Facebook e diffamazione: è aggravata la condotta diffamatoria se rivolta a una platea indeterminata (Trib. Cassino, 12 febbraio 2025, n. 1917)
- Avvocato Del Giudice
- 12 apr
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Pubblicare su Facebook messaggi gravemente offensivi e accusatori configura diffamazione aggravata ex art. 595, comma 3, c.p., se i contenuti sono rivolti a una pluralità di persone. Il Tribunale di Cassino ribadisce i limiti del diritto di critica e chiarisce quando non può invocarsi la provocazione come esimente.
Il fatto
Con decreto del 30 luglio 2019, il P.M. presso il Tribunale di Cassino ha disposto la citazione a giudizio di Ca.St. per rispondere del reato di diffamazione aggravata, commesso a mezzo social network nei confronti di Na.Ag., consulente ambientale e procuratore della società agricola “Il Podere di Gi. Srl”.
La vicenda trae origine dalla pubblicazione, da parte dell’imputata, di numerosi post diffamatori sul gruppo Facebook “Pignataro Interamna Idee, Segnalazioni e Progetti”. I contenuti, di particolare virulenza, accusavano la persona offesa di corruzione, inquinamento ambientale e minacce, nonché di atteggiamenti molesti e indegni sotto il profilo morale e personale.
I post, per ammissione della stessa imputata, erano stati pubblicati con il proprio profilo personale e risultavano visibili a tutti gli iscritti al gruppo, senza alcun filtro di riservatezza. Nel corso del dibattimento, l'imputata ha sostenuto che i messaggi rappresentavano una reazione a condotte provocatorie subite da parte del Na., anche di natura personale.
La decisione del Tribunale
Il Tribunale ha ritenuto pienamente integrato il reato di diffamazione aggravata, riconoscendo la responsabilità penale dell'imputata, alla quale è stata inflitta la pena di € 400 di multa, con concessione della sospensione condizionale e della non menzione della condanna.
Il giudice ha sottolineato che:
l’imputata aveva ammesso di essere l’autrice dei post;
i messaggi risultavano chiaramente riferiti alla persona offesa;
il contenuto era gravemente offensivo e privo di riscontro oggettivo;
la diffusione era avvenuta attraverso un canale (Facebook) idoneo a raggiungere una pluralità indeterminata di destinatari, configurando la circostanza aggravante del mezzo di pubblicità.
È stato escluso che la condotta potesse essere giustificata dalla provocazione, in quanto le presunte condotte moleste del Na. erano distanti nel tempo rispetto ai post e non costituivano un “fatto ingiusto” nei termini richiesti dall’art. 599 c.p.
Il principio di diritto
“La pubblicazione di messaggi diffamatori su una bacheca Facebook integra il delitto di diffamazione aggravata ex art. 595, comma 3, c.p., quale offesa arrecata con un mezzo di pubblicità idoneo a raggiungere un numero indeterminato di persone. La provocazione non è scriminante se il fatto ingiusto altrui non è immediato, né oggettivamente ingiustificabile secondo le regole della convivenza civile.”
Il Tribunale, richiamando la giurisprudenza di legittimità (Cass. Pen., Sez. V, n. 4873/2017; n. 24431/2015; n. 31022/2015), ha chiarito che il social network Facebook, in quanto strumento di comunicazione sociale non professionale, rientra tra i “mezzi di pubblicità” diversi dalla stampa, rilevanti ai fini dell’aggravante.