Deposito telematico dell’appello a ridosso della mezzanotte: vale l’orario di invio o la ricevuta? (Cass. pen. n. 40474/2025)
- Avvocato Del Giudice
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Una questione apparentemente “minuta” — due minuti di scarto generati dal sistema — diventa, nella pratica, una linea di confine tra accesso al giudizio di secondo grado e sbarramento processuale.
Con la sentenza Cass. pen., Sez. V, 3 dicembre 2025 (dep. 16 dicembre 2025), n. 40474, la Corte chiarisce un principio destinato a pesare nella quotidianità della transizione digitale: quando il difensore ha correttamente inserito e inviato l’atto nel portale entro le 24:00, un ritardo tecnico nella generazione della ricevuta non può ricadere sulla parte.
1) Il fatto: appello “tardivo” per colpa della ricevuta
La Corte d’appello di Roma aveva dichiarato inammissibile l’appello ritenendolo depositato oltre termine, valorizzando la ricevuta di avvenuto deposito generata dal sistema pochi minuti dopo la mezzanotte.La difesa, però, documentava che l’atto era stato trasmesso alle 23:58 dell’ultimo giorno utile tramite PDP (Portale Depositi Penali), e che la sequenza temporale riportata dal sistema mostrava l’invio in tempo utile e l’emissione della ricevuta con un breve scarto.
2) Il punto giuridico: cosa “fa fede” ai fini della tempestività?
Il cuore della decisione è qui: ai fini del rispetto del termine, conta l’orario in cui l’atto è nella disponibilità della parte (inserimento/invio), oppure quello successivo di accettazione/ricevuta (dipendente dal sistema)?
La Cassazione risponde in modo netto, con un’impostazione sostanzialmente “garantista” della telematizzazione:
l’adempimento esigibile dalla parte è il corretto inserimento e invio nel portale entro la scadenza;
la generazione della ricevuta è un passaggio successivo, governato dall’infrastruttura ministeriale;
se la ricevuta non è tempestiva per ragioni non imputabili alla parte, il controllo di tempestività deve fondarsi sull’attestazione di invio, perché è l’unico dato interamente nella sfera di dominio del depositante.
In altre parole: il rischio tecnologico non può essere scaricato sul diritto di impugnazione.
3) Cornice normativa: telematico come regola, ma con funzione di garanzia
La sentenza colloca il problema nella struttura della telematizzazione nel penale, richiamando l’assetto introdotto e consolidato (in particolare) dall’art. 111-bis c.p.p., dalle norme di raccordo del d.lgs. 150/2022 e dalla disciplina tecnica sul deposito tramite portale.
Il passaggio decisivo, però, è interpretativo: la Corte legge l’architettura digitale non come un insieme di filtri “formali”, ma come un sistema che deve rafforzare tracciabilità e certezza senza trasformarsi in una causa di preclusione quando il difensore ha fatto tutto ciò che è nelle sue possibilità.
4) Il criterio della Cassazione: “invio” come parametro quando la ricevuta slitta
Il principio affermato — e che conviene tenere a mente operativamente — è questo: se la ricevuta di deposito non è generata tempestivamente, la verifica della tempestività deve ancorarsi all’attestazione di invio/corretto inserimento dell’atto nel portale, perché è l’unico adempimento nella disponibilità della parte.
La Cassazione richiama anche la necessità di evitare un formalismo digitale che, nel periodo di transizione, finirebbe per comprimere l’accesso effettivo al giudice.
5) Il fondamento “alto”: equo processo e proporzionalità (CEDU)
Il ragionamento è sostenuto da un’idea semplice: le regole tecniche non possono diventare barriere irragionevoli.
La Corte richiama espressamente il canone convenzionale di proporzionalità e l’obbligo di evitare un eccesso di formalismoche svuoti il diritto di accesso al giudice (art. 6 CEDU), valorizzando pronunce della Corte EDU citate nella motivazione (tra cui Xavier Lucas c. Francia e Patricolo e altri c. Italia).
