Cassazione penale sez. II, 05/10/2021, n.36826
La massima
La Suprema Corte, con la sentenza sopra indicata, ha affermato che il verbale di elezione di domicilio è preordinato a consentire il sicuro recapito degli atti diretti all'indagato o all'imputato, con la conseguenza che deve contenere l'avviso che un procedimento penale, in relazione ad un determinato fatto, è o può essere instaurato nonché l'avvertimento che l'indagato o imputato ha l'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che, in assenza di detta comunicazione, le notificazioni saranno eseguite, ex art. 161, comma 4, c.p.p., mediante consegna al difensore, mentre non è richiesto che siano indicate le specifiche norme di legge violate, né il numero del relativo procedimento con l'indicazione dell'Autorità giudiziaria presso cui esso pende, trattandosi di atto spesso compiuto dalla polizia giudiziaria, in occasione del primo contatto con l'indagato, in cui detti elementi possono essere incerti o spesso sconosciuti, pur permanendo l'obbligo dell'interessato di comunicare le variazioni di domicilio anche in assenza di dette indicazioni la cui mancanza non impedisce, comunque, all'indagato diligente di accertare, anche attraverso l'autorità di polizia presso cui abbia dichiarato o eletto domicilio, l'Autorità giudiziaria competente cui indirizzare la comunicazione di variazione.
La sentenza
Fatto
1. Il difensore di T.A. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del 27 giugno 2019, che aveva confermato la condanna di T. per estorsione.
1.1 Al riguardo il difensore del ricorrente eccepisce la nullità della notifica per l'udienza del 18 dicembre 2017, rilevando che l'eccezione sollevata dinanzi la Corte di appello per violazione dell'art. 157 c.p.p., art. 161 c.p.p., comma 4, art. 178 c.p.p., lett. c), art. 420 bis c.p.p., e art. 111 Cost. era stata ingiustamente disattesa in quanto la Corte territoriale aveva dato atto che l'imputato aveva eletto domicilio in Ss. (OMISSIS), ma il verbale in questione non indicava l'autorità procedente: a tale riguardo il difensore osserva che è nulla la notifica al difensore laddove il verbale di elezione di domicilio non contenga l'indicazione dell'autorità procedente, dal momento che tale requisito è necessario per consentire all'imputato di effettuare la comunicazione di ogni eventuale mutamento del domicilio stesso; T. non aveva avuto conoscenza personale del mutamento del luogo di celebrazione del processo dal Tribunale di Latina sezione distaccata di Gaeta al Tribunale di Latina, con lesione del diritto alla difesa.
1.2 Con un secondo motivo di ricorso, il difensore eccepisce la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per difetto di prova sull'estorsione contestata a T. nel mese di aprile 2010, visto che il fatto contestato nel capo di imputazione non era stato provato al di là di ogni ragionevole dubbio; erroneamente il giudice di appello, nel confermare il giudizio di primo grado, aveva ritenuto provato il fatto di aprile 2010 e non quello verificatosi nel giugno 2010, posto che il giudice di primo grado aveva riconosciuto di non avere la prova certa del fatto commesso ad aprile 2010, affermando l'esistenza di un unico episodio estorsivo che non riusciva a collocare nel tempo e che la Corte aveva affermato l'esistenza di un secondo episodio da non potersi ritenere provato, per cui le dichiarazioni lacunose e contraddittorie della parte offesa erano stata lette diversamente (e non conformemente) dai due giudici di merito.
1.3 Il difensore lamenta la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per la inattendibilità e le contraddittorie dichiarazioni della persona offesa, che non aveva riferito in maniera chiara sul dove, quando e sul modo del fatto, mancando inoltre alcun riscontro probatorio in merito.
