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Il rito cartolare nel giudizio penale in Corte di cassazione


Processo penale: Il rito cartolare in appello e in Corte di cassazione

Indice:

1. La giurisprudenza sul deposito delle richieste del Procuratore generale presso la Corte di cassazione

Rispetto al procedimento cartolare in appello, non sono molte le pronunce in ordine al deposito, con il rito cartolare previsto dalla disciplina emergenziale, delle richieste (rectius: requisitoria) da parte del procuratore generale nel procedimento

innanzi alla Corte di cassazione.

La maggior parte dei casi scrutinati riguarda, allo stato, fattispecie in cui le richieste del procuratore generale presso la Corte di cassazione, depositate nei termini, sono state comunicate in ritardo (ossia “non immediatamente”) alla difesa delle parti private.

Per converso, i casi di omesso deposito sono decisamente inferiori: al momento, si registra un’unica decisione massimata (Sez. 2, Sentenza n. 24629 del 02/07/2020 Vertinelli, Rv. 279552 – 01), pronunciata nel periodo dell’emergenza pandemica, ma in un procedimento definito con il rito camerale non partecipato di cui all’art. 611 cod. proc. pen..

Nell’analisi che segue verranno quindi scrutinate le decisioni che hanno fatto espressa applicazione della normativa emergenziale e appare opportuno far seguire a detta analisi anche un riferimento, sia pur sintetico, alla giurisprudenza

di legittimità formatasi in tema di rito camerale ex art. 611 cod. proc. pen.

Il rito cartolare previsto dalla disciplina emergenziale, sin dalla sua originaria applicazione con l’art. 83, comma 12-ter, d.l. n. 18 del 2020, ricalca infatti i procedimenti camerali non partecipati di cui all’art. 611 cod. proc. pen., che ha pertanto costituito il modello di riferimento per la nuova disciplina nata dall’emergenza pandemica: richiamare, dunque, i principi stabiliti con riferimento

a quel procedimento può fungere da criterio guida per la risoluzione delle problematiche che si possono porre nel nuovo procedimento cartolare, soprattutto in caso di omesso deposito delle richieste, sul quale, come detto, si registrano pochissime pronunce.

Allo stato può comunque anticiparsi – come in parte osservato da Sez. 1, sentenza n. 14766 del 16/03/2022, Ayari, Rv. 283307 – 01 – che la giurisprudenza formatasi in tema di deposito (essenzialmente omesso) della requisitoria scritta del procuratore generale è nel senso di limitare le ipotesi di nullità ai casi in cui il mancato intervento del pubblico ministero sia dipeso dal fatto che questi non sia

stato messo nelle condizioni di concludere, e che più in generale la requisitoria non costituisca un presupposto necessario per la fissazione, lo svolgimento dell'udienza e la trattazione del ricorso (in questo senso Sez. U, n. 51207 del 17/12/2015 Rv. 265113) nonché per la decisione del collegio (Sez. 2, n. 24629 del 02/07/2020, Rv. 279552 e prim’ancora, Sez. 1, n. 4355 del 1991, Rv 188823- 01); in caso, poi, di ritardato deposito delle requisitorie, l’orientamento in tema di art. 611 cod. proc. pen. ritiene che esse vadano considerate tardive e non vadano, pertanto, prese in considerazione 11 , diversamente da quanto l’attuale giurisprudenza afferma in tema di conclusioni depositate “non immediatamente” in appello e in cassazione, ai sensi della normativa emergenziale, ritenendosi, per quel che interessa nello specifico il procedimento in cassazione, che esse possano essere valutate e che non si determini alcuna nullità, salvo che non sia stata assicurata alle altre parti la possibilità di concludere (nel qual caso si configura una nullità a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. b) o c), cod. proc. pen.).