6) Esito
Conclusione coerente: il ricorso è accolto, la sentenza di inammissibilità è annullata senza rinvio e gli atti sono trasmessi alla Corte d’appello di Roma per il giudizio.
La sentenza integrale
Cass. pen., sez. V, ud 3 dicembre 2025 (dep. 16 dicembre 2025), n. 40474
Ritenuto in fatto
1. Oggetto dell'impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d'appello di Roma, rilevando la tardività del deposito, ha dichiarato inammissibile l'appello proposto da (Omissis) avverso la sentenza emessa, nei suoi confronti, dal Tribunale di Roma.
2. Il ricorso, proposto nell'interesse dell'imputato, si compone di un unico motivo d'impugnazione, a mezzo di quale si deduce, sotto il profilo dell'inosservanza di norma processuale, la violazione degli artt. 585 cod. proc. pen., 24 comma 6-bis d.l. n. 137 del 2020 e 87 d. lgs. n. 150 del 2022, nella parte in cui la Corte territoriale non avrebbe valutato l'orario di effettiva ricezione dell'atto di appello (23:58), considerando solo la ricevuta di avvenuto deposito, generata dal sistema con due minuti di ritardo; ritardo che, contrariamente a quanto prospettato nella sentenza impugnata, non può ripercuotersi in danno della parte.
Una differente valutazione, sostiene la difesa, non solo pregiudicherebbe la certezza del diritto (in quanto suscettibile di differenti apprezzamenti), ma sarebbe contraria anche alla flessibilità imposta dai principi convenzionali - quale logico corollario di un equo processo - nel periodo di transizione telematica.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
2. Dall'esame del fascicolo processuale – cui questa Corte può accedere in ragione della tipologia del vizio dedotto (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092) – emerge che l'atto di appello è stato depositato tramite il portale dei depositi atti penali (PDP), essendo stato trasmesso dal difensore alle ore 23:58 del 10 settembre 2024, ultimo giorno utile per il deposito, e inviato alle ore 00:01 dell'11 settembre 2024; la ricevuta rilasciata dal sistema riflette tale sequenza temporale.
La questione oggetto di scrutinio da parte di questa Corte concerne, dunque, la rilevanza – ai fini della verifica della tempestività dell'impugnazione – del momento in cui l'atto, dopo il corretto inserimento sul portale, viene inviato (come attestato dal relativo numero identificativo unico nazionale), ovvero del momento successivo in cui lo stesso risulta accettato dal sistema mediante il rilascio della ricevuta.
Ebbene, questa Corte – anticipando sinteticamente qui le proprie valutazioni – ritiene che la disciplina normativa, interpretata alla luce dei principi convenzionali più volte affermati dalla Corte EDU, imponga di attribuire rilievo, nei casi in cui la generazione della ricevuta di avvenuto deposito non sia stata tempestiva, all'attestazione di invio e, dunque, al corretto inserimento dell'atto nel portale. Tale adempimento, unico nella disponibilità della parte, costituisce in queste ipotesi il solo criterio di verifica della tempestività del deposito.
2. Va preliminarmente osservato che la disciplina del deposito telematico degli atti nel processo penale trova il suo principale fondamento nell'art. 111-bis cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022 e successivamente modificato dal d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31, quale approdo di una complessa evoluzione normativa avviata, già nel 2009, con l'introduzione dei registri informatici interni.
La norma sancisce – fatte salve le eccezioni previste ai commi 3 e 4, relative agli atti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere acquisiti in copia informatica, nonché all'art. 175-bis cod. proc. pen. per le ipotesi di malfunzionamento del sistema – il principio dell'obbligatorietà della modalità telematica per il deposito di atti, documenti, richieste e memorie in ogni stato e grado del procedimento, relegando il deposito analogico (ivi compreso l'utilizzo della posta elettronica certificata) alle sole ipotesi espressamente individuate dal legislatore.
