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Guida in stato d'ebbrezza: utilizzabili gli esiti del prelievo ematico senza consenso dell'imputato.

Sentenze

Cassazione penale , sez. IV , 14/12/2021 , n. 46400

Con la sentenza in argomento, la Suprema Corte ha ribadito che la mancanza di consenso dell'imputato al prelievo del campione ematico per l'accertamento del reato di guida in stato d'ebbrezza non costituisce una causa di inutilizzabilità patologica degli esami compiuti presso una struttura ospedaliera, posto che la specifica disciplina dettata dall'art. 186 nuovo C.d.S. - nel dare attuazione alla riserva di legge stabilita dall'art. 13 Cost., comma 2, - non prevede alcun preventivo consenso dell'interessato al prelievo dei campioni.



Fatto

1. La Corte d'appello di Milano ha confermato la sentenza con la quale il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Monza aveva condannato R.N. per il reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) e comma 2-bis, (oltre 2,50 g/l).


2. L'imputato ha proposto ricorso con difensore, formulando due motivi.


Con il primo, ha dedotto vizio di mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla sollevata questione di legittimità costituzionale del combinato disposto di cui all'art. 464 c.p.p. e art. 438 c.p.p., comma 6-bis, con specifico riferimento alla nullità di ordine generale, pur riconosciuta dai giudici territoriali, derivante dal mancato avviso al R. della facoltà di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p., ritenuta sanata per effetto della operata scelta del rito.


Quanto alla rilevanza, la parte afferma che il R., nella specie, aveva proposto opposizione al decreto penale di condanna personalmente e mai avrebbe optato per il rito speciale ove informato delle preclusioni derivanti dal disposto normativo in questione, cosicché non si sarebbe prodotta alcuna indeducibilità della nullità verificatasi, con conseguente inutilizzabilità dell'accertamento. Sotto altro profilo, contesta la ritenuta non rilevanza della proposta questione quanto al difetto di consenso, obiettando che la circostanza era emersa solo dall'informativa redatta successivamente al compimento del prelievo con attestazione da parte di soggetto che non aveva neppure preso parte agli accertamenti.


Quanto, poi, alla manifesta infondatezza della questione sollevata con riferimento al mancato avviso di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p., il deducente rileva il vulnus al diritto di difesa per non essere stato l'imputato posto nelle condizioni di valutare la propria strategia difensiva, nella specie, con specifico riferimento all'accesso ai riti alternativi che di essa sono comunque esplicazione, potendo proporre l'opposizione senza la difesa tecnica, indispensabile solo nella successiva fase del giudizio.


Con il secondo, ha dedotto erronea applicazione dell'art. 222 C.d.S., comma 2, per avere il giudice disposto l'automatica revoca della patente di guida, nonostante la Corte costituzionale abbia dichiarato l'illegittimità della norma nella parte in cui prevede che, in caso di condanna o applicazione di pena per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p., il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca, la sospensione della patente di guida, allorché non ricorra alcuna delle aggravanti di cui ai commi secondo e terzo.


3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Kate TASSONE, ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di irrilevanza e manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata e di inammissibilità nel resto.


4. La difesa ha depositato conclusioni scritte, con le quali, in replica a quelle del Procuratore generale, ha sviluppato le proprie argomentazioni e chiesto l'accoglimento del ricorso, con ogni consequenziale pronuncia.


Diritto

1. Il ricorso è inammissibile.


2. La Corte territoriale, nell'esaminare la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto di cui all'art. 464 c.p.p. e art. 438 c.p.p., comma 6-bis, ha ritenuto intanto la non rilevanza della stessa quanto alla pretesa nullità correlata dalla difesa alla mancanza del consenso al prelievo ematico, atteso che, nella specie, il consenso del R. era stato richiesto e, risolutivamente, che esso non era neppure necessario alla stregua dei principi più volte affermati dai giudici di legittimità.