Anticipando, sia pur in sintesi, quanto si analizzerà in dettaglio nei successivi paragrafi, può affermarsi che:

  • l’omesso deposito della requisitoria scritta, in base all’orientamento formatosi con riferimento al procedimento non partecipato ex art. 611 cod. proc. pen., non dà luogo a nullità, salvo il caso in cui il pubblico ministero non sia stato messo nelle condizioni di concludere (ipotesi che integra una nullità di ordine generale ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. b) cod. proc. pen.);

  • il ritardato deposito/invio della requisitoria integra un'ipotesi di nullità generale ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., solo se ciò abbia comportato per le altre parti la impossibilità di concludere.


2. L’omessa formulazione delle conclusioni da parte del Procuratore generale presso la Corte di cassazione

Sull’omessa formulazione delle conclusioni da parte del procuratore generale nel rito camerale in cassazione risulta essersi pronunciata, durante il periodo pandemico, Sez. 3, n. 11928 del 31/01/2018, Sicuranza, non mass., che, in via preliminare, rilevando che non risultava in atti il deposito della requisitoria scritta da parte del procuratore generale, riteneva il rilievo non preclusivo alla trattazione del ricorso, rappresentando che «[c]ostituisce ius receptum che, in tema di ricorso per cassazione deciso nelle forme del rito camerale non partecipato ai sensi dell'art. 611 cod. proc. pen., l'acquisizione della requisitoria scritta del procuratore generale non è presupposto necessario ai fini della fissazione della data dell'udienza e della trattazione del ricorso, in quanto, a soddisfare l'esigenza della sua acquisizione, è sufficiente - come avvenuto nella specie - la trasmissione, allo stesso organo, del fascicolo processuale (Sez.U, n.51207 del 17/12/2015, Rv.265113; Sez. 1, n. 4355 del 19/11/1991, dep. 1992, Chillè, Rv. 188823).».

Giunge alle stesse conclusioni anche Sez. 2, n. 24629 del 02/07/2020, Vertinelli, Rv. 279552 – 01 che ha espresso il principio così di seguito

massimato: «Nel giudizio di cassazione, l'omessa formulazione, in tutto o in parte, delle conclusioni da parte del procuratore generale, prevista dall'art. 611, comma 1, cod. proc. pen., non impedisce la decisione del collegio, atteso che ricorre la nullità ex art. 178, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. unicamente nel caso in cui il pubblico ministero non sia stato messo nelle condizioni di concludere. (Fattispecie in cui il procuratore generale, nella requisitoria scritta, aveva formulato le proprie conclusioni soltanto nei confronti di alcuni ricorrenti).».

La decisione, pur essendo intervenuta nel periodo dell’emergenza pandemica (la camera di consiglio risale al 2 luglio 2020), risulta essere stata adottata con rito camerale non partecipato ex art. 611 cod. proc. pen. ed infatti il principio viene espresso con riferimento specifico a tale procedura.

Tanto chiarito, e come risulta anche dalla fattispecie della massima, nella propria requisitoria scritta il procuratore generale aveva formulato le proprie 31 conclusioni nei confronti di due dei cinque ricorrenti e ad avviso del collegio tale omissione non impediva la decisione sui ricorsi proposti, non versandosi in una ipotesi di nullità, in quanto il p.g. era stato comunque messo nelle condizioni di concludere (ed infatti aveva presentato le proprie conclusioni, anche se solo per una parte dei ricorrenti).

Nella motivazione della decisione, la Corte ha precisato che tale assunto trova un’implicita conferma in un’altra decisione (si indica Sez. 1, n. 28299 del 27/05/2019, Rv. 276414) adottata sempre nel procedimento camerale ex art. 611 cod. proc. pen., seppur in relazione alla (diversa) ipotesi di richieste depositate in ritardo: in essa si è ritenuto che la requisitoria dovesse considerarsi tardiva e delle relative argomentazioni e conclusioni la Corte non dovesse tenere conto «essendo detto termine funzionale alle esigenze di effettività ed adeguatezza del contraddittorio cartolare in vista dell'udienza».

Richiamando questo precedente e rilevando che le conclusioni erano state comunque rassegnate, anche se non per tutte le parti, la Corte ha concluso per l’insussistenza di qualunque nullità e dunque per l’inammissibilità della doglianza.

