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Omesso versamento ritenute: si consuma con l'omissione del versamento che supera la soglia minima


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di omesso versamento di ritenute

La massima

Il reato di omesso versamento di ritenute certificate previsto dall' art. 10-bis d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 , essendo integrato da una condotta unisussistente, si realizza e si consuma con l'omissione del versamento che supera la soglia minima prevista alla scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al periodo d'imposta dell'anno precedente (Cassazione penale , sez. III , 23/01/2019 , n. 22061).

Fonte: Ced Cassazione Penale

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. III , 23/01/2019 , n. 22061

RITENUTO IN FATTO

1. Il sig. M.G., in proprio e quale socio accomandatario e legale rappresentante della società "K. di M.G. & C. s.a.s.", ricorre per l'annullamento dell'ordinanza del 06/09/1018 del Tribunale di Udine che ha rigettato la richiesta di riesame del decreto del 28/06/2018 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo tribunale che, sulla ritenuta sussistenza indiziaria del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-bis, (omesso versamento delle ritenute operate sulle retribuzioni e i compensi erogati nell'anno di imposta 2015, per un ammontare complessivo di Euro 150.995,67), ha ordinato il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta, del profitto del reato ovvero, in mancanza, di denaro o beni per un valore ad esso equivalente.


1.1.Con il primo motivo deduce la violazione dell'art. 2 c.p. e l'inapplicabilità dell'art. 322-ter c.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis.


Premessa la natura sanzionatoria della confisca di valore, sostiene che non può essere applicata per i fatti commessi in epoca anteriore al 22/10/2015, data di pubblicazione del D.Lgs. n. 158 del 2015 che ha introdotto per la prima volta il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis. Al più, prosegue, oggetto di confisca per equivalente avrebbero potuto essere il denaro e beni corrispondenti al valore delle ritenute operate dal 22/10/2015 al 31/12/2015, per un ammontare complessivo di Euro 40.555,17, inferiore alla nuova soglia di punibilità di 150.000 Euro prevista dal modificato D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-bis. Nè la confisca di valore avrebbe potuto essere applicata in danno della società "K. di M.G. & C. s.a.s.", soggetto diverso dall'autore del reato ed estraneo alla sua consumazione.


1.2. Con il secondo motivo deduce la carenza assoluta della motivazione, ovvero la sua natura apparente, contraddittoria e manifestamente illogica, e la violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis.


Sostiene che la tempestiva adesione al piano rateale di estinzione del debito, concordato con l'Agenzia delle Entrate nel termine di 30 giorni dalla ricezione dell'avviso bonario di pagamento ed in esecuzione al momento del sequestro, osta alla applicazione della confisca ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis e, di conseguenza, del sequestro ad essa strumentale, la cui esecuzione peraltro impedisce l'ulteriore pagamento del debito a scapito proprio di quegli interessi erariali che il provvedimento cautelare intende paradossalmente preservare. Aggiunge che tale piano non avrebbe potuto essere concordato prima della conoscenza ufficiale della pretesa erariale formalizzata solo a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni di sostituto di imposta.


1.3. Con il terzo motivo deduce la contraddittorietà e/o la manifesta illogicità della motivazione in ordine all'eccepita violazione dell'art. 322-ter c.p., art. 321 c.p.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-bis, e alla conseguente inapplicabilità del sequestro preventivo delle somme di danaro confluite nei conti correnti proprio e di quello della K. in epoca certamente successiva alla consumazione del reato. Aggiunge che il conto corrente della K. attualmente attinto dal provvedimento cautelare è diverso da quello acceso all'epoca dei fatti.


1.4.Con il quarto motivo deduce la contraddittorietà e/o la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla eccepita insussistenza, anche solo indiziaria, del reato sul rilievo della totale mancanza di prova del rilascio delle certificazioni ai contribuenti sostituiti nell'anno di imposta 2015.


