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MAE: Per la completezza informazioni basta l'indicazione della pena detentiva edittale massima.

Sentenze

Indice:



La massima

Cassazione penale , sez. VI , 15/12/2021 , deposito: 16/12/2021 , n. 46140

Nella sentenza in argomento, la Suprema Corte ha affermato che ai fini della valutazione della completezza delle informazioni contenute nel mandato di arresto Europeo processuale, al di là del tenore letterale della L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 1, lett. f, deve aversi riguardo alla sola indicazione della pena detentiva edittale massima, l'unica rilevante ai fini della decisione sulla consegna, sia in base alla decisione quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2002, sia in base alla legge italiana attuativa, tanto che nell'"Annex" della decisione quadro 2002/584/GA, tra le informazioni da indicare per il m.a.e. processuale, in relazione alla pena, vi è la sola indicazione della "durata massima" della pena detentiva edittale (Sez. 6, n. 45364 del 01/12/2011, Piatek, Rv. 251187).


La sentenza

Fatto

1. Con sentenza emessa in data 3 novembre 2021, la Corte di appello di Torino ha disposto la consegna di S. all'autorità giudiziaria della Repubblica Federale di Germania in relazione al M.A.E. contenente l'ordine di arresto n. (OMISSIS) emesso il 17 ottobre 2021 dalla European Public Prosecutor's Office ("EPPO") su decisione della Amtsgericht di Monaco di Baviera, a condizione che dopo essere stato processato sia inviato in Italia per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privativa della libertà personale.

La decisione impugnata evidenzia che il M.A.E. a carico di S., cittadino italiano, è stato emesso in relazione ai reati di associazione criminale finalizzata alla frode fiscale (puniti dal par. 129 codice penale tedesco e dall'art. 370 codice finanziario della Repubblica Federale della Germania), fatti commessi tra il 1 marzo 2018 ed il 31 marzo 2021.

La Corte di appello ha evidenziato che il 20 ottobre 2021 S. è stato tratto in arresto dalla Guardia di Finanza di Milano, che il 22 ottobre, alla presenza del Procuratore generale e dei difensori di fiducia, si è proceduto all'audizione di S. che rifiutava la consegna e non prestava il consenso alla rinuncia della garanzia del principio di specialità; convalidato l'arresto, veniva applicata la custodia cautelare degli arresti domiciliari.

La Corte territoriale, preso atto del sopraggiungere in data 25 ottobre 2021 del mandato di cattura estero ed il mandato di arresto Europeo del 15 ottobre 2021, rilevava l'esistenza di una contestazione provvisoria in ordine al reato di associazione a delinquere e frode fiscale corrispondente alle fattispecie italiane di cui all'art. 416 c.p., e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, comma 1 (rectius: 2, comma 1), che prevede la reclusione da quattro ad otto anni di reclusione allorché l'ammontare degli elementi passivi fittizi superi gli Euro 100.000.

I fatti risulterebbero commessi dal 1 marzo 2018 al 31 marzo 2021 e coinvolgerebbero la società (OMISSIS) s.r.l. di cui S., come emerso a seguito di perquisizione eseguito su delega da parte della Procura Europea di Milano delegata dalla procura Europea con sede in Germania, era stato dirigente e rappresentante legale dal 11 aprile 2015 al 19 aprile 2018. La Corte di appello, avendo ritenuto sussistenti i presupposti per la consegna, ha giudicato ininfluente la mancanza di indicazione nel MAE del minimo edittale richiesto dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 6, ed ha disposto la consegna di S. anche in ragione dell'assenza di condanne o procedimenti pendenti in Italia.

2. S., per mezzo del difensore avvocato Stefano Castrale, ricorre avverso la suindicata sentenza deducendo i motivi di ricorso di seguito indicati.

2.1. Violazione di legge L. 22 aprile 2005, n. 69, ex art. 6, comma 1, lett. f), ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b).

Secondo la citata disposizione il mandato di arresto Europeo, tra le varie disposizioni, deve contenere l'informazione della durata della pena minima stabilita dalla legge dello Stato richiedente la consegna; informazione che, se mancante, deve formare oggetto di informazione integrativa rivolta allo stato emittente da parte della Corte di appello.

Erronea risulterebbe, pertanto, la motivazione resa sul punto dalla Corte territoriale nella parte in cui, alla specifica deduzione formulata in quella sede, ha ritenuto non rilevante che la legge penale tedesca non prevedesse la pena minima; osserva che il ricorrente non è stato messo in condizione di conoscere quale sia la esatta pena prevista dall'ordinamenti straniero, onere che la legge pone espressamente per mezzo della chiara disposizione dell'art. 6, D.Lgs. cit. in capo allo Stato richiedente e che, se mancante, deve essere richiesta. Ne' può essere condiviso quell'orientamento pur espresso da questa Corte secondo cui il riferimento contenuto nella citata disposizione non troverebbe conferma nella decisione quadro 2002/584/GA che è stata attuata per mezzo della L. n. 69 del 2005, che invece prevede esclusivamente l'indicazione della "scala di pene", testo della legge che, in quanto chiaramente difforme, dovrebbe formare oggetto di declaratoria di incostituzionalità ad opera della Corte costituzionale.