In conclusione, il principio di diritto esposto risulta essere stato espresso, come visto, in relazione ad un procedimento camerale non partecipato ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen. ed è stato poi richiamato in due recenti decisioni, intervenute in procedimenti trattati ai sensi della normativa emergenziale: in termini, con riferimento ad un caso di conclusioni formulate dal procuratore generale, anche se – a dire della difesa – prive di motivazione, Sez. 2, n. 46774 del 9/12/2021, Randazzo, non mass., nonché Sez. 4, n. 5714 del 17/01/2023, Costantini, non mass. che richiama il principio espresso dalla sentenza Vertinelli in un caso di formulazioni di conclusioni scritte relative, per mero errore, ad un altro ricorso e che perviene così alla declaratoria di inammissibilità della doglianza mossa sul punto.

Ebbene, questo orientamento sembra derivare da quello a suo tempo espresso, in relazione al procedimento nella forma non partecipata ai sensi dell'art. 611 cod. proc. pen., dalla Prima Sezione già nel 1991 e ripreso anche dalle Sezioni Unite nel 2015, nella sentenza Maresca, non a caso richiamate espressamente– dalla sentenza Sicuranza e successivamente – con riferimento al rito camerale emergenziale in appello - dalla sentenza Ayari, quest’ultima, come visto, in consapevole contrasto con la sentenza Iannone, laddove ha ritenuto non integrare

alcuna nullità l’omessa formulazione delle conclusioni da parte del procuratore generale presso la Corte di appello.

Sez. 1, n. 4355 del 19/11/1991 (dep. 1992), Chillè, Rv. 188823-01 ebbe infatti ad affermare che «La mancata formulazione del parere, da parte del Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione, non impedisce la decisione sul ricorso o sull'istanza, in quanto, a soddisfare l'esigenza della sua acquisizione, è sufficiente la trasmissione, allo stesso organo, del fascicolo processuale. (Non risultano precedenti).» e, non diversamente, anche Sez. U, n. 51207 del 17/12/2015, Maresca, Rv. 265113 – 01, così di seguito massimata: «In tema di ricorso per cassazione deciso nelle forme del rito camerale non partecipato ai sensi dell'art. 611 cod. proc. pen., l'acquisizione della requisitoria scritta del procuratore generale non è presupposto necessario ai fini della fissazione della data dell'udienza e della trattazione del ricorso.»

Nella sentenza Maresca le Sezioni Unite, nel ritenere «…la piena legittimità della procedura camerale disciplinata dall'art. 611 cod. proc. pen. anche alla luce della normativa convenzionale e costituzionale, attraverso la non equivocabile distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità…» hanno in parte motiva affermato – richiamando la sentenza Chillè – che «, il ricorso al rito camerale non partecipato non determina rilevanti conseguenze sulla celere definizione dei processi, considerato, [….] in secondo luogo, che per l'individuazione della data della udienza ex art. 611 cod. proc. pen., diversamente da quanto sostenuto nella requisitoria, non è affatto necessario attendere che sia licenziata la requisitoria scritta, l'assenza della quale non impedisce comunque la trattazione del ricorso (v. Sez. 1, n. 4355 del 19/11/1991, dep. 1992, Chillè, Rv. 188823).»

In conclusione, secondo l’orientamento consolidatosi in tema di procedura camerale non partecipata ex art. 611 cod. proc. pen., ed in base a quanto affermato dalla sentenza Vertinellli, a sua volta richiamata dalle due recenti decisioni (Randazzo e Costantini), non massimate, adottate in procedimenti cartolari non partecipati ex art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020 cit, l’omesso deposito della requisitoria del procuratore generale non è causa di nullità (salvo che il Procuratore generale non sia stato messo nelle condizioni di concludere, nel qual caso, in base al principio espresso nella sentenza Vertinelli, sarebbe integrata un’ipotesi di nullità ex art. 178, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.).