Sostiene che per i fatti commessi in epoca anteriore alla pubblicazione del D.Lgs. n. 158 del 2015, che ha strutturalmente modificato il precetto contenuto nel D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-bis, è comunque necessario che le ritenute non versate risultino dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, non essendo sufficiente che risultino dalla dichiarazione di sostituto di imposta come espressamente previsto dall'art. 10-bis, cit., a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 158 del 2015.


1.5.Con il quinto motivo deduce la totale assenza e comunque la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla eccepita insussistenza del periculum in mora.


1.6.Con il sesto motivo, allegando il minino superamento della soglia di punibilità, deduce l'erronea applicazione dell'art. 131-bis c.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-bis, e vizio di omessa e/o mancante motivazione sul punto.


CONSIDERATO IN DIRITTO

2.Il ricorso è fondato per quanto di ragione.


3.E' necessario ricordare, innanzitutto, che avverso le ordinanze emesse a norma degli artt. 322-bis e 324 c.p.p., il ricorso per Cassazione è ammesso solo per violazione di legge.


3.1.Come più volte spiegato da questa Corte "in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di "violazione di legge" per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell'art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all'art. 606, lett. e)" (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004; si vedano anche, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, e Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, Bruno, nonchè, tra le più recenti, Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Chiesi; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Buonocore).


3.2.Motivazione assente è quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, Seana; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Buzi); motivazione apparente, invece è solo quella che "non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti" (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Di Giorgio), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Caldaras; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Reitano; Sez. 1, n. 43433 dell'8/11/2005, Costa; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, Saitta) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, Bonati; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, Piscopo) e, più in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Giovannini, Rv. 260314, secondo cui la motivazione dell'ordinanza confermativa del decreto di sequestro probatorio è meramente apparente - quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge - quando le argomentazioni in ordine al "fumus" del carattere di pertinenza ovvero di corpo del reato dei beni sottoposti a vincolo non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto).


3.3.Anche l'omesso esame di punti decisivi per l'accertamento del fatto, sui quali è stata fondata l'emissione del provvedimento di sequestro, si traduce in una violazione di legge per mancanza di motivazione, censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 325 c.p.p., comma 1 (Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, Baronio, Rv. 264011; Sez. 1, n. 48253 del 12/09/2017, Serra, n. m.; Sez. 3, n. 38026 del 19/04/2017, De Cicco, n. m.; Sez. 3, n. 38025 del 19/04/2017, Monti, n. m.).


3.4.In tal caso è onere del ricorrente: a) allegare al ricorso l'elemento indiziario dirimente di cui eccepisce l'omesso esame; b) dare prova della sua effettiva esistenza tra gli atti trasmessi al tribunale del riesame o comunque della sua acquisizione nel corso dell'udienza camerale; c) spiegarne la natura decisiva alla luce sia della limitata cognizione del giudice del riesame (cui non può essere demandato un giudizio anticipato sulla responsabilità di chi chiede il riesame del provvedimento cautelare reale) sia del fatto che ai fini del sequestro preventivo sono sufficienti gli indizi del reato, non i gravi indizi di colpevolezza, con la conseguenza che il provvedimento, sopratutto quando adottato per le finalità cautelari di cui all'art. 321 c.p.p., comma 1, può riguardare anche beni di proprietà di terzi estranei al reato ipotizzato (cfr., sul punto, Sez. 3, n. 14823 del 30/11/2016, dep. 2017, Lochi, n. m., secondo cui "poichè il c.d."effetto devolutivo" del riesame deve essere inteso nel senso che il tribunale è tenuto a valutare, indipendentemente dalla prospettazione del ricorrente, ogni aspetto relativo ai presupposti della misura cautelare ("fumus commissi delicti" e, nel sequestro preventivo," periculum in mora") (Sez. 3, n. 35083 del 14/04/2016, Talano, Rv. 267508), il vizio denunciabile come violazione di legge deve riguardare l'omessa motivazione su questioni decisive sottoposte al Tribunale del riesame ed evincibili dagli atti ad esso trasmessi o dalle produzioni difensive (atti, compresi quelli investigativi, la cui esistenza il ricorrente ha comunque l'onere di provare nella loro fisica collocazione tra quelli a disposizione del Tribunale e allegare al ricorso)"). Il primo motivo ed il quarto motivo sono manifestamente infondati e proposti al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimità.


