Frode nelle pubbliche forniture e responsabilità 231: senza una dissimulazione programmata, la misura interdittiva è illegittima (Cass. pen. n. 19031/25)
- Avvocato Del Giudice
- 24 mag
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Premessa
Con questa pronuncia, la Cassazione torna a delimitare in modo rigoroso i presupposti applicativi dell’art. 24 del D.Lgs. 231/2001, in relazione al reato di frode nelle pubbliche forniture ex art. 356 c.p.
La Corte richiama i giudici del riesame a un’analisi puntuale del dolo programmato e della unitarietà fraudolenta delle condotte dissimulatorie, stigmatizzando la prassi di considerare automaticamente “continuata” un’attività contrattuale solo perché distribuita nel tempo.
I fatti
Alla società E. S. S.r.l. era stata applicata una misura interdittiva del divieto di contrattare con la P.A., sulla base di una presunta frode nell’esecuzione di un contratto di fornitura e manutenzione di ascensori presso il Tribunale di Salerno. Il provvedimento cautelare era fondato sull’incolpazione ex art. 356 c.p. a carico degli amministratori (di diritto e di fatto) della società, ritenuti responsabili di aver dolosamente dissimulato i vizi nell’installazione e nella messa in esercizio degli impianti.
Dopo un primo annullamento da parte della Cassazione, il Tribunale del riesame, in sede di rinvio, aveva confermato la misura. La difesa ha proposto ricorso per cassazione, contestando:
l’applicazione retroattiva della disciplina 231/2001;
la mancanza di una reale continuità fraudolenta delle condotte successive al 30 luglio 2020;
l’insussistenza del presupposto della fraudolenza in senso penalistico;
la carenza di profitto rilevante e di esigenze cautelari attuali.
La decisione
La Corte ha annullato senza rinvio l’ordinanza e revocato la misura interdittiva, con motivazione articolata su tre punti chiave:
1. No alla retroattività mascherata
La responsabilità dell’ente, in materia di art. 24 D.Lgs. 231/2001, non può fondarsi su condotte esaurite prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 75/2020, che ha incluso il reato di cui all’art. 356 c.p. tra quelli presupposto. È onere del giudice verificare se eventuali condotte successive siano state sin dall’origine programmante e dissimulanti, non potendo considerare automaticamente fraudolente tutte le attività svolte successivamente al collaudo.
2. Il dolo programmato va dimostrato
La Cassazione censura il Tribunale per non aver fornito prova che le condotte contestate dopo il luglio 2020 fossero parte di un piano unitario e doloso preordinato a celare l’inadempimento originario. La prosecuzione delle attività, se svolta sotto indagini già avviate, è sintomo di discontinuità e non può integrare la struttura del reato a consumazione prolungata.
3. La frode non si presume: serve malizia contrattuale
Non basta l’inadempimento per configurare la frode nelle pubbliche forniture. Serve una condotta artificiosa, un espediente ingannevole volto a far apparire le prestazioni conformi. Nel caso di specie, i presunti vizi erano rilevabili già nel collaudo del 2019, regolarmente approvato dalla P.A., e l’uso improprio degli impianti da parte dei destinatari (come montacarichi) è estraneo alla responsabilità della ditta fornitrice.
Principio di diritto
Ai fini della responsabilità ex art. 24 D.Lgs. 231/2001 fondata sul reato di frode nelle pubbliche forniture, non è sufficiente la mera prosecuzione nel tempo dell’attività contrattuale o l’emergere di vizi funzionali: è necessario dimostrare che le condotte dissimulatorie successive alla stipula siano state originariamente programmate per occultare l’inadempimento.
Considerazioni finali
La decisione conferma l’orientamento rigoroso in tema di limiti alla responsabilità amministrativa dell’ente per reati contrattuali con la P.A., riaffermando l’obbligo per il giudice cautelare di motivare in modo specifico la ricorrenza del dolo contrattuale, della fraudolenza dissimulatoria, e dell’unitarietà temporale e soggettiva delle condotte. In difetto, la misura interdittiva non può trovare legittima applicazione.
