La diffamazione online sussiste anche senza prova dell’accesso ai contenuti (Cass. Pen. n. 11565/2022)
- Avvocato Del Giudice
- 8 apr
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Con la sentenza n. 11565/2022, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna di due imputati per diffamazione aggravata e continuata, chiarendo che l’effettiva visione del contenuto diffamatorio da parte di terzi non è condizione necessaria per la configurabilità del reato, quando esso sia pubblicato su piattaforme accessibili al pubblico.
La Corte ribadisce un principio di particolare rilevanza per i reati commessi tramite internet.
Il fatto
C. e I. erano stati condannati per diffamazione ai danni di G., tramite:
l’affissione pubblica di un volantino contenente riferimenti allusivi;
la pubblicazione online di un annuncio dai contenuti ancor più espliciti.
Le frasi facevano riferimento all’attività della parte offesa in modo ammiccante e insinuante, con espressioni come “romantica massaggiatrice”. I contenuti avevano suscitato contatti da parte di vari uomini che riferivano di aver trovato il recapito della donna su siti specifici.
I ricorrenti, congiuntamente, hanno impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo:
la mancanza di prova dell’effettiva visione degli annunci da parte di terzi;
l’assenza del carattere diffamatorio dei contenuti, ritenuti “anodini”;
l’insufficienza degli elementi di responsabilità a carico dello Iezza per quanto concerne la parte online;
il mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena.
La decisione della Corte
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi, ritenendo manifestamente infondate tutte le doglianze. In particolare:
ha confermato che la diffusione su un sito internet implica la presunzione legale del requisito della comunicazione a più persone, trattandosi di canali potenzialmente accessibili da un numero indeterminato di utenti (Cass. n. 16262/2008, Tardivo);
ha considerato sufficiente il collegamento tra l’IP utilizzato e l’abitazione della famiglia C., per attribuire l’annuncio online ai ricorrenti;
ha valutato corretta l’inferenza logica che attribuisce allo Iezza l’intera “campagna diffamatoria”, anche in assenza di prova della materiale redazione dell’annuncio web;
ha escluso che il contenuto del volantino fosse neutro, riconoscendo in esso riferimenti impliciti ma inequivocabili alla reale natura dei servizi promossi;
ha ritenuto non specifica la richiesta di sospensione condizionale della pena, motivatamente rigettata in appello.
Il principio di diritto
In tema di diffamazione aggravata, l’inserimento di contenuti offensivi su un sito internet integra la comunicazione con più persone, anche in assenza di prova dell’effettiva lettura da parte di utenti, purché si tratti di piattaforme normalmente accessibili a un pubblico indeterminato.
L’offensività del contenuto va valutata alla luce delle espressioni utilizzate e del contesto complessivo, anche se implicitamente allusivo.