3. La tardiva comunicazione delle richieste del Procuratore generale presso la Corte di cassazione

Allo stato si registra un numero maggiore di decisioni della Corte in caso di conclusioni del pubblico ministero formulate in ritardo in procedimenti trattati a

norma dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020.

Prima, tuttavia, di analizzarle nello specifico va evidenziato che, con riferimento al procedimento camerale non partecipato ex art. 611 cod. proc. pen. – che, come detto, è il modello cui si è rifatto il legislatore dell’emergenza pandemica – la giurisprudenza di legittimità risulta essersi assestata su un orientamento che, proprio perché tardive, non prende in considerazione ai fini della decisione la requisitoria scritta del p.g.12 e le memorie difensive13 depositate in ritardo.

La Corte sembra, invece, aver adottato un orientamento diverso in relazione ai procedimenti trattati con la normativa emergenziale, distinguendo tra le conclusioni formulate in ritardo dal pubblico ministero – che non vengono considerate tardive – e quelle presentate dalla parte privata che, invece, se non depositate nei termini, sono ritenute tardive.

Ed infatti, tra le prime decisioni che si sono pronunciate in materia, Sez. 5, n. 6207 del 17/11/2020, P., Rv. 280412-01, che ha espresso il principio di diritto così massimato: «In tema di procedimento innanzi alla Corte di cassazione,

nel vigore della disciplina emergenziale relativa alla pandemia da Covid-19, il mancato rispetto dei termini di cui all'articolo 23, comma 8. d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito in legge 18 dicembre 2020 n. 176 - ad eccezione di quello perentorio previsto per la formulazione della richiesta di trattazione orale - non integra un'ipotesi di nullità generale ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., ad eccezione del caso in cui non sia stata assicurata alle parti la possibilità di concludere. (Fattispecie in tema di trasmissione non tempestiva della requisitoria del procuratore generale alle altre parti, pur se effettuata in tempo utile per consentire la presentazione delle conclusioni scritte).»

Nel caso di specie il difensore aveva in via preliminare eccepito la tardività con cui la Cancelleria aveva trasmesso le richieste del procuratore generale, formulate per iscritto nei termini stabiliti dall’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, ed aveva quindi chiesto un rinvio che garantisse il rispetto della nuova normativa emergenziale, chiedendo comunque nel merito l'accoglimento del proprio ricorso per cassazione.

