandata, ma se il destinatario è irreperibile, l’atto si considera comunque validamente notificato (Cass. Sez. U, n. 42125/2024, Cirelli).
Nel caso in esame, la notifica è stata eseguita correttamente secondo l’art. 157 c.p.p., e la Corte d’Appello ha anche disposto un rinvio per consentire una nuova notifica, sanando eventuali irregolarità.
La resistenza a pubblico ufficiale si configura anche quando l’uso della violenza avviene dopo il primo invito a seguire i militari
Il reato di resistenza non richiede che la violenza sia esercitata subito, ma può concretizzarsi anche successivamente, nel momento in cui l’imputato oppone un comportamento attivo per sottrarsi al compimento dell’atto d’ufficio.
Nel caso di specie, l’imputata ha prima rifiutato di fornire le proprie generalità e poi, dopo essere stata invitata a salire sulla volante per l’identificazione, ha iniziato a dare calci e pugni ai Carabinieri, configurando una resistenza attiva.
Le condizioni psicofisiche dell’imputata non escludono la responsabilità penale per resistenza
I referti medici allegati dalla difesa non provavano un’infermità mentale tale da escludere il dolo nel reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Il semplice stato di agitazione psicomotoria non esime l’imputato dalla responsabilità, se il comportamento è volontario e finalizzato a opporsi all’autorità.
L’elemento soggettivo del reato è stato correttamente valutato dai giudici di merito
Il Tribunale e la Corte d’Appello hanno valutato in modo coerente le dichiarazioni del vicebrigadiere Colacino e le testimonianze raccolte.
Non vi erano elementi per derubricare la condotta a "resistenza passiva", in quanto l’imputata ha opposto una violenza fisica attiva nei confronti degli agenti.
Conclusioni
La sentenza ha affermato in materia di resistenza a pubblico ufficiale e validità delle notifiche processuali:
Un imputato può essere dichiarato colpevole di resistenza a pubblico ufficiale anche se la violenza viene esercitata successivamente al primo invito a seguire gli agenti.
Le notifiche processuali restano valide anche se il destinatario è temporaneamente irreperibile, purché vengano seguite le formalità previste dalla legge.
Le condizioni psicofisiche dell’imputato non escludono la responsabilità penale se non dimostrano un’infermità tale da annullare la capacità di intendere e volere.