Quali sono gli elementi costitutivi del reato di maltrattamenti in famiglia previsto dall'art. 572 c.p. e come può essere provato nel processo penale.

Indice:
1. Gli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 572 c.p.
1.1 La nozione di "maltrattamenti.
1.2 Lo stato di soggezione della vittima: cosa si intende?
1.3 L'elemento psicologico del reato del reato.
1.4 La condotta.
2. Le dichiarazioni della persona offesa dal reato valgono da sole?
1. Gli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 572 c.p.
1.1 La nozione di "maltrattamenti.
Nella nozione di "maltrattamenti" utilizzata dall'art. 572 c.p. rientrano i fatti lesivi dell'integrità fisica e del patrimonio morale del soggetto passivo, che rendano abitualmente dolorose le relazioni familiari, e manifestantisi mediante le sofferenze morali che determinano uno stato di avvilimento o con atti o parole che offendono il decoro e la dignità della persona, ovvero con violenze capaci di produrre sensazioni dolorose ancorché tali da non lasciare traccia.
Non è necessario, quindi, per la configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. un comportamento vessatorio continuo ed ininterrotto (Sez. 6, 6 novembre 1991, (...)), perché il reato è caratterizzato da un'unità significante costituita da una condotta abituale che si estrinseca con più atti, delittuosi o no, che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi ma collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento da un'unica intenzione criminosa di ledere l'integrità fisica o il patrimonio morale del soggetto passivo: cioè, in sintesi, di infliggere abitualmente tali sofferenze; ad integrare l'abitualità della condotta non è necessario che la stessa venga posta in essere in un tempo prolungato, essendo sufficiente la ripetizione degli atti vessatori, come sopra caratterizzati ed "unificati", anche se per un limitato periodo di tempo (Sez. 5, 9 gennaio 1992, (...)), pur non di meno dovendosi sottolineare che il lasso di tempo, ancorché limitato, è tuttavia utile alla realizzazione della ripetizione di atti vessatori idonea a determinare la sofferenza fisica o morale continuativa della parte offesa.
1.2 Lo stato di soggezione della vittima: cosa si intende?
Per la configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. non è richiesta una totale soggezione della vittima all'autore in quanto la norma, nel reprimere l'abituale attentato alla dignità e al decoro della persona, tutela la normale tollerabilità della convivenza (Sez. 6, 4 marzo 1996, (...)).
Tanto che nello schema del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. non rientrano soltanto le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce e le privazioni e le umiliazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali, senza che assuma rilievo il fatto che gli atti lesivi si siano alternati con periodi di normalietà e che siano stati, a volte, cagionati da motivi contingenti, poiché, data la natura abituale del delitto, l'intervallo di tempo tra una serie e l'altra di episodi lesivi non fa venir meno l'esistenza dell'illecito (Sez. 6, 7 giugno 1996, (...)).
Si è parlato al riguardo di atti di sopraffazione sistematica tali da rendere particolarmente "dolorosa" la stessa convivenza; l'elemento psichico si concretizza in modo unitario ed uniforme e deve evidenziare nell'agente una grave intenzione di avvilire e sopraffare la vittima e deve ricondurre ad unità i vari episodi di aggressione alla sfera morale e materiale di quest'ultima, pur non rilevando, data la natura abituale del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p., che durante il lasso di tempo considerato siano riscontrabili nella condotta dell'agente, come si è già evidenziato, periodi di normalità e di accordo con il soggetto passivo (Sez. 6, 26 giugno 1996, (...); Sez. 6, 1 febbraio 1999, (...)). L'oggetto giuridico non è costituito, dunque, solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumità fisica e psichica delle persone indicate nell'art. 572 c.p., interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari.
1.3 L'elemento psicologico del reato.
La giurisprudenza è, inoltre, costante nel ritenere che per la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. non è necessario che l'agente abbia perseguito particolari finalità ne' il pravo proposito di infliggere alla vittima sofferenze fisiche o morali senza plausibile motivo, essendo invece sufficiente il dolo generico cioè la coscienza e volontà di sottoporre il soggetto passivo a tali sofferenze in modo continuo ed abituale (Sez. 6, 3 luglio 1990, Soru); non è, quindi, richiesto un comportamento vessatorio continuo ed ininterrotto; essendo l'elemento unificatore dei singoli episodi costituito da un dolo unitario, e pressoché programmatico, che abbraccia e fonde le diverse azioni; esso consiste nell'inclinazione della volontà ad una condotta oppressiva e prevaricatrice che, nella reiterazione dei maltrattamenti in famiglia, si va via via realizzando e confermando, in modo che il colpevole accetta di compiere le singole sopraffazioni con la consapevolezza di persistere in una attività illecita, posta in essere già altre volte.
Si è insistito, più in particolare, sull'unitarietà del dolo, in modo da non confonderlo con la coscienza e volontà di ciascun frammento della condotta, tanto da negare che l'elemento psicologico debba scaturire da uno specifico programma criminoso rigorosamente finalizzato alla realizzazione del risultato effettivamente raggiunto (l'espressione "quasi programmatica" viene perciò intesa obiter); vale a dire, non occorre che debba essere fin dall'inizio presente una rappresentazione della serie degli episodi; quel che la legge impone, infatti, è che sussista la coscienza e volontà di commettere una serie di fatti lesivi della integrità fisica e della libertà o del decoro della persona offesa in modo abituale.
Un intento, dunque, riferibile alla continuità del complesso e perfettamente compatibile con la struttura abituale del reato, attestata ad un comportamento che solo progressivamente è in grado di realizzare il risultato; la conseguenza è che il momento soggettivo che travalica le singole parti della condotta e che esprime il dolo del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. può ben realizzarsi in modo graduale, venendo esso a costituire il dato unificatore di ciascuna delle componenti oggettive (Sez. 6,17 ottobre 1994, (...); Sez. 6,14 luglio 2003, (...); Sez. 6,11 dicembre 2003, (...)) [cfr. Sez. 6, Sentenza n. 25183 del 19/06/2012 Ud. (dep. 25/06/2012 ) Rv. 253041 - 01].
1.4 La condotta.
In sostanza, ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. non è richiesta l'individuazione di condotte sistematiche - nozione questa che rinvia alla preordinazione e strutturazione di un vero e programma teso all'umiliazione e all'annichilimento della vittima - essendo, invece, necessaria e sufficiente l'"abitualità" della condotta, abitualità rispetto alla quale il dolo è individuabile nella consapevolezza dell'agente di persistere in un'attività vessatoria.