1.4 In data 20 settembre 2021 veniva depositata memoria nella quale il difensore insisteva nei motivi proposti.
Diritto
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. Premesso che questa Corte intende dare continuità all'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale "il verbale di elezione di domicilio è preordinato a consentire il sicuro recapito degli atti diretti all'indagato o all'imputato, con la conseguenza che deve contenere l'avviso che un procedimento penale, in relazione ad un determinato fatto, è o può essere instaurato nonché l'avvertimento che l'indagato o imputato ha l'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che, in assenza di detta comunicazione, le notificazioni saranno eseguite, ex art. 161 c.p.p., comma 4, mediante consegna al difensore. Non e', invece, richiesto che siano indicate le specifiche norme di legge violate né il numero del relativo procedimento con l'indicazione dell'Autorità giudiziaria presso cui esso pende, trattandosi di atto spesso compiuto dalla polizia giudiziaria, in occasione del primo contatto con l'indagato, in cui detti elementi possono essere incerti o spesso sconosciuti. Tuttavia, permane l'obbligo dell'interessato di comunicare le variazioni di domicilio anche in assenza di dette indicazioni la cui mancanza non impedisce, comunque, all'indagato diligente di accertare, anche attraverso l'autorità di polizia presso cui abbia dichiarato o eletto domicilio, l'Autorità giudiziaria competente cui indirizzare la comunicazione di variazione." (Sez. 5, Sentenza n. 671 del 21/11/2013 Ud. (dep. 10/01/2014) Rv. 257961 - 01), si deve rilevare che il ricorrente eccepisce il difetto di notifica per l'udienza del 18 dicembre 2017 senza neppure dedurre che il domicilio eletto non fosse più idoneo per le notificazioni e senza quindi contestare la regolarità della notifica avvenuta ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 4; il motivo e', pertanto, manifestamente infondato.
1.2 Relativamente al secondo motivo di ricorso, si osserva come da tempo nella giurisprudenza di legittimità sia stato affermato il principio secondo cui, in tema di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume la ipotesi astratta prevista dalla legge, sì da pervenire ad un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e oggetto della statuizione di sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'"iter" del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (cfr. Cass., sez. un., 19/06/1996, n. 16, D.F.); infatti, non sussiste violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza quando non muta il fatto storico sussunto nell'ambito della contestazione (vedi sez. 3, Sentenza n. 5463 del 05/12/2013, Diouf Rv. 258975 - 01).
Nel caso in esame, il ricorrente aveva la possibilità di difendersi sin dall'inizio dalla contestazione a lui mossa, senza che si possa dire di trovarsi di fronte ad un mutamento del fatto che renda impossibile la difesa, posto che nella sentenza di primo grado si dà atto che la persona offesa V., anche dopo le contestazioni del Pubblico Ministero, aveva ribadito che la somma (di cui non ricordava l'esatto ammontare) era stata da lui consegnata a T. presso il centro commerciale "Itaca" di Formia, ed alla stessa conclusione era giunta anche la sentenza di appello (si vedano le righe da 9 a 13 della prima pagina della motivazione della sentenza impugnata); anche tale motivo e', pertanto, manifestamente infondato.
1.3 Con specifico riguardo, infine, alla attendibilità della persona offesa, il collegio condivide la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui le regole dettate dall'art. 192 c.p.p., comma 3, non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di responsabilità, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che in tal caso deve essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello a cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone.
Peraltro questa Corte, anche quando prende in considerazione la possibilità di valutare l'attendibilità estrinseca della testimonianza dell'offeso attraverso la individuazione di precisi riscontri, si esprime in termini di "opportunità" e non di "necessità", lasciando al giudice di merito un ampio margine di apprezzamento circa le modalità di controllo della attendibilità nel caso concreto; peraltro, costituisce principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione che la valutazione della attendibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (ex plurimis Sez. 6, n. 27322 del 2008, De Ritis, cit.; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, Finazzo, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005, Zamberlan, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, Pacca, Rv.227493; Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003, Assenza, Rv. 225232).
Contraddizioni che non si rinvengono nel caso in esame, nel quale i giudici merito hanno fornito congrua motivazione della attendibilità del racconto della persona offesa (vedi, in particolare, pag.5 della sentenza di primo grado).
2. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021