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. II, 09/05/2025, (ud. 09/05/2025, dep. 21/05/2025), n.19031
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza n. 4535/25 del 19/12/2024 la Sesta Sezione della Corte di Cassazione ha annullato l'ordinanza del Tribunale del riesame di Salerno in data 25/7/2024, che aveva rigettato l'appello formulato nell'interesse di Euroascensori avverso il provvedimento del Gip che aveva applicato alla società la misura interdittiva del divieto di contrattare con la P.A. per la durata di un anno in relazione alla violazione dell'art. 24 D.Lgs. n.231/2001, avente quale reato presupposto l'incolpazione ex art. 356 cod. pen. elevata a carico di Va.Da. e Po.Gi., rispettivamente legale rappresentante e amministratore di fatto della stessa società.
La pronunzia rescindente riteneva in particolare che, poiché gli ascensori di cui al contratto di fornitura intercorso con la COBAR erano stati installati e consegnati nell'anno 2018, allorché il delitto ex art. 356 cod. pen. non rientrava nel catalogo dei reati suscettibili di fondare la responsabilità degli enti, le attività ulteriori volte a dissimulare dolosamente l'errata esecuzione del contratto non potevano integrare il presupposto della responsabilità amministrativa dipendente da reato in assenza di prova che le cennate condotte, successive al 30 giugno 2020, fossero state originariamente programmate per nascondere l'inadempimento. Inoltre, la Corte di Legittimità evidenziava lacune motivazionali in relazione alla gravità indiziaria con riguardo al reato presupposto, non risultando chiara la condotta decettiva posta in essere.
L'impugnata ordinanza, decidendo in sede di rinvio, rigettava l'appello proposto da Euroascensori, confermando la misura interdittiva imposta.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore della società indagata, deducendo:
2.1 la violazione ed errata applicazione degli artt. 3,13,24,45 D.Lgs. 231/2001 e connesso vizio della motivazione; violazione dei principi fissati dalla sentenza rescindente.
Il difensore deduce che, alla luce delle risultanze documentali acquisite in atti, i lavori di installazione degli ascensori eseguiti da Euroascensori sulla base del contratto di fornitura intercorso con la COBAR sono stati ultimati il 3 agosto 2018, in epoca antecedente l'entrata in vigore del D.Lgs. 75/2020 che ascriveva il reato di cui all'art. 356 nel novero degli illeciti suscettibili di fondare la responsabilità degli enti. Sostiene che l'assunto del collegio cautelare secondo cui il contratto di fornitura contemplava a carico dell'ente anche attività di collaudo e manutenzione, che si sono protratte ben oltre il 30/7/2020, non tiene conto delle indicazioni ermeneutiche fornite in sede di annullamento laddove si è chiarito che, al fine di giustificare la misura, è necessaria la prova che le condotte poste in essere successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. 75 fossero state originariamente programmate per nascondere l'inadempimento. L'ordinanza impugnata ha, pertanto, reiterato la violazione già censurata, applicando retroattivamente la novella normativa sebbene l'attività della società ricorrente si fosse esaurita ben prima del 30 luglio 2020, la stessa si fosse limitata a installare impianti forniti da Orona e non avesse alcun interesse ad eseguire le opere in maniera non corretta in quanto tenuta a sostituire le parti difettose a sua spese;
2.2 il vizio di motivazione e il travisamento dei fatti. Secondo il difensore l'ordinanza impugnata non ha fornito adeguata risposta anche all'ulteriore profilo d'annullamento relativo alla natura asseritamente decettiva delle condotte volte a dissimulare la dolosa ed errata esecuzione del contratto, essendosi soffermata su circostanze quali le cointeressenze con Hacca Impianti, i difetti di installazione e il sottodimensionamento degli impianti, la mancata esecuzione di sostituzioni e riparazioni effettuate da altre società, l'entità dei danni cagionati, che non hanno alcuna attitudine a provare la fraudolenza delle condotte contestate.