Tale previsione normativa si coordina con gli artt. 87 e 87-bis d.lgs. n. 150 del 2022, i quali, in funzione di raccordo attuativo tra la disciplina codicistica e l'assetto tecnico-organizzativo, demandano alla regolamentazione ministeriale la definizione delle regole tecniche per la formazione, trasmissione, notificazione e deposito degli atti in forma digitale, introducendo altresì una disciplina transitoria di semplificazione che consente – in attesa della piena operatività del deposito telematico – il ricorso alla Posta Elettronica Certificata. In altri termini, la norma primaria istituisce il canale telematico quale regola sistemica, affidando alla normativa secondaria il compito di garantirne uniformità, tracciabilità e certezza operativa, secondo una logica di coordinamento tra codice e atti attuativi.
In questo contesto, la successiva normativa regolamentare ha delineato l'architettura tecnica e i profili operativi dei sistemi di deposito e gestione del fascicolo (d.m. 29 dicembre 2023, n. 217, in coordinamento con il d.m. 21 febbraio 2011, n. 44), individuando le relative specifiche tecniche e modalità operative (provvedimento DGSIA 2 agosto 2024 e circolare ministeriale 6 settembre 2024) e modulando il regime transitorio in ragione delle specifiche tipologie di atti, dei soggetti obbligati e degli uffici destinatari (d.m. 27 dicembre 2024, n. 206).
È proprio quest'ultimo decreto (d.m. 27 dicembre 2024, n. 206) a fissare, all'art. 2, l'entrata in vigore dell'obbligo generalizzato di deposito esclusivamente telematico tramite portale per i soggetti esterni (avvocati, consulenti, parti private) presso le Procure della Repubblica, le sezioni GIP dei tribunali ordinari e i Tribunali ordinari, a decorrere dal 1° gennaio 2025. Per i soggetti interni (magistrati, segreterie e cancellerie), l'obbligo è invece differito al 31 dicembre 2025, con la previsione di deroghe transitorie per specifiche tipologie di atti e procedimenti.
Nel caso oggetto della presente sentenza, relativo al deposito dell'atto di appello avverso sentenza di primo grado, trova dunque applicazione la disciplina sopra richiamata, che impone – per i soggetti esterni e per gli atti di impugnazione – l'utilizzo esclusivo del portale telematico a partire dal 1° gennaio 2025, salvo le eccezioni espressamente previste dalla normativa di settore.
3. Ciò premesso, le modalità tecniche da osservare per il deposito telematico degli atti e dei documenti nel processo penale (e civile) sono disciplinate dall'art. 13-bis del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, come modificato dal d.m. 29 dicembre 2023, n. 217, nonché dal provvedimento DGSIA del 2 agosto 2024. Quest'ultimo, nel fissare le specifiche tecniche previste dall'art. 34, comma 1, del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, individua all'art. 19 le singole fasi della procedura di trasmissione tramite il Portale dei Depositi Penali (PDP): inserimento dei dati richiesti dal sistema, caricamento dell'atto del procedimento e dei documenti allegati, ed esecuzione del comando di invio. Particolare rilievo assume il rilascio della ricevuta di accettazione del deposito, contenente un identificativo unico nazionale, i dati inseriti dal depositante, la data e l'orario dell'operazione di invio rilevati dai sistemi informatici del Ministero della giustizia. Sul piano interpretativo, la dottrina ha sottolineato come la scansione procedurale delineata dalla normativa tecnica risponda all'esigenza di garantire la tracciabilità e la certezza delle operazioni di deposito, valorizzando la funzione della ricevuta quale strumento di attestazione automatica e di superamento delle tradizionali intermediazioni d'ufficio. È stato inoltre evidenziato che la progressiva digitalizzazione delle fasi di trasmissione e accettazione consente una maggiore uniformità applicativa e riduce il rischio di errori formali, rafforzando la tutela dell'affidabilità del sistema.
