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Metodo mafioso e reati estorsivi: legittima l'aggravante anche in assenza di un’associazione mafiosa (Cass. Pen. n. 11790/2025)

Con la sentenza n. 11790/2025, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per estorsione e rapina aggravate dal metodo mafioso nei confronti di due appartenenti al clan Di Silvio.

La Corte ha ribadito che per l’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 c.p. non è necessario accertare l’esistenza di una vera e propria associazione mafiosa, essendo sufficiente che le modalità della condotta evocano il potere intimidatorio tipico di un’organizzazione di stampo mafioso.


Il fatto

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 10 giugno 2024, ha confermato la condanna di D. e D.C. per una serie di reati:

  1. Estorsioni aggravate ai danni di Antonio e Michele L.;

  2. Rapina aggravata ai danni di Michele L.;

  3. Tentata estorsione aggravata.

Le condotte si caratterizzavano per l’imposizione di un sistema di "protezione" connotato da minacce implicite e riferimenti all’appartenenza familiare, evocando la forza intimidatrice del clan Di Silvio.

I ricorrenti hanno contestato:

  • La sussistenza del concorso nei reati;

  • L’errata qualificazione di una delle condotte come rapina invece che estorsione;

  • L’applicazione dell’aggravante del metodo mafioso;

  • L’illegittimità degli aumenti di pena per la continuazione;

  • L’omesso riconoscimento delle attenuanti generiche e del danno di speciale tenuità.


La decisione della Corte

La Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, confermando integralmente la sentenza impugnata.

In particolare ha stabilito che:

  • L’aggravante del metodo mafioso è legittima anche senza la prova dell’esistenza di un’associazione mafiosa, se la condotta richiama la forza intimidatrice propria di tali contesti (richiamando la pronuncia sul caso “Alba Pontina”);

  • La differenza tra estorsione e rapina non è nella percezione soggettiva della vittima, ma nella modalità della coartazione: se rimane un margine di scelta, anche minimo, si tratta di estorsione;

  • Non si è violato il divieto di reformatio in peius, poiché la Corte d’Appello, pur operando un diverso calcolo degli aumenti, ha inflitto una pena complessivamente inferiore;

  • Le censure motivazionali sui fatti e sulla valutazione delle prove sono inammissibili in Cassazione, se non manifestamente illogiche (cosa che non ricorre nel caso di specie);

  • Le attenuanti generiche sono state correttamente negate in base alla gravità dei fatti e al ruolo apicale dei ricorrenti nel contesto criminale.


Il principio di diritto

L’aggravante del metodo mafioso di cui all’art. 416-bis.1 c.p. è configurabile anche in assenza di un’associazione mafiosa, se le modalità dell’azione evocano la forza intimidatrice tipica delle organizzazioni di tipo mafioso.

È legittimo ritenere la partecipazione morale a un’estorsione anche in caso di silenziosa presenza che rafforza l’intimidazione.

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