3.5.Tanto premesso, non sono censurabili in questa i vizi di motivazione illogica e/o contraddittoria espressamente dedotti, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), con il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo.


3.6.L'esame del ricorso sarà limitato, di conseguenza, alla sola inosservanza della legge penale, sostanziale e processuale, e al vizio di motivazione totalmente assente.


4.Fermo quanto si dirà in ordine alla natura della confisca in vista della quale è stato adottato il decreto di sequestro, il primo ed il quarto motivo sono manifestamente infondati.


4.1.Il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-bis, è di natura unisussistente e si consuma alla data di scadenza del cd. "termine lungo" previsto dalla fattispecie penalmente sanzionata, non un momento prima, non un attimo dopo.


4.2.Come autorevolmente insegnato da questa Corte, "fino alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno precedente, il comportamento omissivo del contribuente non è penalmente rilevante, e la condotta criminosa si realizza e consuma solo nell'istante in cui, alla detta scadenza, si registri un'omissione del versamento che (indipendentemente dalle modalità del suo formarsi) superi la soglia minima prevista", ciò perchè "la condotta penalmente rilevante non è l'omesso versamento delle ritenute nel termine previsto dalla normativa tributaria, ma il mancato versamento delle ritenute certificate nel maggiore termine stabilito per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al periodo di imposta dell'anno precedente" (Sez. U. n. 37425 del 28/03/2013, Favellato).


4.3.Nel caso di specie, il reato si è consumato il 15/09/2016, data di scadenza prevista dal D.P.C.M. del 26/07/2016 per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta relativa alle ritenute operate nell'anno precedente. Ne consegue che: a) l'importo delle somme non versate, superiore alla nuova soglia di punibilità, è stato correttamente calcolato avuto riguardo all'intera annualità 2015; b) alla condotta omissiva è stato altrettanto correttamente applicato il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-bis, così come modificato dal D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 7, secondo il quale è sufficiente che il debito erariale risulti dalla sola dichiarazione di sostituto di imposta, non anche dai certificati rilasciati.


4.4.In ogni caso, come oltre si dirà, sussiste la piena continuità normativa tra la disposizione di cui al predetto D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, comma 2, (introdotta dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158), e la previgente fattispecie prevista dall'art. 322-ter c.p., richiamato dal L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143, abrogata dal citato D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 14, sicchè non ha alcun pregio l'eccezione di indebita applicazione retroattiva della confisca.


5.Anche il secondo ed il quinto motivo sono manifestamente infondati.


5.1. Il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, comma 2, dispone che la "confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta".


5.2.La questione posta dal ricorrente è se l'impegno assunto dal contribuente a versare le somme dovute all'erario (scilicet, nei soli modi e forme previsti dall'ordinamento tributario; cfr. Sez. 3, n. 28225 del 09/02/2016, Rv. 267334; Sez. 3, n. 5728 del 14/01/2016, Rv. 266037) inibisca il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto ovvero dei beni corrispondenti, per valore, all'importo evaso, o comunque comporti la modifica dei presupposti del sequestro stesso.


5.3.La soluzione è negativa.