Quanto alla nullità conseguente, invece, al mancato avviso di cui all'art. 114 citato, quel giudice ha rilevato che tale adempimento non era stato espletato e che, pertanto, una nullità si era prodotta Tuttavia, stante la sua natura, essa non era più deducibile dalla parte che aveva optato per il rito abbreviato, alla luce del disposto normativo oggetto della questione proposta dalla difesa, ritenuta manifestamente infondata alla stregua del meccanismo "sanante" di cui all'art. 438, comma 6-bis citato, che costituisce null'altro che espressione della regola generale di cui all'art. 183 c.p.p., comma 1, lett. a. Secondo il ragionamento dei giudici territoriali, la stessa scelta di accedere a un rito alternativo è di tipo tecnico, cosicché la parte non potrebbe dolersi di averla fatta personalmente senza consultarsi con un difensore, atteso che la questione proposta attiene alle conseguenze della esercitata opzione per il rito alternativo, alla cui base sta il fondamento logico del meccanismo premiale approntato dal legislatore, avendo l'imputato accettato l'utilizzabilità di tutti gli atti d'indagine compiuti sino a quel momento, anche di quelli nulli o inutilizzabili.


3. Il primo motivo è manifestamente infondato.


La difesa ha riproposto i termini della sollevata questione, anche con riferimento alla pur ritenuta rilevanza della stessa quanto alla nullità conseguente alla violazione de'l combinato disposto di cui all'art. 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p., omettendo un effettivo confronto con le ragioni per le quali la Corte d'appello ha ritenuto manifestamente infondata la questione riguardo al mancato avviso e irrilevante quella inerente alla mancanza di consenso al prelievo. Proprio muovendo da tale ultima statuizione, va sottolineato come la difesa abbia omesso di considerare che la Corte territoriale, pur avendo fatto rinvio a un atto d'indagine (c.n.r.), utilizzabile in virtù della operata scelta del rito, ha comunque ritenuto il consenso non necessario ai fini della utilizzabilità dell'accertamento espletato, in linea di perfetta coerenza con i principi più volte affermati da questa Corte di legittimità, ai quali pare sufficiente operare un rinvio anche in questa sede (cfr. sez. 4 n. 1522 del 10/12/2013, dep. 2014, Lo Faro, Rv. 258490, in cui si è precisato che la mancanza di consenso dell'imputato al prelievo del campione ematico per l'accertamento del reato di guida in stato d'ebbrezza non costituisce una causa di inutilizzabilità patologica degli esami compiuti presso una struttura ospedaliera, posto che la specifica disciplina dettata dall'art. 186 nuovo C.d.S. - nel dare attuazione alla riserva di legge stabilita dall'art. 13 Cost., comma 2, - non prevede alcun preventivo consenso dell'interessato al prelievo dei campioni; ma anche sez. 4 n. 10605 del 15/11/2012, dep. 2013, Rv. 254933; sez. 4 n. 8041 del 21/12/2011, dep. 2012, Pasolini, Rv. 252031; sez. 4, n. 43217 del 8/10/2019, Monti Michele, Rv.277946; sez. 4, n. 27107 del 15/9/2020, Tedesco Danilo, Rv.280047). E' la stessa previsione degli illeciti penali incentrati sul rifiuto di sottoporsi all'accertamento a fondare tale conclusione, poiché l'art. 186 (come l'art. 187) non prevede alcun preventivo consenso dell'interessato al prelievo dei campioni, potendosi a esso unicamente opporre il rifiuto al controllo, la sanzione penale che accompagna tale condotta sancendone il disvalore e risultando incompatibile con la pretesa di un esplicito consenso al prelievo dei campioni.


Quanto alla questione sollevata, invece, con riferimento alla nullità ritenuta non più deducibile, la difesa, nel ribadire in termini di dissenso rispetto alle conclusioni dei giudici territoriali l'argomento che fa leva sulla non necessità della difesa tecnica nel momento in cui il condannato propone opposizione avverso il decreto penale, omette di considerare i passaggi motivazionali con i quali la Corte ha dato conto di una valutazione della scelta difensiva che riguarda il rito e non alcuni dei suoi effetti, tra i quali la utilizzabilità degli atti, ancorché affetti da nullità non assolute. Cosicché, a essere sottoposto a scrutinio di legittimità costituzionale finirebbe l'intero sistema di accesso al rito alternativo di cui si discute.


4. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.


La difesà ha richiamato l'intervento interpretativo del giudice delle leggi che, tuttavia, riguarda le ipotesi non aggravate dell'omicidio e delle lesioni stradali colposi e non l'art. 186 aggravato dall'aver provocato un incidente stradale, per il quale la norma di riferimento è l'art. 186 C.d.S., comma 2-bis.


5. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento selle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000).


PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.


Motivazione semplificata.


Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2021.


Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2021

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