In via preliminare, la Corte ha evidenziato le ragioni per le quali è stata disattesa la richiesta di rinvio formulata dalla difesa dell'imputato, evidenziando che nessuna nullità poteva prospettarsi per il mancato rispetto delle cadenze temporali indicate dall'articolo 23, comma 8, cit.: il legislatore, infatti, ha solo previsto che, dopo l'acquisizione via pec della requisitoria, essa sia con lo stesso mezzo “immediatamente” comunicata alla difesa, perchè sia messa in condizioni di presentare le conclusioni scritte, anche replicando a quelle della Procura generale. In altri termini, secondo la Corte, il legislatore si è preoccupato solo del fatto che sia la parte civile che l'imputato concludano dopo aver conosciuto la requisitoria del Procuratore generale ma non ha condizionato lo svolgimento del processo alla comunicazione tempestiva di tale requisitoria, conformemente ai principi già affermati dal diritto vivente in tema di procedimento camerale («Nel giudizio di cassazione, l'omessa formulazione, in tutto o in parte, delle conclusioni da parte del procuratore generale, prevista dall'art. 611, comma 1, cod. proc. pen., non impedisce la decisione del collegio, atteso che ricorre la nullità ex art. 178, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. unicamente nel caso in cui il pubblico ministero non sia stato messo nelle condizioni di concludere.», Sez. 2, Sentenza n. 24629 del 02/07/2020 Vertinelli, Rv. 279552 - 01 in una fattispecie in cui il procuratore generale, nella requisitoria scritta, aveva formulato, come visto, le proprie conclusioni soltanto nei confronti di alcuni ricorrenti e le aveva omesse per altri). Conclude quindi la Corte che «in mancanza di una previsione espressa di perentorietà dei suindicati termini e della correlata sanzione di nullità, solo la circostanza che le parti non siano state messe in condizioni di concludere può rilevare perché ricorra una delle nullità previste dall'articolo 178, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen. Ciò non è avvenuto nella specie, giacché sia la parte civile che l'imputato hanno potuto esercitare il diritto di difesa, essendo stata loro comunicata la requisitoria del procuratore generale in tempo utile per la formulazione delle loro rispettive conclusioni nel termine di giorni 5 prima dell'udienza.». Chiarisce il significato da attribuire al termine “immediatamente” Sez. 4, n. 35057 del 17/11/2020, Ignazzi, Rv. 280388 – 01 che sul punto ha espresso il principio così massimato: «In tema di disciplina emergenziale relativa alla pandemia da Covid-19 nei procedimenti innanzi alla Corte di cassazione, l'art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in legge 18 dicembre 2020, n. 176, non prevede alcuna sanzione processuale in caso di violazione del termine di comunicazione alle parti della requisitoria trasmessa dal procuratore generale alla cancelleria della Corte, sicché, l'eventuale ritardo nella comunicazione, può determinare il rinvio dell'udienza soltanto laddove abbia effettivamente pregiudicato l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato o delle altri parti del procedimento.» Nel caso di specie l’eccezione è stata rigettata in quanto il ricorrente, che, secondo le sue stesse allegazioni, aveva comunque ricevuto la requisitoria del procuratore generale sia pur “non immediatamente”, ha poi depositato tempestivamente le sue conclusioni scritte. In termini, anche Sez. 6, sentenza n. 28032 del 30/4/2021, Simbari, Rv. 281694-02. Di seguito il principio di diritto massimato: «In tema di procedimento innanzi alla Corte di cassazione, nel vigore della disciplina emergenziale relativa alla pandemia da Covid-19, il mancato rispetto dei termini per il deposito delle conclusioni del Procuratore generale, di cui all'articolo 23, comma 8. d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, non integra un'ipotesi di nullità generale ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., salvo che ciò abbia comportato per le altre parti la impossibilità di concludere. (Fattispecie in cui, nonostante il tardivo invio della requisitoria scritta, il difensore aveva depositato tempestivamente una memoria contenente ampie repliche alle argomentazioni sostenute dalla pubblica accusa).» Conformi alle decisioni indicate, Sez. 6, n. 45400 del 15/09/2021, Ortenzi, non mass.; Sez. 1, n. 11353 del 20/10/2021 (dep. 2022), Islam, non mass.; Sez. 5, n. 15628 del 8/11/2021 (dep. 2022), Hammami, non mass.; Sez. 5, n. 15629 del 8/11/2021 (dep. 2022), Rizzo, non mass.; Sez. 5, n. 17067 del 8/11/2021 (dep. 2022), Motolese, non mass.; Sez. 5, n. 17068 del 8/11/2021 (dep. 2022), Di Filippo, non mass.; Sez. 6, n. 17154 del 13/04/2022, Parodi, non mass. che hanno rigettato le eccezioni di nullità per tardività nella trasmissione delle conclusioni formulate dal procuratore generale, applicando i principi di diritto sopra esposti. L’orientamento testè riportato va tuttavia letto congiuntamente a quello espresso dalla Suprema Corte in un tema solo parzialmente diverso, che tuttavia interseca e dunque incide sulla questione oggetto di vaglio: si fa riferimento al termine del quinto giorno antecedente all’udienza per il deposito delle conclusioni da parte della difesa nel giudizio di legittimità.


4. L’orientamento giurisprudenziale in ordine alla natura del termine del quinto giorno antecedente all’udienza per il deposito delle conclusioni della difesa

L’analisi delle pronunce in tema di omesso o ritardato deposito delle requisitorie del procuratore generale nel procedimento cartolare in cassazione, nonché della ritardata o omessa loro trasmissione non può non tenere conto dell’orientamento formatosi nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla natura del termine del quinto giorno antecedente all’udienza, previsto per il deposito delle conclusioni della difesa nel giudizio di legittimità dall’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020.