5.4.In termini generali, il sequestro preventivo delle cose di cui è consentita la confisca di cui all'art. 321 c.p.p., comma 2, non necessita, ai fini della sua adozione, che sussista il pericolo della dispersione del bene, nemmeno in caso di confisca facoltativa. Il concetto è stato ripetutamente affermato da questa Corte che ha spiegato come tale forma di sequestro costituisce figura specifica ed autonoma rispetto al sequestro preventivo previsto dall'art. 321 c.p.p., comma 1, per la cui legittimità non occorre necessariamente la presenza dei requisiti di applicabilità previsti per il sequestro preventivo "tipico", essendo sufficiente il presupposto della oggettiva confiscabilità della cosa, con la conseguenza che compito del giudice è quello di verificare che i beni rientrino nelle categorie delle cose oggettivamente suscettibili di confisca, tanto nell'ipotesi facoltativa che in quella obbligatoria (Sez. 6, n. 3343 del 25/09/1992, Garofalo, 192862; Sez. 3, n. 47684 del 17/09/2014, Mannino, Rv. 261242). Non occorre, dunque, alcuna prognosi di pericolosità connessa alla libera disponibilità delle cose medesime (Sez. 6, n. 4114 del 21/10/1994, Giacalone, Rv. 200854; Sez. 3, n. 1810 del 02/05/2000, Rv. 217682). Qualche pronuncia di questa Corte lascia trasparire la necessità che, in caso di confisca facoltativa, il giudice debba dar conto del potere discrezionale di cui si è avvalso, compresa l'esigenza di non consentire che la cosa confiscabile sia modificata, dispersa, deteriorata, utilizzata o alienata (così Sez. 6, n. 1022 del 17/03/1995, Franceschini, Rv. 201943).


5.5.Nello specifico, però, la confisca di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, che, come detto, ha "sostituito" quella di cui all'art. 322-ter c.p., ha natura obbligatoria, come reso chiaro dal tenore letterale della norma stessa ("è sempre ordinata la confisca").


5.6. Al riguardo, questa Corte ha già spiegato (e deve ribadire) che la confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo di uno dei delitti previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, deve essere sempre disposta nel caso di condanna o di sentenza di applicazione concordata della pena, stante l'identità della lettera e la piena continuità normativa tra la disposizione di cui all'art. 12-bis, comma 2, del predetto D.Lgs. (introdotta dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158), e la previgente fattispecie prevista dall'art. 322-ter c.p., richiamato dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143, abrogata dal citato D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 14 (Sez. 3, n. 50338 del 22/09/2016, Lombardo, Rv. 268386; Sez. 3, n. 35226 del 16/06/2016, D'Agapito, Rv. 267764).


5.7.Il fatto che il D.Lgs. n. 158 del 2015 ha introdotto nuove cause di non punibilità per i reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, e rigide scansioni procedurali per il pagamento del debito tributario, non muta la natura del sequestro, nè della confisca in funzione della quale esso viene disposto. Dirimente, al riguardo, è il meccanismo previsto dallo stesso D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12, comma 2, che presuppone (e dà per scontata) la possibilità, per il contribuente che si sia impegnato nei confronti dell'erario al pagamento del debito, di pagare il dovuto "anche in presenza del sequestro".


5.8.Sul punto questa Corte ha già spiegato che il D.Lgs. n. 74 del 2000D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, comma 2, nel disporre che la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato "non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro" e che "nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta", non preclude l'adozione del sequestro preventivo ad essa confisca finalizzato, relativamente agli importi non ancora corrisposti. Ciò sul rilievo che la funzione del vincolo cautelare è quella di garantire che l'adottata misura ablativa, inefficace con riguardo alla parte coperta dall'impegno, esplichi i propri effetti qualora il versamento "promesso" non si verifichi (così Sez. 3, n. 5728 del 14/01/2016, Orsetto, Rv. 266038; Sez. 3, n. 42087 del 12/07/2016, Vitale, Rv. 268081; Sez. 3, n. 42470 del 13/07/2016, Orsi, Rv. 268384).


5.9.La tesi difensiva, secondo cui il pagamento rateale del debito tributario (e, coerentemente, anche l'ammissione stessa al pagamento) osta al sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per equivalente, comporta, di fatto, la mutazione genetica della confisca stessa (così come disciplinata dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis) che diverrebbe non più obbligatoria, bensì, nella peggiore delle ipotesi per il contribuente, facoltativa. Di tutto ciò, però, non v'è traccia nè nella lettera della legge, che continua a ritenere obbligatoria la confisca diretta del profitto ovvero di beni di valore ad esso corrispondente e a prevedere meccanismi di composizione tra il sequestro stesso, il pagamento in corso e la confisca (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12, comma 2), nè nella giurisprudenza di questa Corte, che ha sempre affermato - come subito si vedrà - la possibilità di poter pagare il debito tributario anche in costanza di sequestro e di poter conseguentemente fruire della causa di non punibilità di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13.