In tale quadro, il comma 2 del citato art. 13-bis precisa, per quanto qui rileva, che gli atti «si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione da parte del portale dei depositi telematici, che attesta il deposito dell'atto o del documento presso l'ufficio giudiziario competente, senza l'intervento degli operatori della cancelleria o della segreteria, salvo il caso di anomalie bloccanti». La dottrina ha osservato che tale automatismo, pur non escludendo la necessità di controlli successivi in caso di anomalie, rappresenta una significativa evoluzione rispetto al modello analogico, in cui la certezza del deposito era affidata all'attività materiale degli uffici.
Il deposito si considera tempestivo quando è eseguito entro le ore 24 del giorno di scadenza e il termine si reputa rispettato se l'accettazione da parte del sistema informatico avviene entro le ore 24:00 dell'ultimo giorno utile (art. 172, comma 6-bis, cod. proc. pen.).
Anche su questo aspetto, la riflessione dottrinale ha evidenziato come la digitalizzazione dei termini processuali imponga una rigorosa verifica della corrispondenza tra l'operazione di invio e la generazione della ricevuta, al fine di evitare che disfunzioni tecniche possano incidere negativamente sull'effettività del diritto di difesa.
4. Il sistema così delineato presuppone, in linea generale, una sostanziale coincidenza tra l'inserimento dell'atto da parte del soggetto esterno abilitato e il successivo rilascio della ricevuta da parte dei sistemi informativi ministeriali, finalizzata alla sola verifica della corrispondenza tra i dati inseriti sul portale e i dati di registro del procedimento penale di riferimento. All'esito del positivo controllo di corrispondenza, infatti, il deposito viene automaticamente accolto dal sistema e i documenti informatici oggetto del deposito sono acquisiti direttamente nel fascicolo informatico, senza intervento del personale di cancelleria, mentre al depositante viene immediatamente comunicata l'avvenuta accettazione del deposito.
Secondo un orientamento ampiamente condiviso in dottrina, tale assetto tecnico‐procedurale va inteso come “circuito garantito” a fasi scandite, nel quale la funzione della ricevuta è di mera attestazione dell'esito del controllo di coerenza, senza incidere sull'area dell'adempimento che resta nella sfera di disponibilità della parte; la distinzione tra fase di trasmissione e fase di accettazione automatica risponde, in questa prospettiva, a esigenze di tracciabilità e non di aggravamento degli oneri difensivi.
Ove, tuttavia, la generazione della relativa ricevuta non sia tempestiva, ciò che assume rilievo non può che essere l'attestazione di invio, unico adempimento nella disponibilità della parte e unico criterio di verifica della tempestività. L'intera disciplina del deposito telematico, infatti, svolge – per esplicita indicazione normativa contenuta nell'art. 111-bis, comma 2, cod. proc. pen. – una funzione di garanzia, assicurando non solo la certezza dell'avvenuta trasmissione e ricezione, ma anche la loro collocazione temporale e l'identificazione del mittente e del destinatario, elementi essenziali per la tutela dell'affidabilità del sistema e per la salvaguardia dei diritti processuali.
Ne consegue che tale disciplina non può tradursi in un pregiudizio al diritto di accesso alla difesa e all'effettività del contraddittorio, laddove eventi tecnici imprevedibili, in una inevitabile eterogenesi dei fini, si traducano in preclusioni processuali, lesive delle stesse esigenze che sono state poste alla base dell'intero impianto normativo.
Sul punto, parte autorevole della dottrina ha sottolineato come l'opzione per il criterio dell'invio, quale momento rilevante, realizzi una corretta allocazione del “rischio tecnologico” in capo all'Amministrazione e non alla parte, prevenendo derive di iperformalismo digitale in contrasto con la funzione garantistica della telematizzazione.
In un'ottica di bilanciamento tra innovazione tecnologica e garanzia di accesso diretto al procedimento, come già lucidamente rilevato da questa Corte in altra sovrapponibile fattispecie, l'eventuale scarto temporale tra l'inserimento degli atti e il successivo rilascio della ricevuta di deposito non può ridondare a carico della parte impugnante, allorché lo stesso portale abbia dato ufficiale contezza dell'avvenuto invio (Sez. 2, n. 47737 del 10/12/2024, Zhang, Rv. 287383).