Inoltre, la ricorrente contesta la sussistenza del requisito del conseguimento di un profitto di rilevante entità e dei gravi indizi, ovvero dei presupposti legittimanti l'adozione della misura interdittiva. Al riguardo segnala che gli impianti installati erano conformi a quelli previsti in progetto e muniti di certificazioni di conformità UE, documenti tempestivamente trasmessi agli uffici competenti dell'ente appaltante, mentre il blocco degli ascensori, regolarmente messi in esercizio, è stato determinato dall'uso degli stessi quali montacarichi, non previsti in progetto, e dal sovraccarico di utenti. Aggiunge che, contrariamente a quanto assume l'accusa e alla luce della consulenza tecnica di parte, gli impianti di marca Orona installati presso il Tribunale di Salerno presentano notevoli migliorie rispetto a quelli originariamente previsti nel capitolato e lamenta che il collegio cautelare non ha considerato la relazione della World LiftElectric, società che ha effettuato lavori di manutenzione straordinaria sugli impianti, la quale ha attestato che i segni di usura rilevati sono da ascrivere all'uso improprio per trasporto merce. Ad avviso del difensore il collegio ha, altresì, erroneamente ritenuto sussistente il rischio di reiterazione, smentito dalla documentazione prodotta dalla difesa relativa alla pluralità di appalti assegnati alla ricorrente e regolarmente eseguiti in assenza di contenziosi.
Il difensore deduce, infine, la violazione dell'art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen. poiché l'udienza si sarebbe dovuta tenere entro il 22 febbraio, avendo il Tribunale affermato di aver ricevuto gli atti il 12 febbraio, con conseguente perdita di efficacia della misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L'eccezione processuale è manifestamente infondata in quanto, a norma dell'art. 52 D.Lgs. 231/2001, all'impugnazione dei provvedimenti che dispongono misure cautelari nei confronti dell'ente si applicano le disposizioni di cui all'art. 322, commi 1-bis e 2, cod. proc. pen. che richiamano forme e termini di cui all'art. 310 cod. proc. pen.
2. Le ulteriori censure sono fondate e meritano accoglimento. La pronunzia rescindente ha demandato al giudice del rinvio di chiarire, alla luce delle acquisizioni investigative, se le condotte volte a dissimulare la dolosa, errata esecuzione del contratto poste in essere "dopo il 30 giugno 2020 fossero sin dall'inizio programmate al fine di nascondere il doloso inadempimento" in modo da poter essere ricondotte al reato presupposto, configurando una fattispecie a consumazione prolungata, con conseguente persistenza dell'illiceità tipica dal 3/8/2018 al 19/4/2023 secondo la contestazione di cui al capo 4.
L'ordinanza impugnata ha in proposito argomentato (pag. 5 e segg.) che la condotta decettiva dell'ente installatore non può ritenersi esaurita con le generiche ed unilaterali dichiarazioni di conformità rilasciate in data 3/8/2018 in quanto, una volta "acclarata la macroscopicità dei vizi nel periodo successivo al fittizio collaudo", tra il 2019 e il 2023 poneva in essere ulteriori condotte quali le attestazioni false delle prove di funzionamento e di collaudo e la produzione delle dichiarazioni di conformità della casa produttrice Orona, cui conseguiva la messa in esercizio degli impianti nel gennaio 2020. Il Tribunale ha, quindi, ricostruito le vicende relative all'attribuzione ad Hacca Impianti Srl del servizio di manutenzione e pronto intervento relativo agli ascensori installati presso il Tribunale di Salerno, evidenziando le cointeressenze tra detta compagine e la ricorrente, concludendo a pag. 10 per "una fraudolenta e maliziosa dissimulazione, preordinata ex ante e operata continuativamente dal 2018 al 2023 in danno del contraente pubblico, di prestazioni complesse e progressive sicché la consumazione del reato coincide con il momento in cui la P.A. è messa in condizione di compiere le attività di verifica e di controllo".
Concludeva, pertanto, che il reato ex art. 356 cod. pen. è stato commesso nell'interesse di società collegate, le quali mediante i loro amministratori – di diritto e di fatto, anche comuni- hanno programmato le predette condotte in frode alla P.A. nei servizi di installazione e manutenzione degli ascensori.
Si tratta degli stessi testuali argomenti spesi nell'ordinanza applicativa della misura alle pagg. 29 e 30.