2.2. Violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18 bis, comma 1, lett. a), ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b).

Il ricorrente osserva che la Corte di appello di Torino, avverso l'eccezione formulata in udienza tesa a far rilevare come parte della condotta fosse stata realizzata in Italia, ha erroneamente confutato il rilievo osservando come non fossero apprezzabili condanne o comunque procedimenti penali pendenti in Italia

per i medesimi fatti; risposta fornita dalla Corte territoriale che si palesa eccentrica in ragione della differente norma che governa la materia: l'eccezione rivolta dal ricorrente in sede di merito era tesa a rilevare la presenza di elementi che deponessero per il rifiuto facoltativo di consegna previsto dall'art. 18 bis, comma 1, lett. a), e non di quello previsto dalla L. n. 69 del 2005, lett. b).

Diritto

1. Il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato.

2. Il primo motivo di ricorso che censura l'omessa indicazione della pena minima per i reati inclusi nel mandato di arresto Europeo risulta manifestamente infondato.

Come riportato dallo stesso ricorrente, deve richiamarsi il principio di diritto espresso da questa Suprema Corte ed ormai consolidato, secondo cui ai fini della valutazione della completezza delle informazioni contenute nel mandato di arresto Europeo processuale, al di là del tenore letterale della L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 1, lett. f, deve aversi riguardo alla sola indicazione della pena detentiva edittale massima, l'unica rilevante ai fini della decisione sulla consegna, sia in base alla decisione quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2002, sia in base alla legge italiana attuativa, tanto che nell'"Annex" della decisione quadro 2002/584/GA, tra le informazioni da indicare per il m.a.e. processuale, in relazione alla pena, vi è la sola indicazione della "durata massima" della pena detentiva edittale (Sez. 6, n. 45364 del 01/12/2011, Piatek, Rv. 251187).

Deve nondimeno rilevarsi che la Procura Europea di Monaco di Baviera contesta allo S. il reato di frode fiscale che lede gli interessi finanziari della Comunità Europee - ai sensi della convenzione del 26 luglio 1995 -, reato che, secondo la previsione del paragrafo 2, comma 2, della decisione quadro 2002/584/GAI, dà luogo ad ipotesi di consegna obbligatoria, a norma della L. n. 69 del 2005, art. 8, evenienza che rende, anche sotto detto aspetto, adeguata la previsione di una pena privativa della libertà personale pari o superiore a tre anni, disposizione che deroga sia alla norma della doppia punibilità di cui all'art. 7, comma 1, sia, per quel che in questa sede rileva, alla prevista richiesta di indicazione della pena minima.

3. Infondato risulta il secondo motivo di ricorso con il quale il ricorrente censura l'erronea risposta fornita dalla Corte territoriale che ha rilevato l'assenza di condanne e comunque di procedimenti pendenti e fa rilevare che le condotte sarebbero agite in parte in Italia.

3.1. Come osservato dalla Corte territoriale (pag. 4 sentenza), in ordine al reato per il quale procede l'autorità giudiziaria della Repubblica Federale di Germania, svolge indagini la Procura Europea che, ai sensi del D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 9, art. 15, comma 1, prevede che le "procedure di consegna relative ai mandati di arresto Europei emessi da procuratori Europei delegati sono disciplinate dalla L. 22 aprile 2005, n. 69"; disposizione contenuta nel Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017 relativa all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura Europea ("EPPO").

Osserva il Collegio che l'art. 33 del citato Regolamento detta disposizioni secondo cui il Procuratore Europeo delegato incaricato del caso può disporre o chiedere l'arresto o la detenzione preventiva dell'indagato o dell'imputato in conformità del diritto nazionale applicabile in casi nazionali analoghi e che (comma 2), qualora sia necessario procedere all'arresto e alla consegna di una persona che non si trova nello Stato membro in cui ha sede il procuratore Europeo delegato incaricato del caso, emette o chiede all'autorità competente di detto Stato membro di emettere un mandato d'arresto Europeo ai sensi della decisione quadro 2002/584/GAI (I. n. 69/2005).

Sotto altro profilo il regolamento del Consiglio (UE) 2017/1939 del 12 ottobre 2017, all'art. 22, e seguenti disciplina i criteri in base ai quali vengono attribuite alla competenza della Procura Europea alcune materie.