5.10.In sintesi, la persistente natura obbligatoria (e sanzionatoria) della confisca per equivalente comporta che, ai fini della adozione del sequestro preventivo, il giudice è tenuto esclusivamente ad accertare la astratta confiscabilità del bene, esulando dal suo orizzonte decisorio la volontà del contribuente di estinguere il debito (ed il fatto che lo stia pagando) o i riflessi che il sequestro potrebbe avere sull'economia d'impresa o, ancora, il pericolo che nelle more il bene possa disperdersi o la positiva prognosi di adempimento, non essendo il giudice dotato al riguardo di alcuna discrezionalità; la natura e finalità del provvedimento da adottare non gliela attribuiscono.


5.11.Ne consegue che le eccezioni difensive che, quanto meno presuppongono la mortificazione della natura obbligatoria della confisca (e del conseguente sequestro preventivo), non sono fondate.


5.12.Quanto alla pretesa "riduzione" del sequestro in misura corrispondente alle rate già corrisposte, non v'è dubbio che, come reiteratamente affermato da questa Corte, in termini generali il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mantenuto sull'intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell'imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, e ciò in virtù degli invocati principi di gradualità e proporzionalità delle misure cautelari (che non rilevano in questo caso) perchè, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l'ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall'azione delittuosa (Sez. 3, n. 20887 del 15/04/2015, Aumenta, Rv. 263409; Sez. 3, n. 6635 del 08/01/2014, Cavatorta, Rv. 258903).


5.13.Infatti il sequestro è stato eseguito calcolando il profitto al netto dei versamenti già effettuati.


5.14.La ulteriore revoca parziale del sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto derivante dal mancato pagamento dell'imposta evasa, nel caso di intervenuta rateizzazione del debito tributario, deve essere richiesta dall'interessato al PM, previa dimostrazione del "quantum" corrisposto per i ratei di imposta al netto di interessi e sanzioni (Sez. 3, n. 33602 del 24/04/2015, Pastore, Rv. 265043).


5.15.Nè il sequestro è di ostacolo al pagamento delle ulteriori rate poichè nulla impedisce al contribuente di chiedere al pubblico ministero l'autorizzazione all'utilizzo delle somme oggetto di sequestro per il pagamento delle rate in scadenza e la conseguente "riduzione" del sequestro stesso.


6.E' fondato, per quanto di ragione, il terzo motivo.


6.1.Oggetto del sequestro preventivo sono, nel caso di specie, i saldi liquidi dei conti correnti accesi presso vari istituti di credito e intestati sia al M.G. (per l'importo complessivo di 1.800 Euro circa) che alla società da lui rappresentata (per l'importo complessivo di 26.000,00 Euro).


6.2. Il Tribunale del riesame non ha dubbi nel qualificare come "diretta" la confisca in funzione della quale è stato adottato il sequestro preventivo e ciò in considerazione della natura dell'oggetto della confisca stessa, il danaro, la cui natura fungibile per eccellenza consente di qualificare certamente come profitto le somme in disponibilità anche della società legittimando l'applicazione del provvedimento cautelare anche nei confronti di quest'ultima.


6.3.S'è già detto della natura unisussistente del reato omissivo istantaneo di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-bis, e del fatto che l'infruttuosa scadenza del termine cd. "lungo" per il versamento delle ritenute segna il momento consumativo del reato.


6.4.Si è autorevolmente sostenuto che in questi casi il profitto può consistere anche nel risparmio di spesa (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255036), corrispondente al mancato decremento del patrimonio del debitore che non adempie tempestivamente all'obbligazione tributaria.