La Suprema Corte ha sul punto affermato, con orientamento uniforme e costante – espresso in termini anche con riferimento ai procedimenti camerali ex art. 611 cod. proc. pen. 14 -, che il termine del quinto giorno antecedente all'udienza, per il deposito delle conclusioni delle parti private nel giudizio di legittimità, previsto dall'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha natura perentoria, sicché la memoria presentata della parte privata oltre tale termine deve ritenersi tardiva.

Si riporta di seguito il principio di diritto espresso sul punto da Sez.6, n. 13434 del 26/1/2021, Paolini, Rv. 281148: «In tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, il termine del quinto giorno antecedente all'udienza, per il deposito delle conclusioni nel giudizio di legittimità,

previsto dall'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha natura perentoria, sicché la parte civile che presenti le proprie conclusioni oltre tale termine non può ritenersi ritualmente

costituita in detto giudizio.»

In termini, Sez. 1, n. 23264 del 02/02/2021, Aldrighetti, non mass. che ha ritenuto tardive le conclusioni e la nota spese rassegnate dalla parte civile, senza il rispetto del termine dei cinque giorni.

Conforme sul punto anche Sez.1, n. 35305 del 21/5/2021, Aiman, Rv. 281895 secondo cui: «In tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, il termine del quinto giorno antecedente all'udienza, per il deposito delle conclusioni nel giudizio di legittimità, previsto dall'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha natura perentoria, sicché la memoria presentata dall'imputato oltre tale termine deve ritenersi tardiva.»

Come esplicitato dalle sentenze indicate, la disposizione di cui all’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020 «ha adottato, per la dialettica procedimentale che la caratterizza, una cadenza temporale sovrapponibile a quella prevista in via generale dall'art. 611 cod. proc. pen. per il deposito di memorie e repliche nel giudizio di cassazione, sia pure facendo riferimento alla preventiva formulazione delle richieste della parte pubblica e successivamente alla presentazione delle conclusioni delle parti private. La disciplina che si applica nel procedimento di trattazione scritta, con modalità parzialmente telematiche, di cui all'art. 23 cit. evocando, per la parte congruente, quella di cui all'art. 611 cod. proc. pen., detta, di conseguenza, termini aventi la stessa natura: e, in relazione alla disciplina di cui all'art. 611 cod. proc. pen., è assodato che le memorie difensive depositate in violazione del rispetto del termine di cinque giorni (in quel caso, liberi) prima dell'udienza sono da ritenersi tardive e, pertanto, non possono essere prese in esame (Sez. 4, n. 49392 del 23/10/2018, S., Rv. 274040 - 01; Sez. 1, n. 13597 del 22/11/2016, dep. 2017, De Silvio, Rv. 269673 - 01; Sez. 1, n. 8960 del 07/02/2012, Mangione, Rv. 252215 - 01).». L’orientamento riportato va tenuto presente nell’analisi, in concreto, della lesione del diritto di difesa, con riferimento alle ipotesi in cui, a fronte di conclusioni del procuratore generale presso la Corte di cassazione trasmesse in ritardo, le conclusioni della difesa dell’imputato o della parte civile siano state anch’esse (e di conseguenza) presentate in ritardo, oltre il termine dei cinque giorni. Se infatti l’orientamento della Suprema Corte in ordine alla prima tematica sembra essersi assestato nel ritenere che il mancato rispetto dei termini per il deposito delle richieste del procuratore generale, di cui all'articolo 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, in quanto ritenuti di natura ordinatoria, non integri un'ipotesi di nullità generale ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., salvo che ciò abbia comportato per le altre parti la impossibilità di concludere, va tenuto presente che laddove le conclusioni del procuratore generale venissero trasmesse in un termine che in concreto si sovrapponga a quello concesso alla difesa, ossia nei cinque giorni antecedenti l’udienza, la parte privata si troverebbe a dover controdedurre in un termine compresso rispetto a quello riconosciutole dal legislatore; ebbene, se tale termine venisse ritenuto, anche in queste ipotesi, perentorio, le conclusioni rassegnate - in ossequio all’orientamento sopra evidenziato, che ritiene perentori i termini previsti per la difesa delle parti private - verrebbero considerate tardive, e dunque dichiarate inammissibili, declaratoria, questa, che non terrebbe conto delle effettive ragioni della difesa e che potrebbe concretizzarsi in una lesione dei diritti ad essa riconosciuti.