Per quel che rileva nel presente procedimento, secondo l'art. 22, comma 1, la Procura Europea (EPPO) è competente per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione di cui alla direttiva (UE) 2017/1371, per come attuata dal diritto nazionale, indipendentemente dall'eventualità che la condotta criminosa possa essere diversamente qualificata dal diritto nazionale. I reati di cui all'art. 3, paragrafo 2, lettera d), della direttiva (UE) 2017/1371 (frode finanziarie che ledono gli interessi finanziari dell'Unione), sono di competenza della Procura Europea ("EPPO") soltanto qualora la condotta sia commessa nel territorio di due o più Stati membri e comportino un danno complessivo pari ad almeno 10 milioni di Euro.

Quanto alla condotta di partecipazione alle organizzazioni criminali, l'organo requirente dell'Unione è competente quando l'attività criminosa della organizzazione criminale è funzionale alla commissione di uno dei reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione.

Nel caso di specie non può concretamente contestarsi la giurisdizione, anche in ordine alla condotta associativa, fermo restando che proprio l'autorità tedesca, riconoscendosi competente, ha adottato la misura cautelare sulla cui base è stato emesso il mandato di arresto Europeo.

3.2. In tale prospettiva non vi è ragione di disattendere un orientamento consolidato, formatosi nel vigore della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. p), ma ribadito dopo l'introduzione da parte della L. 117 del 2019 della causa facoltativa di rifiuto di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18 bis, lett. b), in forza del quale il motivo di rifiuto per fatti commessi in parte nel territorio dello Stato si fonda sull'individuazione di un concreto interesse, legato ad una situazione oggettiva, attestata dalla sussistenza di indagini sul fatto oggetto della richiesta di consegna, sintomatiche della volontà di affermare la propria giurisdizione (Sez. 6, n. 5929 del 11/02/2020, Pennisi, Rv. 278329; Sez. 6, n. 27992 del 13/06/2018, Rv. 273544).

Occorre, dunque, che alla base del rifiuto vi sia la manifestazione di un interesse dello Stato alla persecuzione del reato, interesse, che per essere riconoscibile, deve trovare fondamento in un dato oggettivo.

Tale quadro non può dirsi mutato per effetto di quanto previsto dalla L. n. 69 de 2005, art. 18, comma 1, lett. a), come interpolato dal D.Lgs. n. 10 del 2021: del resto il mandato di arresto Europeo trasmesso alle autorità italiane esplicita la competenza funzionale dell'A.G. emittente, in ordine all'azione penale per i fatti oggetto della richiesta di cattura, con riguardo ai quali si procede in Germania (pag. 9), evidenziando l'esistenza di indizi di partecipazione all'associazione a delinquere tesa alla realizzazione di un sistema di frodi IVA per un provocato danno di complessivi 13 milioni di Euro, coinvolgente ben più di due Stati, segnatamente la Germania, l'Italia, la Bulgaria, il Belgio, il Portogallo e la Francia.

Proprio l'inquadramento della vicenda nell'ambito di un procedimento per il quale procede la Procura Europea in Germania, in relazione al quale l'autorità giudiziaria italiana ha proceduto ad atti di perquisizione delegata, in assenza di un autonomo procedimento, rispetto al quale possa valutarsi un preponderante interesse dello Stato, fa venir meno qualsivoglia ragione giustificativa dell'esercizio della facoltà di rifiuto.

D'altro canto, la risposta della Corte di appello di Torino, se da un dato ha fatto riferimento a "procedimenti penali", con citazione evocativa della L. n. 69 del 2005, art. 18 bis, lett. b), dall'altro ha correttamente messo in evidenza il fatto che la Procura Europea di Milano ha proceduto ad atti delegati, per escludere un diverso specifico procedimento e per inquadrare la vicenda nel più vasto alveo della competenza della Procura Europea, senza che sia stata prospettata la concreta esistenza di indagini o procedimenti in Italia, ciò che non avrebbe potuto sfuggire, anche in ragione dello stretto collegamento tra Procuratore Europeo di Milano e Procura della Repubblica (artt. 24 e 25, Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017 che disciplina l'esercizio della competenza della Procura Europea e segnatamente i rapporti tra l'organo requirente dell'Unione Europea ed altre autorità nazionali incluse le Procure della Repubblica) da una parte, e della dettagliata procedura a garanzia della competenza (D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 9, art. 16, che attribuisce alla Procura generale presso la Corte di cassazione la soluzione dei contrasti tra Procura Europea e Procure della Repubblica), dall'altra.

In concreto il motivo di ricorso si risolve in una critica di tipo lessicale, che non considera la sostanza dei fenomeni, nulla di concreto essendo addotto, in tale quadro, a sostegno del motivo facoltativo di rifiuto.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall'art. 616 c.p.p., comma 1.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2021

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