6.5.Sicchè ipotizzando che il contribuente sia, come nel caso in esame, titolare di un rapporto di conto corrente bancario o postale che, alla scadenza del termine per il pagamento dell'imposta, presenta un saldo negativo, è chiaro che i(denaro versato successivamente non può essere ritenuto "profitto" del reato, ma unità di misura equivalente al debito tributario scaduto e non onorato (in termini analoghi, Sez. 6, n. 15923 del 26/03/2015, Antonelli, Rv. 263124; Sez. 5, n. 16008 del 12/02/2015, Capriotti, Rv. 263702).


6.6.Se invece il conto bancario o postale presenta, alla scadenza, saldi attivi è evidente che il profitto dell'omesso versamento dell'imposta equivale al correlativo mancato decremento del saldo.


6.7.La natura fungibile del denaro, insomma, non è sufficiente in questi casi a qualificare di per sè come "profitto" l'oggetto del sequestro; è necessario anche provare che la disponibilità della somma successivamente sequestrata costituisca essa stessa risparmio di spesa conseguito con il mancato versamento dell'imposta o che si tratti di liquidità rimasta nella disponibilità del contribuente per tutto il tempo che va dalla scadenza del termine (momento di perfezione del reato) alla data di esecuzione del sequestro (cfr., Sez. 3, n. 8995 del 30/10/2017, dep. 2018, Barletta, Rv. 272353, che ha affermato il principio di diritto secondo il quale "in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca, la natura fungibile del denaro non consente la confisca diretta delle somme depositate su conto corrente bancario del reo, ove si abbia la prova che le stesse non possono in alcun modo derivare dal reato e costituiscano, pertanto, profitto dell'illecito", ed ha conseguentemente escluso la sussistenza dei presupposti per il sequestro e la successiva confisca di somme di denaro certamente depositate successivamente a(momento di perfezionamento del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-bis).


6.8.Occorre essere avvertiti, inoltre, che la somma di denaro prelevata, distratta o destinata ad altri fini dal contribuente prima della scadenza del termine, non può essere qualificata come profitto del reato perchè non può esservi "profitto" prima della consumazione del reato omissivo unisussistente.


6.9.Sicchè, per stabilire se il denaro costituisce profitto (e cioè risparmio di spesa) del reato di omesso versamento dell'imposta (e dunque bene aggredibile in via diretta) occorre prendere in considerazione esclusivamente le disponibilità liquide giacenti sui conti del contribuente al momento della scadenza del termine previsto per il pagamento dell'imposta stessa, avendo riguardo ovviamente non alla loro identità fisica, ma al valore numerarlo che potrà essere oggetto di sequestro diretto solo se di segno positivo sia al momento della scadenza del termine per il pagamento dell'imposta che a quello, successivo, del sequestro e non potrà mai essere considerato "diretto" per la parte eccedente il saldo al momento della scadenza, anche se non corrispondente all'imposta evasa nella sua interezza (così, per esempio, se alla data di scadenza il conto corrente ha una disponibilità liquida di Euro 100,00 e il debito tributario è pari ad Euro 1.000,00, la somma di denaro che può essere sequestrata direttamente non potrà mai essere superiore a Euro 100,00, nemmeno se alla data del sequestro tali disponibilità dovessero essere aumentate fino a coprire tutto il debito perchè per l'ammontare residuo il sequestro può essere concepito solo "per equivalente").


6.10.Sicchè, per tornare al caso in esame, sarebbe stato necessario accertare se, alla data di scadenza del termine, sul conto giacessero somme liquide a disposizione del contribuente e quale ne fosse la consistenza sia al momento della scadenza del termine per versare le ritenute che a quello del sequestro.


6.11.Può dunque essere affermato il seguente principio di diritto: "in tema di omesso versamento di ritenute operate quale sostituto di imposta il profitto del reato consiste nel corrispondente risparmio di spesa e, in particolare, nelle disponibilità liquide giacenti sui conti del contribuente alla data di scadenza del termine per il pagamento e non versate. Ne consegue che il sequestro, per essere qualificato come finalizzato alla confisca diretta del danaro costituente il profitto del reato omissivo, non può mai essere disposto, nè essere eseguito, per importi comunque superiori ai saldi attivi giacenti sui conti bancari e/o postali di cui il contribuente disponeva alla scadenza del termine per il pagamento, nè su somme di danaro acquisite successivamente alla consumazione del reato".