Fonte: Relazione tematica "Le ricadute processuali derivanti dal mancato o ritardato deposito delle conclusioni scritte del Procuratore Generale presso la Corte d’appello o presso la Corte di cassazione nella disciplina emergenziale", Rel. n. 13/2023 Roma, 7 marzo 2023, CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO.


 

11

Come si è avuto modo di osservare, le conclusioni del procuratore generale formulate, o trasmesse, in ritardo nel procedimento cartolare di appello non sono considerate tardive e vengono pertanto prese in considerazione (unica voce difforme sul punto è quella espressa da Sez. 6, n. 18483 del 29/03/2022, Della Mina, Rv. 283262 – 01 che parte dall’assunto che tutti i termini del procedimento cartolare siano perentori).

12

In questo senso, con riferimento alla requisitoria scritta del procuratore generale, Sez. 1, n. 28299 del 27/05/2019, R, Rv. 276414-01, così massimata: «In tema di giudizio di cassazione, la requisitoria scritta depositata dal procuratore generale oltre il termine del quindicesimo giorno antecedente l'udienza, previsto dall'art. 611, comma 1, cod. proc. pen., è tardiva e delle relative argomentazioni e conclusioni la Corte di cassazione non deve tener conto, essendo detto termine funzionale alle esigenze di effettività ed adeguatezza del contraddittorio cartolare in vista dell'udienza.».

In termini, Sez. 3, n. 11581 del 6/11/2019, Porcelli, non mass. sul punto; Sez. 3, n. 3477 del 21/01/2020, Saraceni, non mass. sul punto; Sez. 5, n. 37297 del 23/06/2022, Stanek, non mass. sul punto.

13

In questo senso, con riferimento alle memorie difensive, Sez. 1, n. 4801 del 10/11/1993 (dep. 1994), Serraino, Rv. 196231 («L'inosservanza del termine fissato dall'ultima parte del comma primo dell'art. 611 cod. proc. pen. per la presentazione di memorie importa la loro inutilizzabilità sotto il profilo dell'esenzione per la cassazione dall'obbligo di sottoporle al proprio esame ai fini della decisione.»); Sez. 1, n. 8960 del 07/02/2012, Mangione, Rv. 252215-01 («Non sono suscettibili di considerazione nel giudizio di legittimità, nella specie camerale, le memorie e le produzioni difensive intempestivamente presentate per inosservanza del termine dilatorio di cui all'art. 611 cod. proc. pen.»); Sez. 1, n. 13597 del 22/11/2016 (dep. 2017), De Silvio, Rv. 269673-01 («Nel giudizio camerale di legittimità le memorie e le produzioni difensive depositate in violazione del rispetto del termine di cinque giorni "liberi" prima dell'udienza, previsto dall'art. 611 cod. proc. pen., sono tardive e, pertanto, non possono essere prese in considerazione.»); Sez. 4 n. 49392 del 23/10/2018, Angelillis, Rv. 274040-01 («Nel giudizio camerale di legittimità, le memorie e le produzioni difensive depositate in violazione del rispetto dei termini di quindici e cinque giorni "liberi" prima dell'udienza, previsti dall'art. 611 cod. proc. pen., sono tardive e, pertanto, non possono essere prese in considerazione, neppure ai fini della liquidazione delle spese.»).

14

Cfr. nota n. 14.

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