2.1 La motivazione rassegnata dal collegio cautelare non pare coerente con il perimetro vincolante disegnato dalla pronunzia rescindente né con la contestazione del delitto ex art. 356 cod. pen. effettuata al capo 4 della rubrica provvisoria laddove si addebita a Va.Da. e Po.Gi. la frode nell'esecuzione del contratto di subappalto relativo all'installazione degli impianti elevatori presso la Cittadella Giudiziaria di Salerno e nell'adempimento degli obblighi dallo stesso derivanti, consistita nella "non corretta installazione degli impianti elevatori a servizio degli edifici D, E, F, attestando invece la conformità dell'installazione alla regola dell'arte e non effettuando mai il collaudo". Tale è l'incolpazione che si legge nell'ordinanza genetica del 14/5/2024 sulla quale è parametrata la responsabilità amministrativa di EUROASCENSORI SERVICE Srl, cui si rimprovera la mancata adozione di modelli organizzativi e di gestione idonei a prevenire le condotte ascritte al Va.Da. e al Po.Gi.
La proiezione temporale delle condotte materialmente illustrate in incolpazione fino al 2023 è sostanziata nell'analisi dell'ordinanza impugnata da argomenti, quali il separato affidamento da parte della RTI committente della manutenzione degli impianti a diversa compagine, che, da un lato, non paiono riconducibili alla provvisoria contestazione a carico dell'ente e, dall'altro, non forniscono risposta, se non sulla base di assunti assertivi, alla richiesta di una motivazione puntuale e persuasiva in punto di unitarietà e decettività delle attività successive al luglio 2020 avanzata dalla pronunzia rescindente.
2.2 L'asserita riconducibilità delle attività dissimulatorie successive all'inadempimento, concorsualmente addebitate agli indagati e poste a base della responsabilità amministrativa della società ricorrente, non tiene in alcun conto, al fine della costruzione dell'illecito ascritto quale delitto a consumazione prolungata, in tesi protrattosi per oltre un quinquennio, dell'incidenza sull'elemento rappresentativo e volitivo degli accusati dell'epoca di avviamento delle indagini in ordine ai fatti a giudizio, risalente all'anno 2020, per quanto emerge dal provvedimento genetico (pagg. 15/16). L'ordinanza del Gip di Salerno, infatti, espressamente richiama gli esiti dell'attività delegata dalla locale Procura della Repubblica nell'ambito del proc. n. 1664/2020/45, che aveva visto nel primo semestre dell'anno l'assunzione di informazioni da più soggetti a vario titolo coinvolti nella manutenzione degli impianti elevatori. Lo svolgimento a partire dal 2020 di mirate indagini aventi ad oggetto specificamente l'installazione e la gestione degli ascensori della cittadella giudiziaria, attendibilmente note agli indagati in ragione della natura degli atti investigativi posti in essere, integra una significativa cesura logica nella ricostruzione in termini di continuità delittuosa dell'attività degli agenti, con la quale l'ordinanza impugnata non si confronta, limitandosi a qualificare in termini di fraudolenza condotte attuate sotto la lente degli investigatori e dei consulenti tecnici del P.m., incaricati fin dal giugno 2021 di verificare l'esecuzione dell'appalto, di fatto trascurando l'analisi del coefficiente doloso.
2.3 In detto contesto risulta giuridicamente inadeguata la risposta fornita ai temi segnalati dalla pronunzia rescindente relativi al gradiente fraudolento delle attività intese a occultare l'inadempimento, alla loro estensione temporale e alla riconducibilità delle stesse ad una unitaria determinazione, persistente e costante nel tempo.
La giurisprudenza di questa Corte ritiene con orientamento consolidato che, ai fini della configurabilità del delitto di frode nelle pubbliche forniture, non è sufficiente il semplice inadempimento doloso del contratto, richiedendo la norma incriminatrice una condotta qualificabile in termini di malafede contrattuale, consistente nel realizzare un espediente malizioso o ingannevole, idoneo a far apparire l'esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti (tra molte, Sez. 6, n. 25372 del 17/05/2023, Marino, Rv. 284883 - 01). Ha, altresì, affermato con riguardo a contratti di somministrazione di beni o servizi che l'illecito può assumere la struttura di un reato a consumazione prolungata, connotato da pluralità delle condotte (in fattispecie di esclusione dell'art. 131-bis cod. pen., Sez. 6, n. 12073 del 06/02/2020, Grecuccio, Rv. 278752 - 01).