6.12.Tale principio di diritto non si pone in contrasto con quelli affermati dalle sentenze rese a Sezioni Unite da questa Suprema Corte il 30/01/2014 (n. 10561, Gubert) e il 26/06/2015 (n. 31617, Lucci) che riguardano le affatto diverse ipotesi in cui "le disponibilità monetarie del percipiente si siano accresciute" della somma che costituisce il profitto del reato, perchè in tal caso "la necessità di accertare se la massa percepita quale profitto o prezzo dell'illecito sia stata spesa, occultata o investita" non avrebbe alcuna ragione d'essere; in tal caso, infatti, "è l'esistenza stessa del numerarlo comunque accresciuto di consistenza a rappresentare l'oggetto da confiscare, senza che assumano rilevanza alcuna gli eventuali movimenti che possa aver subito quel determinato conto bancario" (così, in motivazione, Sez. U, Lucci).


6.13.E' evidente, invece, che in caso di risparmio di spesa, quel "numerarlo" non subisce alcun incremento, chè anzi, come detto, gli incrementi successivi alla perfezione del reato non possono nemmeno essere definiti profitto vero e proprio, per la totale assenza di qualsiasi derivazione diretta o indiretta dall'omesso versamento delle imposte.


6.14.Tanto premesso, il Tribunale afferma che alla data del 30/09/2016 il saldo di uno dei conti correnti intestati alla società K. era pari ad Euro 24.778,48. Il decreto di sequestro è stato eseguito nei confronti della società per l'importo, di poco superiore, di Euro 25.021,35. Risulta, altresì, dalla lettura del provvedimento impugnato, che la polizia giudiziaria incaricata di dare esecuzione al decreto di sequestro preventivo ha dato disposizioni all'istituto di credito presso il quale la società K. intrattiene il rapporto di conto corrente di procedere al sequestro delle ulteriori somme che sarebbero confluite sul conto stesso. Orbene, non v'è dubbio che le rimesse successive alla data di consumazione del reato omissivo non possono essere qualificate come profitto del reato stesso, bensì come unità di misura del profitto stesso. Per lo stesso motivo non può essere qualificato come profitto la somma di danaro superiore all'importo di Euro 24.778,48.


6.15.Ne consegue che il provvedimento impugnato deve essere annullato per la parte in cui conferma il sequestro preventivo delle somme di danaro in disponibilità della società per un importo superiore a quello in giacenza alla data di consumazione del reato, corrispondente alla scadenza del termine previsto per il versamento dell'imposta.


7.E' fondato anche l'ultimo motivo.


7.1.E' noto l'insegnamento giurisprudenziale secondo il quale la presenza di soglie di punibilità non osta di per sè alla applicazione della causa di non punibilità della "particolare tenuità del fatto", prevista dall'art. 131-bis c.p. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266589).


7.2.Declinando tale principio si è sostenuto, in materia di reati tributari, che tale causa di non punibilità è applicabile soltanto alla omissione per un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità in considerazione del fatto che il grado di offensività che dà luogo a reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale (Sez. 3, n. 13218 del 20/11/2015, dep. 2016, Reggiani-Viani, Rv. 266570; Sez. 3, n. 40774 del 05/05/2015, Falconieri, Rv. 265079).


7.3.Nel caso in esame, il superamento della soglia di punibilità è di soli Euro 995,07, misura davvero prossima alla soglia di punibilità prevista per il reato in esame.


7.4.Sennonchè, dalla lettura del verbale di udienza camerale, non risulta in alcun modo che il ricorrente ha devoluto al Tribunale del riesame la specifica questione, sicchè non sussiste il vizio di mancanza radicale di motivazione.



P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata limitatamente alle somme sequestrate alla società K. per gli importi superiori a quelli in giacenza alla data del reato.


Rigetta nel resto.


Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2019.


Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2019

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