Analoghe considerazioni si rinvengono, da un lato, nella giurisprudenza civile di questa Corte e nella centrale rilevanza assunta, nella complessiva disciplina processuale, dal principio di effettività della tutela giurisdizionale, per come direttamente desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., 47 della Carta di Nizza, 19 del Trattato sull'Unione europea e 6 della Convenzione EDU (principio che, nella sua essenziale tensione verso una decisione di merito, richiede che eventuali restrizioni del diritto della parte all'accesso a un tribunale siano ponderate attentamente alla luce dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità: ex multis, Sez. U. civ. n. 10648 del 2017; n. 8950 del 2022; n. 28403 del 2023; n. 2075 del 2024; n. 6477 del 2024); dall'altro, nello stesso diritto convenzionale, che, pur nel pacifico riconoscimento dell'importanza che assume la digitalizzazione della giustizia, impone che l'obbligo di depositare i documenti in formato elettronico debba essere proporzionato al legittimo fine perseguito (Xavier Lucas c. Francia, n. 15567/20, §§ 46-47, 9 giugno 2022).
In questa direzione, la dottrina maggioritaria, anche con approccio comparatistico, valorizza il favor impugnationis quale criterio ordinante dell'interpretazione delle regole tecniche, sottolineando come la telematizzazione sia strumento di semplificazione e non barriera procedurale, e richiede che il vaglio di proporzionalità tenga conto della concreta incidenza dell'irregolarità sulla possibilità di decisione nel merito.
In questi termini, dunque, “le nuove tecnologie dovrebbero essere utilizzate solo come strumento per migliorare l'accesso effettivo e concreto alla giustizia” e i tribunali nazionali, nell'applicare tali norme procedurali, dovrebbero evitare un eccessivo formalismo, contrario all'obbligo di assicurare il diritto concreto ed effettivo di accesso previsto dall'articolo 6 § 1 della Convenzione; diritto concretamente compromesso laddove la disciplina normativa, risolvendosi in una illogica ed ingiustificata “barriera che impedisce ai litiganti di ottenere una determinazione nel merito della causa da parte di un tribunale competente”, non sia più funzionale alla certezza del diritto e alla retta amministrazione della giustizia (Corte EDU n. 37943/17 e altri, Patricolo e altri c. Italia del 23 maggio 2024).
La riflessione dottrinale ha evidenziato, in proposito, come il controllo sulla “adeguatezza tecnologica” delle forme – anche nella prospettiva della ragionevole durata – debba misurarsi con il principio di effettività, ammettendo soluzioni correttive e letture costituzionalmente e convenzionalmente orientate quando l'errore formale sia privo di incidenza sul contraddittorio e sulla tracciabilità dell'atto.
Logico corollario di tali presupposti è che le limitazioni applicate dalla disciplina normativa non possono condurre a una restrizione dell'accesso alla tutela giurisdizionale in modo e misura tali da compromettere la sostanza stessa del diritto, la cui concreta limitazione – laddove non persegua un fine legittimo e non vi sia un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e i fini che si intendono perseguire – non appare compatibile con l'articolo 6 § 1 della Convenzione EDU (Zubac c. Croazia n. 40160/12 del 5 aprile 2018, § 78; Dos Santos Calado e altri c. Portogallo, n. 55997/14 e altri, del 31 marzo 2020, §§ 109-10; Succi e altri c. Italia, n. 55064/11 del 28 ottobre 2021). In tale prospettiva, una parte significativa della dottrina propone, quale esito sistematicamente coerente, moduli di sanatoria degli errori meramente formali e criteri di imputazione del malfunzionamento al dominio pubblico, al fine di preservare la decisione nel merito e l'affidabilità del sistema, senza regressioni alla casualità tecnica.
5. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto, il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio e gli atti trasmessi alla Corte d'appello di Roma per il giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti per il giudizio alla Corte d'appello di Roma.