Gli esiti del rinnovato scrutinio demandato ai giudici cautelari sui profili di diritto oggetto d'annullamento, costituenti il presupposto per la legittima adozione della misura interdittiva, appaiono inidonei a dare conto di una preventiva volizione con capacità unificante delle attività ricondotte alla fattispecie ex 356 cod. pen., indispensabile al fine di giustificare la protratta consumazione dell'illecito dalla consegna degli impianti al 2023.
2.4 Né si presta a supportare la valutazione del Tribunale cautelare la giurisprudenza di legittimità che in tema di frode nelle pubbliche forniture ha affermato il principio secondo cui, posto che il mero inadempimento contrattuale non determina la consumazione del reato di cui all'art. 356 cod. pen., in quanto la condotta tipica presuppone anche la fraudolenta dissimulazione operata in danno del contraente pubblico, nel caso di prestazioni complesse e progressive la consumazione del reato coincide con il momento in cui la P.A. è messa in condizione di compiere le attività di verifica e controllo (Sez. 6, n. 9081 del 23/11/2017, dep. 2018, Aviano, Rv. 272384 – 01; cfr anche Sez. 6, n. 38346 del 15/05/2014, Moroni, Rv. 260269 - 01).
Nella specie, fermi i rilievi in ordine alla sostanziale assertività della dissimulazione che si assume protratta per oltre un lustro, la progressività delle prestazioni complesse di cui al citato arresto giurisprudenziale non può che essere rapportata al contratto specificamente concluso tra la committente e la società ricorrente, rispetto al quale la difesa deduce, senza che risultino contestazioni alla stregua della produzione documentale effettuata nella fase di merito, che gli impianti sono stati collaudati dalla apposita commissione designata dal Comune di Salerno l'11/4/2019, e gli esiti approvati senza riserve con determina n.2718/2019 a firma del direttore del Settore Opere e LL.PP. dello stesso Comune, cui faceva seguito la messa in esercizio avvenuta nel gennaio 2020.
Detto adempimento segna lo specifico momento in cui l'ente territoriale, attraverso una sua qualificata e specifica articolazione tecnica, è stato messo in condizione di verificare la rispondenza quantitativa e qualitativa delle opere a quanto commissionato, dovendosi escludere che il parametro di valutazione della consumazione possa essere esteso alla realizzazione del complesso delle opere appaltate, realizzate in più blocchi, con il ricorso a subappalti, contratti di fornitura e una varietà di altri contratti, la cui esecuzione si è protratta nel tempo e rispetto ai quali la P.A. committente è stata chiamata ad intervenire, esercitando le proprie facoltà di verifica e controllo, secondo plurime e precise scansioni negoziali.
Per altro verso, deve rilevarsi che l'inadempimento fraudolento che fonda la responsabilità della società ricorrente, concernente le caratteristiche tecniche e funzionali degli elevatori, diversi per natura, qualità e prestazioni da quelli contrattualmente previsti, è relativo ad aspetti, quali l'installazione di macchine azionate da magneti permanenti e privi di riduzione piuttosto che da motori elettrici di tipo asincrono, di immediata rilevabilità in sede di collaudo al pari delle carenze documentali e certificative degli impianti sicché non può condividersi l'assunto che fa coincidere la consumazione del reato con l'emersione in sede di accertamenti tecnici giudiziari delle patologie esecutive del contratto, trascurando la concreta verifica tecnica eseguita dalla P.A.
3. Alla luce delle considerazioni che precedono ritiene il Collegio debba pervenirsi all'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata con conseguente revoca della misura interdittiva adottata nei confronti della società ricorrente.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e revoca la misura cautelare interdittiva. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 626 cod. proc. pen.
Così è deciso, il 9 maggio 2025.
Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2025.